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giovedì 5 luglio 2012

L’incursione del conte Biasox


In una serata molto calda, nel salone delle feste del palazzo della contea di Calenum si teneva il gran consiglio . L’aria afosa rendeva l’aria irrespirabile ed i notabili della contea là riuniti non vedevano l’ora di uscire fuori. L’argomento della riunione era la costruzione dei cimiteri ideata e progettata dal conte Biasox quando regnava sulla contea. La tentazione di quasi tutti i notabili era di non procedere più alla realizzazione di quelle opere in quanto solo il conte ne avrebbe incassato i proventi oltretutto era da tempo irreperibile. Il presidente dell’assemblea aveva appena finito di leggere l’ordine del giorno da discutere quando fu interrotto da un frastuono di ferraglia proveniente dall’esterno. Nemmeno il tempo di alzare la testa ed eccoti a tu per tu col conte Biasox in persona inguainato in una elegantissima corazza argentea e col suo cappello adornato di piume di pavone. I quattro gendarmi addetti al’ordine pubblico, destati dalla confusione, erano accorsi trafelati con le daghe strette fra le mani. Riconosciuto il conte rimisero le armi nel fodero e si inchinarono in un deferente saluto. I servi della gleba che erano presenti, con la segreta speranza che si mangiasse a sbafo come di consuetudine, si alzarono in piedi e la maggior parte si inginocchiò a mani giunte. Il povero Don Luis per poco non cadde dalla sedia per lo spavento e si congratulò con sé stesso per non essersi seduto sul trono. Tutti gli altri cavalieri restarono impietriti sulle sedie cercando furtivamente con lo sguardo una via di fuga. 
Nel terrore generale Il conte Biasox sguainò la sua spada che era stata benedetta dal papa quando era partito per la prima crociata. Il rumore e gli occhi di fuoco del conte terrorizzarono ulteriormente gli astanti che per paura di irritarlo si sforzavano perfino di non respirare. In quel silenzio tombale la voce tenorile del conte si potè sentire fino a qualche kilometro dal palazzo.  Il suo discorso inizialmente fu semplice e comprensibilissimo   “l’affare dei sepolcri”, disse, “è stata una mia idea e guai a chi ne impedirà la realizzazione, chi non sarà ucciso dalla mia spada sarà deferito al gran giurì di Maradonia mio amico che lo farà marcire per sempre in prigione, non mi interessa che i servi della gleba non sono contenti perchè loro non hanno diritti”. Notato che l’assemblea  lo guardava ed ascoltava con attenzione incominciò a dilungarsi con i suoi vecchi discorsi insensati. Mentre continuava nella sua orazione il suo ex generale, l’infido Abner da San Ruosi, ora ridotto a paggio di corte, gli girava intorno a capo chino disegnando suoi ritratti in varie pose che all’indomani avrebbe mostrato agli amici. Anche le dame presenti lo guardavano ammirate e contraccambiate dal suo sguardo che le frugava nel decolletè. In particolare donna Laura de Passerinis inguainata in un bellissimo vestito rosa arrivato da Parigi gli sorrideva estasiata. In verità cercava di attirare l’attenzione del conte perché questi la mantenesse ancora a capo della banda di suoi sostenitori. Il conte continuava con i suoi sproloqui che niente aggiungevano o levavano alle prime frasi  del suo discorso  tanto che il presidente dovette farsi coraggio e pregarlo di interrompersi per permettere ad altri di parlare. Dopo un’altra mezz’ora di chiacchiere inutili intervenne il duca Giano Trifronte. Questi si era recato al gran consiglio  per perorare la causa dei servi della gleba che non riuscivano a pagare le spese imposte da Biasox per seppellire i propri cari. Trovatosi al cospetto del conte, tenendo fede al proprio nome, immediatamente cambiò il suo discorso e spiegò a tutti i presenti che il progetto era quanto di meglio si potesse ideare e che avrebbe portato la contea nei primi posti di gradimento del regno di Maradonia. A lui fece seguito il suo amico fraterno Mattia il Gerarca, vestito nella sua tenuta tutta nera elmo compreso, fece impallidire ancora di più il già provato Don Luis. Il gerarca facendo sfoggio della sua ben nota abilità oratoria dimostrò l’inettitudine del conte reggente il cerusico Don Luis in quanto non ancora aveva iniziato i lavori del cimiteri. Completò il suo discorso con l’invito a ritirarsi fra i suoi pazienti per permettere a Biasox di tornare sul trono. A questo punto superato il momento di terrore prese la parola il prode cavaliere de Paganicus che iniziò a dimostrare come il progetto favorisse gli introiti del conte a discapito del popolo. Vista la piega del discorso intervenne il socio di Biasox, quello che materialmente doveva realizzare il maestoso progetto del conte. Questi con voce imperiosa ed ancora più potente di quella del conte minacciò di pubblicare delle carte segrete in suo possesso che dimostravano che tutti erano d’accordo alla realizzazione del progetto di Biasox. A queste parole il povero Antimus Mutus incominciò a contorcersi sulla sedia in quanto quell’energumeno lo fissava insistentemente come se si rivolgesse a lui in particolare. Lo stesso faceva Antonio il Russo anche se non smetteva di dare consigli a Don Luis su come dovesse comportarsi. Ristabilito il silenzio sepolcrale e avuto sentore che il suo ordine sarebbe stato eseguito il conte Biasox come era comparso così all’improvviso sparì tra i rumori della sua armatura ed il rombo della sua potente carrozza che si allontanò nella notte verso una meta sconosciuta a tutti. A questo punto il conte reggente Don Luis de Santa Cruz che era quasi scivolato sotto la sedia per la paura ricominciò a respirare ed anche a riprendere l’uso della parola. Assicuratosi più volte che il conte Biasox fosse davvero andato, via,  iniziò prima a balbettare e poi a parlare correttamente.  Man mano che illustrava il suo pensiero gli ascoltatori non credevano alle loro orecchie. Don Luis appoggiava la tesi di de Paganicus che quel progetto fosse una grande truffa ai danni del popolo di Calenum ideato solo per arricchire Biasox  e pertanto lui si sarebbe impegnato a farlo sparire. Accortosi però di essersi sbilanciato troppo, temendo la reazione del Conte aggiunse che nel caso non ci fosse riuscito, o che il gran giurì glielo avesse imposto, avrebbe realizzato il progetto. I servi della gleba che avevano inteso solo la prima parte del discorso acclamarono Don Luis a gran voce e con tantissimi applausi.

Il Conte del Grillo                                                                                                                                                                                                  

domenica 24 giugno 2012

L'ultimo Arcano


Dalla celebre saga di biasiox.

Erano giorni tormentati nella contea di Calenum. L'ex cerusico ed ora Conte Don Luis da Santa Cruz si vedeva sempre più solo ed aspettava inquieto l’arrivo dei suoi due più validi soldati. 

 Intanto Antimus Mutus e Antonio il Rosso, cavalcavano da ore senza treegua. Scendeva la notte.  La vista necessitò di qualche attimo per abituarsi a sopportare il contrasto tra il rossore accecante dell’ultimo sole e il buio alle loro spalle. Stagliandosi sul valico, i due uomini a cavallo contemplavano il congedo del giorno. Nel caldo torrido, il vapore dalle narici e il movimento pigro delle code degli animali erano l’unica animazione di quel palco sospeso nel cielo. Tutto era fermo. Le mani impugnavano giunte l’elsa delle spade mentre respiravano l’odore di sottobosco. La croce rossa sulla veste bianca copriva le loro cotte in maglia di ferro accomunandone i destini. Il profumo di cucina nelle vicinanze anticipava che dopo una giornata intera di cavalcata avrebbero trovato un rifugio coperto.  

La via per Calenum era stata lunga. Non avevano mai abbassato la guardia. Fino a quel punto non avevano fatto soste se non per i brevi riposi notturni. Era la domenica della grande investitura. Anticiparono tutti e si portarono a Ventaroli all’episcopio. C’erano tutti. Il grande re della Campania, Calle d’oro, ed il sommo sacerdote S.S. Pepe. Loro in grande uniforme in prima fila per il saluto al Conte de Grimaldellis che di li a poco avrebbe loro offerto la chances di governare un esercito non piu saldo, ma che con loro avrebbe trovato stabilità e si sarebbe sbarazzato dal Tribuno dei Tributi pagani. 

Eran anni che i due cavalieri crociati, preparavano tranelli. Tra i due il più silenzioso, detto Mutus, perché di poche parole e molti fatti, si dice che abbia sempre preso parte attiva a tutte le giunte della storia di Calenum, con perfetti cambi di armature e divise. Era un affronto troppo grande essere messi fuori gioco per lo sfizio di potere di qualcuno che furbo quanto loro non era mai stato. Allora i due architettarono tutto alla perfezione. Serviva qualcuno che li mettesse in gioco. Dove potevano trovare appiglio se non nei condottieri che loro stessi avevano combattuto? Partirono con il petto in fuori, adunarono i loro vecchi avversari e pronunciarono queste parole: Nemici…un giorno ci vide contrapposti per la conquista di Calenum: oggi ci pentiamo, e ci doniamo alla vostra compagnia. Come segno di pace, portarono loro un Bel giglio. Tutti erano in attesa di questo momento. Gradirono l’omaggio floreale, accettarono l’amicizia e tutti insieme si avviarono per architettare il piano di sconfitta di Don Luis da Santa Cruz.  Disquisirono per ore intere ed alla fine coinvolsero tutti nel loro ambizioso progetto.  Arrivarono le ore del gran consiglio del senato di Calenum, e quando si presentò loro la scheda del voto, cacciarono il Bel giglio che avevano anzitempo regalato ai nuovo compagni, e questo emanò un odore così forte e cosi aromatico che fece cadere Don Luis in stato di semicoscienza. 

Lo portarono nelle segrete del palazzo e tentarono di rianimarlo in tutti i modi. Ma le uniche parole che diceva erano: "datemi la fascia e la bandiera!! Voglio la fascia e la bandieraaaaaaaaaaaaa!!!". Poi chiamo i suoi soldati tutti ed esclamò: cacciate fuori il Tribuno dei tributi, il Passero solitario, ed il sommo Giorgius, insieme al suo vice don Luis II. Così fu fatto. 

I giorni che si susseguirono  furono duri e contorti. La pozione magica per la stregoneria del Bel giglio era tutta nelle mani dei due. Nel penetrante silenzio Mutus entrò nella stanza  e gli fece annusare un antidoto. Per qualche minuto Don Luis torno ad essere quello di prima e disse: "Mutus mi stai salvando dalla fine, e per questo ti nomino mio braccio destro. Porta un tuo amico e partecipiamo insieme al banchetto della pace". Mutus non aspettava altro. Salì sul cavallo da corsa dal Rosso e gli disse: finalmente c’è gloria per gli audaci. Dall’alto della finestra del grande palazzo si affaccio Don Luis e disse: "il mio esercito da oggi ha nuovi capi: Antimus Mutus, Antonio il Rosso , Lo Spirito (leggenda narra che fosse solo un ombra) e con  Il Bel giglio fecero una composizione con una rosa. 

Antonius non credeva ai propri occhi, Salì sul cavallo e fuggi. Nella prossima puntata racconteremo il viaggio solitario di Antonius.

Amanuense Anonimo

mercoledì 17 agosto 2011

La siccità della Contea

E’ arrivata l’estate nella Contea di Calenum; tutti si rilassano godendosi il sole cocente e sperperando le ricchezze. Il conte de Grimaldellis con il suo vascello ancorato nella baia dei proci, prepara le sue future mosse giocando una partita a scacchi contro la Sorte, sua amica e ormai compagna di ventura.
Leggenda narra che è stata proprio lei a regalargli il posto la prima volta nel Gran Consiglio di Campania felix. Il conte è abituato a giocare pesante nelle sue partite di scacchi e forse, il sole forte preso a testa vuota, gli ha fatto addirittura esclamare: Un giorno sostituirò Silvio il magnate da Arcore. Intanto, per non perderlo di vista, il conte Biasiox ha piazzato 4 sue vedette, armate di potenti cannocchiali, nella parte superiore del castello di sua proprietà nella baia dei proci, sul litorale pontino, per scrutare tutte le mosse del suo avversario. Calenum orfana dei due, anche per le vacanze non si da tregua.
Il popolo impegnato nel lavoro dei campi, immagina un futuro migliore e aspetta qualcosa dal Nuovo Consiglio di Calenum, ma l’abilità del Gran Priorato dell’Angelus mette a nudo tutte le carenze e trama per non perdere terreno. Si, perché il conte Grimaldellis ha allestito la squadra per la battaglia, ma ha già perso molti pezzi per strada. Antonio il Rosso, lo ha disconosciuto come suo signore e padrone, mentre Antimus Mutus è pronto a tradirlo se non lo rende graduato. Giorgius pare allontanarsi in silenzio.
Intanto torna di moda Mattia il gerarca che, pur di portar via lo scettro al conte de Grimaldellis, tenta in tutti i modi alleanze assurde. Destroide di nascità, nel suo curriculum personale troviamo svariati tentativi di lotta per il potere di Calenum , cosa che solo una volta gli è riusciita e solo per 2 lustri. Ma la cosa che fa notizia sono i suoi accordi segreti con gli estremi e sinistri personaggi di Calenum, da Giano Trifronte allo stesso Biasiox, dal quale ebbe un grande aiuto quando si candidò al controllo di Caserta. Tentativo miseramente fallito.
Ma la cosa che fa piu scalpore è il suo avvicinamento ad Antonio il Rosso, che contribuì fortemente a destituirlo del potere.
Tutti pronti insomma per settembre, per iniziare la vera battaglia. Chissà che questa volta sia quella buona.

Continua.....

CAIO GRACCO

mercoledì 25 maggio 2011

La compagnia si ritrova

Era passato ormai un mese dalla fine del Grande Gioco di Biasox. I coraggiosi di Micheligno cercavano tutti di riposarsi e di ritornare alla vita semplice, di tutti i giorni.

Il successo da loro ottenuto aveva fatto il giro di tutta la contea, e ormai tutta la popolazione era a conoscenza dell’avvenimento.

Micheligno non riusciva a dormire pensando a quanto era accaduto.

Ricordava con molto piacere e con tanta emozione i giorni precedenti al grande gioco, fatti di passione, e di lotta contro il tempo.

Ora però un funesto pensiero gli sobbalzava continuamente per la mente, e si chiedeva: “ E ora che ne sarà di me?” Pensava ancora parlando con se stesso :

” Siamo stati capaci di vincere un’azzuffata, aiutati anche dalle energie, del poco peso, dei nostri pochi anni, ma ora come continuare l’opera come membro del gran consiglio”?

Non trovando risposta nei suoi pensieri decise: “Ricomincerò da dove ho iniziato!”

Fu cosi che si mise in viaggio verso la montagna di Kasanovia per cercare il pastore Franz.

In poco tempo arrivò alla casa del barbuto pastore, che come sempre era intento a curare il suo buon vino, che produceva dalla sua vigna.

Dopo averlo cercato per tutta la capanna, Micheligno, conoscendo le abitudini di Franz, scese in cantina, e fu così che riuscì a trovare Franz che travasava il vino a suo modo, ovvero dalla damigiana al suo stomaco. Lo trovò riverso per terra con stretto tra i denti un tubo che usciva dalla damigiana, anche se annebbiato dai fumi dell'alcool riuscì ad intravedere il giovane e perfino a riconoscerlo. Dopo avergli dato tre o quattro pacche sulle spalle che gli procurarono una quasi polmonite costrinse il malcapitato Micheligno a tragugiare tutto di un fiato un boccale di vino. Per una persona quasi astemia bere tutto quel vino alle nove del mattino... sono da immaginare le conseguenze.

Dopo i saluti affettuosi e... dolorosi Franz portò il giovanotto a spasso tra i suoi olivi in modo che all'aria aperta avrebbero parlato meglio. Micheligno espresse le sue perplessità e le sue preoccupazioni al canuto amico, gli disse che non sapeva di chi fidarsi e che aveva paura dei tranelli di Biasox e del suo visconte Giano Trifronte divenuto nel frattempo El Querelator (anche se ormai relegato ad una posizione del tutto secondaria) - senza dimenticare il padrone di turno il marchese De Grimaldellis, che spadroneggiava nella contea per mezzo del cerusico don Luis de Santa Cruz, che aveva messo a capo di questa.

Franz, tra un singhiozzo e l'altro, cercò in tutti i modi di rassicurarlo sulla fedeltà dei suoi amici e sulla compattezza del gruppo. Mentre tornavano verso la capanna furono investiti da un effluvio di profumi vari per cui entrambi all'unisono dissero: c'è il politologo di Sanseverino! Non avevano sbagliato, e anche se mancavano ancora più di un centinaio di metri dalla capanna, il profumo francese che era solito usare il politologo gli aveva anticipato la sua presenza. Questi poco riusciva parlare in quanto aveva consumato tutte le sue energie nel raccontare alle donzelle le sue imprese nel grande gioco. Naturalmente aveva ingigantito sempre di più il suo racconto tanto che tutti erano convinti che l'esito della battaglia era esclusivo merito suo, ed anche lui.

Con la poca voce rimastagli raccontò che la dama Laura de Passerottis aveva affrontato gli armati del marchese Grimaldellis difesa dagli sgherri di Biasox, ma che questi appena trovatisi nella mischia l'avevano abbandonata al suo destino nelle mani degli avversari. Gli sgherri l'avevano legata nella fontana della piazza di Nocellum, e dopo averle tagliato i capelli l'avevano ricoperta di pomodori della fabbrica locale, famosi per il maleodore che procuravano e che rimaneva per mesi. Dopo il linciaggio, la dama aveva giurato di non voler più vedere Biasox e annunciato di ritirarsi nel convento di San Martino come eremita.

Mentre continuavano nei commenti, il galoppo di un cavallo li portò fuori della capanna, dove giunse il giovane Tussolotto da Ripabene. L'arrivo di Tussolotto preoccupò non poco Micheligno, il quale sapeva che questi era l'incaricato di sorvegliare le mosse di tutta la comitiva di lazzaroni che spadroneggiavano nella contea. La sua abilità era rinomata: riusciva a controllare Biasox mentre parlava con Giano e nello stesso tempo riusciva a sentire le arringhe di Mattia il gerarca e sapere le decisioni di Grimaldellis in tempo reale: leggenda vuole che avesse il dono dell'ubiquità. Tussolotto li rassicurò dicendo che li voleva informare che Grimaldellis aveva organizzato la prima riunione generale di tutti i suoi bricconi e che nel frattempo Biasox ed i suoi accoliti per i forti mal di pancia mangiavano tanti di quei limoni che erano costretti a rubarli.

Li informò inoltre che un individuo, alquanto basso e paffutello, si aggirava nelle piazze di Calenum chiedendo di Micheligno, non sembra pericoloso però meglio fare attenzione. Franz subito si incaricò di risolvere il caso strozzando il misterioso personaggio ma Micheligno lo pregò di non preoccuparsi e di tornare ai suoi travasi.

Il politologo subito partì a spron battuto verso Calenum, avendo preso l'impegno del caso con una semplice strizzatina dell'occhio, proponendosi di risolverlo nel più breve tempo possibile grazie alle sue innate doti diplomatiche.

Continua...

Goffredo il Merlo.

giovedì 19 maggio 2011

Il Gioco di Biasox


Sembra che Il Conte del Grillo non sia stato l'unico a ritrovare, studiare e tradurre le gesta dell' Antica Calenum. Inizia qui la saga del Conte Biasox a cura di Goffredo il Merlo


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Erano ormai giorni che il conte Biasox passava il suo tempo  in esilio sulla sua terrazza,  guardando da lontano il suo vecchio regno. Pensava a Giano, a Mattia, al cerusico e tutti i traditori che si sollazzavano in sua assenza.
Pensava a Grimaldellis che ormai era re e che scorazzava per la sua città.
Una sola cosa lo rendeva felice: i suoi averi erano tutti in cassaforte.
Ma sapeva anche che per intraprendere una guerra con Grimaldellis e i traditori avrebbe dovuto sperperare buona parte dei possedimenti e senza la certezza di una vittoria sicura.
A questo punto pensava … e pensava a come provare a riprendere il regno senza sperperare fortune e magari pacificamente.
Ormai era vecchio e stanco, non più potente come una volta quando un suo grido faceva tremare tutta la contea. 
Allora pensò ad un piano d’astuzia. 
Convocò un nobile dei Giallibus che aveva raccolto ingenti fortune durante il suo regno con vari progetti riguardanti il territorio ma mai nessuno realizzato. Sapendo che il giovane ormai ricco bramava solo al titolo di Conte lo mandò a chiamare dal prode Giano  e Mattia il gerarca di sinistra dicendogli che gli avrebbe rivelato il modo per fregare a Grimaldellis la contea.

Il giallibus subito corse alla presenza di Biasox, il quale in maniera super astuta gli spiegò che avrebbe mandato un messo a Grimaldellis con una proposta di giocarsi il regno in un grande gioco tra 2 squadre inventato da egli stesso per l’occasione.
Tale gioco avrebbe risolto la questione pacificamente e non ci sarebbero stati spargimenti di sangue.

Grimaldellis era un tipo orgoglioso e astuto e sicuramente si sarebbe accordato.
Il gioco consisteva in un grande tiro alla fune tra due squadre di mercenari e mentre alcuni tiravano, altri potevano lanciare frutti e ortaggi contro la squadra avversaria, per cui le difficoltà erano nel reperire il maggior numero di mercenari e di comprare il maggior numero di ortaggi e frutti da lanciare contro l’avversario.

Il Giallibus raggirato da Biasox, Giano e Mattia, mise a disposizione della coalizione ingenti fortune. Giano e Mattia radunarono tutti i propri uomini pagandoli profumatamente con i proventi del Giallibus.
E si dice che furono radunati oltre 2 mila uomini.
Purtroppo si dice anche che gli stessi uomini di Mattia, poco dediti alla fatica, al sudore e sempre alla ricerca di espedienti, essendo molto affamati dal fatto della mancanza di liquidità in un periodo cosi di crisi, nascondessero un carico ogni 5 carichi di frutta e ortaggi destinati al grande gioco nei palazzi di Kasanovia e nelle case dei poveri adepti affamati. Ma di questo non ne abbiamo notizia certa.

Nel frattempo, dall’altro lato della contea, il pastore forzuto e barbuto Franz il Grigio vide tra i cespugli una specie di sacco di iuta ... avvicinatosi vide che si trattava di un Giovane forse ferito e stordito.
Appena si avvicinò capì subito di chi si trattava.
Era il giovane Micheligno da San Donà, che era stato attirato dai sicari di Giano in un' imboscata e dalla quale non era più tornato vivo.
Probabilmente  i sicari bramosi  di ricevere la ricompensa da Giano lo avevano colpito frettolosamente e non si erano accorti che il giovane era ancora in vita.
Il pastore Franz lo caricò sulle spalle e lo portò nella sua capanna - con latte di capra, cosciotti di agnello e infusi d’erbe dopo una settimana riuscì a rimettere in forze il giovane ma ingenuo cacciatore di Volpi.

Micheligno era disperato per il tradimento di Giano fu cosi che prese la decisione .. lo avrebbe affrontato a viso aperto.
Il buon Franz lo prese con tutta la sua forza e lo legò ad un albero per non farlo muovere.
Subito dopo bevve un litro di vino e si addormentò.

Fu cosi che lo scaltro Micheligno riuscì a liberarsi e imbracciato un bastone si incamminò verso il palazzo di Giano.
Arrivato in città ragionò sul da farsi.
Da solo non sarebbe mai riuscito nemmeno ad avvicinarsi al castello di Giano e nemmeno i suoi amici capo ciucci di San Donà,  contati su un palmo di una mano, sarebbero riusciti ad aiutarlo.
Fu cosi che si stava rassegnando … ma poi… udì i banditori che annunciavano che per partecipare al grande gioco indetto dal Conte bastavano 60 volontari più dodici cavalieri e un candidato al titolo di Conte.
Il ragazzo da buon cacciatore ebbe l’idea: parteciperò al gioco! Esclamò
E umilierò Giano!
A questo punto tornò da Franz che si era ripreso dalla sbornia, e gli raccontò il piano..
Franz, che odiava Giano più di Micheligno, accettò di seguirlo nella sfida.
Tanto lui era forte al tiro alla fune.

Intanto Grimaldellis si preparava al grande gioco riunendo tutte le tribù più numerose.
Non voleva perdere il titolo di Re: sarebbe stato deriso in tutto il gran consiglio del Regno di Maradonia, se avesse perso nuovamente Calenum.

 A questo punto riunì il Cerusico con tutta la tribù dei gingerini, Donna Maria di pezze  rotonde, Antonius la  volpe, Antimus Mutus e i suoi passeri, e infine anche Luigi la flemma.
Per aumentare lo spirito di gruppo teneva grossi banchetti, sotto il simbolo di Maradonia, sperperando in lungo e in largo le sue ricchezze, ma la posta in gioco era alta per cui non avrebbe badato a spese.
 Mise a capo della squadra il folle Cerusico Don Luis De Santa Cruz, recentemente nominato Baronetto dei Gingerini, (consapevole che se non fosse stato capitano avrebbe potuto tradire passando addirittura con Biasox. I suoi informatori lo avevano avvisato di più colloqui tra i due).

 Il cerusico già sognava la sua Carinola e pensava con la sua megalomania strampalata a grandi progetti.
 Aveva preparato un plastico con la torre di Pisa in piazza Osvaldo Mazza.
Ventaroli sarebbe dovuta diventare una piccola Anacapri creando un canale da S.Ruosi alla via Appia che gli girava  tutto intorno.
 A San Ruosi avrebbe creato un piccolo porticciolo, cosi da avere una strada diretta da San Bartolomeo.
 Sognava di fare le case di Calenum di tanti colori diversi, in base alle stagioni.

Tutti tuttavia pensavano che avrebbe ridotto in schiavitù Kasanovia per ordine di Grimaldellis, invece proprio a Casanovam avrebbe tenuto la manifestazione che più gli stava a cuore: la fiera del Gingerino come dimostrazione della sua benevolenza.
 Intanto Franz e Micheligno giravano per tutta la contea usando parole strane di Liberazione e Rinnovamento, e di avere coraggio contro Biasox e Grimaldellis.
Ma occorrevano mercenari e carichi di ortaggi e frutti per partecipare al grande gioco e tra lui e Franz potettero comprare solo una cassetta di patate e un grossa zucca.
 Ma il sogno di Micheligno era affascinante nel regno: non tutti si erano venduti a Biasox e Grimaldellis e molti detestavano Giano.

 Tra questi c'era un giovane alto ( e qualcuno dice bello, ma su questo non c'è notizia certa)  di Nome Severino e di professione politologo che aveva avuto grossi screzi con Giano ( anch'esso politologo) dovuti ad alcune critiche proprio su trattati di politica (Non si è mai saputo se Giano fosse geloso della bellezza di Severino, oppure se Severino avesse mal sopportato le critiche ai suoi trattati).

 Severino appena sentì il nome di Giano sposò la causa, si alleò con Micheligno e Franz e insieme radunarono altri giovani e giovinette, tra cui  Maria la saggia da San Donà, Nella l'archeologa da Kasanovia, Fabio Rinoceros da Nocelleum e Rosa la lattaia.

 Si riunivano segretamente e pensavano a chi altro aggiungere alla causa.

Intanto a Casalem c'era un giovane a di Nome Nicolae e di professione enigmista, che volle unirsi a Micheligno, asserendo che avrebbe distratto gli avversari con i suoi enigmi, ed essendovi tra i molti sostenitori di Biasox e Grimaldellis tanti...  ma tanti…  non  proprio svegli…  la cosa sembrò poter funzionare.
Fu cosi Che Nicolae si unì al gruppo.
Fra questi (non proprio svegli) spiccavano il giovane Spiritus e il giovane Nardellibus, paggi di corte che avevano problemi con la lettura per cui erano il tormento di Grimaldellis nei pubblici convegni.
Ma d'altro lato messi nel gran consiglio erano facilmente manipolabili a differenza dello scaltro Antonius delle volpi e Antimus Mutus, ma questo è un altro capitolo.
Micheligno sempre accompagnato dal prode Franz girava tutta Calenum e radunò 778 Giovani.
Erano pochi contro i 2700 di Grimaldellis e i 2000 di Biasox ma il rancore  verso Giano era tanto che Micheligno li avrebbe affrontati anche da solo.

Il problema nacque quando si dovevano comprare gli ortaggi e frutti da lanciare contro i mercenari di Biasox e Grimaldellis.

Nessuno aveva un soldo erano tutti: giovani pastori, falegnani, muratori e scrivani con tanta arte e poca parte.

Ma non si diedero per vinti: la gente di tutti villaggi offrì qualcosa per far giocare al grande gioco la squadra di Micheligno: chi portava una patata, chi portava una zucchina e chi una melanzana.

Biasox rideva tutto il giorno, pensando ai carichi che de Giallibus comprava per lui, insieme a sciarpe, cappucci e cinte con lo stemma dei Biasox per distinguerli nel grande gioco.
Grimaldellis, più furbo e meno contento perché a differenza di Biasox pagava lui (con i soldi di Maradonia, ma erano pur sempre suoi), non capiva quale sentimento armasse questi giovani a privarsi anche della cena pur di partecipare.

Era ancora più depresso quando si voltava  e vedeva Don Luis costruire le portaerei  da ancorare a San Ruosi.

Antimus Mutus faceva conti per il futuro, Antonio delle volpi che progettava il puk, il pak e il punk, tutte opere pubbliche sue preferite (Non ne terminava alcuna ma era solito terminare i fondi per costruirle).

Ma Grimaldellis sapeva che tutti gli uomini hanno un prezzo a Calenum, e presto avrebbe comprato anche i giovani di Micheligno e, anche se non ci fosse riuscito, erano tanto pochi che non rappresentavano un problema.

Fu cosi che arrivò il giorno del grande Gioco: Biasox godeva e rideva da solo.... senza un soldo e senza stancarsi avrebbe ripreso Calenum.
Grimaldellis sudava freddo, spaventato dalle continue voci di tradimento ( anche donna Maria di pezze rotonde appena giunta a lui dalla corte di Biasox non gli ispirava fiducia).
Ma aveva una sola certezza: il denaro… comprare uomini, e comprare cibarie, lo avrebbe fatto vincere e fu cosi...
Infatti i 2700 di Grimaldellis sferrarono un attacco fortissimo contro i 2000 di Biasox che ad un certo punto finirono gli ortaggi da lanciare (Forse per colpa di Mattia il gerarca di Sinistra che aveva nascosto in  vari palazzi carichi e carichi per i suoi fannulloni, sarebbero serviti in attesa di un altro espediente. Si doveva pur campare aveva giustamente pensato!).

Quasi subito  i 778 di Micheligno potevano tirare solo la fune in quanto ad un certo  punto erano finiti i pochi ortaggi da lanciare verso i Grimaldellis e la squadra di Biasox/Giallibus.

Il prode Franz si battè come un leone proteggendo sempre Micheligno, che da capitano era il primo in  lista a prendere attacchi.
Dopo di lui in posizione subito dopo veniva Severino che spergiurava mentre tirava la fune contro Giano.
Nicolae distraeva di Spiritus e Nardellis con gli enigmi. ( Più che un enigma gli fece una domanda: dimmi chi sei ! Gli chiese Nicola! Nardellis non si aspettava una domanda cosi semplice e rispose sicuramente con un lapsus mentale dicendo: " Io sono Grimaldellis!

Mentre il giovane Spiritus preso dalla foga del grande gioco non rispose nulla. Qualcuno con cattiveria asserisce che ci stia ancora pensando).

Grimaldellis aveva vinto ormai.

Quasi tutti  i giocatori  di Biasox erano caduti oppure in fuga e i giovani di Micheligno erano tutti esausti ma non tutti erano caduti.

Buona parte dei giocatori di Grimaldellis  pensavano solo al compenso e non giocando con passione avevano abbandonato il gioco correndo alle macchinette mangiasoldi in voga a Calenum nelle osterie in quell’epoca.
Ma ci fù un grosso colpo di scena: Micheligno prese la grossa zucca che aveva portato il prode Franz, saltando molti dei giocatori di Grimaldellis, riuscì al lanciarla ad uno dei più forti e amati giovani della contrada di Kasanovia: Enzus cuore Impavidum. 
 Enzus prese questa zucca e corse, corse verso Gingerino, e il suo plastico con tutte le opere d'arte costruite  anche a  Calenum.
 Pensò alla sua Kasanovia, agli amici che lo avevano sostenuto, e saltò  oltre 1000 uomini di Grimaldellis, ( Molti già bevevano gingerini e facevano pokerini), e correva verso il Cerusico Don Luis : obiettivo rompergli la zucca in testa.

 Arrivato ad un passo da Don Luis, una patata lo colpì, lanciata da Donna Rosa della Baia Azzurra.
La zucca gli scappò dalle mani, e non riuscì nell'intento.  Ma...cadendo la zucca cadde sul plastico di Don Luis frantumandolo a mille pezzi. Fece un gran boato che Grimaldellis penso ad un colpo basso addirittura...un'imboscata di Biasox. ( Per fortuna non era cosi).

 Intanto Micheligno emozionato dal gesto di Enzo insieme con i 778 giovani ebbero a dare un ultimo forte strappo alla fune e fu così che caddero a terra in un grosso tonfo.

A terra erano anche De Imbecillibus, Tulipanus, donna Maria la zampa e Giorgius baffo da pazzo. Donna Ciaramellibus (funzionario che ogni tanto era costretta a prendere le sorti del comando di Calenum mentre questi faccendieri si azzuffavano), decise di far contare gli uomini che erano rimasti  in piedi.
In base a quella proporzione dichiarò che il gran consiglio  era cosi composto:

8 componenti per Grimaldellis ( con a Capo Don Luis il cerusico)
3 per Biasox ( Tra cui il giallibus)
1 Addirittura per Micheligno da San Donà!

Micheligno si abbracciava con il prode Franz ed era festeggiato da tutti i suoi giovani sostenitori.
Grimaldellis era contento di aver sconfitto per la seconda volta Biasox ma faceva i conti: tanti soldi spesi, e guardando Don Luis che ricostruiva un nuovo plastico, con la torre Eiffel a Calenum gli venne un forte senso di avvilimento.

Intanto Nardellibus continuava a dire : "sono Nardellibus o Grimaldellis"?!

Antimus Mutus con Antonius Delle Volpi pensavano ai compensi da dividere con il puk, pink e punk.

Gli sembrava una vittoria a metà.

Il Conte Biasox si ritrasse nel suo esilio, consapevole di non aver ripreso Calenum ma di non aver speso un soldo!

Inoltre aveva comunque 3 rappresentati nel gran consiglio.

Continua....

 Goffredo Il Merlo