Non avevo mai visto la chiesetta di Santa Maria delle Grazie a Casale, anche se ne avevo sempre sentito parlare. E dalle storie che avevo ascoltato mi aveva sempre incuriosito parecchio.
Qualche giorno fa due gentili amici si sono offerti di accompagnarci e giunti sul posto sono stata immediatamente colpita da tanta bellezza. La meraviglia di quel luogo è spiazzante. Un luogo magico in cui il tempo, così come viene inteso normalmente, viene sospeso e sostituito da un tempo mitico-sacrale e ciò che ne viene fuori è un’incredibile sensazione di pace. Quasi mi vergogno per non aver scoperto prima che questo tesoro, purtroppo incompreso, fosse solo a pochi chilometri da casa mia, nel mio stesso comune. Da noi ragazzi si dà per scontato che solo girando il mondo si possa conoscere quanto di bello ci sia in esso, sminuendo ciò che invece ci è più vicino; oggi sono felice di aver cambiato opinione e di essermi ricreduta.
Già scendendo la stradina che porta alla Cappella ho percepito una sensazione di benessere. Ombreggiata da alberi rigogliosi e verdi e recintata da imponenti pareti di tufo, la stradina sembrava immettere in un luogo fiabesco in attesa di essere scoperto. E dopo aver fatto una piccola curva, ecco che ai miei occhi si è presentato uno slargo immerso nel verde di una piccolissima valle, circondata tutt’intorno da alte pareti tufacee che scendevano dritte fino al fondo valle dove credo scorra un ruscello.
Lo slargo, come una terrazza, si affaccia sul ripido e verdissimo fondo valle che regala al visitatore una sensazione di frescura, molto gradita in questa stagione.
A sinistra, quasi addossata alla parete tufacea, c’è la Cappella; piccola, bianca, con due minuscole guglie lanciate verso l’alto, quasi ad indicare in quale direzione bisognerebbe dirigersi.
All’interno della Cappella, chiusa, ho potuto vedere, attraverso la porta di ferro, lo splendido quadro in pietra con l’immagine della Madonna delle Grazie, di ottima fattura, in stile bizantino.
All’ esterno, davanti alla Cappella, troneggia il grande masso di pietra da cui è stata intagliata la piastra su cui è stata dipinta l’immagine della Madonna. Sul retro, un bellissimo lavatoio in pietra addossato alla parete tufacea, resta a testimoniare la vita passata che ha animata questo luogo.
Di fronte alla Cappella, inglobata in un brutto fabbricato in cemento armato, c’è la cripta per la sepoltura dei defunti. Mi è stato detto che all’interno della cripta sono presenti anche gli ‘scolatoi’, che non ho potuto vedere poiché la cripta era chiusa, ma vederla sarà il mio prossimo obiettivo!
La storia che si narra su questa “piccola Lourdes”e sulla sua origine è degna delle più belle fiabe che abbia mai sentito e contribuisce ad accrescere il senso di fascino e mistero di cui questo luogo è avvolto.
Quello che proprio non riesco a capire è come mai questi luoghi così magici non siano valorizzati abbastanza e come meriterebbero. E’ un’offesa alla comunità abbandonare luoghi del genere allo sfacelo. L’amico che si è offerto di accompagnarci mi raccontava che fino a pochi anni fa l’immondizia e la vegetazione dominavano su tutto il resto. E’ possibile avere tra le mani un tale tesoro dal valore inestimabile e lasciarselo sfuggire? In questo caso non posso non pensare con rabbia e come studentessa di beni culturali, che autentici gioielli come questo, finiscano sempre nelle mani sbagliate e di incompetenti, che non comprendendone l’assoluta e indiscussa importanza, li condannano, con la loro ignoranza, alla rovina. Fosse stata al nord una ricchezza simile, avrebbe sicuramente avuto un apprezzamento migliore, sia da parte degli amministratori che dal Clero e dai cittadini stessi.
Orribile è la struttura in cemento armato che sovrasta la cripta, inadeguate le recinzioni metalliche, anche se necessarie per motivi di sicurezza. Il luogo meriterebbe recinzioni e panchine in legno, lanterne più che lampioni, per renderlo più suggestivo e farne un piccolo angolo di paradiso. Ma sarebbe già tanto se si riuscisse a valorizzarlo al di là del semplice interesse religioso e farne un punto di riferimento di un eventuale itinerario turistico e culturale, perché per “valorizzazione” e “sensibilizzazione”di tali beni significa soprattutto renderli parti intrinseche e integranti della comunità stessa.
Concludo l’articolo con un verso di Francesco Petrarca che spero possa far riflettere molti “…Così a poco a poco le rovine stesse se ne vanno, così se ne vanno ingenti testimonianze della grandezza antica…”
Raffaella