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domenica 3 ottobre 2010

Sognando il prossimo sindaco


Il sognatore di mezza estate ha stimolato, nel sognato,  un interessante elogio del sogno , così, trovandomi nel mio, anch’io ho sognato  ad occhi aperti.  Non  ho sognato un nome ma, complici le letture estive, ho sognato un metodo.

Ho sognato che prima di pensare a CHI dovrà essere il prossimo Sindaco tutti i politici e aspiranti tali si riunivano e pensavano a COSA dovrà fare il prossimo sindaco.
In Base a questo,poi, avrebbero scelto la persona con i requisiti richiesti dal Compito come fa una qualsiasi squadra di calcio, una qualsiasi azienda ed un qualsiasi altra organizzazione che persegue i propri fini legittimi.

Ma come si stabiliscono i requisiti senza essere influenzati dalle persone intorno al tavolo? Come Rawls, nel sogno ho immaginato la “posizione originaria” protetta da un “velo di ignoranza” sul futuro.

Azzerata la memoria il gruppo deve scegliere il suo leader  e, visto che tutti vogliono avere una possibilità hanno iniziato dai requisiti molto astratti e generali i, in modo da non escludere nessuno in principio.  Presumibilmente arriveranno ai questi sei punti:

1. Deve conoscere il territorio ed il suo popolo tanto da proporre soluzioni concrete ai problemi dei cittadini, in modo organico e con qualche stimolo all’orgoglio locale per ridarci speranza nel futuro. Questo programma, tra l’altro sarebbe di non poco aiuto per la vittoria.

2. Deve saper comunicare questa speranza alla squadra ed al popolo. Convincerli che è la cosa giusta. Per questo deve avere quel tanto di personalità ed una storia che gli conferiscono l’autorevolezza  necessaria a dare credibilità al programma.

3. Deve condividere questo programma con una squadra compatta che accetti l’idea della persona giusta al posto giusto. Per ogni ruolo ci vogliono dei requisiti. L’equilibrio tra le capacità ed i voti è un grande compito che deve saper gestire.

4.  Deve gestire il quotidiano senza mai perdere di vista gli obiettivi perché troppo spesso l’urgente distrugge l’importante. Coordinare e stimolare i vari assessori come un buon allenatore i suoi giocatori.

5. Deve avere la capacità di controllo per capire se si stanno raggiungendo gli obiettivi o se bisogna cambiare qualcosa. Un controllo della spesa sufficiente a garantire le risorse dove servono eliminando gli sprechi.

6. Deve, infine rappresentare l’orgoglio della sua terra in tutte le occasioni ufficiali e non con proprietà di linguaggio e, soprattutto con autorevolezza e concretezza del discorso.
Naturalmente non li ho inventati, e qualcuno potrà riconoscerne la provenienza, ma solo riformulati allo scopo. 

Se diamo un punteggio da 0 a 10 per ogni punto, si che il massimo sia 60,  la sufficienza sarà 36. Conviene stabilire anche che non deve esserci insufficienza netta ( meno di 4) su nessun punto.
Stabiliti questi requisiti, i convenuti , che erano  gli attuali politici Carinolesi hanno cominciato a darsi i voti.

Purtroppo non  sono arrivato a sognare il risultato.
Voi che voti gli dareste?



sabato 2 ottobre 2010

Le beffe della vita

Non aveva voglia di andare a dormire quella notte. Sentiva di poter correre per il mondo con la forza di un leone, di non aver più bisogno di dormire, o di mangiare. Camminare, parlare, ridere, piangere, volare lontano verso l’imperscrutabile profondità del destino fino a che non faccesse giorno. Sognava di vivere per sempre, ma come se quello fosse l’ultimo giorno. Si, in quel momento, Roberto era assolutamente consapevole di quanto fosse sacra la vita. A quanti di voi non è successo di sentire questa stessa sensazione? Magari quando avete per caso fatto un bell’incontro con una persona, oppure quando dinanzi ad un buon raccolto vi siete sorpresi a sorridere, o ancora restando impalati di fronte al  silenzio degli alberi. Oppure quando avete amato, stretti in un letto malsicuro e delizioso,  morendo tra le braccia calde dell’amante.
Ora però strada facendo, ripensava alla sera prima, alla baruffa scoppiata nemmeno ad inizio serata con quel solito coglione, alla barba fatta per scommessa al piccolo Luciano, ai quartaroni vinti a tre sette. Si era divertito assai, ma quando poteva continuare questa vita? Intanto le gambe sembra che non conoscessero altre strade se non quella della goliardaggine pura. Roberto ora era arrivato ad una piazzetta a quasi mezzo miglio dal centro della città, dove la notte si perdeva dentro quelle fumose locande che ben conosceva, zeppe di mignotte, cariche di vino. Lì dentro non si parlava di politica, non si litigava che per cose da niente, e poi si ritornava a bere insieme. Ma ora era arrivato. La porta era chiusa, ma da dentro veniva il solito baccano. Che fosse una burla? Perchè continuava a bussare e non si decidevano ad aprirgli? Si abbassò e si mise a guardare dal buco della chiave. Fece il suo ingresso dal cesso con i piedi ben piantati a terra, uno strano personaggio, che disse qualcosa alla formosa locandiera, la quale ammiccò a sua volta. La sala era uno spettacolo. Ora il vecchio Mario, ubriaco da vent’anni lì dentro, pare stesse guardando proprio verso la porta, dove l’occhio di Roberto mirava rapito la visione dell’allegra  festa in corso. Ma Mario era troppo ubriaco per parlare. Non era uno scherzo, erano tutti ubriachi e si erano chiusi dentro, per festeggiare fino a morire la festa di San Crisostomo. Che cosa poteva fare? Continuò a bussare forte, fino a quando qualcuno aprì la porta. La musica si fermò, tutti uscirono fuori, e quando lo riconobbero scoppiarono dal ridere vedendolo sobrio e ad uno ad uno cominciarono a pisciargli addosso. Anche le donne gli pisciavano addosso. Gli pisciavano dappertutto, anche in bocca e credette di berne molta, fino a quando stava per affogare e glup-glu glu –glup-gll gllu. Si svegliò e si pisciò addosso. Era un brutto sogno, cominciato bene.
Non c’è nessuna morale in questa storia, se non quella che non c’è nessuna differenza tra credere di vivere o credere di sognare. Infatti, come si è visto, la pisciata alla fine è meravigliosamente apparsa tra le lenzuola. In quel momento Roberto ha capito quanto la vita fosse una beffa.
Mimì

martedì 28 settembre 2010

XI festa della vendemmia

Dopo l'anno sabbatico a Casale di Carinola è tornata la festa della vendemmia. L'anno sabbatico fu voluto dal comitato organizzatore ufficialmente per prendere un anno di meditazione, ufficiosamente per dissidi sorti tra i membri del comitato. 
Ci furono tante critiche e polemiche ma tutte tese a migliorare sempre più la manifestazione - Dimostrazione che, quando le critiche sono costruttive, sono accettate e sono anche utili. L'anno di riposo è servito per far tornare una festa rinnovata ma sempre nel solco del primo impianto. Il filo conduttore della festa è stato  sempre quello della partecipazione popolare, come voluto da chi la ideò dodici anni fa. In questa edizione sono stati eliminati gli interventi tecnici per rendere la festa ancora più vicina al popolo. Alcuni non hanno gradito questa variazione sostenendo che la scienza ufficiale si deve sempre ascoltare anche in enologia. Come per l'olio anche per il vino ascoltare i professionisti è sempre utile e si può sempre mettere in pratica qualche loro prezioso consiglio. In effetti si nota in giro una accresciuta cultura enologica grazie ai vari convegni ed anche ad internet che molti aspiranti cantinieri consultano con frequenza ed attenzione. Conseguenza logica, il notevole aumento di ottimi prodotti enologici che vengono anche commerciati con discreto successo di quantità e prezzo.
Anche la viticultura che era stata abbandonata per la frutticoltura ha avuto un rilancio notevole con l'impianto di nuovi vigneti sia per uso familiare che a scopo commerciale. Sono state realizzate parecchie cantine ed altre sono in progettazione, anche se si sente la mancanza di una cantina sociale. Una cantina sociale è vitale per sostenere l'attività enologica di un territorio in quanto serve a propagandare il prodotto in aree più vaste d'Italia ed anche oltre confine. Sono discorsi fatti e rifatti da tanti, ma la parola cooperazione a Carinola come in tutto il sud resta tabù. 

Tornando alla nostra festa, si è notato un afflusso enorme di visitatori che a qualcuno sono sembrati meno dell'ultima edizione. Si è avuta questa impressione per due motivi, perchè sono arrivati gradualmente e perchè forse se ne aspettavano molti di più. Si è capito dai tanti cartoni di bicchieri restati invenduti che gli arrivi erano stati previsti con cifre con qualche zero in più. A parte qualche piccola e normalissima pecca l'organizzazione ha funzionato in modo militare come ordine ed efficienza sia nella somministrazione del vino che delle pietanze senza dimenticare i quintali di caldarroste preparate da veri professionisti del settore. Non si può non dedicare un pensiero particolare alle signore di Casale che hanno preparato ogni ben di Dio fondendo insieme impegno, bravura ed esperienza. Tanti primi piatti introvabili nei ristoranti e se anche fosse certamente non della stessa squisitezza.Tante verdure cotte nei modi più impensati ma tutte alla fine di un gusto sopraffino da sembrare secondi piatti. Non si può dimenticare i formaggi di ogni tipo e stagionatura con le immancabili mozzarelle che sembravano occhietti furbetti che ti guardavano nascoste sul tavolo. Un pensiero particolare ai dolci, tanti dolci, buonissimi dolci. Non li si può descrivere tutti perchè ormai la globalizzazione è arrivate anche nell'arte culinaria ed in particolare nella pasticceria. Elencarli tutti è impossibile ma su tutti troneggiavano le crostate con la  marmellata di ciliegie locali ed i "guanti" insieme ai panettoni che sembravano volessero scoppiare da un momento all'altro tanto erano ben lievitati. 
Chi legge non abbia l'impressione che quanto scritto sia l'elenco di tutto quanto offerto ai visitatori o parte perchè per descrivere tutto ci vorrebbero parecchie pagine. Ma su tutto quello che ha colpito di più come sempre, è la generosità delle signore di Casale con il loro insistente "prendi questo, prendi quest'altro" sommergendoti sotto un piatto di leccornie che a stento riesci a reggere in mano. Bellissima serata anche se rovinata sul tardi della pioggia. Bellissima per lo stomaco  perchè non è facile consumare tante leccornie tutte insieme e quasi gratis e per lo spirito di trovarsi in mezzo a contatto con delle persone che sprizzano dai loro sorrisi tanti buoni sentimenti. Di questi tempi non ditemi che è poco.  

Zufolo

lunedì 27 settembre 2010

Le 10 strategie della manipolazione mediatica

Il linguista Noam Chomsky ha elaborato la lista delle “10 Strategie della Manipolazione” attraverso i mass media.

1 - La strategia della distrazione. L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2 - Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema - reazione - soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3 - La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.

4 - La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.

5 - Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

6 - Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l'emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell'analisi razionale e, infine, del senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti….

7 - Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori" (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

8 - Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti...

9 - Rafforzare il senso di colpa. Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di depressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!

10 - Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.

Noam Chomsky

venerdì 24 settembre 2010

Il Savone: un padre molto trascurato

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Come più volte ho ribadito nei miei articoli, la conoscenza del territorio aiuta a rispettarlo, proteggerlo, valorizzarlo ed amarlo.
In questo particolare pezzo, desidero occuparmi brevemente del Savone, il piccolo  corso d’acqua che attraversa il carinolese e che nell’antichità ricopriva un ruolo fondamentale. Altri avvenimenti storici saranno solo accennati. I pignoli del ramo che pensano di leggere un trattato storico completo resteranno delusi, tuttavia sarà ben accetto chiunque voglia offrire i propri contributi conoscitivi per la gioia dei lettori.

 *****
La parola “Falerno”, che nell’antichità denominava il nostro territorio, diventato famoso per quell’ottimo vino esportato in tutto il mondo classico, potrebbe essere di origine italica o etrusca. Deriva probabilmente da Faler, il nome dato dagli antichi a quel placido e piccolo fiume che i Romani chiamarono poi Savone (Safo)) e che nasce dal vulcano di Roccamonfina, attraversava il distretto di Teano e di Cales, il carinolese in tutta la sua lunghezza, da est a ovest, per finire,  dopo circa 48 km, a sud di Mondragone.
Falerno si chiamò il territorio, Falerno il principale prodotto, il vino, e Falerina o Falerna la tribù di coloni istituita  nel 318 a.C.
Prima che i romani mettessero piede nel nostro territorio, il fertilissimo ager Falernus apparteneva probabilmente all’ etrusca Capua, prospera città, capoluogo dei Campani.
Ma il nostro territorio faceva gola soprattutto ai Sanniti che si sentivano più in diritto di averlo, visto che da sempre abitavano nell’area e per nulla al mondo avrebbero voluto lasciarlo ai romani.  Per loro i romani erano degli intrusi arrivati all’improvviso e per contendersi la supremazia del basso Lazio e della Campania settentrionale, romani e sanniti se le diedero di santa ragione in una delle ben note guerre sannitiche, la prima,  ma solo dopo le battaglie  di Veseris prima e di Trifanum poi, in cui nel 340 a.C. l’esercito romano sconfisse le città della Pentapoli Aurunca e i loro alleati sanniti, Capua fu costretta a  cedere l’ager Falernus ai romani. I poveri sanniti, rotti e mazziati, dovettero mollare definitivamente l’osso e sparire dalla circolazione.
Da questa conquista, i romani ereditarono una florida situazione commerciale. Il Savone, ritenuto dalla maggior parte degli studiosi il confine meridionale dell’ager Falernus e linea di demarcazione tra questo e l’ager Statanus,  era un corso d’acqua navigabile particolarmente vitale, che niente aveva a che fare con la ridotta portata d’acqua di oggi;  una di quelle vie d’acqua che univa la costa alla via interna che collegava la Campania e il Lazio, quella che poi fu la futura via Latina dei romani, pressappoco l’ odierna Casilina.

Il collegamento con la via Latina significò ricchezza e benessere  anche per la zona costiera. Infatti, mentre gli altri distretti ausoni erano entità sociali chiuse su se stesse, i distretti toccati dalla via Latina erano diversi;  il contatto continuo con Capua, le città latine e i loro commerci li rendeva sicuramente più dinamici e vitali. La Cales preromana appariva, infatti, ricchissima proprio grazie a questa importante via interna su cui si svolgevano i commerci, nonostante la vicinanza del mare. Cales non era già più un villaggio, ma una protocittà, che si distaccava  notevolmente dalle consuete forme abitative  degli ausoni.
Alla foce del Savone sorse uno dei santuari italici più arcaici dell’area, Panetelle, a cui questa favorevole posizione giovò moltissimo e lo testimoniano le numerossime statuette votive in esso ritrovate. Il santuario era un probabile luogo di incontro della popolazione dei villaggi dell’area sinuessana.
  Sempre sul Savone, a pochi km da Cales e Teano, a Montanaro, esisteva un altro ricchissimo luogo di culto preromano, poi riutilizzato dai romani, in cui sono stati rinvenuti molti oggetti d’oro. Il tempio risale al VI – V secolo a.C e dai materiali ritrovati in esso si deduce che, oltre ad essere luogo di culto, era anche emporio commerciale frequentato da ausoni, etruschi, latini, greci, sanniti e romani. Più tardi, verso il III secolo a.C., i romani lo ristrutturarono completamente dedicandolo alla dea Demetra.
Probabilmente furono proprio queste vie d’acqua come il Savone  e il contato con l’interno che costituirono un primo approccio di commercializzazione,  tramite porti e scali marittimi, che più tardi si evolse notevolmente con l’istituzione delle colonie. 

Oggi il Savone non può chiamarsi più neanche fiume. E’ un fiumiciattolo  a cui è riservato il destino di tutti i   corsi d’acqua di questi tempi moderni: nasce sano e vitale e muore stanco e malato.
Usato nel recente passato per l’irrigazione dei campi, adesso non lo è neppure per quello.  Eppure non ha perso il suo fascino. Alle sorgenti è ancora bellissimo e offre angoli naturali di suggestiva bellezza con le sue cascatelle e il suo regime torrentizio. Man mano che però procede verso il mare si impregna di veleni, di scarichi di fogne, di canaletti di scolo, diventando esso stesso una fogna a cielo aperto.
Nelle sue acque e lungo le sue sponde si ritrova di tutto: immondizia, rottami, carcasse di animali e gli abitanti dei luoghi che attraversa lo evitano come la peste, non pensando che, se è diventato quella fogna che è, lo si deve solo a noi uomini che non riusciamo a difendere l’eredità del passato.
Invito tutti i sindaci interessati, tra cui quelli di Carinola, Falciano e Francolise, a unire le loro forze per un eventuale  risanamento del territorio che possa ridare dignità a questo corso d’acqua su cui è passata la nostra storia, adottando anche seri provvedimenti affinché non si continui a consumare un simile scempio.

- le foto dell'alto corso del Savone sono state gentilmente concesse dal sig. Oreste De Donato.
- la foto dell'antica Cales è del sig. Dante Caporali.

 Clio
con la consulenza di Minucius Aeterius

mercoledì 22 settembre 2010

Il Villaggio delle Lanterne Zozze

lanterne zozzeTanti anni fa Marco Polo nei suoi lunghi viaggi attraversò la Cina in lungo ed in largo visitandone anche i villaggi più piccoli. Nel suo girovagare aveva sempre notato le allegre lanterne rosse che tutti i locali pubblici e le case di famiglie importanti tenevano accese per tutta la notte. Più numerose e lucenti erano le lanterne tanto più era importante il locale o la famiglia che le esponeva. Marco Polo restò colpito da quello spettacolo che tutte le sere le lanterne davano in tutte le città e villaggi della Cina tanto da annotarlo nei suoi appunti citandole più volte. Pochi conoscono invece il Villaggio delle Lanterne Zozze in quanto le annotò in un diario che non fu pubblicato. 
Allontanatosi dalla capitale per visitare i vari luoghi a lui sconosciuti, girovagando nelle campagne arrivò in un villaggio dove fu copito da un fatto inusitato. Tutte le case erano abbellite con quelle che a lui a prima vista sembrarono le solite lanterne. La stranezza che lo colpì subito fu che erano variopinte e non del solito colore rosso che lui era ormai abituato ad ammirare. Ogni cancello aveva appese tante lanterne di vario colore di numero variabile ma in proporzione alla grandezza dell'abitato, più grande era il fabbricato più alto era il numero di lanterne appese. Giunto nel corso pricipale gli sembrò veramente un bello spettacolo quella esposizione di tanti orpelli che davano un aspetto festoso al villaggio. Continuando ad addentrarsi nel paese incominciò a rendersi conto che qualcosa non andava. Notò infatti che quelle che lui pensava fossero lanterne non erano appese come di solito ma erano attaccate in modo disordinato sui cancelli ed ai muri in modo scomposto. Si fermò per osservare meglio e giunto a pochi metri si rese conto del suo abbaglio per cui esclamò" ho scambiato monnezze per lanterne" Incuriosito chiese ad un indigeno cosa fosse quella novità particolarmente suggestiva ma anche molto puzzolente. 
Il pover'uomo guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno lo vedesse gli spiegò l'arcano. Il governatore aveva imposto a tutti gli abitanti di esporre i loro rifiuti con l'ordine di rimuoverli solo ogni dieci giorni pena cento frustate e la solita forte multa. Visto lo sbigottimento del suo interlocutore il villico continuò nello spiegargli che in quel modo si metteva in mostra la ricchezza degli abitanti. Gli fece notare le abitazioni delle famiglie più abbienti con tantissimi sacchi mentre quelle dei più poveri erano adornate da un numeo minore. Oltre che a misurare il tenore di vita dei sudditi servono anche a decorare il villaggio che ha un aspetto più allegro. Unica nota stonata è che la tassa per l'asposizione dei rifiuti è altissima e chi non espone nulla viene punito duramente per occultamento di monnezza, reato gravissimo. Marco provò a chiedere come mai non ci fosse una ribellione a quelle angherie provocando la meraviglia dell'interlocutore. Gli disse che nessuno si ribellava anzi tutti avevano accolto la disposizione molto favorevolmente. Tutti fanno a gara per appendere i loro rifiuti ostentando  così la propria ricchezza, alcuni arrivano perfino a rubarli dai vicini per appenderli alle proprie abitazioni. Se gli addetti ai lavori provano a raccoglierli prima dei dieci giorni previsti sono aggrediti e picchiati duramente. Aggiunse che siccome il cacicco locale eletto dal popolo non faceva rispettare fedelmente la disposizione era stato rimosso e sostituito da tre solerti funzionari governativi che avevano ripristinato il rispetto rigoroso della legge. Marco restò alquanto perplesso ma preso atto delle delucidazioni ricevute annotò nel suo diario"oggi ho visitato il villaggio delle lanterne zozze"            
Marco Polo
lanterne zozze

lanterne zozze
lanterne zozze
lanterne zozze

lunedì 20 settembre 2010

Riflessioni di un tamarro

Più marcio e pericoloso del degrado gestionale amministrativo con cui ci confrontiamo quotidianamente, c’è  un degrado ancora più  letale, ovvero quello intellettuale che in questi anni, sempre più forte, sta imperando nei nostri confini. Mi dispiace molto dirlo, ma questo non è più il mio paese. Casanova, così come tutte le frazioni del Comune, stagione dopo stagione,  sembra  diventare un prolungamento di Gomorra. Esatto, proprio la città biblica che in Saviano è diventata una sorta di regno criminale che abbraccia il napoletano fino all’estrema periferia di Caserta.
Credevo che, sfortuna per sfortuna, almeno Casanova, grazie alle sue radici contadine, seguisse alcuni ideali basati sul rispetto reciproco e sulla salvaguardia delle proprie terre, allontanandosi così da quelle dinamiche di vita proprie dell’ impero Gomorra. Oggi, invece, vedo un forte degrado intellettuale che spalanca le porte a mentalità criminali e a modi di vita di una periferia cittadina che, ovviamente, non hanno nulla a che fare con la nostra terra.
Purtroppo, giorno dopo giorno, all’ignoranza genuina di paese  sembra sostituirsi l’ignoranza  della provincia puzzolente di rifiuti. Facendo un giro per tutto il Comune, noto che ci stiamo mutando in una frazione di Casal di Principe piena di giovani cafonamente cattivi.
Essere tamarri non è di per se una cosa negativa se si è legati ad un fare tamarro nostrano, ma vedere giovanissimi con atteggiamenti da ultras è decisamente deprimente. 
Qualche anno fa, ricordo perfettamente che se qualche male intenzionato proveniente da Gomorra voleva fare il bulletto a Casanova, alcuni genuini, ruspanti cafoni nostrani subito lo rispedivano in malo modo al paese d’origine al fine di preservare una sorta di identità casanovesi.  Oggi, invece, avviene il contrario. Infatti se hai il fare da delinquente vieni accolto a braccia aperte con aria di sottomissione.
La mia è solo una riflessione nata dall’osservazione di alcuni atteggiamenti che palesemente si vedono nelle piazze e nei bar del nostro territorio. Tutte cose che mi allontanano sempre di più dal mio paese. Una cosa è certa: che io, all’occasione, sarò sempre un vero e autentico cafone di paese che non perderà tempo a difendere questo mio status rispetto agli abitanti di Gomorra o aspiranti.  

Tamarro di paese

venerdì 17 settembre 2010

Modeste proposte per una buona politica

 Porta aperta al sogno
Qualcuno non avendo sogni più “brillanti” da sognare ha sognato di promuovere la mia candidatura a Sindaco. Da qui una serie di “commenti” via Internet, alcuni dei quali mi sopravalutano (grazie), altri mi sottovalutano (grazie lo stesso).
Li ho letti con un certo imbarazzo, con un po’ di malinconia, un po’ di divertimento, una piccola dose di vanità. Da tutti trapela un certo desiderio, una curiosità di ricevere una risposta. E una risposta la devo, sia per scansare equivoci sia per rispetto verso coloro che la chiedono.
Ma mettendomi a scrivere mi son trovato alla fine con un articolo molto lungo che non oso spedire a nessun  sito.
Pertanto quello che state per leggere è ciò che di quell’articolo è rimasto, dopo tagli e sforbiciate varie. In esso dicevo cosa intendo io per Politica,  da dove partire per una buona politica. Parlavo di alleanze, del senso civico, del principio di responsabilità; parlavo di arte, di passione, di coraggio, di intelligenza, di fantasia (sì), di linguaggi nuovi e convincenti, di energia spirituale e parlavo anche dell’aspetto cinico della politica (che esiste da quando esiste il mondo), dell’aspetto machiavellico che a volte ti costringe perfino a “sporcarti le mani” e dicevo la differenza che passa  tra l’uomo politico di valore e l’uomo politico “scalzacane”. Mi sono autocensurato in quell’articolo nella  parte in cui parlavo del modo di fare politica in questi nostri paesi, dove spesso i voti vengono elemosinati o ricattati o comprati in modo da devastare quel famoso senso civico che sta alla base di un sano consorzio umano. Dove la politica si fa a chi “sgarrupa” di più, dove la si fa creando “cricche” chiuse in lotta con altre cricche altrettanto chiuse ecc.
Poiché non mi è mai piaciuto fare di ogni erba un fascio ritengo che nelle precedenti amministrazioni ci siano stati anche elementi onesti e competenti,ma credo anche che spesso la loro onestà e competenza, vuoi per leggerezza, vuoi per mancanza di idee efficaci, vuoi per falso o egoistico “realismo”, siano state soffocate dalla “forza delle cose” che non hanno saputo dominare. Da ciò la mortificante situazione attuale.

Per quanto concerne le risposte dirette ai molti quesiti che mi hanno posto gli internauti ho dovute eliminarle, causa spazio, ma voglio dare una particolare, paradossale (per il lettore, non per me) risposta ad un quesito postomi da parecchi. (Permettetemi di fare un po’ di poesia.)
Dunque: c’è chi batte il tasto sul fatto che io sia un sognatore, un “poeta” e a suo parere la politica è troppo rude per i sognatori e i poeti,ignorando nella sua realistica ingenuità che la pelle dei sognatori è molto più dura di quella dei cosiddetti realisti.
Per prima offro questo aforisma di Flaiano: chi rifiuta il sogno si masturba con la realtà.
Ed io aggiungo:guai a colui che non sogna.

giardinetti

Sono i sogni che portano energia nella vita, sono i sogni che portano alle grandi  e piccole imprese. Sono i sogni che muovono la Storia, piccola o grande, personale e collettiva. Il grande sogno di Colombo ha portato alla scoperta dell’America,l’apertura di un locale non è altro che il sogno realizzato di qualcuno; piantare una vigna e fare un vino DOC non è altro che un sogno che diventa realtà; il piccolo sogno di qualcuno (ma non poteva farsi i fatti suoi?) spinge me a questo scritto e voi a fare commenti e ciò crea dinamismo sociale, energia dello spirito.
La realtà non è altro che sogno “realizzato”. Naturalmente ci sono sogni egoistici, personali e ci sono i grandi sogni che illuminano parti estese di umanità. Quella “realtà” che non deriva dai sogni è una ben misera realtà. Forse se gli uomini politici “sognassero” un po’ in grande le cose andrebbero meglio.
I HAVE  A DREAM (Io ho un sogno). Bastò questa frase negli anni ’60 del secolo scorso per sconvolgere gli Stati Uniti. Che bello sarebbe se ragazzi e ragazze di questo territorio indossassero una maglietta con la scritta I HAVE A DREAM.  Per testimoniare che sono spiritualmente vivi,dato che chi non ha sogni è come morto.
La realtà più triste è proprio il fatto che da noi non si sogna più o non si sa sognare. Una comunità che non ha sogni è una comunità che scompare, una comunità alla deriva. Ci faccia un pensierino su questo chi vuole fare politica.
Ci facciano un pensierino tutti. Si cerchi di capire del perché in questi luoghi non si ha più nemmeno la forza, il desiderio di sognare.

L’altra notte, alle tre e ventisette, prendo la macchina  e mi faccio un giro per i vari paesi del comune. 
Che spettacolo! Dovunque giravo lo sguardo vedevo “sogni” volteggiare nell’etere. Sogni d’oro, sogni  d’argento, d’amore, sogni politici, sogni economici, sogni intimi, sogni drammatici… tutti però belli.
Si lamentavano, poveretti, piangevano, pregavano perché qualcuno li sognasse. Ne vidi tanti nel cielo sopra Carinola, sopra Casanova, sopra Nocelleto, ovunque, sogni bellissimi, ma tristi perché nessuno li sognava, né ad occhi chiusi, né ad occhi aperti. Al ritorno proprio nel cielo sopra Casale, e precisamente dove c’è l’obbrobrio di asfalto e cemento adibito, tutto, a parcheggio, ti vedo, avvolto in una luce celestiale, questo sogno: ci sono padri e madri seguite dai loro bambini, vi vedo due politici che studiano il luogo, poi vedo negozianti, produttori, il Comitato della Festa della Vendemmia, altra gente. Mi rendo conto che stanno facendo una sottoscrizione; i due politici hanno stabilito con il loro impegno che quell’angolo viene concesso al popolo casalese perchè ne faccia un’oasi per i bimbi. Ed il generoso popolo casalese dove non provvede l’Amministrazione fa da solo. Ed ecco, come avviene nei sogni, quell’angolo  si riempie d’erba, e sull’erba sorgono giochi per bambini, panchine, alberelli. Ed eccoli giocare, i bambini, ed ecco  madri sedute sulle panchine che conversano con altre madri. Un piccolo giardino come si trova dovunque, in ogni parte del mondo, dove i bambini, per chi amministra il territorio, significano qualcosa. Solo dove i bambini non significano niente, solo là non c’è un giardinetto pubblico. Quale gusto, quale senso del bello ha guidato l’artefice di questa mostruosità? Questi sono i politici “pratici”, realisti, quelli che sanno spendere i soldi dei cittadini? Con lo stesso danaro, con un po’ di fantasia, si poteva creare un angolo di bellezza e di utilità per un popolo, invece quel popolo, volontariamente o no, è stato schiaffeggiato, è stato umiliato per mancanza di cultura o  per motivi forse peggiori da parte degli amministratori. Questa è la politica pratica,”realista”?
Ecco, l’ho provato a sognare io quel sogno, ma appartiene alla categoria dei sogni collettivi  e non basta che lo sogni uno soltanto. Devono essere molti a sognarlo perché diventi realtà.
A titolo informativo: i sogni si aggirano nel cielo sopra il nostro Comune solo nelle notti dispari e dopo le tre.
Se volete vederli cercate di non sbagliare. Nelle notti pari girano solo gli incubi.

Casale
Sempre in quell’articolo scrivevo, per mettere ben chiare le carte in tavola, una mia rapida biografia politica da quando avevo i pantaloni corti fino ai duri confusi eccitanti oscuri dolorosi pericolosi anni ’70 e poi ,uscito da quegli anni, fino a quando quello che era stato il mio partito cominciò ad autodistruggersi perdendo man mano la sua essenza ideale per essere poi definitivamente massacrato dalle zampate della magistratura. Vidi con tristezza i suoi elementi, i pochi veri, i molti falsi, disperdersi per tutti i punti cardinali della politica. Io, consideratomi politicamente sconfitto, ma forte comunque di quelle esperienze, mi ritirai, come si dice, a vita privata con i miei libri e i miei alunni. Ed ora vivo con voi in un Paese in pieno disfacimento morale ed economico. Un Paese dove la prima e massima espressione democratica - le elezioni-porta il nome di Porcellum o come l’ha definita colui che l’ha scritta, legge Porcata. Porcata:parola che deriva da porco, luogo in cui si rotolano i maiali nel fango; azione da porci.
E noi cittadini (sudditi), privati di vera democrazia, siamo costretti a dare il nostro voto con una legge che, in qualche modo, ci considera porci.
E nessuno si indigna, nemmeno l’evoluto (?) popolo di internet. Nessuno che grida la propria indignazione scrivendo:
IO NON VOGLIO QUESTA LEGGE CHE MI CONSIDERA UN PORCO E NON UN CITTADINO. IO VOGLIO UNA LEGGE CHE MI PERMETTE DI SCEGLIERE IL MIO PARLAMENTARE.

Sto divagando troppo. Dunque. Devo dare una risposta su una mia eventuale candidatura a Sindaco. E qui  potrei fare un’azione “canagliesca”, il “furbetto”, potrei fare un bel giochetto di tattica politica tale da mettere un po’ in apprensione qualcuno tenendo in sospeso la risposta.
Ma non è da me. La risposta è necessariamente: NO.
Non per i vari motivi evidenziati sul sito (sognatore, mancanza di conoscenza della macchina amministrativa ecc.). Queste son cose sormontabili con un po’ di impegno, un po’ di studio e con la scelta di efficaci collaboratori. Non sono queste le cose più difficili. Le cose difficili riguardano la coscienza, riguardano la visione che si ha del mondo e della vita, riguardano l’AMORE che si ha per questa terra e per il popolo che la abita, riguardano il principio di responsabilità, la capacità di individuare i problemi veri e di risolverli non per proprio tornaconto ma per l’interesse generale, riguardano la cultura, il senso di giustizia, riguardano il senso civico, la produzione di idee originali, e tante altre cose.
Cose che o si possiedono o non si possiedono. E chi non le possiede dovrebbe farsi da parte per il bene di tutti. Chi invece le possiede ha il dovere di farsi avanti. E l’epoca che lo richiede.
Mai come oggi si ha bisogno di uomini di buona volontà. Non è permesso il disinteresse, la pigrizia, l’indifferenza. Siamo in un periodo storico in cui per essere un buon professionista non basta eseguire bene il proprio lavoro, no, deve sentire anche il dovere di dare una percentuale di se stesso alla comunità, deve con altri sentirsi coscienza critica della società cui appartiene. Lo stesso deve fare un padre per  poter essere un buon padre: non può starsene con le mani in mano, indifferente alle cose che accadono intorno lasciando naufragare la comunità e con essa i suoi figli. No. L’indifferentismo, cosa addirittura più grave del delinquentismo, è il male che più disfa la società.
A volte mi chiedo se nel nostro territorio ci siano venti persone, culturalmente mature, evangelicamente sensibili, politicamente preparate,  in grado di costituire un comitato da ergersi a COSCIENZA CRITICA del popolo. Un Comitato che possa dialetticamente intervenire nelle scelte dei politici aiutandoli o criticandoli, costringendoli anche a confrontarsi attraverso assemblee  popolari. Per dare valore ai cittadini, per dare valore alla Politica. I politici in gamba avrebbero tutto da guadagnarci, in ogni aspetto, mentre i politici “scalzacani” e “affaristi” potrebbero essere smascherati nelle loro azioni. Io so che ce ne sono, più di venti, più di cento, anche tra chi già fa politica, di uomini e donne in grado di indirizzare su binari nuovi il corso delle cose. Basta rigenerarsi, basta mutare pelle al  modo di concepire ed affrontare la realtà. Basta sentire il dovere di farlo.


Casanova

So che qualcuno leggendo queste parole mi sta prendendo per un alieno o un antiquato, magari sta  dicendo  (cosa che ho pensato prima di lui) che alle prossime elezioni vedremo le stesse facce e ascolteremo i medesimi discorsi. Dirà che le mie parole sono sole delle parole vuote che si disperdono nel vento. Può darsi, ma io le scrivo lo stesso. Tendo a smuovere un po’ l’aria che respiriamo, aria creata non solo e non tanto dai politici, ma da noi stessi. Naturalmente le colpe dei politici sono più gravi, perché dovrebbero essere di esempio per il popolo.Le scrivo queste parole perché è mio dovere farlo, perché il mio tipo di cultura è dinamico e non statico e ti assicuro ,caro qualcuno, che pur essendo faticoso scriverle (specie con questo caldo) c’è nel farlo una strana misteriosa bellezza che nutre la vita.
Forse potrei anche darle più forza a queste parole, una forza tale da spingere  quel “sognato” Comitato della COSCIENZA CRITICA a fare qualcosa di più incisivo: Una lista civica per le prossime elezioni. Che bella, eccitante campagna elettorale ne verrebbe! Noi faremo i nostri discorsi, suoneremo le nostre campane, esporremo i nostri programmi e ci confronteremo con tutti senza alcun timore.
Una lista così non potrei che appoggiarla. Ci sono una ventina di persone sensibili a questo richiamo? Forse non vinceremo ma ne varrà la pena lo stesso. Sono sicuro che qualcuno di quella lista verrà eletto e potrà far sentire la voce del popolo con un nuovo, necessario accento.
O il Comitato o la lista civica. Importante è entrare in giuoco. E’ doveroso per tutti gli uomini di buona volontà.
Suggerisco (ma si può cambiare se qualcuno suggerisce di meglio) il provvisorio motto:
PER LA RINASCITA DI UN COMUNE DOVE (VOGLIAMO) CI PIACE VIVERE.

Se c’è qualcuno interessato alla partita (uomini, donne, giovani, anziani, politici e non politici) si faccia avanti e studieremo il da farsi.
Io non posso essere il protagonista principale per mille ragioni. Ammesso (e non concesso) che possa avere le doti per una simile carica, mi manca quell’energia fisica, causa l’età, che  mi sarebbe necessaria per una simile impresa. Mi conosco abbastanza da sapere che un tale incarico assorbirebbe tutte le mie forze e mi creerebbe drammatici problemi che a questo punto della vita non potrei sostenere. I miei compiti sono altri, più marginali, ma, prometto, non privi di incisività.
Questo è tutto (anzi non tutto) quello che avevo da dire per il momento.
So che molti sono abituati a sentire un linguaggio che parla alla pancia e non alla testa.
Io credo fermamente che prima bisogna parlare alla testa (e al cuore) perché anche la pancia sia soddisfatta.     
                                                                 
Auguri a tutti
per una buona politica
I HAVE A DREAM
Michele Lepore
                                                                                                                                                                       

giovedì 16 settembre 2010

sotto a chi tocca

Una porta spalancata per i signori del Pdl in Campania, sa di strano. Ma ciò potrebbe valere solamente per qualcuno, per i cosiddetti sognatori di una politica nuova, finalmente libera dall’ombroso metodo-Gomorra. L'obiettivo comunque è quello di informare, ma qualche considerazione amara va fatta. Per molti sarà naturale prepararsi ad accogliere uno come Mario Landolfi, che s'è n'è fottuto altamente del territorio in cui vive, con un’ombra grande come l'occhio di un Ciclope circa la questione giudiziaria della Eco4, politico di prospettiva ma che coi fatti ha poco a che vedere. Meglio farsi tanti, tanti amici. E così il consigliere regionale Massimo Grimaldi, presidente della commissione bilancio, uomo di punta nel casertano nella nuovissima giunta Caldoro, potrebbe ritrovarsi nel partito intrusi che puzzano di savoir faire. Proprio così. Sarà che il partito ha bisogno di rinforzi eccellenti, visto che il presidente del Npsi Gennaro Salvatore ha detto, proprio in questi giorni, sulla stampa, di aver preparato "una tessera onoraria del Nuovo Psi per l’onorevole Coronella, che ci ha simpaticamente suggerito l’idea prima delle vacanze; ne aggiungiamo un’altra per l’onorevole Landolfi, visto il grande interesse dimostrato per il nostro partito”. E’ possibile che siamo noi a sbagliare, in quanto questi politici- a cui aggiungiamo il gran bandito regionale Nicola Cosentino- abbiano fatto tanto per Caserta, ma che solamente non ce ne siamo accorti. Beh di quest'ultimo parlano meglio le inchieste dei Gip, e la sua misera figura quando addirittura non si voleva dimettere da sottosegretario all'economia, pensate un pò. Un bambino a cui levano, d’un tratto, un buon panino da mordere. In ogni modo il punto è un altro: Massimo Grimaldi per molti rappresenta già una speranza per Carinola, altri invece più criticamente aspettano prima che cominci a fare qualcosa di concreto per il Comune, come avviare una nuova stagione politico-amminsitrativa, in termini di sviluppo occupazionale, ambientale e culturale, sfruttando le risorse e le possibilità che la Regione mette a disposizione. Altri semplicemente, sono già scojonati dalle sue parole. In ogni modo nulla ancora è fatto, le adesioni vogliono tempo e calcoli soprattutto.
(L'abitudine, scriveva Oscar Wilde, dalle prigioni di Reading, porta al fallimento. E signori, come Landolfi e Cosentino, di abitudini ne hanno parecchie).



Uncino

martedì 14 settembre 2010

La natura si ribella


Alluvione_0039Dopo qualsiasi disastro ecologico, piangiamo la distruzione di paesi interi e i morti che inevitabilmente non mancano. Sfortunati che pagano le conseguenze del dissennato abuso dell’ambiente naturale che si sono protratti per anni. Tante sono state le tragedie dovute alla negligenza dell’uomo e alla poca attenzione verso l’ambiente, a cominciare da quelle del Polesine a quella di Firenze nel 1966, ma se prima avevamo la scusa di non poter capire e non poter prevedere, ora questa scusa non l’abbiamo più.
Dopo il disastro di Atrani, il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza fa notare che sono i torrenti e i corsi d'acqua minori il tallone d'Achille italiano: "Interventi errati di messa in sicurezza che hanno aumentato il rischio invece di mitigarlo, rettificazioni, intubazioni, abusivismo e mancata manutenzione sono le conseguenze di una gestione del territorio sciagurata, dove la prevenzione rimane troppo spesso un proclama disatteso e l'allarme resta inascoltato fino a quando il rischio si trasforma in tragedia. Il governo continua a parlare di 'grandi opere' inutili mentre, con la finanziaria 2010, ha drasticamente tagliato sulla tutela del territorio e la difesa del suolo, azioni che dovrebbero essere prioritarie e che possono coniugare la sicurezza dei cittadini con il rispetto dell'ambiente. Questa è la vera sfida per rendere davvero moderno il nostro Paese".

Sarno 1998: durante la notte del 5 maggio 1998, a causa delle abbondanti piogge, una valanga di fango si stacca dalla montagna di Pizzo di Alvano e precipita a valle sui comuni di Sarno, Siano, Bracigliano e Quindici alla velocità di 300 m al minuto. Le vittime sono 160, tra cui 137 sono di Sarno. Centinaia gli sfollati e i senza tetto. Tutti i giornali parlano di tragedia annunciata e gli studiosi sanno perfettamente che alla tragedia hanno concorso due elementi: l’incuria dell’uomo e un territorio geologicamente fragile. I comuni interessati a questa tragedia si trovano, infatti, in una stretta piana attraversata dal fiume Sarno, alle pendici del monte Pizzo di Alvano. Il monte è composto da un basamento calcareo ricoperto da uno strato di detriti piroclastici derivati dalla deposizione, nel corso dei secoli, delle polveri delle eruzioni del Vesuvio. I suoli vulcanici non consolidati innescano delle colate di fango che si rivelano essenzialmente distruttive.
I 140 mm di pioggia continua che in 48 ore cadde sul luogo, non avrebbe causato un simile disastro se non fossero state coinvolte delle variabili idrogeologiche ed umane. Le più importanti, citate dal sito meteoscienze sono chiaramente: la presenza di un subtrato permeabile e facilmente erodibile sul monte Pizzo; la costruzione di case e strade alla base di una formazione geologica instabile; la quasi mancanza di alberi sul monte; l’occlusione di tutti i canali naturale di scolo che avrebbero dovuto drenare le acque in discesa dal monte Pizzo.
Ischia 10 novembre 2009: dopo giorni di pioggia insistente, una frana di fango e pietre si stacca dal monte Epomeo e precipita sul porticciuolo di Casamicciola, trascinando a mare decine di auto. Muore una ragazza che era in auto con la mamma. Anche qui non sono stati fatti interventi per la messa in sicurezza di un territorio fragile perché i primi fondi che vengono tagliati da una finanziaria, sono quelli destinati alla difesa del territorio, come lamenta il sindaco.
Atrani 10 settembre 2010: anche qui, dopo una pioggia insistente, un fiume di fango e detriti vari si riversa nel paese a causa del letto di un torrente su cui è costruita una strada. L’angusto alveo sotterraneo del torrente non riesce a contenere la fiumana di fango piena di detriti e tronchi d’albero staccatisi dalla montagna e la strada “scoppia” letteralmente sotto la forza distruttrice della natura. Muore una ragazza il cui corpo non è stato ancora ritrovato.

Casanova di Carinola: ??????..... E’ solo questione di tempo.

Cassandra

sabato 11 settembre 2010

Solidarietà ipocrita

Da più di tre settimane siamo bombardati dai media nazionali e internazionali sulla vicenda di Sakineh.

Come in altri casi simili, ossia quandi si tratta di dare addosso al governo iraniano, si è scatenata la corsa alla solidarietà. Ministri, presidenti della repubblica, giornalisti e gente comune, tutti a manifestare contro “l’atto di barbarie” rappresentato dalla condanna a morte per Sakineh, da tutti chiamata per nome come fosse una celebrità (qualcuno ne conosce il cognome? È Mohammadi Ashtiani per vostra informazione).

Non voglio apparire insensibile ai temi del trattamento delle donne: non lo sono, ma odio la doppiezza dei politici e l’ipocrisia dei nostri mezzi di informazione, che in effetti dovrebbero chiamarsi di disinformazione in quanto ci parlano della vicenda tralasciando alcuni fondamentali particolari. Ci ripetono che la donna è stata condannata per … adulterio!! E poi segue, quasi a bassa voce … per aver organizzato l’omicidio del marito. Bene, diciamolo chiaramente: la donna è stata condannata per concorso in omicidio. Per quanto non si possa essere d’accordo con la sharia islamica, e io non sono d’accordo, va sottolineato che in questo caso l’adulterio è stato considerato un' aggravante del reato principale, ossia l’aver tolto la vita ad un’altra persona. Vogliamo trovare un parallelo nella nostra evoluta società occidentale? Teresa Lewis, in Florida, USA, condannata a morte per un reato analogo. Ci ripetono che è stata condannata a morte per lapidazione, e per agghiacciarci di più ci mostrano immagini di donne che subiscono questa orribile sentenza. Peccato però che quelle immagini siano risalenti al periodo immediatamente successivo alla rivoluzione islamica, negli anni 80. La pratica della lapidazione è infatti in disuso da più di 15 anni, e nel 2002 una moratoria ha vietato tale modalità di esecuzione delle condanne a morte. E’ inoltre dal 2008 è all’esame del Parlamento iraniano la cancellazione della lapidazione dai testi di procedura penale iraniani. Volete un altro parallelo? In Francia, la condanna a morte tramite la ghigliottina è stata abolita ufficialmente solo nel 1981, e in diversi stati degli USA è ancora prevista l’esecuzione tramite fucilazione e impiccagione.

Quali sono gli scopi dei nostri mezzi di informazione? Sono quelli di informare, o di controllarci?

Casi come questo ci fanno rendere conto in maniera lampante quanto ci sia bisogno sempre di una coscienza critica, sospettosa di qualunque fonte di informazione, che metta a confronto le diverse voci e che soprattutto non prenda mai troppo sul serio la voce della folla.

Speak e Span

mercoledì 8 settembre 2010

Cambiare "Insieme per Cambiare"

Dopo alcuni mesi dalla vergognosa fine dell'esperienza amministrativa della giunta Mannillo che capeggiava la lista di maggioranza INSIEME PER CAMBIARE, si leggono ancora manifesti a nome di quella lista. Sembra assurdo che qualcuno, come l'ex sindaco Mannillo, non abbia capito che quell' esperienza è finita e deve essere dimenticata. Tutti hanno preso atto del fallimento di quello che doveva essere un rilancio della vita amministrativa di Carinola. In molti ingenuamente si erano convinti che si potesse veramente cambiare metodo ed obbiettivi  amministrativi affidando tale incarico ad uomini super stagionati e delle più disparate estrazioni politiche.  Parafrasando: un gran premio non vi si può partecipare con macchine datate la cui direzione tecnica è affidata a team di varie case mischiati. Sarà impossibile vincere in quanto nelle gare importanti la Ferrari cercherà di accreditare il proprio nome a discapito della Mac Laren.
Così è successo a Carinola, è stata ideata una squadra formata da socialisti di sinistra, che si possono anche definire comunisti, insieme a socialisti di destra che si possono definire fascisti, insieme a fascisti dichiarati con una spruzzata di ex democratici cristiani. Tutti i più forti insieme per vincere, non certo per cambiare, tantomeno per amministrare. Normale che al primo appuntamento importante, quale le elezioni provinciali e regionali, ci si accapigli per arrivare primi a discapito degli altri. generando in quelli che non sono riusciti  a concretizzare le loro ambizioni il desiderio di vendetta nei confronti dei presunti responsabili. Questo è successo a Carinola ed è inconfutabile che la mancata elezione di Russo al consiglio provinciale ha scatenato la bagarre che è sfociata nella sfiducia al sindaco. Quello che è sembrato un evento straordinario alla luce della disanima della lista che sosteneva il sindaco  è invece un epilogo normale. Il fatto eccezionale è stato che forze così eterogenne siano riuscite a restare insieme per due anni ed in verità amministrando nemmeno tanto male. 

Ora che si incomincia a parlare della composizione della nuova amministazione è necessario innanzitutto ripristinare l'ordine politico nelle varie liste che concorreranno mettendo insieme solo candidati ispirati alla stessa linea politica.  Atto primo: la coppia politica più bella del mondo del momento, ovvero Dilorenzo -Mannillo, devono decidere del loro futuro. Finirla col concubinaggio disastroso che hanno condotto finora e trasformarlo in un rapporto serio ed onesto. In parole semplici o Mannillo diventa fascista o Di Lorenzo comunista. Se nessuno dei due vuole cambiare, come legittimimo loro diritto, allora devono separarsi rientrare nei loro partiti di estrazione e candidarsi in liste opposte. Assolutamente non si deve ripetere l'ammucchiata per il potere rappresentata dalla lista Insieme per Cambiare che una ben orchestrata campagna elettorale ha spacciato per lista innovativa. Le liste in campo devono essere formate nel rispetto dei partiti ispiratori dei candidati per evitare che si ripeta il disastro amministrativo le cui conseguenze si stanno ancora vivendo. Evitare di mettere insieme tanti capibastone con l'unico scopo di creare un  cartello elettorale vincente che difficilmente si trasformerà in un cartello amministrativo vincente sul piano operativo. Auspichiamoci l'impegno di tutti per avere chiarezza nella formazione di liste che siano ispirate all'insegna dell'omogeneità politica  allo scopo di amministrare bene, non solo per coronare personalissime ambizioni di qualche individuo. Solo con la vittoria di una lista di centrosinistra doc o di centro destra  doc si potrà avere un periodo di pace amministrativa. Se al contrario, come sembra, si formeranno liste basate esclusivamente sul conteggio della forza elettorale dei componenti e provenienti dalle più disparate esperienze politiche si continuerà ad essere amministrati dai commissari  prefettizi ad anni alterni.

Geronimo

martedì 7 settembre 2010

I gamberi: il piatto preferito dei carinolesi

Molti politici carinolesi non amano il pesce azzurro che, nel mare, sfreccia in avanti come saetta. E neppure  amano i vari saporitissimi uccellini che volano alto. Amano invece i gamberi, quei piccoli crostacei che sgambettano silenziosi sui fondali marini, a volte in acque scure e un po’ torbide. Buonissimi i gamberi, certo; hanno solo la caratteristica di camminare all’indietro.
Ecco, molti politici carinolesi sono così: amano camminare all’indietro. Quando si fa qualche passo in avanti preferiscono fermarsi e ritornare indietro.
Non sono mai riuscito a capire pienamente il motivo di questo comportamento. A parte l’interesse personale che forse non ha trovato  piena soddisfazione, io penso ci sia gelosia e invidia di fondo verso chi cerca di fare qualche passo in avanti.
E’ un po’ la caratteristica dell’ italiano quella di mettere i bastoni tra le ruote a chi vuole procedere in avanti, invece di spianargli la strada;  perché non sopporta che qualcuno possa essergli in qualche modo superiore. Credo che questo atteggiamento sia  il frutto  di una mediocrità individuale che non si riesce a superare.  L’unica cosa che il mediocre può fare, è nascondersi dietro un alto concetto di se stesso e bloccare chi mediocre non è.
Con questo non intendo spezzare una lancia in favore di chicchessia, ma ho occhi per vedere e un cervello per pensare.
Chi ha messo il Comune tra le mani dei commissari prefettizi, sperando di apportare chissà quale forma di giustizia e  quale miglioramento, si è rivelato un vero gambero, ottuso e  stolto.
La situazione non è affatto migliorata tra le mani dei commissari, ma vecchi e mai risolti problemi sono venuti di nuovo a galla. Ci ritroviamo di nuovo pieni di immondizia perché gli operai della Esogest  hanno incrociato le braccia, visto che non vengono pagati da due mesi. A niente è valsa la riunione di qualche giorno fa che ha visto protagonisti la dott.ssa Ciaramella, i responsabili della Esogest e due sindacalisti che rappresentano gli operai, alcuni dei quali lamentano le cattive condizioni in cui sono costretti a lavorare sul territorio dove non è presente neanche l’ombra di un’isola ecologica..
La litania che si sente anche dai commissari è sempre la stessa: non ci sono soldi. Ma che fine fanno i soldi delle nostre carissime bollette per la TARSU? E’ mai possibile che questi soldi non bastano mai, nemmeno per risolvere UNA situazione, una sola?
Ora, tra cartacce che svolazzano in ogni luogo e  mucchi di sacchetti colmi depositati davanti alle case e nelle piazze, a cui aggiungo l’inciviltà dei giovani nottambuli che lasciano le tracce della loro presenza dovunque, siamo tutti molto felici, per la gioia dei bambini (pochi per fortuna) che, in villa, possono agguantare di tutto, soprattutto bottiglie di birra e lattine taglienti.  
Non si riesce neppure a far spegnere due maledetti riflettori del campetto che da mesi rimangono accesi tutta la notte! Chi lo paga quello spreco di  energia elettrica se non noi con le nostre tasse?
E non è finita qui. La lapide ricordo messa in onore del nostro amico e concittadino Giovanni Pezzulo, caduto in Afghanistan nel 2008, fino a pochi giorni fa era (per ora devo usare il passato) vergognosamente circondata da bidoni dell’immondizia. Quell’aiuola in particolare dovrebbe essere la più curata, un angolo di pace con erbetta e bellissimi fiori messi li ad onorare la memoria di un nostro giovane morto così lontano da casa. E noi, invece di fiori, lo onoriamo con il pattume! E’ veramente vergognoso!
Siamo scesi proprio in basso se i nostri cari caduti li circondiamo di tutto fuorché di fiori! La situazione, chiaramente, non era sfuggita ai familiari che di tutto questo se ne dolgono e lamentano. Il fratello Guido ha pubblicamente fatto sentire la sua voce scrivendo queste accorate parole:

“Mi chiamo Guido Pezzulo e sono il fratello del sottotenente Giovanni Pezzulo, caduto in terra afgana il 13 febbraio 2008. Sono terribilmente amareggiato per una situazione che si è venuta a    creare negli ultimi mesi.
Lo scorso aprile, sotto l’amministrazione Mannillo, è stata posta una targa in onore di Giovanni nella villa comunale di Casanova di Carinola. Ebbene, quella targa che dovrebbe essere circondata da aiuole di fiori è praticamente ricoperta da spazzatura. E visto che questa spazzatura viene tolta una volta a settimana, il nome di mio fratello è praticamente sprofondato nell’immondizia.
Per me e per i miei familiari è davvero doloroso assistere ad una tale scempio. Per mio padre e mia madre è un colpo al cuore passare di lì. Non bastano le lacrime versate per la perdita così tragica di un figlio, devono piangere ancora per la raccolta differenziata. E pensare che quei bidoni, spostati di due-trecento metri, non darebbero alcun fastidio.
Non voglio puntare il dito contro qualcuno, ma faccio appello a chiunque abbia un po’ di senso civico. Ma quei bidoni vanno tolti subito. Altrimenti faremo provvedere affinché la targa venga spostata in un posto lontano dall’immondizia. Perdonate il mio sfogo, ma spero che questa incresciosa situazione venga risolta al più presto. Vi saluto cordialmente”.

Questa è la vergognosa situazione che ci perseguita: incuria, negligenza, inciviltà e regresso. Passi in avanti non se ne vedono nemmeno a cercarli col lanternino. Ora, dopo  un articolo apparso su un giornale locale con la lettera di Guido Pezzulo, almeno l’immondizia intorno alla lapide-memoria è stata tolta.  Ma quanto durerà questa delimitatissima pseudo-pulizia?
Cari politici, sapete cosa vi dico? Cambiate piatto: troppi gamberi possono far male. Ve lo dice chi di cucina se ne intende. E comunque, con voi, ci rivedremo a Filippi!

Gambero Rosso