Diomede Vamm Ignotte.
Chat
venerdì 22 febbraio 2008
Finitela voi
giovedì 21 febbraio 2008
Il talpinismo : ovvero l'arte del successo
C’è un nuovo sport molto in voga che ogni giorno conquista nuovi adepti: il talpinismo, ovvero l’arte di raggiungere il successo imitando le talpe. Il talpinismo, al contrario di quello che si crede, è uno sport esercitato molto di più dell’alpinismo. Entrambi sono sport che servono per raggiungere le vette anche le più impervie e altissime. L’alpinista deve allenarsi, fare sacrifici immani, acquistare attrezzature ed equipaggiamento costosi, e dopo, provare a scalare le vette. Dopo tanti sacrifici fisici ed economici molte volte l’alpinista non riesce a raggiungere l’obiettivo per motivi vari, avversità atmosferiche, incomprensioni con i compagni di cordata, molte volte perché si sbaglia percorso.
Il più delle volte l’alpinista una volta raggiunta la vetta non ne ricava il successo sperato in quanto la trova già occupata da un altro. Come è stato possibile che chi è partito un giorno dopo è arrivato prima? Ha seguito un percorso più breve ? No, dopo aver osservato con attenzione specialmente il suo volto molto sporco, comprende che quello che lo ha preceduto e privato del premio a cui ambiva è un talpinista. Questi, invece di arrampicarsi sulle rocce, scava sotto terra, logicamente evitando accuratamente le zone più dure passando invece per i punti più morbidi in modo da fare meno sforzo possibile. Il perfetto talpinista gira soprattutto di notte, frequenta solo politici di peso da cui può avere l’incarico professionale senza avere le capacità, un incarico di assessore, di vicesindaco, di revisore dei conti, in qualche consorzio, se non c’è niente di questo entra nel nucleo di valutazione del personale di qualche ente locale. Il perfetto talpinista prima di affrontare un esame , un concorso, una dirigenza si procura una solida raccomandazione e una volta arrivato primo, ci tiene a far sapere che lui ha raggiunto quel posto perché è bravo. Così non solo ha derubato gli altri concorrenti ma li offende pure. Il politico alpinista si dedica alla attività amministrativa con zelo, segue la gerarchia , prima consigliere poi assessore e poi quando arriva il proprio turno si candida all’apice. Il politico talpinista invece appena entra in un consesso si unisce con individui con meno moralità della sua in modo da stringere alleanze per sorpassare gli altri e precederli sulla vetta. Calandoci nel nostro piccolo comune mentre il partito di maggioranza prepara i programmi per affrontare una faticosa campagna elettorale e la lista capeggiata dall’assessore più anziano, i talpinisti sono entrati in azione. Hanno stretto una alleanza sotterranea tra di loro in dispregio di tutte le regole della moralità politica e ancora una volta gli alpinisti troveranno la vetta occupata dai talpinisti.
Piccozza d'oro
mercoledì 20 febbraio 2008
Un Appello
Inefficienze, malaffare, corruzione; giorno dopo giorno abbiamo prove sempre più nitide di come permeino la nostra società, ma da questa evidenza sorge anche una esigenza di cambiamento che viene avanti sempre più forte e chiara sia a livello nazionale, che nel nostro più piccolo livello comunale. Questa esigenza la ascoltiamo e la esprimiamo tutti e dappertutto, anche nelle strade e nelle piazze, la leggiamo tutti, anche sui blog e sui siti internet carinolesi, che mai come adesso riportano sempre più spesso, la voce di chi è stanco, estremamente stanco, della situazione in cui stiamo vivendo. Sorge dal basso questa esigenza di cambiamento, di rinnovamento,
questa sensazione di inutilità di gran parte della nostra classe politica, che appare sempre più dedita al perseguimento del bene personale a discapito di quello comune.
Credo sia opportuno, in riferimento alla situazione locale, mettere un attimo da parte le riflessioni sugli schieramenti politici, sui partiti codificati e valutare invece altri elementi. Credo che a livello locale gli schieramenti di campo contino ben poco, contano invece le capacità personali, l'onestà, la volontà di risolvere i problemi, a prescindere dall'appartenenza a questa o a quella formazione. Tantissimi oggi esprimono il desiderio che le persone migliori della nostra società civile, politici e non, si impegnino in prima persona, eventualmente anche in maniera politicamente 'trasversale'. I problemi, le emergenze che abbiamo di fronte sono assai gravi, e non si possono risolvere credo presentando, come se nulla fosse successo, per le prossime elezioni le candidature delle solite persone, le solite degli ultimi decenni, che, qualunque sia stato il loro colore politico, hanno dato vita ad una scialba, inconsistente, inutile e perniciosa parodia della democrazia. Provocatoriamente mi viene da dire che forse avremmo avuto rappresentanti migliori se li avessimo estratti a sorte invece di eleggerli.
In tanti invitiamo con tutto il cuore gli schieramenti in lizza per le prossime comunali a rinnovare e a rinnovarsi, presentando volti nuovi, che abbiano idee nuove e nuove capacità, invitiamo anche nuove forze e ed espressioni della nostra realtà a farsi avanti, perché ne abbiamo tutti bisogno.
Il nostro Comune ha sempre posseduto e possiede risorse umane enormi, che hanno brillato e brillano in tanti campi, professionali, sociali, culturali; la nostra società civile ha espresso ed esprime donne e uomini di grande levatura e capacità. La nostra società civile, la nostra popolazione, frequentemente mortificata da un certo modo piccino e personalistico di fare politica, non merita i rappresentanti che spesso ha avuto, merita molto di meglio. Per questo credo che non si possa ancora andare avanti in questo modo, occorre un cambiamento, un radicale rinnovamento che porti a un salto di qualità nell'amministrazione della nostra comunità.
Jeronimus
L’alpinismo, ovvero: l’arte di arrampicarsi.
Da un po’ di tempo a questa parte, una strana disciplina sportiva è entrata nelle grazie di tutti gli italiani: l’alpinismo. Nessuno sembra immune a questa nuova frenesia e ci si ingegna in tutti i modi per praticare questo sport che, ultimamente, ha raggiunto livelli incredibili. Tutti si attrezzano per scalare la propria vetta, piccola o grande che sia, e si assiste a una corsa all’equipaggiamento adatto che, al confronto, Messner sembra un dilettante.
Anche il nostro Comune ne è rimasto affascinato e ha partorito alla comunità carinolese il suo piccolo alpinista.
Le vette ambite sono tante, ma quelle agognate dai più si trovano tutte sulla stessa catena montuosa e sono tre: la Vetta del Successo, la Vetta del Potere e quella del Denaro. Pochi riescono a raggiungerle o a raggiungerle allo stesso modo, ma moltissimi ci provano. Il risultato dipende non solo dalle singole capacità e abilità o dalle singole aspirazioni, ma anche dagli agganci giusti lungo la salita, la quale può essere veramente molto impervia. Bisogna dirlo: l’ alpinismo non è certo uno sport semplice.
C’ è chi nasce alpinista e chi lo diventa. Chi si accontenta di vette più basse e chi pretende altezze incredibili. Chi pratica l’alpinismo con scioltezza e chi con difficoltà. Chi preferisce andare da solo e chi in cordata. Comunque sia l’arrampicata, si ha sempre bisogno della preparazione giusta e di una buona dose di freddezza o si rischia di precipitare rovinosamente.
L’equipaggiamento, poi, è di fondamentale importanza.
Prima di tutto, l’alpinista deve fornirsi di un paio di scarponi ad hoc: quelli che non scivolano, ma hanno una presa tenace e lo mantengono ben in equilibrio nella sua posizione, qualunque sia la direzione o la forza del vento. In secondo luogo, deve indossare ottime tute che gli conservano il calore del corpo, magari mimetiche, così gli avvoltoi che volteggiano in alto non riescono a vederlo tra le rocce o, tutt’ al più, lo considerano uno di loro e non lo beccano. La picozza, poi, deve essere di quelle belle taglienti, alla Cossiga, e, qualora se ne presentasse la necessità, con essa dare delle decise picconate capaci di scalfire anche le pareti più dure.
Non è mai consigliabile arrampicarsi da soli perché non si può sapere quali ostacoli si incontrano nella salita, ma è sempre preferibile la cordata, meglio se simbiotica, alla Berluska - Fini. Persino un alpinista in gamba come Veltroni, affascinato dalla solitaria, ha dovuto ammettere che la cordata, quella molisana, è più sicura della salita individuale. Le cordate campane, purtroppo, sono sempre un po’ inquinate…anche se molti le preferiscono. A tutti i livelli.
Altri alpinisti esperti come Casini e Mastella si sono invece sganciati dalla cordata e sembrano preferire la solitaria, ma chissà che non ci riservano qualche sorpresa!
Certo, la cordata ha i suoi rischi. E qui entra in ballo la lucidità e la freddezza del capo-cordata: qualora si verificasse un serio inconveniente che metta in pericolo la sua vità, è purtroppo necessario operare un taglio netto alla corda e sacrificare il compagno. Come Mastella insegna, nello zainetto bisogna avere sempre un buon coltello, da usarsi al momento giusto. D’altra parte, la legge della soppravvivenza lo impone: mors tua, vita mea.
Una volta rispettate tutte le precauzioni del caso, anche se con tanta fatica, un buon alpinista riesce sempre ad arrivare in cima… Che soddisfazione allora! Niente conta più: né la fatica che ha fatto per arrampicarsi fin lassù, né la perdita del compagno che ha dovuto sacrificare per continuare ad esistere, tantomeno il pericoloso spessore di un aggancio che lo ha tirato fino in cima. Niente conta… solo quella meravigliosa sensazione di onnipotenza che lo investe. La vista di ciò che si estende sotto i suoi piedi lo ripaga di tutto. Si inebria di quelle altezze che lo fanno sentire, come Dio, capace di decidere delle sorti degli uomini…
… L’ alpinista nostrano è abbastanza bravo; ha iniziato bene ma poi è diventato un po’ incauto e nella fretta di salire non si è reso conto che a tali altezze l’ossigeno scarseggia e la mente si annebbia. Rischia di cadere malamente!
Non si è neanche reso conto che l’ossigeno ha iniziato a scarseggiare già da un bel po’ e gli ha fatto sbagliare strada… Ma guarda un po’ che peccato! Invece della Vetta del Potere, si è ritrovato sulla Vetta della Stronzaggine!...Ora, come farà ad aiutare i suoi compaesani.
domenica 17 febbraio 2008
Il gioco della memoria breve
Non capivo l’accanimento di Beppe Grillo e altri sulla cosiddetta “Casta dei Giornali”, fino a stamattina quando, leggendo il corriere.it, non mi trovo davanti questo articolo (disponibile anche qui). Un articolo ironico, scritto nemmeno tanto bene, nel quale si mette in rilievo il contrasto della volonta’ della lista di Veltroni di rappresentare la “novita’” quando invece sta inserendo figli e nipoti di cognomi “eccellenti”.
L’autrice del pezzo si chiama Maria Laura Rodota’… un cognome che, non so perche’ mi suonava familiare, e allora mi sono fatto un giro per vedere chi e’.
Alla fine l’ho trovata. Ebbene si, e’ la figlia dell’ Ex presidente dell'Autorita' Garante per la protezione dei Dati Personali, Stefano Rodota'. Tra l’altro una delle poche “raccomandate e fiere di esserlo”, cosi’ come dice lei stessa in questa intervista.
Allora mi sono chiesto: con quale coraggio una “figlia di….” Ha il coraggio di scrivere un pezzo criticando la scelta nelle liste politiche di “figli di…”?
Sara’ che anche lei ha capito il meccanismo della “memoria breve” degli italiani? Lo stesso meccanismo che fa dichiarare a Casini che Berlusconi e’ un “populista”, (qui), quando fino a ieri stava contrattando per infilarsi anche lui nella sua lista e quando gli ha sempre leccato i piedi dentro e fuori dal parlamento? O lo stesso che che fa urlare a Bertinotti e colleghi, “Compagni!!” nelle piazze, e allo stesso momento eliminare (senza che nessuno dei giornali ne faccia un articolo) la falce e martello dal simbolo della nuova lista? O lo stesso gioco che fa si che Berlusconi prometta le stesse ed identiche cose di 7 anni fa, addirittura accennando a rinnovare il contratto con gli italiani dalla scrivania di ciliegio del servo compiacente Vespa?
Ci sono svariate centinaia di esempi dell’esistenza di questo meccanismo, ma non serve stare davanti alla tv o internet per dimostrarlo. Basta scendere in strada:
A Carinola in questi anni ne abbiamo viste di cotte e di crude: sversatoi dichiarati legittimi dal sindaco e poi sequestrati dai Carabinieri, strane apparizioni di cartelli pubblicitari sull’affitto di appartamenti in palazzi in costruzione quando nessun piano regolatore e’ nemmeno stato pensato, individuazione di discariche con responsabilita’ interne piu’ che evidenti, dichiarazioni di assessori subito ritirate, demagogia quotidiana e mille altre cose ancora . Ma ora tutto tace… ci sono cose piu’ importanti da fare: gli accordi, gli inciuci, i conteggi dei voti, i candidati con la famiglia grossa, questo e’ mio questo e’ tuo, questo e’ nostro quello e’ contro… a questo si riduce la politica carinolese, prima delle elezioni, quando invece sarebbe il momento ideale per una catarsi e una memoria collettiva che aiuterebbe a capire dove si e’ sbagliato, e magari a migliorare.
Sono andato un po’ oltre: quello che volevo chiedere ai visitatori era semplicemente questo: non dimenticate, ne’ le cose buone ne’ quelle cattive, e votate in base a quello che e’ stato fatto e non fatto, perche’ il voto per amicizia e per interesse, alla lunga, sotterrera’ anche voi (e per essere sotterrati ora dovete pagare la tangente). Per cui vi invito a scrivere tutto quello che, a vostro avviso, e’ degno di essere ricordato di questi ultimi 5 anni ( se poi il gioco della memoria breve per voi non funziona si puo’ andare ancora piu’ lontano!)
toraskam
venerdì 15 febbraio 2008
Arrivederci Giovanni
Ormai ci si vedeva di rado e solo d’estate, ma era sempre una gioia ritrovarsi e ricordare i tempi passati sui banchi di scuola. Come quando ci sfidammo a chi sopportava meglio il dolore pungendoci con dei pezzi di legno appuntiti e lui esclamò: “ma comme fai a n’alluccà? ‘nte fai male?”. O come quando ci incontrammo per strada sulle nostre bici identiche anche nel colore, io sulla mia nuova di zecca e lui sulla sua già più vecchia, e chiese: “E’una Mammoletta?” “No, una Derby” risposi io e, ridendo, ci mettemmo a gareggiare sulla strada libera.
Era buono Giovanni. Discreto. Serio e responsabile come un adulto già da allora. Come può esserlo un bambino che proviene da una famiglia dove si lavora sodo per vivere e c’è poco tempo per giocare.
Una famiglia solida, con valori solidi alle spalle. Una bella famiglia d’altri tempi, dove il rispetto e l’amore reciproco sono al primo posto. E lui amava la sua famiglia, i suoi genitori, i suoi quattro fratelli. Non perdeva occasione per ritornare tra di loro, ritrovare i nipoti, i cugini, gli zii, gli amici e guardare le sue montagne. Anche se era partito così giovane per farsi una vita altrove, non aveva mai dimenticato le sue radici e ad esse tornava ogni volta che poteva, quasi a rinfrescarsi di quell’aria in cui era nato.
Oggi sento dalla televisione che era generoso, disponibile, amato da tutti, capace: un professionista serio. Be’, non mi sorprende. Giovanni era tutto questo. Lo ricordo bene, anche se la vita ci ha portato su strade diverse, in luoghi diversi. Non sapevo neppure che si trovasse in missione in Afganistan e proprio per questo la notizia mi ha sconvolto ancora di più. Una parte di me che se ne va. E’ difficile da digerire una cosa così.
Casanova ha perso uno dei suoi figli migliori. L’intero Comune di Carinola ha perso uno dei suoi figli migliori che anche nella morte ha saputo essere generoso, come sempre, regalando alla Nazione la vita e al suo Comune la gloria.
Come si fa a dimenticarti, amico?
Arrivederci Giovanni. Non ti dimenticheremo.
Un compagno di scuola
martedì 12 febbraio 2008
La miniera d'oro del conte Biasox: I Sepolcri
IL CONTE DEL GRILLO
giovedì 7 febbraio 2008
La Fame
Napoli, 26 X 2007. Terrazzo
Una tale confusione nella mente- ma forse più dell’animo- lo sospende in una solida attesa, muta ovviamente. Una nebbia, oramai risaputa, sta per prendere il completo controllo di Riccardo, di parecchie funzioni-azioni, è quasi ovunque , e sa che sarà difficile rifiutarla. Non gli resta altro da fare che aspettare che si dissolva. Ora però avverte di non poter parlare. Che cosa lo divora, sono le sue emozioni che bollono, insidiate da serpi vivaci, in uno stagno di lacrime. Insieme a queste - o meglio, in questo preciso momento in un abisso non troppo lontano- respirano, agitandosi affannosamente, cavalli silvani. Fuma come un dannato e beve vino rosso affacciato sul mondo. Avete capito bene, certo, affacciato, non affamato.
Dopo circa un minuto, accende una sigaretta…
Fame. Si, Fame, mille volte dovrà urlarlo. Fame vergine: primitiva condizione dell’uomo, inesprimibile ossessione, che quando si manifesta del tutto naturale può renderci leggerissimi, ci sprofonda in un attimo, di cui non ne abbiamo coscienza, nello spirito del tempo.Un morso di serpente. Un morso verace. Un piede nel fango. Una bocca desiderata da occhi pendenti da lacci lunari. Che cos’è dunque la fame? E se è, cos’altro è? Dimentichiamo il bisogno strettamente biologico. Trascuriamolo, per un momento. La fame nasconde e riserva qualcosa di più profondo, di primigenio. L’assoluto. La fame, quante volte l’ho detto, invecchia e muore con noi. E prima ancora vive con noi. La fame muore con noi?La fame non deve necessariamente morire con noi. Probabilmente noi potremo dover farvi i conti anche dopo che siamo, come si dice, trapassati. Oppure è ancora possibile che noi non saremo più interessati dal fenomeno “fame”, e che sia tutta una questione fra lei e la morte. Quanta fame hanno, ed hanno avuto, gli uomini fino ad arrivare ad ora, ai giorni nostri? Fame nobile e indegna, passeggera, vigorosa, fame di gloria, di peccato, di verità, di vizi, di giustizia, fame di vino e di donne.Fame di vita e d’amore. Fame di morte. Tutto questo si è ripetuto in maniera necessariamente ciclica fino ai nostri giorni, così sciatti in quanto troppo liberi, spesso indecisi tra pesce o carne, giorni marroni, e di tanto in tanto poco inattesi, notturni. Una fame che spesso da’ , ad un primo sguardo, un’impressione di salute, di rigoglio. Delle volte è effettivamente così, ma poi vi si possono scoprire, scavando meglio, radici profondissime maledettamente malate di superbia, di paura. Fame Impura. Il quadro non è certo da apocalisse, da inizio della fine del mondo; tuttavia ancora facciamo fatica a resistere ad una fame malsana . Mi si potrebbe facilmente accusare- come taluni a volte fanno quando si trovano impossibilitati a rispondere, o annoiati da simili argomenti- di qualunquismo, di generalizzare, di tendenza alla globalizzazione, di sommarietà di contenuti. No? Probabilmente nel mondo l’ inganno ha sempre troppo fame rispetto alla verità.In certi casi si sfamano entrambi. E’ questa la crisi che sprigiona vapori diversi, mischiati.
Misero Gaudio
Con infamia e senza lode
Sono sconvolto dall’ipocrisia che ogni giorno sti pezzi di m£%d@ ci buttano addosso.
Sono stufo che nel momento in cui sti b@$tard* fanno le loro porcate tutti infuriati invochiamo la gogna e poi, lentamente ci limitiamo a grugnire silenti.
Il problema che sti quattro ladri se ne sono presa davvero troppa della nostra vita, hanno tolto l’identità di un popolo ritagliandoci e cucendoci addosso la fisionomia di una qualsiasi e degradata periferia napoletana. Un territorio pieno di sole, natura, storia, arte ridotto ad un piatto appetitoso per pochi. I ragazzi vogliono vivere noiosamente in pace vogliono fare teatro fare musica dipingere stare bene invece i ragazzi caleni in questo schifo sono diventati semplici ultras della curva A. Basiliche medievali, conventi unici, costruzioni romane, non contano perché sono cultura e la cultura è per gli effeminati morti di fame mentre il cemento gli appalti alle ditte cammorristiche la munnezza si che sono cose da non perdere. Solo profitto, questo siete voi, ma non un profitto sano o ridimensionatamente disonesto, solo soldi e potere per sentirsi meglio di chi invece ha fatto sacrifici per niente. La logica del potere è la logica della merda. Fate schifo: ancor di più fanno schifo chi vi continua a pendere dai vostri favori. Anzi no queste persone sono brava gente che per situazioni particolari sono costrette a seguirvi i peggiori sono invece quelli che per cinquanta euro chiudono gli occhi e vi regalano il culo. Il mio non è uno sfogo ma una sveglia aprite gli occhi gente non facciamoci togliere la dignità oltre all’identità già buttata nello schifo dei loro interessi.
JaKulazione feroce
mercoledì 6 febbraio 2008
La tela di Penelope di Calenum
Il Conte del Grillo
martedì 5 febbraio 2008
Ovvio ma terribile
lunedì 4 febbraio 2008
La Grotta dei Briganti e il Ponte Romano: quando la storia ha il sapore di leggenda.
Qualche giorno fa, alcuni di voi hanno mostrato grande interesse per la Grotta dei Briganti e per il Ponte Romano, erroneamente definito etrusco, situati a poca distanza l’una dall’altro nelle campagne di Casanova. Ebbene, per chi è interessato a questi luoghi è giusto abbia le informazioni corrette.
La Grotta dei Briganti non è una vera grotta, ma è in realtà la bocca d’uscita di un lunghissimo budello sotterraneo per il deflusso delle acque piovane che, insinuandosi nella Grotta di Santa Venere circa 500 metri più su, defluivano nel canale in cui si trova la grotta.
Se infatti osservate bene, noterete che la grotta ha la sua apertura in un canale il quale, fiancheggiando l’attuale casa del prof. Daniele, convogliava le acque nel Rio Malerba. Certo, oggi le cose sono un po’ cambiate, ma tutto è ancora lì. Se poi osservate ancora meglio l’interno della grotta, noterete che la conformazione della stessa è quasi a triangolo: la base più ampia e la volta più stretta. Questa conformazione è propria delle gallerie scavate dalle acque nel corso dei millenni per farsi strada verso un’ uscita.
La storia vera e propria, da cui la grotta prese quel nome così affascinante, risale al settecento, al periodo in cui scorrazzava nelle vostre campagne il famigerato brigante Michele Pezza, meglio conosciuto come Fra’ Diavolo.
Fra’ Diavolo imperversava sul confine tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio e non risparmiava i vostri luoghi che, essendo così vicini al Real Cammino (l’ Appia) su cui praticava le sue imboscate, gli offrivano un’ ottima via di fuga. Fu proprio lui a scoprire l’esistenza di quel budello sotterraneo e ad usarlo per i suoi attacchi o per le sue ritirate. Insieme alla sua banda, compariva e scompariva all’ improvviso nelle vostre campagne e nessuno sapeva da dove fosse spuntato o che fine avesse fatto. Poi qualcuno notò i suoi movimenti e così si iniziò a chiamare quel budello Grotta dei Briganti. Queste informazioni erano ben conosciute dai vostri trisavoli e bisnonni, peccato che non le hanno mai tramandate abbastanza e sono andate perse.
Durante l’ultima guerra, la grotta fu usata dai vostri parenti come nascondiglio quando cadevano le bombe o quando i tedeschi rastrellavano il paese in cerca degli uomini. Qualcuno vi praticò anche un’uscita laterale di sicurezza da usarsi in caso di bisogno, ma purtroppo la grotta fu anche murata verso il fondo. Oggi non è possibile esplorarla più di tanto perché, ad un certo punto, ci si trova di fronte un muro di blocchi di tufo che impedisce di andare oltre. Peccato! Sarebbe stato bello esplorarla, magari con degli speleologi, e ritrovarsi a Santa Venere! Una bella metropolitana naturale d’altri tempi!
Il Ponte Romano a schiena d’asino, situato anch’esso sullo stesso canale, è la conferma che in quel luogo scorreva acqua. Il ponte univa e unisce appezzamenti di terreno, ma non viene più usato perché altri sentieri vengono praticati. Dovreste però tenerlo più pulito e curato o rischiate di perdere questa bella testimonianza del passato!
Da quel ponte, a metà ottocento, capitombolò don Tommaso Mazzucchi col suo cavallo. Inseguito dai briganti (più recenti questa volta, forse la banda di Francesco Tommasino), i quali volevano prenderlo in ostaggio per chiedere un riscatto, don Tommaso si diede a galoppare a rompicollo attraverso i terreni per non farsi prendere e, passando a tutta velocità sullo stretto ponte romano, cadde giù insieme al suo cavallo. Non potendo trascinarlo via, i briganti lo abbandonarono a se stesso. A ricordo di quell’avventura, don Tommaso zoppicò per tutta la vita.
Il fascino della storia! Purtroppo non ho documenti scritti da mostrarvi; tutto è però verificabile in loco. Mi affido anche ai commenti di chi ha altre notizie sulla grotta e sul ponte così si potrà ampliare questa pagina di storia così suggestiva e affascinante.
Alla prossima pagina.
CLIO
martedì 29 gennaio 2008
Nobiltà Borghesia e......
Qualche decina di anni fa, non secoli, nel comune di Carinola vivevano numerose famiglie che si fregiavano del titolo di “don” o “donna” a seconda del sesso. Queste famiglie oltre a detenere il potere economico, logicamente non in egual misura, detenevano anche il potere politico. Tale potere veniva esercitato con tutti i difetti moderni del sottogoverno, o peggio. Il posto sul Comune di impiegato veniva assegnato al parente, i posti più umili agli altri. La maggioranza dei cittadini che per censo non appartenevano alla casta criticavano e biasimavano tale sistema ma lo accettavano molto più di oggi. La casta di allora, tra tantissimi difetti, da giudicare però nel contesto dei tempi, aveva un grandissimo pregio: il decoro. Era obbligatorio il comportamento decoroso nell’azione amministrativa in tutte le sue fasi. Era un obbligo associato a quello dell’onestà a cui nessun amministratore si sottraeva. A quella stagione seguì quella della borghesia che con il boom economico si moltiplicò a dismisura: avvocati, notai, medici, imprenditori ecc. Questa nuova casta logicamente oltre al potere economico si impossessò anche di quello politico. Il potere veniva esercitato per la parte negativa allo stesso modo delle caste precedenti con una forte attenuazione dei concetti di etica,decoro e onestà. In quel periodo tutto il popolo partecipava all’azione amministrativa esercitando un controllo pressante su di essa. Nel consesso comunale era sempre presente la rappresentanza della vecchia classe politica, anche se in misura minoritaria che assicurava un minimo rispetto dei principi morali. Dopo la stagione dei professori , di cui Prodi è l’ultimo esemplare rimasto, abbiamo la stagione degli attori: Berlusconi, D’Alema, Casini, Fini, Bertinotti. ecc. a Roma mentre a Carinola abbiamo: Di Biasio, Mannillo ecc. Per questi l’etica, il decoro sono termini sconosciuti, l’unica dote da ostentare è la faccia tosta e il sorriso beffardo a 35 denti. Con questa classe politica i principi di etica e decoro, per non parlare di altro, già attenuati prima che arrivassero loro, sono quasi spariti, non ci si preoccupa nemmeno dei più elementari servizi come l’igiene o la raccolta dei rifiuti lasciando gli abitanti a razzolarci dentro per mesi.
Anche in queste amministrazioni sono rimasti i rappresentanti di quelle famiglie che facevano dell’etica e del decoro il loro più grande impegno, preferendo morire di fame per non venire meno ad essi. Nell’amministrazione attuale di Carinola coloro che dovrebbero rappresentare i valori anzidetti dovrebbero essere Mazzucchi e Marrese, non certo Di Biasio che non si sa quali principi ha appreso oltre quello delle sceneggiate e delle pantomime. Soprattutto questi due se fossero rispettosi dei loro avi dovrebbero incalzare il sindaco e costringerlo a trovare una soluzione all’orripilante situazione della montagna di rifiuti che tengono ormai nel giardino di casa. Invece si sono appiattiti sulle posizioni del loro capo omologandosi a lui moralmente e non sanno fare altro che pigolare intorno a lui ripetendo incessantemente "Pascà ma quando lo fai arrivà l’esercito?”