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lunedì 14 settembre 2009

Da Don Bosco a ... Tettamanzi



Tantissimi sono i personaggi che si distinguono nel portare il messaggio di carità della chiesa fra la gente bisognosa.  Tra i tanti due nomi sono particolarmente conosciuti per la loro dedizione in particolare verso i giovani svantaggiati. Questi sono Don Bosco e Don Zeno, il primo più famoso per aver cercato di redimere e assicurare un futuro  ai ragazzi insegnando loro un mestiere come pure il secondo. La loro opera altamente meritoria fu predicata e  praticata per tutta la durata della loro vita. Nelle loro parole e nei loro insegnamenti migliaia e migliaia di diseredati trovarono la forza e l’aiuto per riscattarsi materialmente e spiritualmente. Difficilmente una persona riesce a tenere un alto profilo spirituale se vive nella necessità più assoluta. Questi testimoni della carità cristiana che si portano ad esempio oltre a predicare e tempestare di richieste chiunque poteva a favore dei loro protetti,  vivevano insieme con loro, notte e giorno.
I bisogni dei poveri che proteggevano o dei giovani deviati che cercavano di redimere erano anche i loro, se non mangiavano i loro poveri non lo facevano nemmeno loro  o se non dormivano per non avere la disponibilità di un letto. Questo loro comportamento induceva chiunque, anche i cuori più induriti a collaborare al loro progetto con quanto potevano. I poveri di allora erano gli orfani delle guerre o i figli di famiglie particolarmente indigenti che senza l’aiuto di qualche animo nobile erano destinati a morire d’inedia o essere vittime della delinquenza.
Anche oggi, come allora, ci sono gli stessi poveri gli stessi perseguitati dalle dittature o vittime di conflitti in atto dai quali cercano di fuggire. Anche oggi ci sono i Don Bosco e i don Zeno che si interessano di loro e chiedono la carità di chi può nei loro confronti. C’è una differenza, questi non vivono con loro ma in sontuosi palazzi dove i poveri non hanno accesso. Predicano incessantemente e pretendono la carità nei confronti di questi poveretti ma non offrono niente oltre le parole per cui il loro messaggio risulta vuoto e molti addirittura lo combattono. Chi paga per questo sono sempre loro, i derelitti, che seguendo i  richiami di questi cristiani  affrontano viaggi disastrosi e molte volte anche la morte. Qualche giorno ci si chiederà chi sono i veri responsabili delle tante morti di clandestini che affrontano viaggi impossibili seguendo i richiami delle sirene che li allettano con la visione di paradisi inesistenti. A questi Tettamanzi si uniscono partiti  politici il cui credo non è la pietà che predicano ma il voto, presente o del domani di questi poveretti. L’esercito dei predicatori lontani si allunga con varie organizzazioni ad hoc che speculano sulla condizione dei poveracci ed è evidente a tutti che le loro grida aumentano quando i centri di accoglienza si svuotano. Questa premessa non tragga in inganno che si sostenga che non si debbano accogliere i profughi o poveracci che inseguono un futuro migliore, tutt’altro si condanna il modo di fornire accoglienza.
 Non li si dovrebbe  invogliare ad affrontare viaggi illegali servendosi di persone poco raccomandabili come fanno i Bagnasco e Tettamanzi di turno affiancati  anche belloccia di turno che parla   addirittura a nome dell’ONU. Si dovrebbero favorire forme di immigrazione più civili,  si potrebbero creare strutture a cavallo delle zone di guerra o particolarmente disastrate economicamente e trasportare queste persone con gli stessi mezzi su cui viaggiano Bagnasco e Tettamanzi verso i centri di accoglienza. Se questi centri non bastassero, che mettessero a disposizione le immense sedi vescovili e cardinalizie quasi disabitate per il calo delle vocazioni religiose. Se poi questi predicatori della carità cristiana viaggiassero insieme a loro sarebbe una vera testimonianza di solidarietà.  In questo caso nessuno avrebbe il coraggio di ostacolare questo processo inarrestabile di trasmigrazione tra luoghi meno sviluppati a quelli economicamente migliori. 

 Nortenson


mercoledì 9 settembre 2009

PERDETE OGNI SPERANZA VOI CHE..VIAGGIATE

È una tiepida giornata di settembre.
Mi sveglio al fastidioso rumore della sveglia che mi avverte che sono le 6 del mattino,oggi ho il mio primo colloquio di lavoro ed è ora di alzarmi. Frettolosamente mi lavo la faccia,indosso la prima cosa che capita, controllo che tutto ciò che serve sia nella borsa e come d'abitudine mi scotto la lingua col caffè. Anche questa mattina combatto contro il tempo:alle 07.00 il mio treno raggiungerà la stazione di falciano del massico.
Passo gli ultimi cinque minuti prima di partire a cercare disperatamente le chiavi dell'auto in giro per casa,che poi mi accorgo essere come sempre al proprio posto. Alle 6.27 sveglio la mia panda che mi da il suo buongiorno rugginoso.Ha piovuto tutta la notte e quindi le consento di fare i suoi soliti capricci.

La strada è ingombra e scivolosa ma nonostante io non sia una perfetta guidatrice so che se vorrò arrivare in orario dovrò premere il piede sull'acceleratore. Dopo una perfetta traiettoria,durante la quale pochi sono stati gli intoppi (trattori che mi hanno fatto perdere giusto una decina di minuti,anche se vitali per me) raggiungo l'incrocio che mi permetterà di immettermi nella strada che porta alla mia dolce stazione e mi sento ad un passo dalla fine. Dove in altre occasioni c'erano FOSSE e BUCHE adesso ci sono piccole pozzanghere; cerco di evitarle facendo uno slalom degno di un pilota di rally in una strada che dovrebbe essere a due corsie e che non ha neppure lo spazio per il transito di un solo veicolo. Così come per magia nel giro di un attimo un bel vitellone mi intralcia la strada e sono costretta a sterzare prendendo in pieno quella che sembrava una semplice pozzanghera ma che si è dimostrata una vera e propria piscina olimpionica.Una ruota è andata ma io s! ono un'ottimista,arriverò in tempo al mio appuntamento.

E così io e la mia panda siamo in stazione alle 6.50,giusto in tempo per comperare il biglietto. Mi precipito al bar della stazione,dopo essermi ricordata che falciano non dispone di una BIGLIETTERIA e con enorme sorpresa mi accingo a leggere il biglietto che precede la porta chiusa del bar: CHIUSO PER FERIE. Dopo qualche istante di panico decido di raggiungere un addetto delle ferrovie dello stato che sicuramente sarà all'interno del fabbricato giallo paglierino. Busso delicatamente sul vetro opaco di quello che dovrebbe essere un ufficio di DIRIGENZA DEL MOVIMENTO ma posso da subito constatare che non c'è nessuno all'interno; allora raggiungo quella che dovrebbe essere la biglietteria e che di rado ospita un responsabile che sembra quasi nascondersi dietro le veneziane chiuse, anche qui i miei tentativi risultano vani.Scorgo quasi per caso alla mia destra un apparecchio elettronico che si configura come un "distributore" di biglietti automatico,ovviamente non funzionant! e.

So a questo punto di avere un'unica soluzione,spiegare la mia situazione al controllore,sono le 6.58 e tra due minuti sarò sul mio treno.
Attraverso il sottopassaggio, raggiungo il binario tre dove ci sono altri viaggiatori a farmi compagnia.Spiego anche a loro il mio inconveniente e mi accorgo che il 70% di quelle persone è nella mia stessa situazione. Mi sento sollevata. Tra una chiacchiera ed un altra sono passati quindici minuti e sembra che non sia ancora stato annunciato alcun treno ne aventuali RITARDI. Fiduciosa penso che nessuno,nemmeno un piccolo rirardo potrà rovinare il mio stato d'ottimismo. Qualcuno comincia a spazientirsi, altri perdono le speranze, qualcuno "delicatamente" impreca contro chissaccosa ed intanto sono passato altri 40 minuti. Penso che il mio appuntamento è alle 9 e in fondo posso tentare di prendere anche il treno delle otto.

E così,come tanti stoccafissi,rimaniamo tutti lì, fiduciosi che prima o poi ci venga comunicato qualcosa, fiduciosi che prima o poi il nostro treno arriverà...ed io fiduciosa che prima o poi,anche un'altra proposta di lavoro arriverà.


Sono troppo poco informata per puntare il dito o attribuire la colpa di questo degrado a qualcuno perchè ammetto che non saprei in che parte orientarmi, so solo che quella che dovrebbe essere una linea FONDAMENTALE di transito che congiunge Roma a Napoli è davvero abbandonata a se stessa.
In molte stazioni ho trovato poca efficienza e molta distrazione ma in nessuna e dico nessuna un così totale abbandono, non intendo dire che dovrebbe essere ripristinata totalmente ma almeno dotata delle cose necessarie,come la biglietteria od un addetto che possa offrire servizio ai viaggiatori o almeno iniziare dalle fondamenta ed asfaltare una volta per tutte la benedetta strada che viene "rattoppata" una volta tanto e che sta sempre punto e accapo e magari procedere per gradi sistemando una cosa per volta.

E con questo parlo a nome di molti altri viaggiatori che come me,spesso, si sono trovati ad aspettare sotto la pioggia un treno che non passava mai.

Angi

lunedì 7 settembre 2009

L' abdicazione del Conte Biasox



Nella contea di Calenum la vita scorreva immersa nella propria particolare felicità sotto la guida illuminata del reggente duca Giano Trifrontis dè Fontanavecchia. L’apparente spensieratezza degli abitanti era data dalle feste di ogni genere che il reggente propinava al popolo, quasi obbligandoli a divertirsi. Era ormai più di un anno che Giano governava incontrastato il contado e ormai le alleanze e i mezzi truffaldini che gli avevano permesso di occupare quel posto, contro il volere del conte Biasox, erano stati dimenticati. L’infido Abner, già consigliere di Biasox, conduceva un assedio giornaliero al palazzo del governo per entrare nelle grazie del nuovo padrone. Giano, sfruttando le sue doti di grande corruttore, faceva finta di annoverarlo tra i cortigiani, ma a giorni alterni: in tal modo sfruttava i suoi servigi senza però dargli nulla in cambio. Il solerte Abner, per entrare nelle grazie del nuovo padrone, aveva perfino attrezzato una stamperia abusiva, chiamandola addirittura con lo stesso nome del contado per farla apparire una cosa ufficiale e autorizzata. Ogni giorno scriveva, anche se non era il suo forte, delle lodi a Giano osannandolo per le opere ipotetiche che questi, a suo dire, quotidianamente realizzava.
L’apparente serenità della vita del contado era offuscata però dalle alleanze truffaldine che il duca aveva sottoscritto per impossessarsi del potere. La mancata osservanza dei contratti che aveva firmato con varie fazioni contrarie tra loro, creava delle frizioni nell’esercizio giornaliero del potere. Inoltre si era divulgata la notizia, forse per mezzo della stamperia di Abner, che il conte Biasox avesse rinunciato alle sue prerogative sul trono della contea per dedicarsi interamente ad incarichi presso la corte di Maradonia. Tali incarichi gli erano dovuti per la sua grande esperienza e abilità  nel condurre gare d’appalto, in particolar modo nel trattare con gli imprenditori.
Il duca Giano, a questa notizia si mise subito all’opera per impossessarsi definitivamente della contea e tacitare, a suo modo, gli avversari. I suoi mezzi erano semplici ed efficaci: corrompere, dando poco e promettendo molto. La sua lunga militanza al servizio di Biasox lo aveva reso super esperto in questo anche perché più intelligente e spregiudicato di lui. Così incominciò a dare i lavori  pubblici ai sostenitori di Biasox per spostarli dalla sua parte. Per giustificarsi con gli alleati incolpava il capo scribacchino della contea accusandolo di dare gli incarichi ai sostenitori di Biasox  perché cugino  di Antimus Mutus.  Spostò di posto tutti gli alti funzionari del palazzo, dando l’illusione di aver cambiato tutto. In effetti, non cambiò niente in particolare. Per assicurarsi i suoi servigi, confermò tutte le prerogative del comandante dei pretoriani, anche se in pubblico fingeva di criticarlo.  Nominò uno stuolo di amici avvocati legali di corte e non dimenticò di donare qualche piccola elemosina ai sostenitori particolarmente accattoni anche se non bisognosi.  Nominò i vari giovani che lo avevano sostenuto come ciambellani della contea, con l’incarico di declamare le sue lodi per tutto il giorno.  Incaricò i suoi amici di organizzare spettacoli, mostre, sagre e conferenze su tutte le branche dello scibile umano. Promise cariche future a tutti, a Marcantonio il Russo, a Mattia il Gerarca e perfino a Maxim de Grimaldellis: promettendogli il suo appoggio incondizionato per la rielezione nel consiglio del regno di Maradonia, si assicurava il suo devoto e fedele servizio. Ovviamente non si dimenticava di promettere ogni giorno la sua successione al cerusico di corte, don Luis Risus Abuntat de Santa Cruz, il quale ci credeva davvero, come faceva da decenni con Biasox. Promise anche un incarico di prestigio ad Ughetto de’ Farmaci, a condizione che prima morisse chi lo deteneva già. Non dimenticò di promettere il suo appoggio anche ai suoi oppositori, in quanto non dobbiamo dimenticare che egli  ufficialmente faceva parte della fazione a lui contraria.  Ovviamente nominò controllori dei conti e delle spese e degli sperperi suoi amici personali provenienti da contee lontane.  In questo modo gli eventuali e sicuri ammanchi nei bilanci della contea sarebbero stati giustificati e nascosti a tutti.
Così, giorno per giorno, Giano tesseva la trama  per consolidare il suo potere che sognava di perpetuare nei secoli. Per realizzare il suo progetto inventava ogni giorno qualche investitura da dare o da promettere, incentivando gli istinti più bassi dei suoi sudditi. Tutto questo gli riusciva benissimo in quanto sfruttava la lunga esperienza di cortigiano maturata al servizio del suo grande maestro e sempre amico il Conte Biasox.

Il conte del Grillo

I mercanti del Tempio


Oggi come ieri, l’istituzione Chiesa è un organo di potere più che un organo di diffusione del messaggio evangelico. I palazzi vaticani pullulano di figuri,  come i cardinali Bertone e Bagnasco, manager di una potente multinazionale in lotta tra loro per affermare l’uno il potere sull’altro, più che di sacerdoti preoccupati di custodire e diffondere al meglio il Vangelo di Cristo.

Le vicende di questi giorni hanno gettato un’ombra nera sul Vaticano e l’hanno fatto precipitare in basso di mille anni,  a quando la lotta per le investiture tra Papato e Impero, coinvolse l’intera Europa e si concluse, due secoli dopo, con un accordo che accontentò entrambe le parti. Allora, la simonia, ossia l’acquisto e la vendita di cariche ecclesiastiche, aveva raggiunto livelli vergognosi perché essere vescovo significava  potere personale, patrimonio terriero e ricchezza. Oggi, mentre potere temporale e potere spirituale continuano ad andare a braccetto come sempre,  si è stabilita un’altra forma di simonia basata sulla “vendita” delle Perdonanze a soggetti moralmente corrotti e  sulle assegnazioni delle direzioni di quotidiani che fanno gli interessi dei poteri che contano, vedi Il Giornale, vedi Avvenire. Persone giuste al posto giusto; persone scomode, ipocritamente scaricate purché vada avanti il volere del potere dominante.

Il mondo cattolico e non solo, è inorridito da questa tresca della Chiesa con un governo che calpesta i diritti umani con le biasimevoli leggi sulla clandestinità, che alimenta sentimenti xenofobi tra la popolazione, che scende a patti e va ad ossequiare il terrorista Gheddafi, che fa spudoratamente gli interessi della mafia, che appoggia paesi dove gli omosessuali vengono uccisi senza processo, che da benedizioni a un Premier corrotto e corruttore due volte divorziato e che rifiuta di farsi processare per i suoi trascorsi illeciti,  per ottenere in cambio che cosa? L’otto per mille, l’esenzione ICI sugli immobili della Chiesa, leggi che fanno comodo alla Chiesa, finanziamenti per le scuole cattoliche ed altro ancora, alla faccia dei poveri preti che per amore di Cristo vivono una vita in povertà e rinuncia e magari ce la rimettono pure la vita.

Non una parola da parte del Vaticano sui comportamenti moralmente degradanti di  un Premier che sta ridicolizzando la Nazione di fronte agli occhi del mondo mentre, qualche anno fa, non si faceva remore di dare addosso a Prodi, padre di famiglia, che voleva fare un atto di giustizia sociale  regolarizzando le coppie di fatto. Dov’è più la credibilità di una Chiesa che fa sentire solo una flebile voce su questioni umane e sociali di fondamentale importanza? Come può essere obiettivamente credibile un’ istituzione che accetta passivamente tutto ciò che viene da destra e respinge tutto ciò che viene da sinistra? Forse perché interpreta alla lettera la frase del Credo cattolico ” alla destra del Padre” o per mera convenienza? E’ ancora, se mai lo è stata, l’istituzione degna di rappresentare Gesù Cristo?  In tutto questo mercimonio, il Papa sembra solo un vecchio incapace di gestire l’enorme multinazionale vaticana e perde ogni giorno consensi perché, oltre tutto, non riesce a instaurare un rapporto confidenziale e aperto col popolo cattolico.

Alla luce della realtà attuale, l’elezione di un papa  molto dottrinario e poco carismatico può sembrare una manovra delle alte sfere vaticane intesa a collocare sul trono di Pietro un uomo che non avrebbe posto ostacoli alla massoneria vaticana, sia per incapacità caratteriale sia per  rigidità dottrinaria.

Molti preti si oppongono a questo comportamento poco cristiano di Santa Madre Chiesa e lo  disapprovano apertamente attraverso lettere e articoli in cui  richiamano alla semplicità evangelica, come fa padre Silvano Nicoletto in una sferzante lettera al cardinale Bertone.  Ma Santa Madre Chiesa è sorda all’appello dei suoi figli più attivi, richiamandoli e inquisendoli se solo palesano movimenti di coscienza che si distaccano dal diktat ufficiale. E il Vaticano diventa sempre più un luogo dove si servono due padroni. Più Mammona che Dio.

G.B.

sabato 5 settembre 2009

Stulti pauca...



 Sento parlare spesso in questi giorni di violazione della privacy, della sfera privata. Come se fosse una cosa che deve fare scandalo.
A me non fa scandalo. Ma capisco perchè c’è tutto questo rumore.
I protagonisti delle storie narrate in questi giorni a tutta pagina dai maggiori quotidiani italiani sono tutti, senza distinzione alcuna, appartenenti ad una generazione precedente a quella che oggi, a tutti gli effetti, si trova pronta nei mezzi e nello spirito per soppiantare i propri padri. Sono persone che in molti casi sono nate durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale o nell’immediato dopoguerra, ed oggi si trovano a vivere una rivoluzione che per certi versi è più dirompente della Guerra stessa: in quanto forza costruttrice e non distruttrice, e quindi destinata a durare nel tempo se lasciata sviluppare.
E’ la rivoluzione dell’informazione, con modalità e capacità di penetrazione finora sconosciute e, per certi versi, inaspettate.
Le persone di cui stiamo parlando, si trovano tutte in posti di potere. Eppure, sono persone sconfitte.  Sono sconfitte perchè vivono questo momento di svolta storico proprio quando hanno preso in mano le chiavi del potere, che sia esso politico, economico, sulla o nell’informazione.  Il potere in Italia è vecchio, si arriva a poter decidere davvero qualcosa solo da vecchi. Queste persone tuttavia non riescono a capire cosa succede perchè le loro coordinate, per quanti forzi essi possano fare, appartengono a un passato che ogni giorno si allontana in maniera esponenziale.
Sono nel panico perchè non sanno come mantenere quel potere.
Si fanno la guerra, loro. Scaramucce, stoccate e contromosse, mostrando la loro vera faccia da maschere da circo equestre. Si fanno la guerra, sperando di vincere non sul proprio avversario ma sul proprio pubblico...pubblico si, l'idea è proprio quella. 
Eppure,qualcosa non funziona.

La generazione precedente non li contesta in modo classico, come loro stessi avevano imparato a fare da giovani, con metodologie che a loro volta i loro padri avevano imparato, in contesti seppur diversi, per scopi molto simili. In quel caso sarebbe stato facile: due botte qua, due infiltrati li, ed è fatta.
Ma la generazione ormai pronta a prendere il potere ha un altro metodo di protesta, anzi, non la si potrebbe nemmeno chiamare protesta, in quanto si tratta più che altro di un atteggiamento frutto della passività e dalla disillusione.
Delegittimazione, scardinamento, lento sgretolamento dell’autorità: questi sono i mezzi utilizzati, spesso involontariamente e addirittura inconsapevolemente, dalla generazione ormai prossima al potere. Anarchici, senza volerlo.
Dove questo porterà, non se lo chiede nessuno. Ma c’è una cosa che deve essere ricordata, ossia: non sappiamo il limite che può raggiungere la disumanità dell’essere umano, finchè non lo si tocca con le proprie mani.  

Zufolo

venerdì 4 settembre 2009

Sul concorso di cortometraggi



Ciao a tutti.

Ho sempre letto il Quiquirì, specialmente i commenti che molte volte hanno assunto un tono molto colorito.
Così come altre volte commentavo anche io e allungando il discorso qualcuno mi ha fatto la proposta di scrivere un articolo sul Quiquirì(!!!).

Così eccomi qui a scrivere su questo Blog.

Sabato 29 agosto si è svolta sul convento di S.Francesco la seconda edizione di un'importante manifestazione di carattere culturale che pian piano sta assumendo importanza...avete capito che sto parlando della premiazione del concorso di cortometraggi a cura della compagnia teatrale A Scarpasciota (e l'associazione "Nessun Dorma" ndb)

Beh, che dire, i film in concorso erano circa una decina, la proiezione degli stessi durante la manifestazione ha allietato una delle tante serate di fine estate di questo paesello di campagna.

Avrei tante cose da dire e da ridire ma preferisco evitare per non assillarvi con tutti i miei complessi mentali.
Mi limito a constatare che l'organizzazione di quest'anno rispetto alla volta scorsa è migliorata molto, anche se la location (è sempre il nostro caro e vecchio convento) è un po' isolata rispetto al centro abitato e bisognava fare di più per attirare il pubblico un po' come è stato fatto per la festa della fresella quando hanno addobbato il vico della Grancelsa con tante belle candeline quasi come volessero creare un percorso, un qualcosa che ti invitava a camminare lungo la strada per poi arrivare sui Laurenzi.
L'unica cosa che hanno fatto è stato appendere un cartello per giunta poco visibile all'inizio della strada. Penso che io sia stato uno dei pochissimi a notarlo.

Tutto sommato abbiamo passato una serata un po' diversa dalle altre anche perché non ci sono simili iniziative nel nostro territorio.

Quirino


giovedì 3 settembre 2009

Coscienze senza…. macchia

 
 
 
 
incendio

Un'altra occasione buona persa da parte delle forze dell'ordine per mettere le mani su qualche delinquentuccio da quattro soldi o qualche navigato conoscitore dei luoghi. Oggi, mercoledi  2 settembre, si è consumato l’ennesimo scempio alla nostra già martoriata zona. Un incendio, credo che forse neanche il 20% della popolazione ne sia a conoscenza, nella zona che i casanovesi  più  “dicono”  di amare, la Grangelsa.
Qualche centinaia di ettari di macchia mediterranea andati in fumo, tra l’indifferenza generale.
Si, dico indifferenza perché anche quando  ci si poteva aspettare  una sensibilizzazione sul problema, ne abbiamo fatto volentieri a meno. Parlo del recente concorso di cortometraggi, belli non c’è che dire, ma mi sarei  aspettato qualche opera  anche sui problemi ambientali che ci affliggono. Evidentemente il problema non è sentito da tutti allo stesso modo. Sono ben poche le coscienze che in questo  territorio si preoccupano e denunciano problemi ambientali di ogni tipo che però non vengono raccolti né dalla cittadinanza stessa, né dall’ amministrazione comunale, né tanto meno dagli organi di controllo. Chi denuncia viene anzi definito un perdi tempo, uno che non ha nulla da fare. E intanto perdiamo un patrimonio naturale che potrebbe essere anche una ricchezza turistica futura se solo venisse curato e tutelato come si deve.
Mi pervade un’amara  delusione perché i cambiamenti che avrei voluto vedere non ci sono stati e tra questi anche il rispetto e la rivalutazione dell’ambiente.  Nessuna azione formativa o informativa da parte degli organi competenti, nessuna seria attenzione verso questo problema che continua a dilagare e far danni che diventano sempre maggiori.
Si deve fare di più. Non si può parlare di vero cambiamento senza azioni decise e determinate volte a cambiare certi comportamenti  che possano  trasformare il volto civico del Comune. I cittadini di Carinola meritano molto di più delle  tante sagre e feste popolari che hanno allietato questa torrida estate. Meritano attenzione a largo raggio per loro stessi e per il territorio in cui vivono, anche scuotendogli sonoramente le coscienze che sembrano addormentate. I cittadini per bene sono stufi di queste stato di cose e PRETENDONO maggior attenzione e miglior interventi  in fatto di tutela dell’ambiente. Non si può permettere che il nostro territorio se ne vada in fumo per colpa di qualche interesse privato o, peggio ancora, dell’indifferenza degli organi preposti alla cura, al controllo e alla vigilanza.
Eppure ci piace, le sere d’estate, sederci nei vari angoli della piazza e godere della frescura della brezza che arriva da monte,  ma forse non tutti sanno che è proprio grazie a quel po’ di macchia mediterranea, che abbiamo ma non difendiamo,  che ancora possiamo beneficiare di questo refrigerio.

Excalibur

lunedì 31 agosto 2009

I cortigiani del XXI secolo


Originariamente il termine ‘cortigiano’ indicava semplicemente un gentiluomo di corte. Idem per il suo femminile, che indicava una dama di corte. Man mano, attraverso i secoli, il termine è diventato sinonimo di ‘adulatore’ per l’uomo e di ‘prostituta’ per le donne. Lo slittamento di un comune termine d’uso quotidiano verso un significato così negativo è facilmente comprensibile.


Chi viveva alla corte di un re o signore godeva di vantaggi e privilegi di cui non godeva la gente comune e quindi il minimo che  potesse fare era ossequiare la causa del suo benessere. Per la donna il discorso cambiava leggermente. I privilegi e i favori che riceveva dal signorotto di turno avevano un prezzo che era quasi sempre un letto. Sia gli uomini che le donne sceglievano consapevolmente la condizione cortigiana, sapendo che in cambio ottenevano uno status sociale e un utile economico di non poco conto. “Parigi val bene una messa” diceva Enrico IV  di Borbone il quale, per ottenere il trono di Francia, si convertì al cattolicesimo, lui che era un convinto ugonotto e un gran puttaniere.


Cos’è cambiato dal Rinascimento ad oggi? Niente. Semplicemente il sostantivo. Oggi per gli uomini usiamo il termine “leccaculo” mentre per le donne usiamo il più chic “escort”. Le motivazioni sono le stesse, le conseguenze anche. Sia in termini di utili personali, sia in termini di ricaduta sui comuni mortali. Questi ultimi niente contavano allora, niente contano ora. Oggi però c’è qualcosa che fa una differenza  molto grande: il voto. Qualche secolo fa, i comuni mortali non votavano e quindi venivano semplicemente ignorati, oggi votano e perciò vengono usati e manipolati in maniera subdola ed ambigua per permettere ai padroni di soddisfare le loro ambizioni, padroni che possono collocarsi sia  a destra che a sinistra, non c’è differenza.


E’ qui che entrano in gioco i più potenti cortigiani di oggi, ossia coloro che riescono a influenzare masse, a spostare migliaia di voti da destra a sinistra, da sinistra a destra. Chiamiamoli giornalisti, chiamiamoli reporter, cronisti, redattori, articolisti o che altro, sono loro che possono mettere in moto i fulcri dell’informazione e sbilanciare il voto popolare ora da una parte ora dall’altra.


Consapevoli di questa loro forza, i cortigiani di oggi offrono a caro prezzo i loro servizi al padrone di turno nella più meschina ottica del tu dai una cosa a me io do una cosa a te che penalizza il servizio informativo pubblico, che manipola la verità ad uso e consumo di pochi.


Chiamiamoli utilizzatori finali.


Ma non esistono solo cortigiani d’alto bordo che possono influenzare il voto di un’intera nazione, esistono anche quelli di piccolo calibro, le mezze tacche, che possono muovere qualche voto comunale e pretendere un piatto prelibato in cambio. Carinola è pieno di queste mezze tacche che vogliono, pretendono, aspettano e come sanguisughe si attaccano agli eletti per ottenere il loro pasto. Tutto fa brodo, il costo di una gita o  due o trecento euro al mese, purché venga loro dato qualcosa. Per riconoscenza. Ed ecco che nascono i segretari particolari, i sottosegretari, i segretari dei segretari, i capi, i sottocapi, i consulenti tecnici, i sottoconsulenti, gli ultra consulenti che per il loro slinguazzare  devono essere ricompensati.  Chi sta al potere sa bene che per restarci deve essere riconoscente con i propri cortigiani, fa parte del gioco. In fondo siamo tutti un po’ cortigiani, chi più e chi meno. Ma gli altri, quelli che non sanno leccare sfacciatamente, che considerazione trovano da parte dei poteri in carica? Gli altri o imparano l’arte della cortigianeria o possono aspettare. Magari a tempo indeterminato.


Anche certe slinguazzate giornalistiche locali fanno parte del gioco.... ma, su quelle stendiamo un velo pietoso.



Selfish buddy



venerdì 28 agosto 2009

Napoli in ferie, tranne pistoleri e immondizia



(dal blog di Daniele Martinelli)

Ho passato 3 giorni a zonzo per Napoli alloggiato in un hotel nei pressi della stazione. Ho allungato la permanenza in città mio malgrado, perché nonostante a Napoli ci sia andato decine di volte per seguire i processi in tribunale, non ho mai avuto il tempo di assorbirne a pieno i ritmi.
In questi giorni Napoli brulica di turisti francesi inglesi e cinesi, ma la città è in ferie. Si fatica a trovare una lavanderia, un parrucchiere e persino un negozio di alimentari aperto. Tanto poi arriva la regione Campania a dar retta ai sindacati del turismo che piangono crisi e battono cassa.
Per ora a Napoli hanno chiuso i battenti pure i disoccupati e i mendicanti di strada. Niente proteste, niente tamburi e niente elemosine lungo i marciapiedi. Dagli incroci sono scomparsi anche i lavavetri, assieme ai carrettini dove acquistare le granite al limone.
Nella Napoli ferragostana i napoletani sono una minoranza. Quei pochi rimasti alzano il volume della radio e della voce. Rivendicano il loro potere sul territorio ma gli africani col loro silenzio li battono. La città è un bazar di cianfrusaglie: borse pellami bigiotteria vestiti kebab e tanta sporcizia mescolata a qualche napoletano, che se ti vede passeggiare 2 volte lungo lo stesso tratto ti ferma per offritri l’Iphone che nasconde sotto l’ascella. Se rispondi che già ce l’hai opta per droga, donne o pistole. Un tale dall’aspetto insospettabile sulla cinquantina davanti a un Mc Donald mi ha offerto P38 e revolver a buon prezzo. Bastava che pagassi.
Napoli è cara anche per questo. Perché lungo le sue strade non sei padrone di osservarla nella tua beata solitudine. Il napoletano è una sorta di giornalista inconsapevole: ti cerca, vuole sapere di te per renderti cliente se sei uomo e merce se sei donna. E’ stupefacente come una gonna appena sopra il ginocchio o un decolleté abbronzato suscitino gli sfottò accompagnati pure da qualche pacca sinistra. Per carità, a Napoli sarà pure un lusinghiero segno di apprezzamento nei confronti delle donne, ma in più di un’occasione ho sentito urla di spavento con codazzo di risate del napoletano di turno virilmente divertito. Fiero di vivere dove la deregulation è regola.
Il centro di Napoli, assieme alla provincia, brulicano pure di prostitute. Agli angoli dei marciapiedi sostano matrone russofone ma anche napoletane prosperose e assai stagionate. Le più giovani avranno 50 anni. Costa poco servirsene: 20 euro il coito e altri 10 per la camera in cui ti conducono nel volgere di pochi passi. Topaie senza finestre di 15 metri quadrati al lume fioco di candela, che lascia intravedere un letto a piazza e mezza rivestito di lenzuolo rosso cosparso di chiazze e sul pavimento pezzi di carta igienica usata. La location di questi nidi di sesso è il classico vicolo cieco lungo il quale va e viene l’albergatore, solitamente un vecchio che ingoiati nella tasca i 10 euro ti indica quale porta varcare fra le tante. Niente ricevuta fiscale e niente chiasso. Qui la legalità è utopia nonostante si stia a un chilometro in linea d’aria dai palazzi del potere e pure dal tribunale del capoluogo campano.
Napoli è la città del sole. Quando non tira vento il suo calore trasforma l’aria in afa appicicaticcia come quella di Milano. L’asfalto rovente lascia poco spazio alla fantasia. Urge trovarsi l’ombra e spesso per starci devi camminare raso muro oppure infilarti in qualche stradina laterale, dove quasi sempre ti imbatti in banchetti abusivi che emanano profumi invitanti. Non solo di pizza e zagara ma anche di piscio e vomito che rilasciano gli angoli dei marciapiedi, talmente fetido da non riuscirci a stare.
Insomma, quando anche i napoletani bene vanno in ferie città e provincia trasudano tutto il loro desolante stato di abbandono. Con le discariche disseminate dappertutto sembra di stare in un campo rom senza soluzione di continuità. Peccato perché di fronte a cotanta grazia l’impressione che il turista si fa di una città non è proprio ottimale. Qualcuno obietterà: “Be’ ma che cosa pretendi da una zona malfamata come la stazione?” Rispondo che la stazione è la porta sul mondo che circonda la città, ed è anche il suo biglietto da visita.
Infatti, per farmene un’idea, ho girato l’entroterra fino a Caserta evitando di andare sul solito lungomare partenopeo. Troppo semplice e riduttivo renderlo simbolo di benessere di una vasta area metropolitana che oltrepassa il milione di abitanti.
Io a Napoli ci sono passato in macchina. L’ho parcheggiata fra le striscie blu e sono stato l’unico ad aver pagato la sosta perché gli altri automobilisti dicevano che in questi giorni di ferie nessun vigile sarebbe passato ad appioppare le multe. Avevano ragione.
Prima di salirci, il mattino successivo, l’auto l’ho trovata ricoperta di lampadari con l’invito del negoziante a spostarla “dal posto del suo furgone“. Ho preferito evitare discussioni perché ho capito che certi approcci, a Napoli, sono frutto di una prepotenza che è sistema.
Ci sono un milione di motivi per rendere Napoli notizia. In ogni suo scorcio. Un labirinto di illegalità consolidata e accettata che coesiste con carabinieri e Polizia, succubi per la banale legge dei numeri che vanifica regole e normative, svuotate di sacralità istituzionale visto che qui, a differenza di altre aree d’Italia, nessuno le fa rispettare.
La stampa potrebbe andare a tambur battente su questi temi. Giornali e televisioni anziché sbatterci in primo piano il facciotto insopportabile di Gigi D’Alessio e imbottirci di balle su Kabul e Bagdad potrebbero dare visibilità ad una realtà così unica e federata. Il quotidiano “Il Mattino“ ha di recente pubblicato la foto di un tale che getta in una discarica abusiva uno pneumatico, che è stato arrestato. Si trattava di un serbo, non di un napoletano.
Sia chiaro! Il mio breve soggiorno partenopeo è servito per arricchirmi di dettagli che sapevo solo per sentito dire. Non mi si dica che ho disprezzo per i napoletani e la Campania. Anzi, Napoli italiana la osservo da italiano per amor di patria e per amor dei figli di quella terra, oltre che per la stima di quei pochi napoletani che finora ho conosciuto tramite la rete. Pochi, appunto.
Domani pubblicherò un video su ciò che ho documentato girando Napoli e provincia tranne le topaie, intraviste solo dopo essermi rivolto a un albergatore di strada simulando finto interesse per una prostituta. Le immagini che proporrò serviranno tanto per non dimenticare il corruttore che annovera: “Ciò che ho fatto è ripulire Napoli”. Ripulita da che cosa?

lunedì 24 agosto 2009

Casale vs Casanova: 0 a 0



La diatriba tra casalesi e casanovesi  su questo blog mi sta molto divertendo, anche se qualcuno esagera  sempre un po’, come al solito. Ma anche questo fa parte del gioco. Mi sembra di assistere alla sassaiola che  immancabilmente si verificava ogni giorno all’uscita  della scuola media  tra alunni delle diverse frazioni che ci tenevano ad affermare la propria superiorità. In che cosa non lo ricordo più. Ricordo solo che ogni futile motivo era l’occasione buona per tirarsi sassate e qualcuno, spesso, si ritirava a casa con la testa rotta. Allora come adesso, c’era il bonaccione che cercava  di mettere pace tra le parti per farla finita subito e c’era il “capuzziegliu” ostinato che assolutamente  non voleva cedere e incitava  i compagni a continuare la battaglia che terminava solo quando un adulto di passaggio interveniva o quando qualcuno si faceva male.

Non molto è  cambiato a quanto pare. Il campanilismo più tenace continua a sopravvivere nonostante gli anni. Ci si continua a scontrare,  con soddisfazione devo dire,  anche se il luogo non è più un ponte o una stradina di campagna, ma un blog. Meno male! Dovunque c’è dialettica c’è confronto. Dovunque c’è confronto c’è vita. Devo sottolineare che la cosa buona di uno scontro mediatico è che nessuno si romperà la testa.

L’argomento di quest’accesa discussione è la festa della vendemmia che sembra quest’anno non si farà per motivi poco chiari.  Chi denuncia un’ingerenza politica non voluta nell’organizzazione della festa e chi ribadisce la stanchezza del comitato organizzativo a corto di nuove forze operative. La cosa che più mi fa sorridere è che gli amici di casale, almeno quelli che commentano sul blog,  non gradiscono l’ingerenza dei casanovesi  nella loro festa, quasi come se i casanovesi volessero portargliela via. Ma credo che il post in questione sia venuto da Casale e che i casanovesi non facciano altro che commentarlo dicendo la loro.

Comunque, se sono d’accordo nel prima caso, non lo sono nel secondo. 

E’ vero, c’è sempre da parte dei politici di turno, la tendenza a politicizzare  manifestazioni ben riuscite o appropriarsi della loro paternità. Questo non è né giusto né corretto, perché ogni iniziativa che nasce come libera espressione  di una comunità, in cui siano conservate tradizioni popolari secolari,  va così conservata e mantenuta. Il compito del Comune, in questo caso, è solo quello di sostenere l’iniziativa, magari anche economicamente se richiesto, affinché essa continui ad esistere e a crescere come valore aggiunto di quella comunità, ma non deve mettere neanche un dito nella sua organizzazione. Purtroppo bisogna dirlo, tutto ciò che viene toccato dalla politica viene sporcato. Quindi ben comprendo e solidarizzo con gli amici di Casale che ci tengono all’autonomia organizzativa della loro festa della vendemmia.

Quello che invece non condivido è il non apprezzare le opinioni degli altri sulla festa e scatenare una bagarre campanilistica senza senso. Per quale ragione?  E’ chiaro che  la festa della vendemmia è una creatura di Casale, ma se gli altri danno il loro parere, che può piacere o non può piacere, non credo ci sia nulla di male. Siamo o non siamo tutti Comune di Carinola? Siamo o non siamo tutti figlio dello stesso eritaggio culturale? Se poi qualche casalese ha delle ambizioni secessioniste, be’ problemi suoi più che nostri. Personalmente, se qualcuno fosse interessato a una festa del mio paese e magari desse dei suggerimenti, non potrebbe che farmi piacere. Vorrebbe dire che l’iniziativa gode di buona reputazione in tutto il territorio ed è seguita. Una cosa è certa, i casanovesi non ci tengono ad appropriarsi di questa festa che lasciano molto volentieri all’amico Michele che l’ha ideata e curata con lo stesso amore dei suoi libri. Ne abbiamo talmente tante per conto nostro di feste che sicuramente non ne vorremmo un’altra.  

Lettore divertito
 
Foto tratte dall'album Web "la festa della vendemmia 2008" di Casaleweb


venerdì 21 agosto 2009

Il "clan" dei Casalesi



Ormai è più di qualche settimana che seguiamo il dibattito sulla festa della vendemmia di Casale di Carinola. Non si conoscono i termini precisi della querelle perché i casalesi essendo  gente chiusa  sostengono che la festa della vendemmia  è cosa loro e nessuno al di fuori di loro ne deve parlare. Molti carinolesi al contrario sostengono che ormai la festa, per la sua unicità, faccia parte del patrimonio culturale comunale e di conseguenza tutti vi debbano intervenire. Non si è d’accordo con i Casalesi che sostengono che la festa della vendemmia sia un loro brevetto esclusivo e perciò nessuno si deve permettere di continuare questa bella esperienza. Nonostante i silenzi omertosi e qualche volantino volutamente falso e fuorviante al quale ha abboccato qualche sprovveduto,  si è riusciti  ad avere qualche notizia pià veritiera del contrasto.
Da quello che si è riusciti a sapere il gruppetto organizzatore storico non vuole che altri entrino a dare una mano, si dice così,  per la migliore riuscita della festa. Non vogliono i nuovi  soprattutto perché li vedono come amici dell’odiato assessore Giacca  che vorrebbe, a loro dire,  minare l’apoliticità della festa. Sul’apoliticità della festa della vendemmia di Casale caliamo un generoso omissis.  Per impedire questa intrusione di persone estranee al "clan" sono ricorsi ad ogni mezzo. Hanno in cominciato a sobillare le bravissime signore che preparavano le delizie culinarie, hanno indotto i produttori di vino a non offrire  il loro prezioso liquido e addirittura sembra che minaccino chiunque pensi di sostituirsi a loro con frasi dall' incerto significato minatorio. Sentendo  qualcuno di loro sembra di essere a Casale, ma quello più famoso nelle cronache, il linguaggio minaccioso e intimidatorio è lo stesso, si parla di picchiare, di far saltare in aria e contumelie varie. L’ascoltatore poco informato, ascoltando  quei discorsi, pensa che stiano parlando di qualche grosso appalto di milioni di euro insidiato da qualche banda avversaria. Invece si sta parlando solo  di una festa di paese. Questa  ormai  è diventata famosa in tutta la provincia: un appuntamento a cui ormai  sono  affezionate migliaia  di persone. Siccome la festa della vendemmia è ormai il principale evento di attrazione nel comune di Carinola sembra  doveroso per l’amministrazione intervenire  affinchè  questa bellissima collaudata tradizione non si interrompa. Sarebbe auspicabile che si formi una commissione al di sopra delle parti in conflitto, se necessario integrata da elementi validi di altre frazioni, e  continuare la tradizione nonostante le minacce del clan delle feste dominante a Casale.
Sicuramente dopo un po’ di titubanza le signore come ogni anno prepareranno le gustose leccornie e i produttori offriranno il loro gustoso vino. Si spera in un colpo  di coraggio dell’amministrazione che mettendo in gioco un pacchetto di voti sfidi il clan dei casalesi e possibilmente li sconfigga.
LA VESTALE  DI BACCO

giovedì 20 agosto 2009

Nere, putride e amare acque…


Tutti siamo ben lieti che i nostri liquami escano dai servizi delle nostre abitazioni in modo perfetto, ma non ci preoccupiamo minimamente di dove vanno a finire questi liquami puteolenti e di come vengono smaltiti. In verità Casanova, ma del resto l’intero comune di Carinola, non ha un sistema legale e non inquinante di smaltimento dei liquami domestici, anzi la maggior parte delle abitazioni, non essendovi un collettore fognario e un depuratore, versano i liquami nei canali che attraversano il casale, si veda il cosiddetto “Cavone” che è diventato una fogna a cielo aperto e che tra poco, per buona pace di chi vi sversa i propri liquami, ma non ne vuole sentire il “profumo”, sarà in parte coperto da una colata di cemento. Ovviamente anche questa operazione è frutto dell’ingegno dei consulenti comunali e della grande “lungimiranza” degli amministratori (di oggi o di ieri), comunque poco attenti al problema ecologico.
La popolazione casanovese si è giustamente e ribellata quando si parlava di utilizzare la cava come discarica di immondizia indifferenziata, le fantasiose ecoballe che pendevano tra un comune e l’altro e che ora sembrano non esistere più o meglio che la televisione non ci fa vedere più. Comunque resta la gravità del problema: lo smaltimento dei liquami che continua, sotto l’indifferenza di alcuni e il comodo di altri, ad avvenire in modo da creare seri problemi di igiene e sanità. Non crediate che coprire col cemento i canali dove si sversano le acque sanitarie sia un modo per risolvere il problema, ma piuttosto un modo per nasconderlo e renderlo ancora più grave. Sarebbe ora che l’amministrazione si ponesse problema serio del risanamento dei canali inquinati e della realizzazione di un sistema di depurazione. La salute dell’ambiente e di conseguenza della gente che lo abita viene prima di ogni cosa. Sarebbe ora che la gente si ribellasse anche a questa mancanza di attenzione nei confronti della loro salute divenendo essa stessa più rispettosa dell’ambiente. L’inquinamento delle acque non è meno grave della presenza di monnezza in una cava, anzi quest’ultimo se controllato non è un problema. Non facciamo che “occhio non vede, cuore non duole”. Non ci ribelliamo alle ecoballe solo perché l’umore o l’interesse di qualcuno l’ha imposto o per dimostrare che è facile sobillare la massa! È inutile chiudere col cemento qualche canale casanovese perché è solo uno spreco di danaro pubblico e non risolve il problema in generale, ma solo di qualcuno.
Anonimo via web

venerdì 14 agosto 2009

Spazi di aggregazione

cani2

Alcuni commenti ad un recente post di questo blog mi hanno portato a scrivere delle considerazioni che già da un po’ di tempo facevo tra me e me: la trascuratezza degli spazi di aggregazione oggi tanto importanti per ogni comunità civile. Chiaramente lo spazio di aggregazione per eccellenza qui a Casanova è e rimane la villa comunale. Villa potrebbe chiamarsi se fosse uno spazio curato, custodito, bello agli occhi e piacevole allo spirito, ma così come si ritrova ad essere e soprattutto all’uso che se ne fa, è più giusto definirlo un caravanserraglio. Per chi non lo sapesse, nella cultura araba il caravanserraglio era lo spazio dove sostavano le carovane e quindi, per antonomasia, un luogo pieno di confusione e di rumori incredibili. Ecco. Questa è la villa comunale di Casanova. Un vero caravanserraglio.

Sia di giorno che di notte c’è di tutto, ogni varietà della fauna umana: l’imbecille, l’idiota, lo sguaiato, il violento, l’aggressivo, il prepotente, l’arrogante, il buffone, il deficiente, il bestemmiatore, il porco, tanti soggetti a cui si concede troppo materialmente e forse troppo poco affettivamente. Tanti soggetti che danno sfogo alle loro naturali manifestazioni soprattutto a tarda notte. Urlano, fischiano, bestemmiano, bevono, fumano, pisciano sui gazebo, rompono bottiglie, giocano a calcetto, sgommano, frenano, fanno rombare i motori a tutta birra. La comunicazione tra di loro è quella caratteristica delle specie più rumorose e esibizioniste. Dialogo: zero. Quei pochi giovani per bene che vorrebbero stare un po’ insieme a chiacchierare in queste afose notti estive, si ritrovano tra un’ orda di barbari violenti e rumorosi che si sono appropriati di questo spazio come spettasse loro di diritto. Male hanno fatto gli adulti a non frequentare più la villa, lasciando così il campo a teppistelli che non capiscono l’importanza della cosa pubblica e non la rispettano privati come sono di qualsiasi forma di controllo, anche di quella degli adulti che potrebbero incutere ancora un po’ di soggezione.

E’ una pena vedere un campo di calcetto appena rimesso a posto in mano a questi scalmanati che ne fanno l’uso che vogliono, che accendono e spengono i riflettori continuamente durante la notte come fossero le luci di casa loro. Che giocano a calcetto con la stessa grazia dei rinoceronti. In tutto questo, non un cane di carabiniere, non un poliziotto che giri a sorvegliare il territorio che ormai sembra essere diventato terra di nessuno. L’altra pena è vedere che questi giovanissimi sono diventati ingestibili. Sembrano tanti animali lasciati allo stato brado. Genitori assenti, forze dell’ordine assenti, agenzie educative assenti. Completamente abbandonati a se stessi. Malati di solitudine, morale e spirituale. Ora se per gli animali lo stato brado può essere un bene perché crescono genuini, per questi ragazzi è solo l’occasione per diventare maleducati, irrispettosi e potenziali delinquenti. Questa è la strada che gli viene spianata davanti e loro sembrano intenzionati a percorrerla tutta. E gli adulti stanno belli tranquilli a guardare, basta che non gli rompano le scatole.

Stressato estivo