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domenica 21 dicembre 2014

Giggi' e il trionfo del neo-decadentisimo. Cap. I



Davanti l'opera del Giggi' spesso si resta immobili, spaesati: anche se l'atmosfera dei suoi primi  paesaggi era già pienamente decadente, oggi con la sua ultima opera ( insieme con il Russo) spinge la sua tecnica verso un nuovo tipo di arte, poichè quel gusto specifico d'ispirazione classicheggiante - che tanto aveva animato il suo manifesto artistico politico - ora è definitivamente perduto per dirigersi verso il suo  trionfo della decadence.

Un Comune elemento di sviluppo di questa svolta manieristica la potrebbe suggerire l'abbandono per lo spazio urbano- piazzette, ville, ma anche per i complessi riservati alle istituzioni scolastiche. Stessa scelta per tutto cio' che è passato, archeologia, religiosità, non ha importanza: a Giggi' interessa solo l'avvenire è chiaro.

Cosi arriviamo ad analizzare la sua non-opera, l'ultimo grande fasto, un misto di leggerezza rococo' e ambiguità di giochi di luce. In effetti, la sua ultima opera [ Vico Toppetta, brecciame su terra argillosa. 2014] colpisce per la straordinaria incompletezza, la sfrontatezza esibita nel brecciame, lasciato al misto di pioggia d'inverno: un vero richiamo per i romantici.
L'ideazione dell'utilizzo del grigio coinvolge emotivamente lo spettatore ( e ancora piu' l'abitante) in un dramma che solo Giggi' ( o a questo punto nemmeno lui) riesce a spiegare e che sfocia ancora una volta nel non finire l'opera: la provocazione è riuscita. 

Considerato da tutti i carinolesi come il caposcuola del brecciame (una volta superato il sampietrino con il Mannillo ed il cemento grezzo del Di Biasio) il Giggi preferisce una fuga nostalgica verso una civiltà scomparsa, quella decadente, come un modello di perfezione irrimediabilmente perduta.
La reazione del pubblico, non si farà attendere: esposizione permanente, Casanova di Carinola, ingresso libero.

Ms

domenica 14 novembre 2010

Il difficile è asciugarsi


Fermo, dritto, rigido, sicuro.
Petto al sole e braccia al vento, con i piedi ben saldi. Chi prima chi dopo, tutti devono passare di qui. Almeno quelli che intendono inzozzarsi di nuovo, praticamente tutti.
Si perché lo zozzo piace, non passa mai di moda, piace a me piace a te piace a tutti. Piace ai giovani- adulti - vecch i- signore- signorine - preti - chierichetti- educati - silenziosi - perbenisti-malbenisti, odontoiatri - cani- parrucchieri - il terzino della s.p.a.l - l’avvocato della sinagoga -   Lo zozzo piace a tutti. Ma non ci si può inzozzare come si deve se non si è puliti o meglio se prima non ci si ripulisce. Ripulirsi non è difficile, inzozzarsi è un po’ più complicato ma ci si fa la mano diventa un gesto naturale. Decisamente più difficile è asciugarsi. Ci vuole pazienza. Tutti quelli che non vedono l’ora d’inzozzarsi devono passere di qui, c’è poco da fare. Belli puliti e profumati oh questo profuma di giglio….. Tutti con la faccia al sole allegramente insieme ma tutti per se in un rigoroso tribolante silenzio d’attesa. Una calma che vibra. Tutti umidi, tutti ad attendere l’ zozzo. Ma prima bisogna far evaporare il bagnato che appesantisce tutto e tutti. Calma e pazienza ci vuole per asciugare le proprie lacrime e quelle degli altri, il sangue che ti schizza addosso dopo qualche buono affare. Ma che importa una bella lavata e tutto va via. La cenere, la polvere delle case tirate su in un giorno e cadute giù in una notte, il sudore dei negri nei campi di pomodoro. Tutto va via. Il rossetto delle minorenni che sembrano esperte donne? Anche quello via. Pulire è semplice….
È asciugarsi che…… ci vuole pazienza altrimenti anche quando sembra che tutto è pulito rimane la puzza. O dio c’è sempre qualcuno smanioso di inzozzarsi che di pazienza non ne vuole proprio sapere e subito si tuffa a capofitto nello zozzo ancora tutto bagnato. Il risultato? Uno zozzo così zozzo che anche per chi dello zozzo ne ha fatto una religione è troppo una cosa zozza, precludendosi la possibilità di ripulirsi e continuare ad inzozzarsi. Bisogna sapere inzozzarsi; piano piano una macchia per volta, una fetore per volta. Ci vuole pazienza tanto chi prima o dopo tutti devono passare di qui. Fermo, dritto, rigido, sicuro.
Petto al sole e braccia al vento, con i piedi ben saldi. Chi prima chi dopo, tutti devono passare di qui. Almeno quelli che intendono inzozzarsi di nuovo, praticamente tutti. Fermo, dritto, rigido, sicuro.

 Calzino a righe

martedì 1 giugno 2010

Foro Popilio: soldi sprecati?

Il titolo è lo stesso di altri articoli di questi giorni riportanti dichiarazioni del soprintendente dei beni archeologici di Caserta, Benevento, Salerno ed Avellino, con la differenza di un punto interrogativo in più. 
Il soprintendente in una intervista ad un blog locale ha rilasciato alcune dichiarazioni che esplicitano in modo perentorio il proprio pensiero. 
La dott.ssa Maria Luisa  Nava è da pochi mesi a capo di questa soprintendenza immensa che abbraccia quasi tutto il territorio campano ed importantissima per la quantità di beni archeologici sottoposti alla sua tutela, contando ben ventuno musei. Le dichiarazioni hanno sucitato qualche perplessità fra quelli che conoscono il curricula del soprinterndente in oggetto.  La dott.ssa Nava non solo è una brillante dirigente del ministero dei beni culturali  ma è anche e soprattutto una studiosa ricercatrice di fama internazionale, autrice di innumerevoli pubblicazioni di grande pregio scientifico. Destano meraviglia le sue dichiarazioni che hanno annullato la ricercatrice per dare spazio assoluto al funzionario preoccupato solo di tutelare i beni esistenti a lei affidati. Dal  punto di vista del freddo funzionario il discorso di preoccuparsi delle fasi successive prima di iniziare uno scavo e quindi evitarne di nuovi è giustissimo ma non  da parte di una cittadinanza proprietaria di un tesoro di cui non può usufruire. Dall'intervista si ha la sensazione che non conosca perfettamente Foro Popilio, quasi fosse una delle tante ville romane dell'Ager Falernus e quindi  viene liquidato come uno spreco di soldi. 

Mai i soldi dei cittadini sono stati spesi così bene e per un fine tanto nobile. Poi forse non si è informata che si parla di meno di ventimila euro e non dei milioni spesi per il convento di San Francesco a Casanova e per il restauro infinito di Foro Claudio. Quei pochi spiccioli sono serviti a portare all'attenzione della comunità scientifica internazionale un tesoro nascosto e inutilizzato per l'incuria di tanti e per tanti anni. Sono serviti per un corso generale di aggiornamento culturale che milioni di ore di lezioni universitarie non sarebbero riuscite ad ottenere. Si ricorda l'interesse di tutta la popolazione per quel lavoro e l'entusiasmo di tutti i giovani della zona per la scoperta della storia inedita delle loro nobili origini. Stupisce che si condanni un' operazione tanto meritoria forse perchè non la si conosce o forse per giustificare il suo diniego alla richiesta  presentata dall'amministrazione comunale per ottenere fondi per il prosieguo degli scavi. Quei fondi sarebbero serviti anche alla sistemazione definitiva del sito con la creazione di un parco archeologico ed anche la sua messa in sicurezza. Evidentemente la limitata disponibilità di fondi l'hanno indotta ad utilizzarli in altri siti più sponsorizzati. Si comprende anche questo ma non si comprende l'attacco denigratorio dei lavori eseguiti  parlando di tombaroli fingendo di ignorare che da decenni questi scavano indisturbati in quell'area nel disinteresse delle autorità competenti, soprintendenza in primis. 
Il tono del nordico che pensa di essere arrivato nelle terre di Gomorra tra camorristi ignoranti volendo portare la voce della verità ha ricordato l'arrivo delle truppe piemontesi all'indomani dell'unità d'Italia. Non sono i lavori di Foro Popilio gli sprechi da combattere ma quelli milionari già citati o del castello ducale di Mondragone. Lavori di semplice muratura spacciati come restauro facendo lievitare i costi  dieci volte di più raggiungendo così cifre stratosferiche per ogni intervento . Questi sono i veri soldi sprecati , ne parlasse col suo ministro nordico e decidessero di separare in ogni progetto di restauro il lavoro di normale muratura dai lavori di restauro vero e proprio,  ed avrebbero la sorpresa di ritrovarsi con milioni di euro da impegnare anche a Foro Popilio.
Queste polemiche non devono scoraggiare quelli che credono nella bontà e nobiltà di quel progetto e devono  spronare i rappresentanti politici a continuare a chiedere i fondi nonostante i pareri contrari , convincendoli che si combatte per una buona causa  e per l'interesse generale della comunità carinolese anche contro le opinioni del soprintendente di turno.

POPILIO LENATE

domenica 14 settembre 2008

Luoghi inaspettati: Santa Maria delle Grazie

Non avevo mai visto la chiesetta di Santa Maria delle Grazie a Casale, anche se ne avevo sempre sentito parlare. E dalle storie che avevo ascoltato mi aveva sempre incuriosito parecchio.

Qualche giorno fa due gentili amici si sono offerti di accompagnarci e giunti sul posto sono stata immediatamente colpita da tanta bellezza. La meraviglia di quel luogo è spiazzante. Un luogo magico in cui il tempo, così come viene inteso normalmente, viene sospeso e sostituito da un tempo mitico-sacrale e ciò che ne viene fuori è un’incredibile sensazione di pace. Quasi mi vergogno per non aver scoperto prima che questo tesoro, purtroppo incompreso, fosse solo a pochi chilometri da casa mia, nel mio stesso comune. Da noi ragazzi si dà per scontato che solo girando il mondo si possa conoscere quanto di bello ci sia in esso, sminuendo ciò che invece ci è più vicino; oggi sono felice di aver cambiato opinione e di essermi ricreduta.
Già scendendo la stradina che porta alla Cappella ho percepito una sensazione di benessere. Ombreggiata da alberi rigogliosi e verdi e recintata da imponenti pareti di tufo, la stradina sembrava immettere in un luogo fiabesco in attesa di essere scoperto. E dopo aver fatto una piccola curva, ecco che ai miei occhi si è presentato uno slargo immerso nel verde di una piccolissima valle, circondata tutt’intorno da alte pareti tufacee che scendevano dritte fino al fondo valle dove credo scorra un ruscello.

Lo slargo, come una terrazza, si affaccia sul ripido e verdissimo fondo valle che regala al visitatore una sensazione di frescura, molto gradita in questa stagione.

A sinistra, quasi addossata alla parete tufacea, c’è la Cappella; piccola, bianca, con due minuscole guglie lanciate verso l’alto, quasi ad indicare in quale direzione bisognerebbe dirigersi.

All’interno della Cappella, chiusa, ho potuto vedere, attraverso la porta di ferro, lo splendido quadro in pietra con l’immagine della Madonna delle Grazie, di ottima fattura, in stile bizantino.

All’ esterno, davanti alla Cappella, troneggia il grande masso di pietra da cui è stata intagliata la piastra su cui è stata dipinta l’immagine della Madonna. Sul retro, un bellissimo lavatoio in pietra addossato alla parete tufacea, resta a testimoniare la vita passata che ha animata questo luogo.

Di fronte alla Cappella, inglobata in un brutto fabbricato in cemento armato, c’è la cripta per la sepoltura dei defunti. Mi è stato detto che all’interno della cripta sono presenti anche gli ‘scolatoi’, che non ho potuto vedere poiché la cripta era chiusa, ma vederla sarà il mio prossimo obiettivo!

La storia che si narra su questa “piccola Lourdes”e sulla sua origine è degna delle più belle fiabe che abbia mai sentito e contribuisce ad accrescere il senso di fascino e mistero di cui questo luogo è avvolto.

Quello che proprio non riesco a capire è come mai questi luoghi così magici non siano valorizzati abbastanza e come meriterebbero. E’ un’offesa alla comunità abbandonare luoghi del genere allo sfacelo. L’amico che si è offerto di accompagnarci mi raccontava che fino a pochi anni fa l’immondizia e la vegetazione dominavano su tutto il resto. E’ possibile avere tra le mani un tale tesoro dal valore inestimabile e lasciarselo sfuggire? In questo caso non posso non pensare con rabbia e come studentessa di beni culturali, che autentici gioielli come questo, finiscano sempre nelle mani sbagliate e di incompetenti, che non comprendendone l’assoluta e indiscussa importanza, li condannano, con la loro ignoranza, alla rovina. Fosse stata al nord una ricchezza simile, avrebbe sicuramente avuto un apprezzamento migliore, sia da parte degli amministratori che dal Clero e dai cittadini stessi.

Orribile è la struttura in cemento armato che sovrasta la cripta, inadeguate le recinzioni metalliche, anche se necessarie per motivi di sicurezza. Il luogo meriterebbe recinzioni e panchine in legno, lanterne più che lampioni, per renderlo più suggestivo e farne un piccolo angolo di paradiso. Ma sarebbe già tanto se si riuscisse a valorizzarlo al di là del semplice interesse religioso e farne un punto di riferimento di un eventuale itinerario turistico e culturale, perché per “valorizzazione” e “sensibilizzazione”di tali beni significa soprattutto renderli parti intrinseche e integranti della comunità stessa.

Concludo l’articolo con un verso di Francesco Petrarca che spero possa far riflettere molti “…Così a poco a poco le rovine stesse se ne vanno, così se ne vanno ingenti testimonianze della grandezza antica…”

Raffaella

venerdì 8 agosto 2008

De tressettis


Il Primo Trattato sul Gioco del TreSette risale al 1750, scritto da un tal Chitarella. Esso è compendiato da un decalogo di regole essenziali che determinano lo spartiacque tra l'onesto giocatore e la bestia. Le differenze chiave poi la fanno la capacità di memorizzazione delle carte in uscita e l'esperienza sulla probabilità di vittoria in giocate a rischio.

Ma a distanza di 2 secoli, sono le regole di Chitarella ancora attuali, nel gioco agonistico e violento pieno d'alcool e bullismo dei baracci di periferia? Il presente post intende rivedere con un nuovo occhio critico il decalogo chitarelliano dell'"Onesto Giuocatore":

1. Chitarella dice:

Di prima mano, con il tre, non devi mai bussare.

Un'antica valutazione del più attuale: "Chi bussa perde l'asso". A gioco ancora coperto, dichiarare di comandare sotto un palo da un indubbio vantaggio informativo all'avversario. Numerose scuole aborrono ancora oggi la dichiarazione di Tre. Chi ha il Tre deve vedere scorrere il gioco ed eventualmente intervenire, mai guidarlo. In prima manus soprattuto. Esemplare e Chiarificatore. Validità Attuale: 100%

2. Chitarella dice:

Se hai una rientrata puoi bussare forte e risoluto.

Del genere, fuori tutto, posso riprendere altrove e farmi 2 pali buoni. Solo una bestia potrebbe non eseguire. Validità Attuale: 100%

3. Chitarella dice:

Si usa bussare con tre carte oltre l'ammattatore (carico).

Nel gioco classico, non si chiama un gioco senza averlo almeno terzo, a rischio di subire la "messa a giro" degli avversari del proprio carico. In un gioco prudente, la chiamata dell'Asso Terzo è già un bel rischio, e personalmente l'aborro, ma il Due terzo può essere interessante. Il Tre terzo rischia di essere un gioco molto debole, ed andrebbe chiamato solo se non ci sono alternative migliori. Bussare con il Due secondo è Gioco Estremo a rischio di bestialità. Il Tre secondo si striscia subito e poi si riesce con la più bassa (rischioso anch'esso). Validità Attuale: 70%

4. Chitarella dice:

Col re quarto, accompagnato da cavallo e donna, bussa per malizia.

Altrimenti definito "Liscia e Busso" o Liscio Vero. Se non si ha per riprendere (da lì la chiamata "Fuori la Napoli", magari è meglio starsi zitti. validità Attuale: 50%

5. Chitarella dice:

Con il re o l'asso terzo non si bussa ne' si scarta.

Ponderata specificazione del punto 3. Chiamare Terzo Liscio con il Dieci spesso serve a farselo mettere a giro. Evitabile. Validità Attuale: 100%

6. Chitarella dice:

Sapendo che il compagno ha il tre, gioca il due del tuo ventotto.

Regola spartiacque tra il Giuocatore e la Bestia. Giocando il Due, anche se il Tre non cade, ci si assicura una presa e si constringe eventualmente l'avversario a tirare fuori le figure. Una chiamata con il Ventotto fatta con una scartina è da aborrire, dato che consente all'avversario di tenere il Tre, utilizzare utilmente un Re o un Cavallo e cambiare sicuramente gioco. Validità: 100%

7. Chitarella dice:

Se hai il venticinque col re, e' di regola bussare col tre.

Lo sapevate? Personalmente mi sfuggiva. Bella chicca che aiuta a regolarsi. Validità: 250%

8. Chitarella dice:

Di solito gioca al seme dove scartano gli avversari.

Molto raffinato. Non basta guardare il proprio scarto ma conviene guardare quello degli avversari. Esso probabilisticamente fornisce un informazione doppia e giocare allo scarto combinato dei due spesso garantisce una giocata azzeccata. Un corollario immediato del teorema è quello secondo cui si dovrebbe evitare di fornire all'avversario un informazione troppo facile e diretta sul proprio scarto (se il mio compagno scarta ripetutamente coppe, evitare di farlo anche noi, eventualmente piombando una carta di rientrata) .... Si rischia ovviamente la bestialità. Validità Attuale: 80%

9. Chitarella dice:

E' vergognoso giocare contro lo scarto del tuo compagno e giustificarti che ti eri distratto.

Meditate gente, meditate. Validità: Indiscussa

10. Chitarella dice:

L'avarizia e' sempre una brutta cosa ma alle carte e' deleteria.

Fulminante. Analogo della regola del Sacrificio degli scacchi (e chi dice che il Tressette non è filosofia eh?). Personalmente, che sono risicone di natura e tendo a giocare sulla difensiva (anche a scacchi) dovrei imparare da questa regola a fare meno la Bestia.

11. Chitarella dice:

Preoccupati di fare prima il punto, se vuoi essere buon giocatore.

Regola ambigua. Potrebbe essere un richiamo al vizio inveterato (anche nel sottoscritto) di voler fare l'ultima presa (o altrimenti di "Chiudersi in Mano") sacrificando prese e punti nella fase iniziale ed intermedia del gioco. Va moderata con la precedente. Anche quì andiamo genericamente sul filosofico.

Le mani controverse a cui andrò incontro in futuro potrebbero essere postate per un più ampio commento da parte della comunità scientifica tutta.

(..........Se non smette di piovere, quì sono guai...........)


il tressettista silenzioso

mercoledì 3 ottobre 2007

Giovedi’ 12 Aprile 2141


Passava tutte le mattine al Caffè Nemo seduto ad un tavolino a fare colazione, e dopo aver distrattamente dato un’occhiataccia ai giornali fermava in un taccuino le impressioni mattutine o rileggeva quelle della sera prima che forse tanto tedio gli avevano procurato.
Giovedi’ 12 Aprile 2141, undici e venti della sera .
Se domani mi ricorderò che son vivo allora vuol dire che berrò una bottiglia di scotch in un camposanto, aspettando fino a che gli occhi non piangano più sangue e che la mia voce non ritorni a leccare ali di crisalidi ...
Era cosi’ triste ultimamente che non trovava pace: la routine lo stava annullando. In città non conosceva quasi nessuno. Tutti, dal vicino di casa al panettiere di fiducia, non erano che fumose figure a cui sommessamente stringeva la mano, ma spesso si limitava ad alzare lo sguardo a cui seguiva un impercettibile cenno della testa. L’altra mattina però non andò come tutte le altre. Decise di passare la mattinata sfaccendato e di andare a lavoro solo nel pomeriggio, beccandosi la sanzione. Lesse quasi tutto il giornale con molta attenzione e rimase ovviamente colpito da un pezzo di un ignoto inviato, Stewart J. Smile, che in particolare analizzava l’ultimo provvedimento governativo sull’uso del dispositivo, il quale era stato ridotto dal numero di diciotto a dieci ore al giorno. Il Governo Centrale delle Palle Mobili, infatti, aveva deciso di invertire moderatamente la rotta per motivi finanziari.Il genere umano riusciva a vedere attraverso il “Dispositivo Oculo”-ultimissima invenzione tecnologica, imposto tre anni prima dal Governo di Transizione-Permanente- il quale permetteva non solo a tutti di vedere tale e quale a come vedevamo prima, ma dava anche l’impressione di poter regolare la luce o il tono delle ore, del giorno e della notte. Era in pratica come indossare ininterrottamente un paio di occhiali gialli regolabili in diverse tonalità a seconda del gusto e del momento. La gente ormai non vi faceva più caso, andava tranquillamente a messa, in vacanza, mangiava, studiava, lavorava, faceva shopping (poco a dir la verità in quanto ogni giorno la stessa maglietta poteva avere un colore diverso), faceva all’amore- diversi erano quelli che ogni sera cambiavano compagna passando da mora a bionda, a mulatta in più di cento gradazioni, lo stesso avveniva anche per le donne- e infine dormivano. Solo allora era concesso di resettare il dispositivo. E ora invece si cercava di invertire la tendenza o quanto meno di ridurre il tempo di liberalismo visivo. L’autore del pezzo Stewart J.Ken, di tendenze opposte al Governo, suggeriva addirittura di ritornare allo “stato primitivo di visibilità e soprattutto di coscienza dopo tanti anni di oscuro conformismo e di pauroso asservimento, tanto più che Loro- continuava il periodo- ne sono stati esclusi da sempre da questo assurdo provvedimento che ci ha resi indegni di esser definiti umani e che ora per un chiarissimo tornaconto economico legato al mercato(infatti perfino le prostitute avevano finito per cambiare mestiere) cercavano di cambiare tattica.” Federico era perfettamente d’accordo con quanto diceva e a dire la verità era da anni che la pensava cosi’. Però si domandava perché non aveva mai fatto nulla? D’altronde nessuno controllava se a casa resettavi il dispositivo. Inoltre se ti beccavano in strada ti mandavano in esilio nel Secondo Emisfero dove la rivoluzione tecnologica delle macchine non era riuscita ad attecchire e si poteva ricominciare daccapo. Cosa ci faceva, dunque, li’ tra tanti poveri diavoli ciechi? Doveva fare qualcosa, ma cosa?Decise di strapparsi il dispositivo, proprio li’ davanti al Caffè Nemo,e la prima cosa che provò fu la piacevole sensazione della brezza dell’Austro. Gli sembrò di veder il vento... Poi cominciarono gli OhOhoohhOOh!, gli Ahaahhahah! Oh Mio Dio che cosa ha fatto!!??-Cosa ho fatto?Voglio solamente ricominciare a vedere con i miei occhi, nulla di più -rispose a tutti Federico.
- E lei è sicuro-fece un passante con un logoro soprabito grigio- di poter vedere le cose come sono realmente?Non crede che ciò sia impossibile come è stato dimostrato dai nostri scienziati?
Federico allora lo guardò benevolmente in volto e iniziò a parlare quando…. –Ma cosa mi succede?-si chiese in pieno delirio il passante-che non aveva mai assistito ad un caso di dannazione-tecnologica, e per di più aveva il dispositivo regolato alla tonalità rosso-tramonto dei tropici.
Altri passanti si fermarono, allora gli<<>> pian piano si infittirono vedendo che tutti scomparivano man mano alla luce del sole che ora solo Federico riusciva a cogliere nella sua nitidezza millenaria.
Si seppe in seguito che Federico fu spedito nell’altro Emisfero dove si era liberi dal dispositivo e da altre forme di costrizione a cui il Governo delle Palle Mobili aveva abilmente abituato milioni di sudditi. Nel cuore di un paese ricominciò a vivere, svolgendo altre faccende, altri lavori, occupando secondo i propri istinti e la propria virtù il proprio tempo prezioso, godendo delle quotidiane meraviglie, come pranzare col sole sulla tovaglia discorrendo in famiglia di ortaggi di stagione e dell’ ottimo Falerno, ormai lontano da quei tanti che vedono nell’ uniformarsi come l’unico comportamento da tenere da chi vive in questo traboccante, ma cosi’ buio, nuovo millennio.
Manfredi delle Mattinate.

domenica 23 settembre 2007

giovedì 20 settembre 2007

Dark Room

Vignetta inviata da WANG FU, clicca sull' immagine per ingrandirla





venerdì 31 agosto 2007

La guerra dei Cassonetti. Capitolo II - l'incantesimo della parola di burro


Niente è finito, la guerra continua nella tribù di Kasanovia. La principessa Mazzucchi degli Ulivi, soddisfatta della sua supremazia, bandì una notte di sfrenati festeggiamenti, offrendo al popolo la soave musica dei menestrelli “ Gli alunni del sole”. Il popolo accorse numeroso e festoso, notando che i cassonetti non erano nell’agorà della villa e spensierati ballarono a ritmo di musica. Al ballo di corte c’erano tutti, ma proprio tutti: il feudatario DiBiasox, il barone silenzioso Marresum che sempre tace e sempre annuisce alle parole del grande feudatario, perfino Marcantonio d’Egitto il quale, nonostante mal sopportava il potere di DiBiasox si trastullava e deliziava della musica. Insomma, c’erano tutti o quasi. Solo una persona mancava, ed era il duca Gennaro Asdrubale Libero dei Mannilli, il quale macchinava tremenda vendetta. Il popolo si divertiva, la principessa orgogliosa faceva sfarzo della sua vittoria ostentando le sue cinque palle di nobiltà, e il duca della casata dei Mannilli pensava e pensava. Alcuni giorni passarono e la principessa Mazzucchi degli Ulivi, sicura dell’emendamento stilatogli dal feudatario di Maradonia Di Biasox, riposava tranquilla, ma la nobile troppo sicura di sè, ignorava un fattore fondamentale. Dimenticava del gran potere magico che Di Biasox possedeva, ovvero il dono della “parola di burro”: una sorta d’incantesimo che fa sciogliere le sue parole dopo un secondo, mutare una promessa in un fraintendimento, trasformare un si in un no, determinare solo per chi lo ascolta un senso di smarrimento che inevitabilmente ti trasporta in un fiume dove ciò che si decide diventa subito il contrario di ciò che si è detto. Un potere unico, che solo il feudatario di Maradonia possiede e sul quale ha fondato il suo potere. La principessa trascurò il potente dono magico di Di Biasox e una mattina………Il duca dei Mannilli fomentò il popolo, scatenò una guerra interna alla corte di Maradonia, cavalcò le spaccature create da un ciclostilato di dubbia provenienza che dileggiava la principessa e, come una serpe all’improvviso colpì. I cassonetti tornarono sotto le mura del castello degli Ulivi. La principessa Mazzucchi al suo risveglio sbigottita dal ritorno degli odiati cassonetti subito corse da DiBiasox, chiedendo spiegazioni sul fatto e chiedendo il rispetto dei patti che l’emendamento da lui bandito imponevano. Di Biasox ricorrendo alle sue arti magiche disse: “guardami, guardami, non c’è nessun emendamento, è tutto frutto della tua immaginazione”. Dopo aver pronunciato altre formule magiche schioccò le dita e la principessa sotto incantesimo dovette ritornare a casa. Il Duca Asdrubale Libero dei Mannilli, ancora una volta ha vinto, preparando a puntino una strategia che ha dell’incredibile, fatta di fomentazione, di volantini di dubbia provenienza, accordi segreti con il feudatario DiBiasox ecc ecc. Insomma il duca, forte del suo risultato, si gode la vista dei cassonetti sotto le mura del castello della principessa, anche se tuttora nella tribù di Kasanovia si narra una leggenda, ovvero “ la leggenda dei cassonetti mannari”. Una leggenda antica, che riferisce di oscuri avvenimenti: si dice che durante le notti di luna piena i cassonetti, spontaneamente, si spostino da una parte all’altra della villa animati da misteriose tecniche di magia e costringendo l'indomani il popolo a mettersi alla caccia dei cassonetti, i quali misteriosamente cambiano locazione.
Ma, questa, è un’altra storia.

Depopa

domenica 24 giugno 2007

Fuga nel mondo delle favole

Altro che biennale di Venezia o Moma di New York, per i veri appassionati d’arte una tappa obbligatoria è Palazzo Novelli. Proprio così: le stanze di Palazzo Novelli per tutta l’estate accoglieranno alcune istallazioni a cura della cooperativa Lilladis, la quale ha partorito un prodotto artistico che farebbe invidia ad artisti del calibro di Picasso, De Chirico, Modigliani eccetera, i quali di fronte ad una tale mostra butterebbero pennelli, tele e tavolozze. La mostra in questione è una retrospettiva sul mondo delle favole. Proprio così: la cooperativa Lilladis, con una cura certosina, di tre giorni circa, ha posto all’attenzione dei carinolesi il profondissimo tema delle favole. Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Biancaneve, che in maniera struggente portano lo spettatore in una dimensione mista a commozione e gioia. Sfido tutti, soltanto per pura curiosità, a farvi un giro e vedere sta cosa. All’inizio si viene veramente investiti da cascate di interrogativi, poiché la cosa è presentata come seria e di profondo spessore artistico culturale, e poi ad un tratto lo spettatore è portato a pensare: “ Ma ke è sta strunzata”. Manichini vestiti da principi azzurri, da lupi e matrigne: è questa l’opera della cooperative Lilladis, che sicuramente ha usufruito di un cospicuo contributo da parte del comune. Infatti, la parola cooperativa in un certo senso non può non farci immaginare che la Lilladis non abbia ricevuto soldi per l’allestimento dell’opera. E pensare che fino a che la scuola chiudesse, accorrevano classi di bambini da Carinola e dai paesi limitrofi. E che cosa c’è da far vedere alle scolaresche? Non credo che dei manichini possano offrire qualcosa di educativo. Presupposto diverso dell’amministrazione, che dando il via libera a tale iniziativa, non solo ha precluso la possibilità ad artisti e artigiani locali di proporre le proprie opere che più delle favole della Lilladis, avrebbero offerto il vero lato culturale del Comune, senza nemmeno un soldino. Invece, Palazzo Novelli è attualmente casa di manichini che, provare per credere, fanno veramente ridere. Anche se da ridere non vi è molto, in quanto anche questo dato evidenzia come a Carinola in tutti i campi ciò che regna sono i clientelismi e l’ignoranza.

Picazzo

(per gli appassionati di arte: a breve saranno pubblicate le foto del "fantastico" allestimento, anche se vi avvertiamo che per provare il brivido bisogna vederlo di persona!)


mercoledì 16 maggio 2007

Incontri Agresti



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Idee culturali estive

Quando si parla di cultura a Carinola, purtroppo, ci viene un forte senso di nausea con fitti attacchi di vomito, in quanto inevitabilmente il nostro turpe pensiero cade sul premio Moscati e il premio Matilde Serao. Non vogliamo dire che sono eventi da non fare, ma aldilà della pelliccia della “farmacesta” e del sindaco Di Biasio che sbava mentre guarda le gambe della presentatrice di uno mattina, di culturale mi rimane davvero poco. Iniziative che non ci dispiacciono, ma allo stesso tempo credo che sia decisamente riduttivo fare di questi due momenti “il fiore all’occhiello” degli eventi culturali carinolesi. Alla fine, le persone che vanno al premio Matilde Serao aspettano più il buffet che il vincitore e spesso si addormentano nell’ascoltare le novelle della scrittrice. Eventi che diventano propaganda politica gratuita e occasioni per mostrare il vestito migliore, fingendo che, sottosotto, non siamo così insensibili alla cultura. Crediamo che si possa fare decisamente di più, basta che il nostro caro assessore alla cultura Elisa Mazzucchi decida una buona volta di prestare orecchio ad iniziative che non si fermino alla classica stretta di mano. Non è nuovo il fatto che più di una volta idee così dette alternative( che in altre realtà sono praticamente all’ordine del giorno) siano accantonate dietro la classica frase “ cà ‘n’ce stann’ i’ soldi!!!!”. Ok non stiamo a New York, ma nel momento in cui vi siano proposte definibili come culturali, realizzabili grazie a somme non troppo ingenti ( tipo 4.000 euro), si potrebbe pensare ad una delibera, considerando i 100000 euro previsti per la cultura e ripetiamo 100000 euro per la cultura???????? Oppure d’estate dovremmo accontentarci del solito palloso e triste Mimì Palmieri? che a dirla tutta ha decisamente sfracassato i maroni. Crediamo che dopo anni di melodie napoletane si potrebbe ovviare al carissimo Mimì. L’idea è questa. Traendo spunto da eventi che si sono col tempo consolidati in realtà più o meno vicine alla nostra terra, (basta spostarci a Teano Jazz, teatri di Pietra a Sessa Aurunca) si potrebbe pensare di sovvenzionare(seriamente, non per la serie “fate,fate poi si vede, non vi preoccupate..la delibera è pronta sicuro!!) una tre giorni d’arte all’interno dell' ex carcere femminile a Carinola. Questa struttura è da parecchi anni abbandonata ai roghi, topi e agli utensili dell’ufficio tecnico, e non è fantascienza pensare che un tale edificio possa diventare per tre giorni un vero museo d’arte contemporaneo. Infatti, con una somma piccolissima si potrebbe pensare di organizzare un week end nel clou dell’estate all’insegna dell’arte e della musica, con dibatti inerenti proprio alla politica della rifunzionalizzazione delle strutture comunali attualmente inutilizzate. Pensare che un carcere, un tempo luogo di reclusione, diventi momento di libera creatività e di aggregazione tra giovani e meno giovani, è sicuramente( crediamo) un dato da non sottovalutare, che in maniera tangibile stimoli veramente la collettività, e non provochi il sonno nell’aspettare il buffet dopo i premi succitati. La seconda delle nostre idea che ugualmente alla prima, necessita di una sovvenzione non superiore al costo del nostro caro Mimì ( 4000 euro come già si è detto) è quella di organizzare un Festival del teatro a Carinola. Un festival che accolga per una settimana due compagnie teatrali, provenienti dagli ambienti napoletani e romani, affiancati naturalmente dalla compagnia locale A’ scarpasciota, i quali per l’intera settimana, in tutte le frazioni di Carinola daranno vita a spettacoli teatrali diurni e serali. Spettacoli messi in scena da attori professionisti che ci illustreranno generi poco conosciuti dalle nostre parti che allo stesso modo del teatro tradizionale ci regalerà emozioni da non sottovalutare. Gli spettacoli itineranti toccheranno i luoghi più suggestivi del nostro comune, tipo la basilica di S.Maria in Foro Claudio, il convento di S.Francesco, piazza Castello, e luoghi che potrete ovviamente suggerire. Crediamo di aver parlato troppo, in ogni caso le idee ci sono e nella peggiore delle ipotesi, che tali eventi da noi immaginati siano l’ennesimo momento propagandistico, l’importante è vedere qualcosa di nuovo. Se l’idea vi solletica scrivete al quiquirì, commentate a questo post, fatevi sentire!


Depopa & Micco

venerdì 20 aprile 2007

Quiquiri' is out!!!!

E' disponibile l'Edizione cartacea del Quiquiri' di Aprile, che è stato distribuito Domenica 22 aprile.
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Godetene e fatene godere



Redazione Quiquiri'

giovedì 12 aprile 2007

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lunedì 26 marzo 2007




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