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sabato 26 febbraio 2011

L'URLO DI Biasox


La popolazione di Calenum era prostrata dai tre lunghi anni di assenza del conte Biasox dal trono della contea. Chiusa la breve parentesi di governo, del duca Giano Trifronte de Fontanavecchia (leggi l'abdicazione del Conte Biasox), tutti attendevano trepidanti il suo ritorno. La maggioranza dei vassalli era pronta a combattere per lui, mentre i servi della gleba in massa imploravano il suo ritorno piangendo e pregando. In verità, piangevano soprattutto per le tasse ed i balzelli, che Giano Trifronte aveva propinato senza risparmio. Alle sue, si erano aggiunte, quelle imposte dallo sceriffo del regno che le aveva triplicate. Proprio questa notizia aveva spinto Biasox ad accelerare il suo ritorno. Le nuove tasse avrebbero rimpinguato le casse della contea e di conseguenza le sue tasche. 

Prima di tornare nel suo contado natìo, Nocellum, inviò un dispaccio allo sceriffo del regno, che governava temporaneamente Calenum. Chiese di approvare, repentinamente, la tassa sui sepolcri che era stata sospesa da Giano Trifronte. Come tutti ricorderanno, Giano Trifronte, per indurre i servi della gleba a nominarlo reggente, durante l'assenza di Biasox, aveva promesso solennemente di eliminare la tassa sui morti. Ovviamente era una finta, in quando il balzello lo avevano ideato insieme con il Conte. Anzi si era sparsa voce che fosse stato proprio Giano a progettare una truffa tanto colossale, viste le sue competenze in materia finanziaria.
Stava proprio leggendo il dispaccio dello sceriffo, che lo informava della definitiva approvazione della tassa sul morto, quando un paggetto lo avvisò, che la riunione dei vassalli, valvassori e valvassini a lui fedeli stava per iniziare. Il suo petto, già gonfio di soddisfazione, si espanse ancora di più, rischiando di rompere le cinture che tenevano la corazza. Tutto andava a gonfie vele, tasse vecchie, tasse nuove, ed adesso anche gli immensi introiti derivanti dalle sepolture. Pesando ai guadagni derivati, denominò quella tassa, proprio finanza derivata, nome che è rimasto fino ai nostri giorni. Sfoggiando il suo sorriso più largo entrò nel salone, salutando tutti con ampi gesti della mano, e rispondendo con cenni del capo, alle rumorose ovazioni che furono sentite per tutto il contado. Dopo aver tacitato, con grande sforzo, le acclamazioni festose dei presenti, iniziò il suo discorso. Al contrario del solito, fu molto chiaro e conciso, in breve disse:

 - Sono tornato per riprendermi il trono della contea, mio di diritto". Tutti lo interruppero con un grande applauso e corsero a baciare i suoi piedi. 

Stava quasi per chiudere la riunione, quando una voce dal fondo della sala gridò: 

- Chiedo di parlare!

 Tutti ammutolirono, guardando avanzare  Lorenzo de Verdis, soprannominato Savonarola. Appena il Conte lo riconobbe, anche se nei suoi confronti, sembrava un topolino al cospetto di un elefante, sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Savonarola, invece di dilungarsi nelle solite prediche piene di improperi, arrivò subito al sodo. Disse, con tono deferente ma fermo:

- Signor conte, lei ha governato per tanti anni, pertanto il popolo di Calenum ha bisogno di un rinnovamento. Propongo - continuò - al suo posto la nobildonna Antonia De Bufalirinis, moglie di don Juan, uno dei suoi più fedeli servitori...

Appena profferite quelle parole, nella sala calò un gelo, come se vi nevicasse all'interno, tanto che molti incominciarono a tremare. Biasox si rigirò sulla grande sedia, su cui era seduto, impettito, mentre il suo viso sorridente, si trasformò in una maschera diabolica. Si alzò di scatto e contemporaneamente sguainò la sua spada damascata, e brandendola in modo minaccioso, urlò con quanto fiato aveva in gola: 

 - IL TRONO E MIO E NESSUNO ME LO TOGLIERA'  !! 

Inoltre, aggiunse un pò di insulti irriferibili, nei riguardi di colui che metteva in dubbio il suo diritto al trono di Calenum. Uscì, correndo dal salone urlando come un ossesso. Urlò tanto forte che fu sentito fino ai confini della contea, anche gli animali che stavano dormendo si svegliarono. Continuando a gridare "E' mio, è mio" salì sulla sua carrozza argentea trainata da 160 cavalli e si allontanò nella notte, lasciando i suoi sudditi nella più grande disperazione.

..........continua.


IL CONTE DEL GRILLO

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