Chat

Visualizzazione post con etichetta Saga Conte Biasox. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Saga Conte Biasox. Mostra tutti i post

mercoledì 8 settembre 2021

IL FRATELLO SEGRETO DEL CONTE BIASOX

    Era una estate torrida quell' anno,  forse la più rovente del secolo. Il
conte Biasox trovava ristoro nei sotterranei del suo palazzo, che si trovava nella capitale di Maradonia, dove gestiva tutte le acque del regno.

    Mentre si godeva il fresco della cantina tra bottiglie di vini pregiati si divertiva a contare le monete d'oro che aveva accumulato nei suoi forzieri grazie alla sua proverbiale abilità nello spendere i soldi pubblici. Egli inoltre sfogliava qualche libro della sua fornitissima biblioteca per sfoggiare la propria cultura nei confronti della servitù e delle guardie. Era particolarmente soddisfatto quel giorno, poichè aveva ricevuto un plico reale con il quale lo si autorizzava a battere moneta con la sua effigie e a chiamarlo biasino d'oro. Aveva ricevuto questo riconoscimento in quanto amico fedelissimo del re zì Vicienzo o’ Piattaro trasformato, una volta diventato re, in ‘On Vincenzo Carafaguidalberto. I suoi modi volgari frammisti a sprazzi di gentilezza, ironie e battute anche pesanti tipico dei venditori ambulanti lo rendevano simpatico presso il popolino ignorante che lo aveva acclamato re e lo adorava.

    L'amicizia di Biasox con il re era ricambiata perché insieme a tutti i ribaldi del regno lo avevano aiutato a prendere il potere, pertanto questi assecondava ogni sua richiesta. Nonostante la bella notizia e le immense ricchezze accumulate non era sereno perché era prossima la data del suffragio. nella contea di Calenum, sua per diritto di nascita e che ovviamente voleva lasciare alla sua primogenita.

    Il suffragio era una formalità dovuta da quando il re precedente lo aveva imposto e doveva giocare bene le sue carte per renderla una semplice formalità. La posta era troppo alta: doveva assicurare il trono della contea a vita alla sua discendenza e pertanto doveva usare tutti i mezzi che aveva a disposizione. Un paio di mesi prima della data fissata per il suffragio partì per il suo villaggio sperduto negli acquitrini di Calenum, non dimenticando di portare con sé due o tre forzieri pieni di biasini d'oro.

    Arrivato nel suo palazzo di campagna trovò ad attenderlo tanti suoi sostenitori -  innanzitutto Giano Trifronte che offrì il suo braccio e quello del suo giovane infante per la causa di Biasox, il quale fece finta di gradire molto. Inoltre c'era Antimus Mutus, Gennarino o’ caporale che da qualche tempo guadagnava suffragi mandando a lavorare in nero i braccianti nei campi, altri notabili e le solite dame con relativi mariti per i quali chiedevano continuamente privilegi. Biasox guardò gli astanti e si rese conto che non erano sufficienti per le sue ambizioni - pertanto decise di giocarsi tutto. In quella riunione mostrò la lettera di suo padre in cui gli rivelava che Mark’Antonio da Nocellum era il suo fratellastro. Rivelò a tutti il suo grande segreto di essere sempre stati alleati segretamente e di avergli concesso il trono per qualche anno con la promessa che lo avrebbe appoggiato nella lotta per insediare sua figlia sul trono del ducato. A quelle parole gli astanti rimasero gelati e solo dopo qualche secondo di meraviglia osannarono Biasox e commiserarono sé stessi per non aver mai capito nulla. Ma intravedendo una facile vittoria con relativi benefici personali fecero finta di non capire che li aveva sempre presi in giro.

    Biasox nei giorni successivi per essere ancora più sicuro della vittoria mandò ambascerie ai due capozona che rappresentavano il re nella contea ed in quelle circostanti. Uno era Jianuario de Oliveria duca di Sipicciano dei monti Lattani e l'altro il suo acerrimo nemico per finta Maximus Grimaldellus marchese di Pezzarotonda. Ad entrambi mandò la richiesta di non ostacolare i suoi piani promettendo l'appoggio delle sue truppe nelle loro future battaglie per mantenere il potere. Con lo stesso plico li supplicava di preparare una lista concorrente per far sì che i servi della gleba non sospettassero dell'accordo. Per essere sicuro che accettassero, e per essere più convincente, insieme al plico inviò un forziere di biasini d'oro a testa.

    Avuta risposta positiva alla sua richiesta iniziò subito la sua campagna di corruzione in grande stile commisurando la somma allo stato sociale delle persone - inoltre per i servi della gleba istituì il piccolo prestito del suffragio, detto così perché durava solo per quel periodo. Si potevano avere soldi, ovviamente pochi, senza interessi e con tempi lunghissimi per la restituzione. Quasi tutti i servi della gleba ricorsero al prestito: primo perché ne avevano bisogno e secondo perché i galoppini di Biasox li avevano informati che in caso di vittoria della figlia tutti i debiti sarebbero stati cancellati. Fatta questa ultima operazione finalmente tornò la serenità sul volto del conte Biasox ed il sorriso sulle sue labbra - mentre con una mano leggeva un libro per finta e con l'altra accarezzava i suoi biasini d'oro.

 

IL CONTE DEL GRILLO

domenica 24 giugno 2012

L'ultimo Arcano


Dalla celebre saga di biasiox.

Erano giorni tormentati nella contea di Calenum. L'ex cerusico ed ora Conte Don Luis da Santa Cruz si vedeva sempre più solo ed aspettava inquieto l’arrivo dei suoi due più validi soldati. 

 Intanto Antimus Mutus e Antonio il Rosso, cavalcavano da ore senza treegua. Scendeva la notte.  La vista necessitò di qualche attimo per abituarsi a sopportare il contrasto tra il rossore accecante dell’ultimo sole e il buio alle loro spalle. Stagliandosi sul valico, i due uomini a cavallo contemplavano il congedo del giorno. Nel caldo torrido, il vapore dalle narici e il movimento pigro delle code degli animali erano l’unica animazione di quel palco sospeso nel cielo. Tutto era fermo. Le mani impugnavano giunte l’elsa delle spade mentre respiravano l’odore di sottobosco. La croce rossa sulla veste bianca copriva le loro cotte in maglia di ferro accomunandone i destini. Il profumo di cucina nelle vicinanze anticipava che dopo una giornata intera di cavalcata avrebbero trovato un rifugio coperto.  

La via per Calenum era stata lunga. Non avevano mai abbassato la guardia. Fino a quel punto non avevano fatto soste se non per i brevi riposi notturni. Era la domenica della grande investitura. Anticiparono tutti e si portarono a Ventaroli all’episcopio. C’erano tutti. Il grande re della Campania, Calle d’oro, ed il sommo sacerdote S.S. Pepe. Loro in grande uniforme in prima fila per il saluto al Conte de Grimaldellis che di li a poco avrebbe loro offerto la chances di governare un esercito non piu saldo, ma che con loro avrebbe trovato stabilità e si sarebbe sbarazzato dal Tribuno dei Tributi pagani. 

Eran anni che i due cavalieri crociati, preparavano tranelli. Tra i due il più silenzioso, detto Mutus, perché di poche parole e molti fatti, si dice che abbia sempre preso parte attiva a tutte le giunte della storia di Calenum, con perfetti cambi di armature e divise. Era un affronto troppo grande essere messi fuori gioco per lo sfizio di potere di qualcuno che furbo quanto loro non era mai stato. Allora i due architettarono tutto alla perfezione. Serviva qualcuno che li mettesse in gioco. Dove potevano trovare appiglio se non nei condottieri che loro stessi avevano combattuto? Partirono con il petto in fuori, adunarono i loro vecchi avversari e pronunciarono queste parole: Nemici…un giorno ci vide contrapposti per la conquista di Calenum: oggi ci pentiamo, e ci doniamo alla vostra compagnia. Come segno di pace, portarono loro un Bel giglio. Tutti erano in attesa di questo momento. Gradirono l’omaggio floreale, accettarono l’amicizia e tutti insieme si avviarono per architettare il piano di sconfitta di Don Luis da Santa Cruz.  Disquisirono per ore intere ed alla fine coinvolsero tutti nel loro ambizioso progetto.  Arrivarono le ore del gran consiglio del senato di Calenum, e quando si presentò loro la scheda del voto, cacciarono il Bel giglio che avevano anzitempo regalato ai nuovo compagni, e questo emanò un odore così forte e cosi aromatico che fece cadere Don Luis in stato di semicoscienza. 

Lo portarono nelle segrete del palazzo e tentarono di rianimarlo in tutti i modi. Ma le uniche parole che diceva erano: "datemi la fascia e la bandiera!! Voglio la fascia e la bandieraaaaaaaaaaaaa!!!". Poi chiamo i suoi soldati tutti ed esclamò: cacciate fuori il Tribuno dei tributi, il Passero solitario, ed il sommo Giorgius, insieme al suo vice don Luis II. Così fu fatto. 

I giorni che si susseguirono  furono duri e contorti. La pozione magica per la stregoneria del Bel giglio era tutta nelle mani dei due. Nel penetrante silenzio Mutus entrò nella stanza  e gli fece annusare un antidoto. Per qualche minuto Don Luis torno ad essere quello di prima e disse: "Mutus mi stai salvando dalla fine, e per questo ti nomino mio braccio destro. Porta un tuo amico e partecipiamo insieme al banchetto della pace". Mutus non aspettava altro. Salì sul cavallo da corsa dal Rosso e gli disse: finalmente c’è gloria per gli audaci. Dall’alto della finestra del grande palazzo si affaccio Don Luis e disse: "il mio esercito da oggi ha nuovi capi: Antimus Mutus, Antonio il Rosso , Lo Spirito (leggenda narra che fosse solo un ombra) e con  Il Bel giglio fecero una composizione con una rosa. 

Antonius non credeva ai propri occhi, Salì sul cavallo e fuggi. Nella prossima puntata racconteremo il viaggio solitario di Antonius.

Amanuense Anonimo

giovedì 28 luglio 2011

Biasiox e la magia di Calenum


Si era appena placata l’ira di Biasiox, dopo le elezioni che lo avevano visto sconfitto nella grande battaglia per il controllo di Calenum e la contea sembrava vivere un momento di pace. Biasiox era preso ad organizzare e rifocillare il suo esercito per preparare una nuova, lunga e sanguinosa battaglia. 
Aveva convocato presso la sua corte tutti i crociati suoi soldati con lo scopo di impartire loro le prime lezioni che lo avrebbero riportato come Re sul trono della gran piazza di Calenum. Ma aveva un serio problema. Doveva sradicare dal suo esercito tutti quei caporali che lo avevano tradito in passato e nominare nuovi caporali, giovani e forti per comandare indisturbato. Era un compito complesso perché tra i caporali c’era anche donna Antonella de Bufalinis, la più sveglia tra i sui discenti. Non ce l’avrebbe mai fatta a non fornirgli almeno un posto da capo truppa. Non dormiva la notte e pensava a tutti i suoi compagni di ventura per cercare quello justo, quello che poteva aiutarlo. 
La notte prima dell’elezione del suo esercito rimase sveglio, chiamò il suo nocchiere di fiducia e disse di preparare il carro per la partenza. Salì sul carro e parlando al suo nocchiere lentamente esclamò:  “nulla è più desolante che percorrere queste terre che erano state mie…” lo pensava e se lo ripeteva masticando triste quelle parole fra i denti, nel procedere lento del lungo cammino.

     “Ho condotto l’esercito alla vittoria, ho spianato la città, non ho lasciato nessuno che possa raccontare d’esser rimasto vivo… e questa è la ricompensa…! La ricompensa di chi ho creato e fatto diventare forte con il mio sangue.  Ma la colpa di tutto, è di Giano Trifronte che con il suo alto tradimento ha spianato la strada al conte de Grimaldellis Elettoralis. E ora? E ora viene da me a chiedere perdono. Vuole lottare accanto a me di nuovo. Come se io non conoscessi la sua voglia di eliminarmi. No. No. Non è maturo per farmi fuori. Ma lo utilizzerò in futuro e me ne libererò come lui ha fatto con me. "

Mentre fantasticava su questo, esclamò 

- fermati!!! Ho trovato la soluzione. Portami subito dallo stregone di Nocellum. Solo una sua magia può salvarci. Incontrò lo stregone a mezzanotte precisa. Scese dalla diligenza e si inginocchiò davanti ad un albero. Esclamò 

- aiutami e sarò sempre a tua disposizione. 

Lo stregone con una folta barba, gli appoggiò una mano sulla spalla e disse:

- so tutto. Domani scatenerò la mia forza.

Biasiox salutò e andò via sereno. Quella notte dormì tranquillo, come se lo stregone lo avesse anestetizzato. 
Al risveglio i giochi erano pronti. Antonia de Bufalinis si presentò alla grande urnà con i suoi uomini, circa venti che dovevano portarla a essere caporale del gruppo. Votò e votarono. 

A dieci km dall’urna lo stregone sibilò: 

- VULPEM PILO MUTARE, NON MORES.   

I giochi erano fatti.
Aprirono le urne e vennero eletti i 7 soldati fidati di biasiox, anche se Donna Antonia era sicura dei suoi uomini. 

Biasiox corse dallo stregone e questo disse : hoc unim scio, me nihil scire, e sparì. 


(continua)

CAIO GRACCO

sabato 23 aprile 2011

La maledizione di Biasox



Il conte Biasox passeggiava nervoso nel suo giardino fingendo di leggere un libro, preso a caso dalla sua fornitissima biblioteca. Nonostante fosse primavera inoltrata e nonostante la giornata soleggiata, la temperatura era alquanto rigida. Quel vento di tramontana, inusitato per quella stagione, era per il conte un segno premonitore di sventura. I suoi capelli argentei, in pochi giorni, erano diventati quasi tutti bianchi, la sua immagine di tombeur de femmes era diventata quella di uno sbiadito pensionato. Tutte le sue strategie per riconquistare il trono della contea di Calenum erano fallite. Anche la sua finta abdicazione in favore di un estraneo alla famiglia non aveva sortito l'effetto sperato. Tutti avevano compreso che se avessero appogiato Degiallibus, suo designato, una volta eletto, sarebbe stato facilmente controllato, tramite il suo germano, Biasox II. 

I suoi messaggeri gli riferivano solo  notizie spiacevoli: l'ultima era stata che anche il cavaliere Garofanus,  scudiero del visconte Giano Trifronte,  si era alleato con i congiurati. Già aveva avuto la brutta notizia del passaggio, con la fazione avversa, di don Juan de Bufalirinis e della sua gentile signora donna Antonia. Così quasi tutti i suoi vassalli erano passati con il cerusico don Luis de Santa Cruz alle dipendenze del marchese De Grimaldellis. Questi, per la soddisfazione, ingrassava a vista d'occhio, pur restando digiuno per intere settimane. Gli avevano riferito che anche una banda di giovanotti scalmanati, spalleggiati dal teribile Franz Lo Sterminatore Grigio, si erano organizzati per occupare il trono. Questi giovinastri si servivano per comunicare di una diavoleria ultramoderna, che permetteva di tenerli perennemente in contatto tra di loro. 

Le notizie che le poche spie rimastegli gli riportavano lo avevano convinto che ormai la soluzione migliore fosse la fuga. Oltretutto, la campagna denigratoria nei suoi confronti aveva sortito i suoi effetti. Tutti i servi della gleba erano stati convinti che si fosse aricchito alle loro spalle. Ormai non poteva più passeggiare per le strade di Calenum, nemmeno nel suo casale natìo, senza essere contestato anche dai villani. Inoltre, conoscendo bene tutti i suoi sudditi, si era reso conto che ormai erano tutti passati con i suoi nemici. A niente sarebbe servito il suo grande coraggio e le sue doti innate di grande condottiero, e si convinse che la sua fine fosse segnata. I grandi uomini si vedono anche nel saper contenere gli effetti delle sconfitte, pensò, pertanto decise una ritirata strategica in attesa di tempi migliori. Lui conosceva bene i suoi ex vassalli, era certo che dopo qualche anno avrebbero cambiato di nuovo bandiera, e poteva darsi che sarebbero tornati a servirlo.  

Diede ordine alla servitù di portare solo l'indispensabile, pertanto furono preparate solo una cinquantina di carrozze. Mentre la servitù caricava suppellettili varie, lui personalmente si incaricò di riempire dieci carrozze con i suoi modesti risparmi, guadagnati col suo sudato lavoro di governo. Mentre seguiva le operazioni di carico davanti ai suoi occhi passarono tutti i suoi ex vassalli. Vide il sussequioso Antimus Mutus, il preoccupato don Luis, il suo amico d'infanzia don Juan e tutti gli altri, perfino Mbicillus, il giullare di corte. 

Fu pervaso da una gran rabbia nei confronti degli ingrati,  erano pronti a mordere  la sua mano da cui avevano ricevuto tanto pane ed anche tanto companatico. Prima di partire, si recò sulla montagna detta di Sant'Arcangelo, sulla cui cima era stato costruito un monumento all'avanguardia per quei tempi, perchè rispettoso dell'ambiente circostante, in ricordo della sua amministrazione delle acque. Salito sulla cima in modo che potesse vedere quasi tutta Calenum, lanciò la sua maledizione: "Ti maledico ingrata Calenum insieme a tutti i tuoi abitanti. Dopo di me, nessuno sarà mio pari.  Tutti i miei successori non avranno mai  pace e con loro Calenum che sarà male amministrata nei secoli dei secoli". Fece seguire dei segni e delle parole magiche che gli erano state insegnate da un suo zio stregone. 

Finito il rito magico, salì sulla sua carrozza  e si avviò verso una meta segreta.  Quella sera era il venerdì santo e tutte le donne, mentre seguivano la tradizionale processione, piangevano lacrimando copiosamente. Molti si meravigliarono per la loro forte partecipazione al rito religioso, senza sospettare che in realtà stavano piangendo per il loro amore segreto, che forse non avrebbero più rivisto. Per secoli il ricordo del conte Biasox restò nel cuore dei suoi sudditi come simbolo della bontà, della generosità e sinonimo di buon governo. Fu ricordato come il miglior politico che la contea avesse mai avuto e infatti, dopo di lui, a causa della sua maledizione,  la contea di Calenum non fu mai più ben amministrata.

FINE DELLA STORIA

IL CONTE DEL GRILLO

lunedì 11 aprile 2011

Biasox in meditazione

Saint_Augustine_35
Era ormai vicina la Pasqua. Il conte Biasox, da persona devota quale doveva apparire, incominciò a prepararsi spiritualmente. Quell'anno decise addirittura di partecipare ad un' intera giornata di meditazione. Si recò nel convento di San Francesco di Casanova, appena finito di costruire, ma che lui aveva voluto restaurare lo stesso. Le malelingue sparsero voce che quel restauro inutile del convento fosse stato realizzato per dividersi, con tecnici ed amici, un pò di soldi della contea Fu accolto con tutti gli onori dal padre guardiano, che gli mise a disposizione tutto il convento.

Il conte Biasox fingeva di meditare sulla vita di Gesù Cristo, ma in verità meditava solo sulla propria. Ricordò i bei tempi, quando tutti i nobili della contea, insieme ai servi della gleba, facevano a gara per baciargli la mano. Ricordò tutte le dame che si accapigliavano per restare sole con lui, causando l'ira della consorte. Pensò a tutto quello che aveva realizzato nei suoi tanti anni di buon governo. La privatizzazione dell'illuminazione pubblica, della raccolta della monnezza, ed infine la privatizzazione dei cimiteri. Con questa opera aveva espresso il massimo del suo genio politico. Col servizio cimiteriale aveva proiettato la contea di Calenum, all'avanguardia del vivere civile di tutto il regno di Maradonia.

Adesso gli restava solo un'altra opera altamente innovativa e di grande civiltà: la privatizzazione dell'acqua pubblica. Tutti sapevano che le sue iniziative erano tese all'introito di forti percentuali, ma tutti concordavano che gli spettassero di diritto. Nonostante fosse immerso nei suoi pensieri, ebbe la prontezza di far finta di biascicare una Ave Maria, avendo notato il frate nei paraggi. Continuando nella sua meditazione si intristì, nel pensare che molti dei suoi beneficiati quasi lo evitassero pensando di tradirlo. Eppure aveva realizzato un palazzo sportivo, una chiesa nuova, due tre campi sportivi, rifatti quattro cinque volte, oltre alla sua opera più gloriosa: piazza Navona in Nocellum. Per festeggiare i suoi dieci anni di regno, aveva voluto una grande piazza con una fontana al centro, che ricordasse quella dell'omonima piazza romana. Vero che molte di quelle opere erano incompiute, un altro paio di lustri di governo e sarebbero state completate... doveva pur pensare ai guadagni per la vecchiaia.

Un turbine di ricordi e di pensieri gli correvano nella mente, bloccandogli la sua dote più spiccata, quella di stratega. Ebbe un attimo di rimorso, nel ricordare il giovane Micheligno de San Donà. Nel libro c'è un intero capitolo dedicato allo sfortunato giovane, ma per motivi di spazio ne citerò solo un breve sunto. Questi era un giovane paggio, il quale per i servigi resi a corte era stato nominato cavaliere. Durante la congiura dei nobili, Biasox avendo subdorato una sua alleanza con Don Luis,  decise di eliminarlo. Lo fece invitare alla caccia alla volpe, arte in cui era il migliore della contea, dal visconte Giano Trifronte. Il giovane, ignaro delle trame dei due, si recò con loro a caccia, ma non fece ritorno, e mai ne fu trovato il corpo. Il ricordo di Micheligno è stato tramandato nei secoli come simbolo dell'ingenuità e della buona fede giovanile.

Biasox, liberatosi da quel fastidioso ricordo, si concentrò sulla lega dei nobili che si erano alleati contro di lui, capeggiati dal suo ex cerusico... Invano aveva mandato ambascerie al marchese De Grimaldellis, protettore di don Luis, vane erano state le offerte che gli aveva prospettate per indurlo a tornare al suo servizio. Tra i suoi fedelissimi aveva notato un certo scollamento, foriero di scarso impegno combattivo. Solo il visconte Giano Trifronte era tornato umilmente ai suoi piedi, in quanto come alternativa aveva solo l'esilio. Dopo una giornata di meditazione, durante la quale si concesse solo un bicchiere d'acqua, riscuotendo l'ammirazione del guardiano per la sua penitenza, decise la sua strategia. Nominò a capo della sua coalizione un giovane cavaliere, appartenente alla nobile casta dei De Giallibus. In caso di vittoria, non avrebbe conservato il trono, ma almeno gli introiti, ciò che più gli interessava. Fiducioso sull'esito positivo della sua strategìa, lasciò il convento più sereno di quando vi era entrato. Il guardiano, nel salutarlo guardandolo in viso, si convinse che la giornata di meditazione lo avesse beatificato.

IL CONTE DEL GRILLO



Nota dell'autore:

Informo gli affezionati lettori delle gesta del conte Biasox che il libro ormai è alla fine, e con esso il mio faticoso compito. Come sapete, questo antico testo ritrovato nella cattedrale di Carinola, è scritto in latino arcaico e in un frammisto tra la lingua napoletana a quella scarpitta. Volutamente non ho letto come finisce, ma da queste ultime pagine che ho tradotto, mi sorge il dubbio che abbia una fine tragica.


mercoledì 30 marzo 2011

Biasox la volpe



Quella mattina di primavera, Il volto del conte Biasox era radioso, come il sole primaverile che lo accarezzava nel suo giardino. Era di ottimo umore per la bella giornata, ma soprattutto per la notizia, che gli aveva appena consegnato il messo del regno. Su sua richiesta, Giano Trifronte era stato privato del titolo di duca, sostituito con quello di visconte. Come tutti sanno il visconte è il vice del conte, più precisamente, l'aiutante del conte. Con questo atto, aveva definitivamente ridimensionato la figura dell'ex duca, ormai relegato in funzioni secondarie. La furia che lo aveva pervaso alcune sere prima, a causa di Lorenzo il Savonarola, era ormai dimenticata. Quella sera, (vedi puntata precedente) a bordo della sua potente carozza, era transitato, a forte velocità, sulla strada che collega Nocellum al villaggio di Santa Cruz. Non fu casuale che lui percorresse quella strada, per lui inusitata.Era stato informato, che nei sotterranei della fazenda di Don Luis di Santa Cruz, suo ex cerusico, erano riuniti i vassalli che complottavano contro di lui. Questi riconobbero dal fragore della carrozza, chi era il conduttore, e si abbracciarono tremanti. Il giorno dopo, partì l'offensiva del conte, per farlo, mise mano a tutte le minacce e blandizie che il suo cervello volpino potesse partorire.

Il giorno dopo incominciò offrì il posto di conte a tutti, incomiciò con don Luis e finì con l'ultimo vassallo della contea. Tutti credettero alle sue promesse, tutti si sentirono investiti della candidatura oltre a donna Antonia che già si sentiva contessa, perfino Michele, discepolo prediletto di Biasox, pensò per un momento di poterlo sostituire. Ovviamente, incominciarono a combattersi tutti aspramente, come l'arguto Biasox aveva previsto.Il suo obietivo principale era quello di dividerli tra di loro, ma principalmente dal marchese Maximus de Grimaldellis. Questi era componente del gran consiglio del regno di Maradonia e tramava, da tempo, per sostituirlo con qualche suo protetto. Proprio questo era lo scopo delle ripetute riunioni notturne, nella cantina di don Luis. Biasox con la sua mossa lo aveva spiazzato, ormai i vassalli erano tutti divisi, perfino la dama bianca, Rosa di Maggio, favorita del marchese, aveva comunicato di non essere interessata al trono della contea.

Questi erano i pensieri che il conte Biasox rimuginava nel suo super cervello, il sorriso beffardo, che incorniciava il suo bel viso, era del tutto giustificato. Ormai, il suo furbesco progetto doveva solo concludersi con la più ragionevole delle soluzioni e aspettava solo che la stragrande maggioranza dei vassalli, stufi di farsi la guerra, lo implorasse di riprendere il suo legittimo posto acclamandolo conte di Calenum.



IL CONTE DEL GRILLO


sabato 26 febbraio 2011

L'URLO DI Biasox


La popolazione di Calenum era prostrata dai tre lunghi anni di assenza del conte Biasox dal trono della contea. Chiusa la breve parentesi di governo, del duca Giano Trifronte de Fontanavecchia (leggi l'abdicazione del Conte Biasox), tutti attendevano trepidanti il suo ritorno. La maggioranza dei vassalli era pronta a combattere per lui, mentre i servi della gleba in massa imploravano il suo ritorno piangendo e pregando. In verità, piangevano soprattutto per le tasse ed i balzelli, che Giano Trifronte aveva propinato senza risparmio. Alle sue, si erano aggiunte, quelle imposte dallo sceriffo del regno che le aveva triplicate. Proprio questa notizia aveva spinto Biasox ad accelerare il suo ritorno. Le nuove tasse avrebbero rimpinguato le casse della contea e di conseguenza le sue tasche. 

Prima di tornare nel suo contado natìo, Nocellum, inviò un dispaccio allo sceriffo del regno, che governava temporaneamente Calenum. Chiese di approvare, repentinamente, la tassa sui sepolcri che era stata sospesa da Giano Trifronte. Come tutti ricorderanno, Giano Trifronte, per indurre i servi della gleba a nominarlo reggente, durante l'assenza di Biasox, aveva promesso solennemente di eliminare la tassa sui morti. Ovviamente era una finta, in quando il balzello lo avevano ideato insieme con il Conte. Anzi si era sparsa voce che fosse stato proprio Giano a progettare una truffa tanto colossale, viste le sue competenze in materia finanziaria.
Stava proprio leggendo il dispaccio dello sceriffo, che lo informava della definitiva approvazione della tassa sul morto, quando un paggetto lo avvisò, che la riunione dei vassalli, valvassori e valvassini a lui fedeli stava per iniziare. Il suo petto, già gonfio di soddisfazione, si espanse ancora di più, rischiando di rompere le cinture che tenevano la corazza. Tutto andava a gonfie vele, tasse vecchie, tasse nuove, ed adesso anche gli immensi introiti derivanti dalle sepolture. Pesando ai guadagni derivati, denominò quella tassa, proprio finanza derivata, nome che è rimasto fino ai nostri giorni. Sfoggiando il suo sorriso più largo entrò nel salone, salutando tutti con ampi gesti della mano, e rispondendo con cenni del capo, alle rumorose ovazioni che furono sentite per tutto il contado. Dopo aver tacitato, con grande sforzo, le acclamazioni festose dei presenti, iniziò il suo discorso. Al contrario del solito, fu molto chiaro e conciso, in breve disse:

 - Sono tornato per riprendermi il trono della contea, mio di diritto". Tutti lo interruppero con un grande applauso e corsero a baciare i suoi piedi. 

Stava quasi per chiudere la riunione, quando una voce dal fondo della sala gridò: 

- Chiedo di parlare!

 Tutti ammutolirono, guardando avanzare  Lorenzo de Verdis, soprannominato Savonarola. Appena il Conte lo riconobbe, anche se nei suoi confronti, sembrava un topolino al cospetto di un elefante, sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Savonarola, invece di dilungarsi nelle solite prediche piene di improperi, arrivò subito al sodo. Disse, con tono deferente ma fermo:

- Signor conte, lei ha governato per tanti anni, pertanto il popolo di Calenum ha bisogno di un rinnovamento. Propongo - continuò - al suo posto la nobildonna Antonia De Bufalirinis, moglie di don Juan, uno dei suoi più fedeli servitori...

Appena profferite quelle parole, nella sala calò un gelo, come se vi nevicasse all'interno, tanto che molti incominciarono a tremare. Biasox si rigirò sulla grande sedia, su cui era seduto, impettito, mentre il suo viso sorridente, si trasformò in una maschera diabolica. Si alzò di scatto e contemporaneamente sguainò la sua spada damascata, e brandendola in modo minaccioso, urlò con quanto fiato aveva in gola: 

 - IL TRONO E MIO E NESSUNO ME LO TOGLIERA'  !! 

Inoltre, aggiunse un pò di insulti irriferibili, nei riguardi di colui che metteva in dubbio il suo diritto al trono di Calenum. Uscì, correndo dal salone urlando come un ossesso. Urlò tanto forte che fu sentito fino ai confini della contea, anche gli animali che stavano dormendo si svegliarono. Continuando a gridare "E' mio, è mio" salì sulla sua carrozza argentea trainata da 160 cavalli e si allontanò nella notte, lasciando i suoi sudditi nella più grande disperazione.

..........continua.


IL CONTE DEL GRILLO

domenica 9 maggio 2010

La risata di Biasox

Una sera di fine Aprile, i villici che abitavano nel contado di Nocellum nel tenimento della contea di Calenum furono destati dal sonno da forti schiamazzi provenienti dalla casa di cittadella di don Juan de Bufalirinis. Le risate e gli schiamazzi durarono tutta la notte ma nessun servo della gleba osò protestare per paura di ritorsioni, poichè era ormai di pubblico dominio la notizia che il conte Biasox stava per tornare al governo della contea. Il giorno successivo comunque tutti furono informati su cosa fosse successo nella notte. Un  buttero di don Juan aveva origliato alla porta del salone delle feste e riferito quello che aveva sentito, motivo delle fragorose risate. L'ospite d'onore della serata ed anche animatore era stato il conte Biasox , venuto per festeggiare la defenestrazione del duca Giano Trifronte dal palazzo della contea. Il conte, per l'occasione, invece di bere il solito vino fragolino prodotto nelle sue vigne bevve, e abbondantemente, il falerno di Paganicus, il suo futuro contabile di corte. L'effetto del Falerno non si fece attendere ed il conte, di solito misurato e riservato, si sciolse e si diede a lazzi e risate sguaiate insieme a tutti i commensali. Incominciò col ricordare l'allontanamento dal palazzo del duca e del suo fidato alleato, don Mattia detto il Gerarca di Sinistra, entrambi dopo giorni di assedio da parte degli altri vassalli di Biasox  che erano rimasti  assediati per giorni difesi solo dai due  gemelli Ustascia, fedelissimi e sanguinari sicari del gerarca.  Quindi aveva ricordato la loro  fuga dal palazzo nottetempo, il tutto accompagnato da fragorose risate.
Biasox continuò dicendo che quella fuga era una sua grande vittoria ottenuta grazie alla sua abilità ed alla conoscenza profonda che aveva dei vassalli e valvassori  di Calenum che lui considerava suoi sottomessi. Era convinto che questi  mai avrebbero riconosciuto un altro capo all'infuori di lui. Ricordò che aveva designato come successore Antimus Mutus perchè appena trascorso l'anno sabbatico presso il ministero delle acque, quegli si sarebbe dimesso, favorendo il suo rientro incruento sul trono di Calenum. Le cose erano andate diversamente in quanto Giano Trifronte con l'aiuto di altri vassalli si era attribuito il titolo di reggente arbitrariamente e non solo non voleva dimettersi per favorire il ritorno del conte legittimo, ma addirittura tramava per tenersi la contea per tanti anni ancora e forse per sempre. Biasox disse che lui, prima di tutti, aveva intuito le mire di Giano pertanto con l'aiuto dei suoi fidi servitori lo aveva costretto all'abbandono. La prima occasione che servì ad avvelennare i rapporti fra i congiurati fu l’ arruolamento dei nuovi pretoriani, detti “pretorianini”, necessari per rigiovanire una guarnigione ormai diventata un lazzaretto. Raccontò come d'accordo con Tigellino, il comandante dei pretoriani, suo fedele servitore, avesse deciso i nomi degli arruolandi. Scelse tutti amici e parenti di Giano e Mattia il Gerarca oltre al proprio nipote in modo da far credere a tutti che li avesse scelti Giano e in accordo con Biasox stesso. Calmate le risate, rivelò anche un retroscena noto a pochi e cioè che avesse chiesto a Tigellino di far passeggiare ogni giorno il nipote in alta uniforme per le strade di Nocellum per sobillare gli abitanti a lui ostili contro Giano ed i suoi alleati. E così successe: Antonio il Russo, vassallo di Nocellum presso la contea, già da tempo era divorato dall'invidia per i successi di Giano e incominciò a tramare contro di lui. Contemporaneamente, il conte rivelò  di aver inviato un suo fidato servitore a promettere per l'ennesima volta il suo posto a don Luis de Santa Cruz, il suo ex cerusico di corte. Tra risate sempre più forti al pronunciare quel nome rassicurò tutti che quello ci aveva creduto ancora una volta e i risultati erano sotto gli occhi di tutti. Le risate arrivarono al culmine quando rivelò che don Luis si credeva furbo in quanto aveva acconsentito ad una analoga promessa di Maximus Grimaldellus Electoralis, altro vassallo emergente, che pure gli aveva promesso il trono di Calenum  pensando così di servire due padroni con un solo tradimento. Biasox ormai aveva perso ogni freno, beveva e rideva dei suoi vassalli  che a turno cercavano di  ergersi a suoi pari senza immaginare  che erano tutti delle marionette i cui fili erano manovrati  dalle sue mani.
Continuò col raccontare quello che era stato il massimo del suo piano ovvero la finta scissione con Antimus Mutus. Questo suo capolavoro, per raccontarlo Biasox ci mise molto tempo, perchè non riusciva  a trattenersi dalle risate e quasi si sentì male. Aveva costretto Antimus Mutus a dichiarare pubblicamente di non essere più un suo vassallo cosicchè Giano Trifronte lo blandisse con promesse  e lo considerasse un suo alleato. Biasox rivelò che questa era stata la mossa vincente, i pretoriani o i lavori di Kasanovia erano serviti solo per aizzare gli animi dei servi della gleba e dei valvassori e creare il clima di scontro ma quella era stata la mossa risolutiva. Giano Trifronte, sicuro di avere Antimus Mutus e gli altri due “cavalier Nessuno” dalla propria parte, si scontrò con Antonio il Russo e don Luis pur sapendo che questi erano spalleggiati dai servi di Maximus Grimaldellus, ma ignaro delle intenzioni di Antimus Mutus. Questo gli fu fatale in quanto fu costretto ad abbandonare il palazzo.
Gli schiamazzi svegliarono per l’ennesima volta i servi della gleba quando, nel cuore della notte, alla cena si presentò strisciando sulle ginocchia l’infido Abner, il quale depose ai piedi del conte una penna d’oca in segno di assoluta e perpetua fedeltà, nascondendogli però che la sera prima aveva fatto la stessa cosa con Maximus Grimaldellus.
Tutti gli astanti inneggiarono al genio strategico del conte e continuarono a brindare  e schiamazzare per tutta la notte ripromettendosi di ripetere la festa ancora più in grande, di lì a poco, quando il conte sarebbe rientrato in possesso del suo legittimo trono della contea di Calenum.

Il Conte del Grillo

lunedì 5 aprile 2010

Biasox alla riscossa

 Il suffragio generale del regno di Maradonia si era concluso in modo più che lusinghiero per il conte Biasox anche se il suo amatissimo re Antonio Afraulanum de Mondezzis non sedeva più sul trono.  Il vassallo Fabozzius, a cui aveva giurato fedeltà, era stato molto votato nella contea di Calenum e con sua grande consolazione era riuscito pure a non far eleggere Antonio il Russo come consigliere presso la corte del vicerè. Adesso doveva approntare i  preparativi per riprendersi la contea di Calenum governata dal  duca Giano Trifronte che se ne era impossessato con un subdolo stratagemma. 
Subito convocò il nobile don Luis de Santa Cruz che da tempo si era pentito di aver tradito il conte e segretamente gli aveva giurato di nuovo fedeltà. Si incontrarono di nascosto in una fazenda di don Luis ed alla riunione partecipò anche don Juan de Bufalarinis. Insieme concertarono il piano per esautorare Giano. 

Il giorno dopo, don Juan, recatosi al palazzo ducale, presentò un atto di accusa contro il duca chiamandolo a rispondere davanti al Consiglio della contea. L'accusa era di grave malversazione di fondi per favorire amici del duca e del suo primo cavaliere, Mattia il Gerarca di sinistra. I fondi di cui si parlava erano stati spesi per delle pregiatissime piante orientali rivelatisi poi per dei comuni ulivi e per una fornitura di petrolio per la pubblica illuminazione rivelatasi comune acqua di pozzo. Nel contempo don Luis organizzò una riunione nella sua fazenda con i più influenti consiglieri della contea. In quella riunione si decise di chiedere al duca l'esilio del suo primo cavaliere, Mattia il Gerarca di sinistra, altrimenti  avrebbero messo lui sotto accusa costringendolo all'abdicazione. 

Oltre alle accuse di malversazione, don Luis riuscì, seguendo le indicazioni di Biasox, a convincere tutti che la mancata elezione di Antonio il Russo era stata causata dal tradimento di Mattia il Gerarca. Inoltre convinse anche Maximus Grimaldellus, che pure era presente alla riunione, che Il Gerarca avesse tramato anche contro di lui, pur senza esserci   riuscito. Per convincerlo, gli  rivelarono che aveva fatto partecipare al complotto, blandendolo con delle astruse promesse, il nobile Ughetto dei Farmaci, grande amico di Maximus. 
Il giorno successivo, intorno al palazzo della contea ci fu molto fermento in attesa delle decisioni che il Gran Consiglio avrebbe preso sull'atto di accusa di don Juan. Vari villici e  servitori della gleba si accalcavano intorno al palazzo, alcuni per curiosità ed alcuni per paura di perdere l'elemosina che il duca distribuiva ad alcuni di loro.

All' ora prestabilita per l'assemblea, gli araldi annunciarono l' entrata nel salone del duca Giano accolto dall'ovazione del pubblico presente. La loro attesa fu però delusa dall'assenza dei consiglieri che Giano Trifronte aveva convinto a non presentarsi in modo da impedire a don Juan di leggere il suo atto di accusa. Dopo alcuni minuti di attesa, preso atto delle assenze dei consiglieri che nel frattempo passeggiavano nel cortile sotto stretta sorveglianza delle guardie del duca, l'assemblea fu sciolta. 

A quel punto entrò in scena don Luis, che consegnò al duca una pergamena dove erano scritte le richieste  alle quali doveva sottostare se voleva continuare a governare. La richiesta era chiara, doveva esiliare il suo primo cavaliere. Anche le intenzioni erano chiare: lasciato senza il suo cavaliere più valido e fedele, sarebbe finito anche il suo potere assoluto. 

Il duca rimase colpito dalla richiesta inaspettata, ma per non farsene avvedere sfoggiò per l'occasione una quarta faccia che teneva per riserva da usare nelle occasioni eccezionali e questa era una di quelle. Con fare deciso dichiarò ad alta voce, in modo che tutti sentissero e riferissero in tutta la contea, che mai e poi mai avrebbe acconsentito a quelle ignobili richieste. Per rendersi ancora più credibile dichiarò che avrebbe sacrificato la sua carica e la sua vita per non far torcere un capello al suo fido cavaliere.

Tutti i servitori della gleba presenti lo applaudirono e  acclamarono a gran voce, mentre i valvassini e lo stesso Mattia il Gerarca restarono muti in disparte cercando di capire cosa avesse in mente, sapendo che il pensiero del duca raramente corrispondeva alle sue parole. 

Una veloce staffetta portò al conte Biasox le notizie dei fatti accaduti nel palazzo della contea e quegli, con un ghigno di soddisfazione, si fregò le mani. Il suo piano procedeva speditamente e secondo quanto previsto, anche se egli stesso aveva molte perplessità sulle vere intenzioni di Giano Trifronte che, apparentemente, così facilmente era caduto nel suo tranello......

Il Conte del Grillo

giovedì 25 marzo 2010

Biasox all’ultima battaglia

battaglia2

In quell’anno la primavera era molto in ritardo, le giornate fredde ed uggiose dell’inverno non volevano abbandonare il regno di Maradonia, quasi un segno premonitore di sventure che dovevano calare sul regno. Ed infatti così fu: l’amatissimo re don Antonio Afraulanum de Mondezzis, offeso perché messo sotto accusa dalla grande Inquisizione, si ritirò a vita privata. Dal suo ritiro si scatenò una furiosa guerra di successione tra i suoi baroni per subentrargli. I baroni ovviamente cercarono di arruolare quanti più vassalli possibile per occupare il trono rimasto vuoto.


Il conte Biasox fu informato da queste notizie mentre rileggeva la bozza di contratto della vendita delle acque che alcuni nemici invidiosi non gli avevano permesso di concludere. Già era abbastanza depresso per i mancati introiti di quella operazione, quando gli furono riferite queste ultime notizie che aggravarono le sue preoccupazioni. Le dimissioni del suo amato re lo costrinsero a scegliere tra i vari contendenti e lui cercò di mettersi al servizio del più forte, non per aiutarlo ovviamente, ma per averne ricompense. Per siglare l'alleanza, tuttavia, aveva bisogno di valvassini e servi della gleba in gran numero da offrire come sostenitori del nuovo re. Purtroppo la sua lontananza dalla contea di Calenum aveva indebolito il suo ascendente su gran parte dei suoi fidati sudditi, prima di tutti sul suo reggente Giano Trifronte. Questi si era defilato dalla lotta, alleandosi con un barone della vicina Suessola al quale aveva giurato solenne fedeltà e sottomissione. Approfittando che questi era un illetterato però, aveva scritto tra le righe del giuramento la parola “temporaneo”, senza che quegli se ne accorgesse. Il Duca Giano, forte di questa alleanza, si era ormai liberato del sodalizio col conte Biasox e stava cercando di imporre la propria dinastia sulla contea anche per gli anni futuri. Per rafforzare questo suo intento aveva intimato agli architetti della contea che tutte le costruzioni pubbliche dovevano essere costruite nello stile trifronte. La prima opera che fu realizzata in pochissimo tempo fu il campanile dell’orologio del contado di Kasanovia, dove risiedeva il duca. L’orologio fu realizzato trifronte, cioè con tre quadranti a ricordo imperituro del duca Giano Trifronte che lo aveva finanziato.
battaglia1Queste notizie negative, provenienti sia dalla sua contea che dal regno in generale, turbavano il conte Biasox, che dopo alcuni giorni di meditazione passò all’azione. Incominciò col radunare tutti i valvassini rimastigli fedeli per farli combattere al suo fianco, ma grande fu la sua delusione quando molti di questi si ammutinarono negandogli il loro appoggio. La delusione del conte fu ancora più grande quando fu informato che a guidare la rivolta contro di lui era stato Antimus Mutus, il valvassore che riteneva quello a lui più fedele. La notizia pù sconvolgente fu che come conseguenza di quella defezione c’era stato un accordo con Antonio Il Russo, ferocissimo suo nemico, per inviarlo come rappresentante della contea presso il vicerè. Sentito questo, il conte ruppe gli indugi e si preparò ad una grossa battaglia con le truppe rimastigli fedeli. Nottetempo si recò nel suo contado di nascita, Nocellum, e in una riunione tormentata insieme a don Juan de Bufalirinis illustrò i suoi piani di guerra. Innanzitutto l'arruolamento di nuove truppe per rimpiazzare le defezioni degli ultimi giorni: così nominò console generale della contea una dama di Nocellum . Da tempo questa dama ambiva a quella nomina, che il conte aveva tuttavia sempre procrastinato sapendola di molte ambizioni ma di poco seguito. Fatto questo, fece scendere in campo anche il suo giovane figlio nominandolo capo dei cavalieri della contea, insieme ad un altro manipolo di giovani che lo affiancavano. La cerimonia di investitura avvenne in forma solenne per renderla nota a tutti, ma purtroppo non riuscì a trovare un locale adatto e dovette accontentarsi della bottega di un barbiere. Biasox, nonostante le fila dei suoi fedelissimi si assottigliassero sempre di più, comunque preparò nei minimi particolari quella che poteva essere l'ultima sua battaglia. Il suffragio per l'elezione del nuovo re di Maradonia doveva portare la sua impronta come sempre, assolutamente doveva determinare i delegati nel gran consiglio del regno e impedire a tutti i costi la nomina di Antonio il Russo nel consiglio del vicerè.

Il risultato positivo del gran suffragio era determinante per il suo futuro, sia per il suo incarico come responsabile delle acque e per il suo ritorno come conte di Calenum. Così fece presentare due sue delegati in contrapposizione al Russo, Franciscus de Giallibus e Grigorio il Rosso della contea dei Ciuchis, con due obiettivi: il primo di conquistare tanti suffragi a suo favore e e il secondo, per toglierne il più possibile all'odiato nemico Antonio il Russo e per impedirne l'elezione.

Nello stesso tempo mise in movimento le dame e i servitori della gleba rimastigli fedeli per sostenere il suo rappresentante presso il gran consiglio del regno, tale Fabozzius, proveniente dalle Terre dei Fuochi dove svolgeva gran parte dei suoi lucrosi affari. Il conte Biasox, dopo aver impartito le ultime disposizioni ai suoi fedeli sudditi, fece finta di addormentarsi profondamente come segno di fiducia nel risultato della sua battaglia, che in quanto decisiva poteva essere anche l'ultima.

Continua….forse

Il Conte del Grillo

giovedì 28 gennaio 2010

Laurea honoris causa al Conte Biasox



In una radiosa giornata di sole invernale, tutti gli abitanti della contea di Calenum furono svegliati dallo scampanìo delle campane e da festosi squilli di tromba. Più tardi, in ogni angolo del contado il banditore ufficiale della contea si fermò per annunciare la lieta notizia: il Gran Maestro delle Scienzae Paraculae dell’università di Iervolinia, capitale del regno di Maradonia, aveva deciso di assegnare al conte Biasox la laurea honoris causae per i suoi altissimi meriti nel campo della scienza della Paraculapsicologia. La gioiosa notizia era stata comunicata da un corriere inviato personalmente dal re di Maradonia, Don Antonio Afraulanum de Mondezzis. Nel messaggio assicurava anche la sua presenza il giorno della cerimonia del conferimento, confermando così la sua personale amicizia ad uno dei suoi più fedeli vassalli. Il corriere, invece che a cavallo come di solito, era giunto guidando un carro. Questo si era reso indispensabile per trasportare le numerosissime pergamene che erano state necessie per scrivere le motivazioni dell’assegnazione dell’onorificenza.

Inutile soffermarci sull’immensa gioia del conte all’annuncio della notizia: erano anni che la sollecitava e finalmente si erano decisi. Per lui che era riuscito solo ad ottenere titoli di scuole basse grazie ai suoi grandi servigi resi come vassallo, finalmente arrivava un titolo accademico. Finalmente poteva guardare con la solita ma adesso certificata alterigia sia il Duca Giano Trifronte e che l’infido Abner, di cui conosceva i sentimenti di disprezzo nei suoi confronti, senza immaginare che quelli del Conte verso di lui erano ancor maggiori. Le motivazioni della concessione del titolo citate erano innumerevoli, dalle più semplici quali l’attribuzione di onorificenze a persone inutili o di lavori a ditte inefficienti, arrivando alle perle della sua scienza che erano descritte con dovizia di particolari. Vi era minuziosamente descritta la sua abilità nella vendita della concessione dell’illuminazione pubblica della contea ad una ditta sua amica proveniente dalla vicina contea di Tangentonia. Il servizio delle lampade, affidato ad un solo addetto malpagato, alla sua dipartita con abili discorsi fu trasformato in un ricchissimo appalto in favore degli amici del Conte. Riuscì a dimostrare che il costo della ditta era inferiore al compenso pagato per l’unico dipendente, calcolando però che questi avrebbe lavorato duecento anni. Dopo di questo veniva citato l’ampliamento dei cimiteri della contea, che con una brillante trovata erano stati trasformati da cimiteri della contea in cimiteri del regno. Con questo piccolo stratagemma invece di essere progettati per contenere i defunti di una popolazione di otto/diecimila persone, lo furono per cinque/sei milioni. Ovviamente l’appalto era andato sempre agli stessi suoi amici.
Continuando la lettura delle pergamene si arrivava al punto che rappresentava la sua opera più ingegnosa nel campo della paraculapsicologia: Al ministero delle acque dove era stato momentaneamente mandato dal viceré per dotare quell’ente di una guida autorevole, subito aveva messo in azione le sue grandi virtù. Riuscì ad organizzare la cessione di tutta l’acqua della sua giurisdizione ad una ditta sua amica. La giustificazione della cessione era scritta su ben dieci pergamene: con dotte e calzanti osservazioni si dimostrava la bontà dell’operazione che avrebbe dato un servizio più efficiente al suo amato popolo. Ma il punto pregnante che era stato poi determinante nella concessione dell’onorificenza era quello che trattava il rapporto che lui instaurava con gli altri. Veniva descritta la sua grande abilità nel soddisfare gli alti ideali di tutti coloro che gli erano intorno. Lui soddisfaceva i desideri e le virtù di tutti, fossero re o viceré, oppure dei vassalli e valvassini o semplici servi della gleba. Ognuno riceveva per quello che meritava e forse di più a seconda del grado e della collaborazione data nell’iter dell’affare, a Volte anche semplicemente tacendo. La sua arte eccelsa gli aveva permesso di portare a termine tutte le sue grandi opere senza che che mai nessuno si fosse opposto. Anche Giano Trifronte, che attualmente occupava fraudolentemente il suo trono, aveva sempre approvato le sue fantasiose invenzioni dell’amministrazione del bene pubblico della contea. Proprio questa ricerca diurna del soddisfacimento delle esigenze e della felicità dei suoi servitori e collaboratori era citato nella pergamena di attribuzione del titolo.

Inoltre fu data disposizione a tutti i professori e gli istitutori di inserire nei piani di studio le imprese del conte Biasox, in modo che a tutti gli studenti fosse data la possibilità di acquisire sì tanto ingegno. Fu ordinato di scrivere il nome del conte Biasox nell’elenco degli uomini illustri di Maradonia con la motivazione di essere stato il più attivo nella ricerca del benessere del popolo anche se era riuscito solo a realizzare quello suo personale……



IL CONTE DEL GRILLO

domenica 27 settembre 2009

Il Biasox Furioso


Il conte Biasox era concentrato intensamente nel suo lavoro giornaliero presso il gran ministero delle acque,  quando fu distratto dall’arrivo  di  un messaggero proveniente da  Calenum. Ogni due giorni un messaggero  gli portava  notizie della sua contea, in  particolare l’andamento della vita politica e il comportamento dei suoi  vassalli e dei suoi nemici, che lui riteneva di numero limitatissimo. Quando gli fu riferito che tutta la contea sapeva che lui aveva abdicato dal suo titolo di Conte e padrone su di essa, si lasciò andare a parolacce a cui non era aduso. La sua collera aumentò quando fu informato che era stato il suo ex consigliere Abner a divulgare quella notizia cosicchè lo apostrofò con  gli epiteti più disparati. Ancora paonazzo dalla collera, ordinò di preparare la sua carrozza e al cocchiere di condurlo a Calenum dove aveva inviato in avanscoperta  un suo corriere per informare i suoi fedelissimi del suo arrivo. 
In serata, giunto nel suo casale natio di Nocellum,  fu accompagnato a casa di uno dei suoi  vassalli più facoltosi, Anforino de Farmacis, che gli fece trovare pronta una cena luculliana. Più che la cena a Biasox fece piacere la cerchia di vassalli, valvassori e valvassini che numerosi erano ad attenderlo. La sua ira profonda fu in parte alleviata quando fra  i suoi sostenitori che lo salutavano con un deferente inchino notò  la presenza di una dama, a lui particolarmente cara,  proveniente dal contado di  Kasanovia . Dopo aver fatto il suo solito discorso introduttivo,  più  incomprensibile del solito a causa della sua forte irritazione, illustrò il suo piano per defenestrare il suo reggente Giano Trifronte de Fontanavecchia che occupava tale carica contro il suo volere. Presa penna e pergamena scrisse personalmente un messaggio, evitò  di firmarlo ma per far capire a tutti che era stato scritto da lui lo infarcì  di errori di ogni genere. Scrisse che il suo successore  si era alleato con persone  di malaffare col solo scopo di avere il potere e che questa alleanza ibrida  avrebbe portato la contea alla rovina e per evitare ulteriori guai anche per le sue ghiandole più preziose avrebbe fatto meglio a dimettersi. Finito di scrivere ordinò ai suoi vassalli di riprodurne fedelmente, errori compresi,  tantissime copie che in nottata i valvassini  fecero in modo che raggiungessero tutti gli abitanti della Contea. 
Il mattino dopo tutti lessero l’invito-minaccia  di Biasox e molti subito pensarono a come tradire  Giano per tornare con lui,  Abner per primo. Anche Giano Trifronte  lesse il messaggio ma ormai, deciso a tenersi i trono della contea il più a lungo possibile, passò al contrattacco cercando come  suo solito di ricavarne il suo utile. Riuniti tutti i sui grandi elettori fece un lungo discorso paventando il ritorno di Biasox e le conseguenze sui loro affari e sui loro progetti futuri oltre alle conseguenze sulle loro teste. Il suo discorso ebbe l’effetto desiderato tutti sguainarono la spada e gli giurarono fedeltà  nella lotta all’odiato tiranno. Giano sull’onda del consenso raggiunto subito scrisse un messaggio di risposta pieno di minacce e insulti al conte Biasox  ordinando di  ricopiarne in migliaia e migliaia di copie in vari formati.  Chiamò in disparte il suo fedele alleato, Mattia il Gerarca, e gli chiese di usufruire dei servizi  dei due suoi più feroci sicari, i sanguinari fratelli “Tale e Quali”.  Avutoli al suo cospetto li incaricò di inondare tutta la  contea del suo messaggio di sfida a Biasox, questi portarono a termine l’incarico  nel migliore dei modi sfidando gli agguerriti  sostenitori di Biasox. Il mattino dopo tutta la  contea di Calenum era ricoperta del messaggio di Giano Trifronte e non vi era muro, albero, chiesa, locanda o portone in cui non fosse affisso il  messaggio in tutti i vari formati. Giano raggiunse il suo scopo i molti titubanti suoi sostenitori si convinsero della sua ferma volontà di restare attaccato sul trono e continuarono a far finta di mostrargli la oro devozione.  
Biasox purtroppo visto l’esito negativo della sua iniziativa finì per incollerirsi ancora di più e rientrò velocemente al suo palazzo governativo guidando personalmente la sua veloce carrozza. 

Continua…..




 

IL CONTE DEL GRILLO



lunedì 7 settembre 2009

L' abdicazione del Conte Biasox



Nella contea di Calenum la vita scorreva immersa nella propria particolare felicità sotto la guida illuminata del reggente duca Giano Trifrontis dè Fontanavecchia. L’apparente spensieratezza degli abitanti era data dalle feste di ogni genere che il reggente propinava al popolo, quasi obbligandoli a divertirsi. Era ormai più di un anno che Giano governava incontrastato il contado e ormai le alleanze e i mezzi truffaldini che gli avevano permesso di occupare quel posto, contro il volere del conte Biasox, erano stati dimenticati. L’infido Abner, già consigliere di Biasox, conduceva un assedio giornaliero al palazzo del governo per entrare nelle grazie del nuovo padrone. Giano, sfruttando le sue doti di grande corruttore, faceva finta di annoverarlo tra i cortigiani, ma a giorni alterni: in tal modo sfruttava i suoi servigi senza però dargli nulla in cambio. Il solerte Abner, per entrare nelle grazie del nuovo padrone, aveva perfino attrezzato una stamperia abusiva, chiamandola addirittura con lo stesso nome del contado per farla apparire una cosa ufficiale e autorizzata. Ogni giorno scriveva, anche se non era il suo forte, delle lodi a Giano osannandolo per le opere ipotetiche che questi, a suo dire, quotidianamente realizzava.
L’apparente serenità della vita del contado era offuscata però dalle alleanze truffaldine che il duca aveva sottoscritto per impossessarsi del potere. La mancata osservanza dei contratti che aveva firmato con varie fazioni contrarie tra loro, creava delle frizioni nell’esercizio giornaliero del potere. Inoltre si era divulgata la notizia, forse per mezzo della stamperia di Abner, che il conte Biasox avesse rinunciato alle sue prerogative sul trono della contea per dedicarsi interamente ad incarichi presso la corte di Maradonia. Tali incarichi gli erano dovuti per la sua grande esperienza e abilità  nel condurre gare d’appalto, in particolar modo nel trattare con gli imprenditori.
Il duca Giano, a questa notizia si mise subito all’opera per impossessarsi definitivamente della contea e tacitare, a suo modo, gli avversari. I suoi mezzi erano semplici ed efficaci: corrompere, dando poco e promettendo molto. La sua lunga militanza al servizio di Biasox lo aveva reso super esperto in questo anche perché più intelligente e spregiudicato di lui. Così incominciò a dare i lavori  pubblici ai sostenitori di Biasox per spostarli dalla sua parte. Per giustificarsi con gli alleati incolpava il capo scribacchino della contea accusandolo di dare gli incarichi ai sostenitori di Biasox  perché cugino  di Antimus Mutus.  Spostò di posto tutti gli alti funzionari del palazzo, dando l’illusione di aver cambiato tutto. In effetti, non cambiò niente in particolare. Per assicurarsi i suoi servigi, confermò tutte le prerogative del comandante dei pretoriani, anche se in pubblico fingeva di criticarlo.  Nominò uno stuolo di amici avvocati legali di corte e non dimenticò di donare qualche piccola elemosina ai sostenitori particolarmente accattoni anche se non bisognosi.  Nominò i vari giovani che lo avevano sostenuto come ciambellani della contea, con l’incarico di declamare le sue lodi per tutto il giorno.  Incaricò i suoi amici di organizzare spettacoli, mostre, sagre e conferenze su tutte le branche dello scibile umano. Promise cariche future a tutti, a Marcantonio il Russo, a Mattia il Gerarca e perfino a Maxim de Grimaldellis: promettendogli il suo appoggio incondizionato per la rielezione nel consiglio del regno di Maradonia, si assicurava il suo devoto e fedele servizio. Ovviamente non si dimenticava di promettere ogni giorno la sua successione al cerusico di corte, don Luis Risus Abuntat de Santa Cruz, il quale ci credeva davvero, come faceva da decenni con Biasox. Promise anche un incarico di prestigio ad Ughetto de’ Farmaci, a condizione che prima morisse chi lo deteneva già. Non dimenticò di promettere il suo appoggio anche ai suoi oppositori, in quanto non dobbiamo dimenticare che egli  ufficialmente faceva parte della fazione a lui contraria.  Ovviamente nominò controllori dei conti e delle spese e degli sperperi suoi amici personali provenienti da contee lontane.  In questo modo gli eventuali e sicuri ammanchi nei bilanci della contea sarebbero stati giustificati e nascosti a tutti.
Così, giorno per giorno, Giano tesseva la trama  per consolidare il suo potere che sognava di perpetuare nei secoli. Per realizzare il suo progetto inventava ogni giorno qualche investitura da dare o da promettere, incentivando gli istinti più bassi dei suoi sudditi. Tutto questo gli riusciva benissimo in quanto sfruttava la lunga esperienza di cortigiano maturata al servizio del suo grande maestro e sempre amico il Conte Biasox.

Il conte del Grillo

venerdì 2 maggio 2008

Il segreto del Conte Biasox


Erano passati ormai dieci giorni dal suffragio elettorale tenutosi nella contea di Calenum. I valvassori sconfitti avevano incominciato a farsi rivedere in piazza e qualcuno anche in osteria, sfidando sorrisetti e ammiccamenti di qualche servo della gleba più sfrontato.



Il conte Biasox continuava il suo esilio dorato e volontario nella sua villa sulla via Flacca, eretta a picco sul mare, per imitare quella dell’imperatore romano a capri. Quella località da allora viene indicata come Salto di Biasox. Da lì si recava di tanto in tanto dal suo amico Sandrino, il presidente in rosa, ufficialmente per assolvere al suo incarico di responsabile degli acquedotti del regno di Maradonia. In verità gli acquedotti funzionavano anche senza la sua presenza, anzi..


...ma serviva per giustificare il suo lauto appannaggio e per procurare qualche incarico ai valvassini amici. Le altre giornate il conte le passava godendosi il sole, curando le rose del meraviglioso giardino pertinente la sua villa. Un pomeriggio, proprio mentre era intento a godersi i suoi fiori il servitore gli annunciò la visita del suo valvassore più fidato, Don Juan de Bufalarinis. Il conte diede ordine di farlo passare subito e dopo averlo accolto con un abbraccio affettuoso lo fece accomodare in giardino. Don Juan senza perdere tempo lo aggiornò sulle vicende della contea, riferendogli delle feste e degli sfottò degli avversari.

Lo informò dettagliatamente con tono compiaciuto delle difficoltà che Giano de’ Fontanavecchia stava incontrando con i nuovi componenti del gran consiglio della contea per assegnare le varie cariche. Don Juan continuò insistendo sul come e perché di una sconfitta per lui inspiegabile e inimmaginabile anche dagli avversari.
Continuava a chiedere come fosse stato possibile e cosa fosse successo. Il conte Biasox, col tono di chi vuole liberarsi da un peso, dopo aver ripetuto la sua fiducia in don Juan e sulla sua dote principale che era l’omertà, disse che voleva rivelargli un inconfessabile segreto sul suffragio. Esordì ricordandogli l’avviso che un mese prima aveva fatto affiggere nei contadi della contea sull’affare dei cimiteri, fino ad allora tenuto nascosto, aveva inoltre mandato lavoratori stranieri a pulire strade e piazze della contea, irritando così molti servi della gleba che aspiravano a quel lavoro.
Continuò ricordandogli la sua sovraesposizione nella campagna elettorale, quasi incitando le folle contro se stesso e di riflesso contro Antimus Mutus. Don Juan lo guardava a bocca aperta senza comprendere cosa gli stesse dicendo ma intendendo che il conte gli stesse rivelando un suo grande segreto, perciò annuì con la testa invitandolo a continuare. Biasox con il suo tono padronale, continuò rivelandogli che lui aveva scritto quell’insulso programma che Antimus Mutus leggeva, male, ai villici quasi fosse un invito a non votarlo; e che tutti i sotterfugi che aveva messo in atto, li aveva fatti in modo così maldestro che tutti se ne erano accorti, ottenendo l’effetto contrario. Don Juan lo guardava inebetito rifiutandosi di credere a quello che il conte gli stava rivelando e cioè che aveva volutamente procurato la disfatta elettorale. Don Juan ebbe appena la forza di dire, con un gemito, "Ma perchè?" che Biasox, con il suo tono da luminare della politica disse: "Io sono giovane d’età e di spirito non posso abdicare ad altri il mio potere che mi viene direttamente dall’Alto. Ti faccio notare che mio fratello Biasox II, alleato di Antimus Mutus, ha avuto un consenso vastissimo anche senza il mio supporto, infatti non l’ho votato neanche io". Naturalmente Biasox stava pensando che il fratello sarebbe stato il suo naturale successore, oltretutto ben voluto dal popolo.
Il conte vedendo il volto esterrefatto di don Juan disse: "mai possibile che non capisci? Con chi stai? Vuoi o no tornare con me a spadroneggiare nel palazzo della contea?". Don Juan rispose frastornato di sì. "E allora svegliati!!" gli urlò il conte, mettiti al lavoro con gli altri valvassori amici a sobillare i servi della gleba ed anche i valvassori amici di Giano. Create malcontento ed instabilità in modo che si possa arrivare presto ad un nuovo suffragio e il conte Biasox verrà riportato sul trono a furor di popolo, restandovi per tanti e tanti anni.
Don Juan finalmente comprese il segreto che il conte gli aveva rivelato e gli fu talmente grato che il suo viso sembrò quello di una persona di intelligenza normale. Giurò che non avrebbe rivelato a nessuno il segreto e che si sarebbe messo subito al lavoro. Congedandosi si avviò verso la sua fazenda caracollando sul suo destriero, ripensando al segreto del conte Biasox: già si beava rivedendosi seduto nel palazzo al suo fianco col cappello in testa e col grosso sigaro in bocca.



Il Conte del Grillo

sabato 19 aprile 2008

Il Conte Biasox e la rivolta dei servi della gleba


....Mancavano pochi giorni all’appuntamento con la data fatidica del suffragio per eleggere il reggente della contea di Calenum, che avrebbe sostituito il conte Biasox. (Vedi Biasox il principe della politica).
Il conte aveva messo a punto personalmente l’elenco dei valvassori che dovevano affiancare Antimus Mutus per portarlo sul trono della contea che lui intendeva affidargli per un periodo limitato e sotto la sua tutela. Elementi di spicco della lista erano Franciscus Biasox II e il NH Joannes de Bufalirinis oltre ai cerusici dei contadi e al suo consigliere legal-finanziario Abner da San Ruosi. Quest’ultimo per la verità non era molto entusiasta di dover essere un portatore d’acqua di Antimus, che lui considerava inferiore, ma non aveva avuto la forza di rifiutare l’ordine impartitogli da Biasox, seppur erano stati in molti i plebei a consigliarglielo. Questi aveva fatto il giro dei vari contadi abbassandosi a parlare con i villici, anche se a debita distanza e dal balcone più alto disponibile. Nei suoi discorsi declamava le sue imprese a loro difesa e soprattutto delle tasse che non aveva messo cercando di far intendere che aveva evitato di metterne di più pesanti.

Nei suoi discorsi, Biasox non molto velatamente faceva intendere che a regnare sarebbe stato sempre lui e che Antimus Mutus non era altro che il suo prestanome. Era tanta la considerazione che aveva di sé stesso che pensava che i servi della gleba lo avrebbero seguito in ogni suo desiderio e, preso dalla foga oratoria affermò che, se fosse stato candidato lui invece di Mutus, il suffragio si sarebbe risolto con esito unanime in suo favore. Al seguito del conte viaggiava un carro della vicina contea di Paparconia, che distribuiva dei marchingegni inventati da poco che servivano per lavare gli indumenti ed altri per rinfrescare cibi e bevande. Inoltre i suoi segretari invitavano i giovani a colloqui per avviarli a posti di lavoro, assicurando che avrebbero solo dovuto recarsi presso il palazzo del conte ricevendo uno stipendio senza lavorare. Inoltre, per essere sicuro del risultato, aveva predisposto anche la catena di Sant’Antonio che consisteva nel portar fuori dal seggio una scheda che veniva votata dai suoi segretari, data al servo della gleba che la consegnava nel seggio, il quale poi riportava quella bianca senza farsi scorgere dai sorveglianti elettorali. Oltre a ciò i suoi fedelissimi facevano girare dei ciclostilati con su scritti i nomi degli inadempienti al dovere del voto, i quali venivano avvisati con lusinghe o minacce di recarsi alle urne al più presto. Fece arrivare perfino un carico di schiavi musulmani ai quali aveva concesso per l'occasione il diritto di voto. Questi lavoravano clandestinamente nelle aziende agricole di Franciscus de Giallibus ed erano alloggiati nella sua masseria. Il conte era sicuro del risultato positivo dei suoi piani, ma non aveva fatto i conti con Maxim de Grimaldellis Elettoralis, chiamato così perché tempo prima era riuscito con uno stratagemma a farsi eleggere nel gran consiglio del regno di Maradonia con pochissimi voti. Questi, conoscendo bene tutti i trucchi del conte Biasox per essere stato per anni un suo collaboratore, siccome si era alleato con Giano de Fontanavecchia si impegnò a vanificare tutti gli stratagemmi messi in essere dal Conte. Arrivò addirittura ad organizzare un coro di giovinastri che al passaggio del conte incominciarono ad urlare "te ne vai sì o no—te ne vai sì o no" irritandolo al punto da richiedere l’intervento di Antoninus Biasox III che mise subito in fuga i contestatori. Inoltre organizzò un folto gruppo di suoi sostenitori che si recavano in ogni piazza dei contadi dove si recava Giano de Fontanavecchia facendo credere ai villici che tutto il popolo di Calenum si era unito a lui. Lo stratagemma funzionò: vedendo tutta quella folla al seguito dell’antagonista di Antimus, tutti i servi della gleba indecisi si convinsero che veramente era possibile liberarsi di Biasox, non votando il reggente designato da lui. Il giorno del suffragio votarono compatti per Giano, ma mentre venivano controllate le schede restarono tutti silenziosi e preoccupati perché pensavano che Biasox avrebbe cambiato in qualche modo il risultato in suo favore. Invece sotto lo sguardo vigile delle guardie in abito verdognolo inviate dall’imperatore, le schede furono lette e contate correttamente e Giano de Fontanavecchia fu nominato reggente della contea . Al momento della proclamazione, mentre la marchesina di Corpusbufalorum veniva colta da leggero malore, e i vassalli alleati di Biasox sentivano un incontenibile bisogno di recarsi in bagno, i servi della gleba si diedero alla pazza gioia. Incominciarono con urla, fischi e battimani che si protrassero per tutta la notte principalmente sotto il palazzo del conte il quale, vista la malaparata, si era allontanato dalla contea e i maligni fecero circolare la voce che si era recato nelle sue proprietà acquistate con i fondi della contea nel vicino regno pontificio. Tutti i servi della gleba erano felici e si sentivano sazi di libertà perché si erano liberati dalla tirannia del conte Biasox ma………………
continua, prossimamente su questo blog.
Il Conte del Grillo

mercoledì 19 marzo 2008

Abner, il generale del conte Biasox


Era tempo di quaresima, le giornate uggiose ma non troppo fredde trascorrevano lente nella contea di Calenum, dominata dal potere illuminato del conte Biasox e dai suoi valvassori, Vassalli e paggi. Era tempo di preghiera, di meditazione e di penitenza. Penitenza per chi aveva commesso dei peccati, perciò per tutti escluso Biasox, che in quanto unto del Signore non aveva mai sbagliato. Arrivarono i frati, che ogni anno predicavano la passione, ospiti del conte (inutile dirlo, a spese delle casse della contea). Ogni sera proponevano l loro sermoni invitando gli astanti alla preghiera e alla meditazione. In prima fila il conte Biasox da solo, ricoperto di un mantello viola fattosi confezionare per l’occasione, e tutti gli altri seduti due file dietro. La prima sera, dopo la predica, il frate diede a tutti loro una bibbia invitandoli a leggerla ogni giorno.

Quella stessa sera il conte Biasox, ritiratosi nel suo studio per pensare e trovare ispirazione per tramare, buttò via il libercolo dei monaci e si accomodò sulla sua poltrona preferita. Dopo un attimo si alzò e dalle immense scaffalature piene di libri del suo studio prelevò una bibbia con tutte incisioni d’oro, sfogliandola per conciliare il sonno. Leggendo col suo stile personale di saltuario, cioè quello di leggere ogni tanto e saltando le pagine, fu attratto da quel libro per lui sconosciuto, in particolare quando trattava di inganni, lotte politiche, assassinii, senza curare logicamente le preghiere. Sfogliando sfogliando fu colpito da un nome: Abner, omonimo del suo consigliere legal-finanziario, Abner da San Ruosi. Quella sera non si addormentò subito e lesse tutta storia di Abner, a modo suo ovviamente. Abner era il generale e consigliere di re Saul, ma brigava con Davide per fregargli il trono anche se si mostrava fedelissimo e combattendo i sostenitori di Davide con perdite di molti soldati. Alla fine Saul fu sconfitto e Abner passò con gli avversari, diventando consigliere e generale di Davide quando questi diventò re.
Biasox trasalì e si preoccupò, pensando al suo di Abner, persona alquanto malfidata nonostante i salamelecchi e gli elogi in cui si sperticava in sua presenza. Il passo successivo lo rasserenò alquanto quando lesse che gli altri consiglieri di Davide dopo poco tempo gli interruppero la nuova carriera ammazzandolo. Quella notte il conte Biasox non dormì fino al mattino, siccome si doveva svolgere il suffragio elettorale per decidere il suo reggente il passo della bibbia per lui era stato un avvertimento mandatogli dall’alto di vigilare sul suo infido consigliere Abner. Il duca Giano de’ Fontanavecchia aveva riunito parecchie truppe pronte a combattere contro di lui, oltre ai vecchi nemici, Aldo de Previdenza, Marcantonio il Russo , Mattia il Gerarca e valvassini vari: si era unito a loro anche l’ex cerusico di corte don Luis De Santa Cruz. che vantava un discreto manipolo di servi della gleba. Biasox si preoccupava per il suo Abner, persona incline al tradimento per il potere, lui lo conosceva bene perché simile a lui, anche se inutile dirlo, meno capace. Solo il mattino riuscì a trovare la soluzione al suo cruccio e fece convocare Abner. Appena giunto al suo cospetto Abner si prodigò nei suoi soliti apprezzamenti per l’opera del conte e questi per la sua, sapendo entrambi di prendersi in giro in quanto si detestavano a vicenda. Dopo i salamelecchi di rito, Biasox gli chiese di scendere in campo personalmente contro Giano de Fontanavecchia. Abner, preso alla sprovvista, restò interdetto e farfugliò alcune scuse insensate per non accettare. Il conte Biasox allora gli propose che gli avrebbe dato tutti i servi della gleba che aveva a Nocellum che per suo ordine avrebbero combattuto al fianco di Abner. Sentita la proposta, oltre alla conferma nella sua carica e la partecipazione nei futuri affari della contea ed anche nell’affare dei sepolcri, subito cancellò i suoi dubbi e si inginocchiò giurando fedeltà eterna. Allontanatosi Abner, la consorte di Biasox con tono dimesso gli fece notare che i suoi servi della gleba li aveva promessi già ad altri valvassori, principalmente a quelli di Kasanovia, i quali si trovavano in forte difficoltà in quanto Giano de Fontanavecchia era acquartierato in quella contrada. Biasox con tono amorevole e comprensivo le spiegò che per vincere doveva prometter tanto a molti e dare poco a pochissimi, e che tradire chi è pronto a tradire come Abner da San Ruosi non è peccato. Felice per l’accordo raggiunto e fidando sulla fedeltà assoluta della consorte continuò dicendole: “i miei valvassori, valvassini, paggi e servi della gleba che ho campato in questi anni di regno devono passare agli ordini di Biasox II . Dopo la reggenza di Antimus Mutus, che si cercherà di far durare il più breve possibile, se necessario ricorrendo all’assassinio giudiziario, deve salire sul trono della contea di nuovo un Biasox, che lo deve tramandare agli eredi nei secoli dei secoli.
Il Conte del Grillo