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lunedì 29 dicembre 2008

Lettera da Albino

Gentile Redazione

Ho letto con interesse il post “Donne per le donne ” e mi complimento per la chiara esposizione, anche se, penso, l’argomento dovrebbe essere ampliato ed approfondito.
L’articolo, nella prima parte, mi ha divertito per l’ironia in esso racchiusa, ma anche è stato motivo di riflessione.
Divertito per come è stato presentato il peccato originale….una veste a cui mai avevo pensato: Eva che “convince” il povero Adamo a dare un morso al succulento frutto, andando contro il volere di Dio, non perché ingannata da Satana con le sembianze del serpente, ma perché mossa dalla curiosità che è poi lo stimolo principale per la conoscenza…. sottintendendo quindi la capacità innata nella donna di riuscire a stimolare la creatività dell’uomo in molti campi.
E questo mi ha portato a riflettere sul peso che tante donne, di cui mai conosceremo il nome, hanno avuto nel campo della ricerca, dell’arte, della religione e, permettetemi, anche in un campo da cui le donne sono sempre state estromesse: la strategia militare. Siamo certi che i vari condottieri che si sono susseguiti nei secoli, non chiedessero un ultimo parere alle rispettive mogli prima di intraprendere una battaglia? Se è vero il detto che dietro un grande personaggio c’è sempre una ancor più grande compagna….io propenderei per questa ipotesi.
La seconda parte del post è per me difficile da commentare, in quanto fa riferimento a una realtà, quella carinolese, a me sconosciuta perché ligure, anche se, purtroppo e da quel che ho letto, non credo si discosti molto dalle realtà esistenti in tutte le regioni italiane. Le discriminazioni verso il “gentil sesso” esistono ovunque, a partire da stipendi più bassi (ad eguale responsabilità) fino ad arrivare ai ricatti veri e propri nell’ambito lavorativo (non credo sia necessario specificare di quali ricatti parlo).
Se poi andiamo a verificare il contributo che la donna dà alla società, ci accorgeremo che, in termini lavorativi, il suo apporto è di molto superiore a quello dell’uomo, in quanto, oltre all’eventuale impiego fuori casa, è occupata anche per i lavori necessari al buon andamento della vita famigliare…marito…figli…tenuta della casa e così via. Anche nel caso della pura casalinga, non possiamo parlare di “vita facile”. Credo che ogni padre (non lo chiamo “capo famiglia” perché ritengo questa definizione assolutamente errata) che si sia trovato anche per una sola settimana a dover svolgere il compito della “casalinga” capisca ciò che intendo dire.
Detto questo, vorrei dire la mia opinione sul resto dell’articolo, dove viene evidenziata la bassa considerazione che viene data al lavoro femminile nell’ambito del territorio carinolese.
Mi permetto di fare un appunto.
Vengono elencate le varie attività dove le donne prestano la loro opera… e m’accorgo che sono presenti in tutti i campi. Si dice anche che esse non sono valorizzate come meriterebbero, ma subito dopo si scrive che “si rassegna facilmente a rimanere più nascosta….”
Una domanda sorge spontanea.
Perché?
Non credo che oggi la donna, sia essa abitante a Carinola oppure in altre città,, non abbia la capacità di far valere i propri meriti e/o diritti. Il livello d’istruzione è pari al “sesso forte” (?) e anche la capacità lavorativa non è assolutamente a lui inferiore. Allora…quale la risposta?
La risposta è in quella frase “si rassegna”. Che brutta parola!
Si fa riferimento anche alla presenza politica dell’unica donna facente parte del Consiglio Comunale, poco valorizzata e ascoltata.
Se così fosse, ma questa è soltanto l’impressione di uno che non vive i problemi carinolesi, la colpa di tutto questo ricade su voi donne, che non sapete o non volete agire in modo da cambiare questo stato di cose. A prescindere dall’idea politica di ognuno, siete voi donne che dovete intervenire presso i vostri rappresentanti e PRETENDERE una più corretta rappresentanza nella vita pubblica e siete sempre voi donne che dovete INTERVENIRE presso i vostri rappresentanti sindacali per cambiare uno stato di cose a voi non favorevoli.
L’articolo fa anche riferimento ad una situazione grave verificatasi lo scorso anno nella vostra città e per la quale le donne si sono impegnate in prima persona, ottenendo risultati positivi.
Il caso viene citato come “vero problema” . Perdonate la mia ignoranza, ma tutto quello a cui fa riferimento l’articolo…non rappresenta un vero problema?.
Io penso di sì.
I problemi esistono finché qualcuno non decide di risolverli. Nel vostro caso esisteranno fino a che voi donne non vi renderete pienamente conto che non siete sussidiarie agli uomini e che avete la capacità e l’intelligenza di fare ciò che gli uomini fanno…e penso anche in modo migliore perché, come viene riportato alla fine del post, avete la mente sgombra da sotterfugi politici e di potere.
In parole semplici…siete ancora oneste e, spero, che lo rimaniate ancora a lungo.
Grazie per la disponibilità a ricevere questo mio commento, anche se non sono vostro concittadino, e auguri per il Nuovo Anno.
Albino 

giovedì 25 dicembre 2008

Il vecchio gigante abbandonato

Mentre gli anni passano, i tempi cambiano, le generazioni nascono e muoiono, lui se ne sta lì muto e silenzioso. Inerme. Come uno spettatore attento che assiste ad uno spettacolo dal suo umile e nascosto angolino.
Quasi dimenticato da tutti.
Così dimenticato che può subire violenze senza che nessuno se ne accorga.
I secoli lo hanno travolto, lo hanno scalfito, invecchiato, deturpato, ma non lo hanno abbattuto.
E lui è sempre lì, superbo ed austero nella sua bellezza che forse non meritiamo, e sembra dire a se stesso: ma quando si ricorderanno veramente di me?
Parlo di quello stupendo monumento che è la Basilica di Foro Claudio a Ventaroli. Un gigante. Non tanto per dimensioni, quanto per grandezza culturale ed architettonica. Una perla dei nostri Beni Culturali ed Ambientali.
La storia, passata con intensità anche nelle nostre contrade, ci ha regalato questa straordinaria opera che risale ai primi secoli della cristianità, a quando la fede semplice e decisa degli uomini era impulso alla costruzione di cattedrali, basiliche, chiese.
Era servita come Episcopio ai primi vescovi carinolesi ed era lì quando arrivò, nel 1087 ca. il vescovo Bernardo che anche lui usò come sua prima sede vescovile. E forse non si chiamava Santa Maria in Foro Claudio né Santa Maria in Valle d’Oro. Non ne abbiamo alcuna certezza.
Se la zona in cui sorge l’Episcopio usufruisce oggi del vincolo archeologico, ciò vuole dire che nell’area esisteva un antico centro abitato abbastanza importante e che l’Episcopio era in una posizione favorevole. La presenza, inoltre, della vasca battesimale posta davanti all’edificio ci rivela anche che questa era la Cattedrale. Una strada, allora molto battuta, la univa all’Appia che portava verso Roma e verso Napoli.
Cosa sia successo nel corso dei secoli e perché l’Episcopio si sia poi ritrovato in quella posizione territoriale così poco felice è strettamente legato alla storia di questo territorio e alla crisi delle configurazioni territoriali precedenti, che sono andate man mano scomparendo.
Non sono però un archeologo né uno storico dell’arte e non voglio addentrarmi in un argomento di cui sono incompetente; quello che invece voglio sottolineare è la condizione di totale marginalità in cui si trova oggi tale importantissimo monumento.
Molto poco viene fatto per la sua valorizzazione, sia da parte dell’Amministrazione Comunale che da parte degli altri Enti educativi presenti sul territorio, ossia la Scuola.
Credo che Amministrazione e Dirigente Scolastico dovrebbero sedersi ad un tavolo ed organizzare una serie di iniziative per la diffusione conoscitiva di questo monumento così importante, non solo per l’arte, ma anche per la lingua italiana.
Quanti studenti carinolesi lo conoscono? Quante classi vanno a visitarlo? Perché non si cerca anche di coinvolgere il vicino Istituto d’Arte di Cascano? Perché non si approntano, come stabilito già da molto tempo, le infrastrutture per agevolare l’accesso all’area?
E’ indispensabile che non solo l’Amministrazione debba essere presente e disponibile, ma anche la Scuola debba assumersi la sua bella parte di responsabilità mettendo gli alunni in condizione di conoscere il loro patrimonio artistico, studiarlo, ricercarlo.
Finché tutti gli Enti formativi non ci si mettono veramente d’impegno per formare e responsabilizzare le nuove generazioni alla conoscenza e all’amore per il territorio, non ci sarà nessun decollo per Carinola.
Continueremo a volare sempre rasoterra.
Babbo Natale


lunedì 22 dicembre 2008

Donne per le donne: per non dimenticare

Quando Dio diede la donna come compagna al primo uomo, forse non si aspettava che sarebbe stata proprio lei la prima ad aprire gli occhi. Quella mela, che per la Chiesa è simbolo di peccato e disubbidienza, ha per noi una valenza molto diversa: quella dello stimolo alla curiosità, alla conoscenza e all’azione. Peccato che in quasi tutte le culture sia stata trasmesso solo l’aspetto religiosamente negativo della donna che l’ha relegata in una posizione di sudditanza rispetto all’uomo.
A noi piace pensare che, per secoli, l’uomo si sia preso la rivincita sulla donna, che sapeva più capace e più intraprendente di lui, semplicemente schiacciandola con la sua forza. E, purtroppo, in molti luoghi ancora avviene.
Nella cultura carinolese, per fortuna, non è più così, ma non è ancora colì. La donna tuttora subisce le piccole discriminazioni, volontarie o involontarie, dell’essere donna.
Nel nostro Comune, essa non trova gli spazi adeguati che competono le sue conoscenze e le sue capacità né, tante volte, li cerca. Confinata com’è dalla storia ad un ruolo secondario, si rassegna facilmente a rimanere più nascosta e meno partecipe alla vita pubblica.
L’occupazione femminile sul territorio riguarda, oltre allo scontato ruolo di casalinga e madre, le attività commerciali, l’insegnamento, il lavoro impiegatizio comunale e soprattutto il bracciantato agricolo. In questo periodo di crisi poi, la  disoccupazione ricade di più sulla donna che sull’uomo il quale trova modo di occuparsi in vari altri settori.
La presenza femminile è invece molto più marcata nel sociale e in quelle attività extra scolastiche formative per i nostri adolescenti, quali possono essere le catechiste e le assistenti in oratorio, figure che non essendo molto visibili, non vengono valorizzate come si dovrebbe, ma che hanno un valore importantissimo poiché tolgono tanti ragazzi dalla strada.
La presenza femminile si riscontra anche nelle agenzie assistenziali e nella cura dei luoghi di culto: attività molto utili alla comunità, ma che non producono né denaro né gloria e a cui non viene dato il giusto spessore.
In politica, pur facendo risaltare il suo valore e le sue capacità nella gestione della cosa pubblica, la donna carinolese non ha uno spazio vitale adeguato e la sua ricchezza in fatto di proposte e di risorse, non viene messa a disposizione della comunità.
All’unica donna presente in quest’Amministrazione Comunale non è stato dato nessun incarico di rilievo se non quello di semplice consigliera. Forse meritava di più, sia per cultura sia per capacità.
Eppure la grande capacità di attivazione delle donne si è rivelata nella catastrofe che lo scorso anno stava travolgendo il Comune, quando la presa di coscienza verso il problema che stava arrivando è partita proprio da loro.
Davanti ad un vero problema  che interessava il futuro di tutta la comunità, del territorio e dei figli, la donna ha fatto da traino, attivandosi con tutte le sue forze, tralasciando casa, famiglia, terreni e tutto ciò che di solito la occupava, per assicurare la sua presenza là dove era più necessario e dove sentiva di dover stare, giorno e notte, spronando e coinvolgendo anche gli uomini di famiglia.
Non avendo contorni politici che le offuscavano la mente, la donna si è impegnata in maniera istintiva e schietta per aiutare a sanare una situazione che sembrava difficilissima.
Oggi, a un anno di distanza da quella terribile avventura, sentiamo il dovere di ricordare e rivolgere il nostro pensiero a tutte le donne del Comune di Carinola che hanno saputo difendere il futuro del territorio con le unghie e con i denti, dimostrando di essere tenaci e combattive e, soprattutto, di avere le idee molto chiare. 
Buon Natale
Donne per le donne

giovedì 18 dicembre 2008

Acqua che scorri …



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Giornate di intense piogge… L’acqua viene giù dal cielo a catinelle, come poche volte è successo negli ultimi anni. Così poche volte che abbiamo dimenticato che l’acqua che cade dall’alto ha bisogno di scorrere da qualche parte per finire al mare tramite i fiumi, i torrenti, i ruscelli, le fognature, i fossi, i canali naturali…. se ancora ci fossero, o fossero efficienti.

Le vie d’acqua che la natura stessa ha predisposto per permettere il deflusso delle acque, a Casanova e non solo, sono diventate ben altro: ricettacoli di immondizia.

Così succede che l’acqua, per seguire il suo naturale impulso a scorrere, si fa strada dove non dovrebbe: nelle strade, nelle campagne, nelle case, depositando dovunque ciò che incontra sul suo cammino: immondizia. Niente altro che immondizia.

Di chi la colpa?

Dell’ inciviltà di alcuni cittadini e della mancanza di adeguata manutenzione.

Nel primo caso, nonostante la raccolta differenziata, i cittadini continuano a sversare sul territorio la loro immondizia. E così succede che importantissimi canali di scolo diventano depositi di plastica, vetro e quant’altro, che ostruiscono il passaggio e impediscono il deflusso delle acque.

Del secondo caso, è inutile parlare: il problema si palesa da sé. Fogne otturate, strade allagate per mancata pulizia dei fossi, cittadini che sono costretti a correre ai ripari volontariamente per ovviare al disagio che questi inconvenienti procurano.

Se nel secondo caso si riesce anche ad intervenire d’urgenza per liberare la fogna o il canale otturato pur lasciando lì l’immondizia, nel primo caso è più difficile intervenire.

La formazione di certi cittadini verso il rispetto e la tutela dell’ambiente richiede molto più tempo e forse anche qualche denuncia. Per loro è più semplice buttare che differenziare!

Propongo una campagna formativa e informativa più efficace del problema, anche usando giovani volenterosi che vanno porta a porta ad illustrare l’importanza della differenziata e del rispetto per l’ambiente.

Se si uniscono tante forze, forse si riesce ad arginare un problema che ancora resiste.

......


Giuseppe Mazzini

mercoledì 17 dicembre 2008

A volte ritornano

E’ ancora lecito al giorno d’oggi aprire il giornale e restare allibiti accorgendosi dal resoconto dei fatti del giorno che molti di essi riguardano condanne, più o meno dure, nei confronti di giornalisti di tutto il mondo che si oppongono, o tentano di farlo, alle incostituzionalità e ai regimi dei propri stati? Giusto per citarne alcuni, si va dalla pseudodemocrazia russa che si “limita” a licenziare Roman Dobrakhotov per aver contestato il discorso del presidente Medvedev al Cremlino, al caso di Guan Jian, reporter cinese arrestato per “attività criminali” (vedi indagini su episodi di corruzione, ndr), per finire in bellezza con la pena di morte prevista per i giornalisti in Iran e molti altri Paesi, soprattutto asiatici, dove la violenza politica si abbatte su di essi celandosi dietro l’alibi, alquanto fragile agli occhi della democrazia di vecchia maniera, dell’attività sovversiva. Eh già, è il caso ormai di parlare di democrazia di vecchia maniera, proprio nei giorni in cui ricorre il sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, su cui ogni democrazia che si rispetti risulta fondata. Ebbene, tale anniversario pare che non basti a rispolverare un po’ le idee a coloro i quali si illudono di vivere in un terzo millennio dove la minaccia delle grandi dittature del ‘900 sembra ormai lontana, superata, solo un brutto sogno da dimenticare. “Cari folli, non siamo mica nel paese delle meraviglie?”, verrebbe da dire. Ma forse quello di Lewis Carroll non è proprio l’esempio più azzeccato, visto che anche tra le sue pagine trova posto la figura minacciosa della regina che urla di fronte a una Alice spaesata e indifesa “Tagliatele la testa!”. E allora, se pure nelle storie per bambini non può mancare la figura dell’autocratico dittatore, forse non ci dovremmo meravigliare leggendo il giornale o apprendendo da qualche grillo parlante che il nostro Sua Eccellenza Perpetua e Immune Presidente del Consiglio delle Avanguardie ha intenzione di mettere mano alla ormai obsoleta Costituzione, non credete? Io penso di no.
Iva Sovvers

lunedì 15 dicembre 2008

Le associazioni come risorsa


Ho letto con molta attenzione tutti i commenti ai due posts che riguardano l’associazione Nessun Dorma,  e mi sono resa conto che non tutti hanno le idee chiare in proposito, come su tante cose del resto. Il confronto dialettico è però sempre positivo, bisogna ammetterlo, perché aiuta a capire.
A parte l’amicizia che ci può legare alle persone che compongono un’associazione e che va al di là di qualsiasi cosa, mi è sembrato giusto e bello che ci sia stata una discussione critica così animata e corretta sull’argomento. Dovrebbe essere sempre così.
Mi va però di dare il mio contributo esponendo le mie idee che, accettate o non accettate che siano, poggiano su un’analisi quasi scientifica del problema (i miei studi, che non sono di Legge, mi danno una mano) e che può aiutare a chiarire alcuni punti oscuri.
Il termine associazione può avere diversi significati, ma indica sempre un’aggregazione di individui. In diritto, essa è un’aggregazione volontaria di persone che si costituiscono per perseguire uno scopo comune. Quindi, prima che un gruppo di persone decida di costituirsi legalmente in un organismo, deve esserci la motivazione che le aggrega e lo scopo che vogliono perseguire, altrimenti non può chiamarsi associazione.
E’ d’obbligo uno Statuto in cui si mettono per iscritto gli scopi che si vogliono perseguire e le norme che ne regolano la vita.
Quando un’associazione si autodefinisce: di promozione sociale che ha interesse a migliorare il territorio; operativa in modo a-politico e a-partitico nel mondo dell’ambiente, del sociale e della cultura;  di seguire gli sviluppi del territorio mediante un’azione informativa non solo verso i soci, ma verso tutti coloro che ne sono interessati, ecc. ecc., è legittimo che orienti il proprio cammino in quella direzione. Come?  Operando e attivando i canali informativi necessari a  rendere pubblico il proprio operato.
La cosa fondamentale è che sia sempre l’associazione ad essere vicina agli altri e non pretendere che gli altri siano vicino all’associazione. D’altra parte, è uno degli scopi per cui essa si è costituita. Infatti, è l’associazione che, costituendosi, si carica di responsabilità e non viceversa. Se poi altre persone, stimolate dall’operato del gruppo, decidono di dare una mano e avvicinarsi, ben venga il loro aiuto e le loro adesioni.
Tutti i commenti di parte che ho letto ai due posts li reputo assolutamente fuori luogo, soprattutto quello che afferma la difficoltà dell’associazione ad operare per mancanza di appoggi politici.
Beh, mi sembra che questa sia stata una scelta, o no? Se un’associazione nasce a-politica ed a-partitica, come ci si può lamentare della mancanza di appoggi politici? Non sembra una grossa contraddizione? Si sapeva fin dall’inizio che gli appoggi non ci sarebbero stati, quindi si era già preparati ad un’esistenza abbastanza difficoltosa.
O quell’altro commento sulle aspettative…
Le aspettative le crea l’associazione stessa nel momento in cui si costituisce legalmente e rende pubblici i propri scopi. Gli altri non si aspettano altro che l’associazione faccia il cammino per cui è nata.
Non voglio però alimentare una discussione che è stata ampiamente affrontata. Voglio sottolineare soltanto che ogni associazione che si costituisce per nobili fini è sempre una grossa risorsa per il territorio, qualunque sia lo scopo: ambientale, sociale, politico, culturale, teatrale, mediatico e via dicendo. E’un canale che unisce le diverse realtà del territorio perché in essa convergono forze ed idee che vengono  poi ridistribuite  e da cui il territorio stesso riceve impulsi di crescita.
Nel proprio specifico, un’associazione apporta dei contributi positivi alla vita del comune anche nel piccolo, ma bisogna che sia aperta alle sollecitazioni che vengono dall’esterno e pronta ad operare e collaborare con altre realtà, istituzionali e non, su cui svolge anche un’azione di controllo.
Il vero problema delle associazioni è però quasi sempre endemico: non tutti i soci ci credono allo stesso modo e non offrono il proprio aiuto come dovrebbero. Questo spesse volte decreta la stasi del gruppo che è costretto ad arenarsi per mancanza di apporti operativi da parte dei soci. In tal caso, o si cercano forze nuove o si è costretti a vivacchiare alla meno peggio.
L’esperienza dimostra che solo se ci si crede si riesce a far funzionare un’ associazione, altrimenti essa rimane solo un nome votato alla sterilità.  
Micetto miao miao

venerdì 12 dicembre 2008

Fantasia e Realta'


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   Molte volte nel corso della vita di ogni individuo, davanti a fatti che a sé stessi sembrano evidenti, ma che sono ignorati dagli altri, ci si domanda se  sia fantasia o realta’.  Come per dire che non si crede a quello che si vede chiaramente.

  Come   quando  sento  che milioni di persone hanno votato Berlusconi, quando sento che milioni di persone seguono l’Isola dei Famosi o il Grande Fratello.  Come quando migliaia di persone applaudono il sindacalista di turno che palesemente invece di difendere i loro interessi aspira solo a sedersi al fianco di chi dovrebbe combattere.  


  In  questi ultimi giorni ho seguito un acceso dibattito sulla base NATO, ora ex, di Casanova. Ho sentito esternare fantasie di ogni genere su cosa sia nascosto o  depositato in quella galleria e quale sia la sua funzione odierna. C’e’ chi sostiene che vi siano stipate le scorie dei reattori nucleari, chi bombe atomiche, e chi addirittura dei missili con testate nucleari puntati contro qualche  paese nemico non meglio precisato. I meno  fantasiosi  si accontentano di immaginarla piena di bidoni schiumosi  di materiali tossici  o di amianto cancerogeno. Tutti uniti  in un carosello di invenzioni  fantastiche per  dimostrare la particolare pericolosità di quel sito che secondo loro è pronto ad esplodere e distruggere tutto quello che vi è intorno, persone e cose.

  Ho notato con mio stupore che moltissimi interlocutori si  sono fatti prendere  da queste notizie di fantasia. Ognuno ha aggiunto la sua: chi vuole  interessare le autorità locali o nazionali,  oltre che le televisioni, chi vuol e andare ad ispezionare personalmente,  chi vuol acquistare un contatore Geiger e altre astrusità, come nei migliori film di fantasia.  


  Non hanno pero’ pensato che se anche vi fossero depositati i materiali di cui si ciancia, essi sarebbero ben protetti dalla spessa parete della montagna, quindi  non sono  di  alcun pericolo immediato per chi sta intorno. Questa perciò è fantasia.


  La realtà,  che e’ triste  invece,  e’  il materiale che si trova depositato all’esterno della base. Quello si vede e si sente, non è difeso da niente e nessuno, chiunque lo può avvicinare. Non si sa se sono solo rifiuti urbani e non si sa se sotto vi è stato  sepolto materiale tossico o radioattivo …. e visto a confine di quale zona ci troviamo, cio è piu’ che possibile .  

Tutti fantasticano su cosa si trovi all’interno e nessuno vede cosa succede all’esterno: in questi giorni  di pioggia intensa,  da quelle immondizie fuoriesce  un  brodo  denso e abbondante che  scorre verso valle. Nessuno osserva l’amara realtà di un inquinamento continuo, che si verifica ad ogni pioggia,  dei terreni e delle falde acquifere sottostanti  augurandosi  che sia solo m…….Questo caso come tanti altri dimostra che la fantasia se in mano a persone abili può sostituire o far sparire la realtà portando gli ignari interlocutori a preoccuparsi di un pericolo ipotetico o che potrebbe accadere, ignorando quello vero che realmente minaccia la  loro salute e deteriora per sempre l’ambiente  in cui vivono.   

Imaginaria

mercoledì 10 dicembre 2008

Ghettizziamo Casanova

Qualcuno si è messo in testa che Casanova sia un luogo di quarta serie e cerca di ghettizzarlo.
Il peggio del peggio lo merita la nostra frazione. Come mai?...
Non so quali poteri decisionali abbiano optato per Casanova come ghetto del Comune di Carinola e non so dove si colloca l’ex amministrazione comunale in tutto questo: fatto sta che dopo lo scampato pericolo delle ecoballe e dopo la casa famiglia per persone psicolabili, ecco spuntare una sezione di carcere minorile per giovani delinquenti.
Casanova è piena di strani personaggi: persone che non dovrebbero bere e bevono tranquillamente sedute ai bar; che non dovrebbero fumare e fumano più di un pacchetto al giorno scroccando una sigaretta alla volta ai generosi casanovesi; ma tant’è! In fin dei conti è la loro salute che ci va di sotto e noi non ne siamo direttamente responsabili.
Un discorso diverso merita l’altro problema, quello dei minori a rischio confinati  nel nostro paese.
Passeggiano per le strade con strafottenza, ti guardano negli occhi con aria di sfida come per dire ‘attento a te che qui sono io’ , spesso litigano con i ragazzi del luogo e ogni tanto spunta nelle loro mani una minacciosa bottiglia rotta ghermita come arma.
La cosa più inquietante è che frequentano la scuola media insieme ai nostri ragazzi che, per quanto possano essere problematici e difficili, non sono certo all’altezza di tali soggetti il cui comportamento scolastico è assolutamente delinquenziale. A parte la difficoltà che hanno gli insegnanti a svolgere il proprio lavoro e a far rispettare le regole (un’ insegnante è stata buttata a terra), il trovarsi faccia a faccia con questi ragazzi e il confrontarsi con essi giornalmente crea non pochi disagi nelle famiglie. C’è una duplice risposta a questo problema da parte dei nostri ragazzi:  i più miti ne hanno quasi paura e subiscono le angherie dei soggetti a rischio; quelli più vivaci e ‘capuzziegli’ ne subiscono il fascino e li vedono come loro leaders.
Allora cosa facciamo? Siamo noi ad educare questi soggetti alla legalità o sono loro che trasformano i nostri in potenziali delinquenti? Mah! ….
E solo questo ci mancava a Casanova!
E’ ridicolo parlare tranquillamente di cultura, approntando premi giornalistici e letterari, di poesia e cortometraggi, per sollevare intellettualmente il nostro territorio, mentre in realtà quello che sembra si stia veramente diffondendo è la cultura e la sottocultura strettamente legate ai due poli d’amministrazione giudiziaria che Carinola ospita: il carcere e il tribunale.
E Casanova sembra la meta preferita di diffusione.
Quello che più mi preoccupa è l’ inquinamento della popolazione con queste frange delinquenziali del basso napoletano che diffondono tra i giovanissimi la cultura del più forte e della violenza che invece di sollevarci, ci abbassa ancora di più!
Bel cambiamento per noi. Davvero! 
Vista l’atmosfera già natalizia possiamo tranquillamente dire: dalle stelle alle stalle.
Il problema sarebbe minimo se questi personaggio venissero occupati come di dovere.  Se sulla carta le iniziative sono tantissime, nella realtà non sembra avvenire così.
Onestamente penso che sarebbe stato meglio affittare un vecchia masseria in campagna e tenerli occupati con il lavoro dei campi, con lo sport e altre attività ricreative. Per quanto riguarda la scuola, beh avrei magari optato per un periodo di scuola a domicilio prima di inserirli in un contesto comunitario a cui non mi sembra siano molto preparati.
Se questo strutture devono rimanere sul territorio (sigh!) spero che tutte le agenzie preposte al controllo ed alla sorveglianza si attivino seriamente per la salvaguardia e la sicurezza dei cittadini, in primis l’Amministrazione Comunale che dell’incolumità dei suoi abitanti è la diretta responsabile.
Cicerone

lunedì 8 dicembre 2008

Carinola, Anniversario di una Rivoluzione

In questi giorni piovosi d'autunno,  per trascorrere le ore noiose dei giorni di pioggia, ho riletto su questo blog la cronaca della vicenda rifiuti  di un  anno fa a Carinola. Leggendo sono tornato con il pensiero alle vicende che interessarono il territorio  di Carinola al momento di essere individuato come località da adibire a deposito delle ecoballe napoletane. Anche se è trascorso  un anno da quei giorni tristi e concitati,  al solo pensarci ho l'impressione che il pericolo sia ancora incombente.  Ogni giorno apprendo dai giornali di nuovi scandali, di corruzione politica e simili: notizie che interessano tutte le amministrazioni più importanti della Campania. A fianco del malcostume politico, la presenza costante della camorra a tutti i livelli, pronta ad approfittare di questi sbandamenti nella gestione della cosa pubblica. Per questo sento il mio comune sempre in pericolo per  qualche decisione scellerata, anche se attualmente sul fronte rifiuti la situazione sembra ottimale.


Ho letto e ricordato l'angoscia e la paure che pervasero tutta la popolazione, ma per citare un post di questo blog, dal letame poterono nascere i fiori. Dopo aver assistito alle recite del sindaco in carica, che dopo aver svenduto il proprio comune si atteggiava a difensore dello stesso; dopo aver assistito alle sue performance degne di Orson Welles insieme alle controfigure meschine degli assessori e consiglieri comunali succubi delle sue farse; dopo aver assistito ai voltafaccia di professionisti che si vendevano per la promessa di un incarico...  insomma... dopo tutto il letame che era stato sparso in tutto il comune rappresentato dalle fandonie che gli amministratori comunali, con in testa il sindaco, dispensarono in ogni dove,  si verificò il miracolo: il popolo, invece di allinearsi come di solito alle direttive del despota di turno, gli   si oppose e agi' di testa sua. Si fecero saltare i comitati addomesticati scesi dall'alto, si organizzarono manifestazioni e contatti personali con le autorità nazionali. Come in ogni rivoluzione che si rispetti, i contestatori eressero le loro barricate con tanto di tende per ripararsi dal freddo e dalla pioggia, ma soprattutto per esibirle come emblema della propria volontà di resistere alle prepotenze.


Emarginati gli immancabili Masaniello e capere d'occasione, contestarono apertamente il sindaco  arrivando addirittura ad assediarlo  nella casa comunale. Mai prima di allora si era visto a Carinola il popolo così unito, il popolo quello vero dei lavoratori, degli studenti, dei giovani, delle donne anziane assistite dalle giovani: tutti insieme a    presidiare  le tende e le  barricate anche di notte. A fianco di questi stoici resistenti si materializzò  un pattuglione di pseudo giornalisti che attraverso questo blog sostennero  strenuamente le ragioni della protesta. Scrittori, pragmatici, fantastici, surreali, ironici, metaforici, insomma tutti gli stili del giornalismo esistenti. Tutti con nomi fantasmagorici che  con il loro stile semplice e diretto superarono l'affidabilita' accordata a molti giornalisti "ufficiali" e che porto' anche Beppe Grillo a citare il Quiquiri' in un suo post. Tali voci dal web facevano pero' imbestialire il sindaco, che si rivolse anche alla magistratura tramite un topone  di tribunale, il quale aveva annusato la possibilità di procurarsi molto formaggio.


Nonostante le minacce, questi continuarono a sostenere la rivolta, la quale si protrasse fino alle elezioni che segnarono la fine dei despoti, anche se non di tutti.


Alcuni infatti, nella migliore tradizione italiana, saltarono repentinamente il fosso, e pertanto  si trovano ancora al timone dell'amministrazione. Memori  della recente rivoluzione però, i cittadini sono adesso molto piu' guardinghi e prestano molta attenzione alla gestione della cosa pubblica.  Per commemorare degnamente l'anniversario di  quella  rivolta storica per Carinola voglio citare i "nomi" di quei grandiosi e impavidi giornalisti che tanto hanno contribuito alla rivoluzione democratica. Talia, Mazza e Pastanaca, Dingheddang, Il Patino, Antiope, De Popa, Il Bufalo, Manfredi Dei Galeotti, Ponzio, Ciki Panzo, Piccozza d'Oro, Toraskam, Misero Gaudio, Il Quarto Cavaliere Perduto nel Sonno, Micco dei Carani, L'Olandese, Wangfu, Alice nel Paese delle Meraviglie, Manfredi delle Mattinate, Zappa e Tridente, Iacopone da Todi, Diomede Vamm Ignotte, Jeronimus, Il Conte del Grillo, Elettra Belfagor, Il Fratello di Belfagor, Lamu', Sgrinchio, Galatea, Orchidea ed altri. Un ricordo particolare per Clio che ha  riportato  alla nostra attenzione i ricordi più nobili della storia di Carinola. Un plauso  alla redazione del Quiquiri' che ha dato la possibilità a tutti di esprimere i propri pensieri dimostrando che anche con pochi mezzi si può vincere contro i potenti o presunti tali.


L'INTERNAUTA

sabato 6 dicembre 2008

Il Grande Esodo post-unitario


Le ricerche di questa particolare pagina vanno dalla fine del 1800 al 1924 e sono costate qualche anno di lavoro, ma non mi sarebbe stato possibile farle se non avessi avuto l’aiuto e la collaborazione di una mia carissima amica che, per tanto tempo, ha avuto la pazienza di cercare gli emigranti carinolesi negli archivi di Ellis Island. A lei va la mia riconoscenza ed il mio grazie.

Mi sono fermata a quota mille inserendo, per mio interesse personale, anche Sacco e Vanzetti, ma i carinolesi emigrati negli USA sono molti di più. Devo anche precisare che le registrazioni di fine ottocento sono molto approssimative e, pur ritenendo alcuni emigranti originari di Carinola, non ne ho però la certezza. Chi volesse contribuire ad ampliare questa pagina con informazioni e storie o richiedere una ricerca, può farlo attraverso questo sito o scrivendo in privato a: clio@ilquiquiri.com

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L’ emigrazione di fine ottocento e inizio novecento fu uno dei fenomeni sociali più vasti, più tristi e più angosciosi che l’Italia abbia mai conosciuto. Il neo Stato unificato, ancora in fase di assestamento, non fu in grado di garantire la sopravvivenza a tutti i cittadini, soprattutto ai contadini del sud che, privati persino degli usi civici da secoli loro fonte di sostentamento, piombarono in una povertà senza speranza. L’ intero sud si ritrovò in una condizione di arretratezza da cui non si è mai ripreso.

Non ci furono, da parte dello Stato, iniziative governative capaci di rivoluzionare ed equilibrare l’economia e così masse di contadini, condannate alla povertà, intrapresero volontariamente la via dell’emigrazione verso il Nord America o l’Argentina, inseguendo un sogno di benessere che sembrava l’unica l’alternativa alla miseria.

Se da un lato lo stesso governo vide favorevolmente il fenomeno perché allontanava il rischio di esplosioni sociali e contribuiva al riequilibrio dell’economia mediante le rimesse degli emigranti, dall’altro dovette rendersi conto che la continua emorragia della forza lavoro verso il nuovo mondo era una vera calamità per l’agricoltura perché lasciava le campagne deserte e prive di manodopera.

Infatti, dalle province del sud Italia, a lungo tartassate dalla malaria, dalla povertà e dall’analfabetismo, grandi masse di contadini si diressero verso il nuovo mondo in crescita e che offriva tante possibilità di lavoro. Cifre da capogiro: un milione di italiani nelle ultime due decadi del XIX secolo e più di tre milioni nelle prime due decadi del XX secolo.

Terreni e masserie furono lasciate deserte, senza più lavoranti, e interi villaggi senza gente.

L’ideale dell’emigrante era quello di guadagnare abbastanza dollari per poter tornare in patria, comprare una casa, un pezzo di terreno e vivere tranquilli per il resto della vita. Migliaia lo fecero, ma milioni di altri rimasero per sempre in America e il prezzo pagato non fu affatto piccolo, sia per chi partiva sia per chi rimaneva.

Famiglie intere furono per sempre spezzate e gli affetti divisi: affetti di madri, di padri, di fratelli e sorelle, di figli e soprattutto di mogli.

Si crearono in Italia eserciti di “vedove bianche” che non videro più tornare i loro mariti, padri dei loro figli, perché di loro si erano perse per sempre le tracce o avevano formato altre famiglie.

Altre “mogli”. Altri figli.

La separazione di per sé fu molto difficile e sofferta, drammatica conseguenza dell’emigrazione.

I contadini furono costretti a lasciare case e villaggi che non erano semplicemente dei luoghi, ma erano comunità in cui era racchiuso un intero modello di vita e di valori a cui erano ancorati. Lasciarono monti e campi familiari, i cimiteri in cui riposavano i loro cari, le chiese, la gente, gli animali, gli alberi che avevano da sempre conosciuto e che facevano parte dell’intimo contesto del loro essere, per ritrovarsi in un mondo completamente diverso, dove nulla era loro familiare e dove l’impatto culturale poteva essere drammatico.

Sradicati da tutto questo, impreparati al nuovo sistema di vita, si ritrovarono in un prolungato stato di crisi, per mesi, per anni, sospesi tra il vecchio e il nuovo, letteralmente in “bilico” tra un mondo e l’altro. Solo chi fu in grado di adattarsi alle nuove condizioni e alle nuove sfide fu capace di assorbire l’inevitabile shock della migrazione e crearsi, di conseguenza, una vita.

Il Comune di Carinola, con tutte le sue frazioni, non fu affatto estraneo al fenomeno dell’emigrazione. I carinolesi partirono insieme a decine, a centinaia, tentando la grande avventura.

C’era probabilmente sul territorio, qualcuno che aveva sostituito l’antica figura del ‘caporale’ con una specie di ‘agente di viaggio’ per far fronte alle nuove richieste commerciali e che procurava biglietti sulle navi in cambio di un piccolo utile personale. Grazie all’aiuto di queste persone, centinaia di carinolesi lasciarono Carinola, Casale. Casanova, Falciano, Nocelleto, S. Bartolomeo, S. Croce, S. Donato, S. Ruosi e Ventaroli per luoghi lontani, appoggiandosi ai compaesani che li avevano preceduti e che offrivano volentieri il loro aiuto.

Gli anni ‘clou’ furono il 1905 e 1906. In quegli anni navi intere, piene di carinolesi, trasportavano il loro carico di speranza verso l’altra parte del mondo. Solo nel 1906 partirono, durante lo stesso viaggio con la nave Indiana, più di 50 carinolesi. Tutti uomini.

Il nostro Comune conobbe il dramma della separazione, l’angoscia di vecchi padri e madri che non videro più i loro figli, di mogli che non videro più i loro mariti, di figli che non conobbero mai i loro padri.

Se da un lato l’America rappresentò la realizzazione di un sogno di benessere a lungo agognato, dall’altro essa rappresentò l’allontanamento definitivo dai propri cari e dalle proprie radici.

Qualche carinolese non resistette a questo violento sradicamento dalle rassicuranti abitudini secolari a cui era abituato e nel nuovo mondo ci lasciò ben presto la vita.

Ma questa è un’altra pagina.

Clio 
Fonte: Archivi di Stato di Caserta e Napoli; Ellis Island Passenger Records

venerdì 5 dicembre 2008

Sogni annebbiati

Io amo l’amministrazione comunale di Carinola. Proprio così, è bello vedere un team di persone accreditate, pieno d’igegno e voglia di fare, sempre vicino ai cittadini.

Nel nostro comune sono tante le iniziative, noi cittadini siamo sempre informati di cosa si sta facendo e i nostri amministratori hanno a cuore che tutto venga fatto nella più totale trasparenza. Pensiamo, infatti, alle continue riunioni cittadine dove ogni due settimane il sindaco e i suoi amministratori incontrano i contribuenti carinolesi per informare passo passo su ciò che sta succedendo sull’affare cimiteri, ed è meraviglioso vedere come lo scambio continuo di idee tra politica e cittadinanza dia sempre buoni frutti.

Proprio partendo da una proposta ideata da un residente carinolese, l’amministrazione sta facendo in modo che nella cava di Vaglie nasca un pozzo comunale in modo da garantire che non ricapitino strane disavventure. Un’ idea abbracciata dai nostri illustri politici che, in questo modo, risparmieranno sulla fornitura idrica la quale, prima, veniva distribuita da un pozzo privato. Io adoro questa classe politica che non ha paura del confronto, che ascolta i giovani incontrandoli con sincera umiltà e cercando di carpire le necessità e le paure della precarietà. Grazie a ai nostri amministratori, moltissimi giovani sono tornati finalmente a casa riuscendo a lavorare qui nel territorio in cui sono nati. Le guardie ecologiche hanno dato respiro a molti giovani disoccupati e lo stesso è avvenuto grazie alle cooperative di pulizia delle strade e quelle che s’interessano del sociale: adesso si sta facendo si che tutti i muratari si uniscano in una unica grande ditta, in modo da poter offrire lavoro senza vedere ambigue ditte di forestieri.

Poi, il piano regolatore, istituito con logica e coscienza, sta dando i suoi frutti determinando un sviluppo tale che chiude la vie al cemento selvaggio, ma con criterio e coscienza possiamo vedere su tutto il territorio una crescita tranquilla e coerente alle nostre caratteristiche. Una classe amministrativa che ha chiuso con il passato, che punta all’innovazione come l’assessore all’urbanistica che, in questo periodo, sta sudando sette camice per controllare che tutti i cantieri vengano realizzati secondo le regole. Per non parlare dell’assessore all’ecologia, che in un batter d’occhio ha ripulito la Sellecola ed è riuscito perfino ad avere i permessi per constatare di persona cosa vi sia nell’ex base Nato. Tutto pulito e profumato!  forse si dice in giro che nascerà un parco, proprio li dove per anni c’era la spazzatura, ma che idea!

Sono felice di essere un carinolese e soprattutto sono felice di questo team amministrativo che non ha paura di sbagliare, rischiare ed è sempre aperta alle critiche. L’ultima idea che mi ha riepito d’orgoglio è stata l’attivazione di uno sportello dove quotidianamente la gente può recarsi ed esprimere problematiche strutturali, sociali e burocratiche. Tutto viene appuntato e segnalato in tempi record agli amministratori che cercano subito di risolvere l’ostacolo del giorno. Io amo il mio comune.

Suona la sveglia, cavolo sono in ritardo devo andare a lavoro, ca**o, ancora nebbia ma piove sempre in questa città del c**zo bha devo smettere di fare sti sogni. 
Dew

mercoledì 3 dicembre 2008

Perchè non posso dirmi di sinistra

Molte volte quando esprimo la mia avversione per la sinistra italiana, mi sento fare quasi sempre la stessa osservazione. Come fai tu, figlio di lavoratori, tu stesso lavoratore eche vivi di stipendio, a votare Berlusconi e i padroni che stanno con lui? Qualcuno più radicale aggiunge anche Fini accompagnato da  fascisti e nazisti. Ometto di citare quelli che mi accomunano a Bossi come se fossi io a procurargli tutti i voti che prende e non il loro meschino comportamento. Siccome quando provo a spiegare il mio pensiero vengo sistematicamente aggredito verbalmente approfitto dell’ospitalità  di questo sito  per farlo. Premetto che rispetto le idee di tutti ma parimenti pretendo che siano rispettate le mie, non condividerle, che è ben altro.
Non posso dirmi di sinistra perchè considero il lavoro, qualunque sia,  la principale attività della persona e la fonte di sostentamento per sé e la  propria  famiglia. Per averlo ci si  deve impegnare seriamente nello studio o nell’attività che si  intende intraprendere. Al contrario, la sinistra si impegna solo in politica o nel sindacato per ottenere senza fatica sostanziose prebende per incarichi  molte volte  inutili.  Considero lo stato la mia  seconda famiglia   e non sopporto che masnade di teppisti, che quasi tutti  si dicono di sinistra, devastino strade,  opere pubbliche, automezzi di privati ,  che occupino  edifici abusivamente o addirittura  scuole per bivaccarci. Con questo non voglio essere frainteso che sono contro la protesta, solo che non deve prevaricare i diritti  degli altri. La sinistra invece li difende senza se e senza ma,  considerandoli un loro tesoretto elettorale da tutelare.  Quando accendo il televisore ed è in onda una tavola rotonda su qualunque argomento, prima che parlino individuo  subito i rappresentanti della  sinistra.  O hanno gli occhiali sulla testa, o la sciarpa legata a nodo scorsoio, o la barba incolta. Se non hanno nessuno  di questi segni distintivi,   si mantengono la fronte con la mano aperta per sostenere tutto lo scibile umano che vi è contenuto. Se per caso non li individuo subito basta che aprano bocca che li riconosco. Dicono tutti la stessa cosa,  non dormono la notte per pensare ai poveri , (loro usano il termine incapienti), a chi non arriva alla fine del mese, ai precari, ai cassa integrati, a tutte le persone che sono in difficoltà. Sembrano la reincarnazione di  Gesù,  spesso usano  le stesse  parole. La differenza è che Lui finì crocifisso, questi vogliono finire in Mercedes e con la scorta sfruttando il voto di questi poveretti, Bertinotti  docet. Siccome i posti sono limitati, il loro impegno è nel moltiplicarli in modo che tutti possano avere un posto di assessore, di presidente, di consigliere, consiglio di amministrazione di enel, enam, inps, sviluppo italia, eca, cic ciac. Tutti rigorosamente ignoranti in modo da dare  lavoro pure ai parenti come consulenti ,  anche loro  ignoranti, logicamente.  La loro attività principale è di  creare enti inutili dove  prendere soldi  facili alle spalle dei  fessi che devono lavorare per finanziarli con  metà del loro magro  stipendio. I lavoratori, convinti che siano dalla loro parte,  li votano pure,  anche se in molti  negli ultimi anni  li  stanno capendo. Stendo un velo pietoso sul problema Alitalia, dove tutta la sinistra compatta ha difeso i lavoratori più privilegiati  e nullafacenti abbandonando i meno pagati  e precari al loro destino. Dove raggiungono il massimo dell’ipocrisia e della loro attività di procacciatori di voti è sul tema immigrazione. La sinistra sostiene che chiunque lo voglia deve venire in Italia. Hanno diritto ad una casa  ed a un lavoro preferibilmente qualificato. Degli italiani a loro non interessa in quanto sono convinti che tutti guadagnino come loro e minimo hanno due abitazioni. Il loro vero interesse invece è quello di creare tanti centri di accoglienza, tante mense di solidarietà, centri sanitari e altre opere di assistenza. Tutto amministrato e gestito da loro volontari lautamente retribuiti  e tutto  finanziato con i  soldi  di chi lavora. Siccome ne hanno fatto entrare milioni, molti dei quali dediti al furto, lo  hanno quasi depenalizzato trasformandolo in una sorte di tassazione aggiunta. Non per loro che vivono in residence esclusivi o sotto sorveglianza della polizia, c’è pericolo che ce li possano rubare.  Gli esponenti della sinistra il massimo lo raggiungono quando si parla di cultura . Siccome si atteggiano  a tali   si credono intellettuali. Abbiamo fenomeni come Nanni Moretti o Muccino: questi  in un mese è diventato il migliore d’ Italia appena si è imparentato con Veltroni. Senza dilungarmi nell’elenco di sgrammaticati scrittori bravi perché di sinistra. Solo un accenno  ai giornalisti  di  sinistra,  sinistri  di aspetto e di linguaggio. Specialisti  solo a  parlare male della parte avversa e leccare i propri senza ritegno alcuno. Provare per credere, guardate Annunziata, Lerner, Fazio ecc,  io li vedo con delle facce bieche e …Marrazzo che merita una parola in  più. Avete visto nella trasmissione Report chi sono i suoi assessori? Gentaglia da coda alla vaccinara dediti a qualunque imbroglio e poi  si riempiono la bocca di onestà e cultura (vedere sotto).  La sinistra della Campania ve la risparmio, ci vuole un libro a parte. Confesso il mio più grande godimento  è vederli sostituiti nei posti inutili che hanno creato, non mi interessa da chi, anche dai   nazisti.  Mi ubriacherò per la gioia il giorno che Pasquale Di Biasio sarà rimosso, sostituito dall’attuale incarico politico, privando quell’ente della sua pluriennale esperienza nel maneggio di lavori pubblici. Con il mio discorso non voglio essere frainteso che quelli di destra siano migliori, è la stessa scuola, ma da loro  mi sento meno preso per i fondelli. Questi ai poveri qualche euro che cade loro dalla tasca glielo danno. La sinistra gliene dà migliaia, ma solo col pensiero.    Il giorno che gran parte dei  lavoratori  italiani arriveranno alle mie convinzioni,   oltre   al rispetto che già è venuto meno nei loro confronti cesseranno anche di votarli e temerò per la loro incolumità. Il mio sogno velleitario è che sparisca questa accozzaglia di profittatori della povera gente e creare un nuovo partito con un vero sindacato che difenda  veramente i deboli e distribuisca le immense ricchezze pubbliche di cui si sono illegittimamente  appropriati.
BELFAGOR

l'assessore regionale Di Carlo in un fuori onda di Report sui suoi rapporti con il monopolista della gestione dei rifiuti della Regione Lazio.


lunedì 1 dicembre 2008

Le tante facce delle mafie

Le mafie hanno nomi diversi in tanti momenti e punti diversi del globo, ma uno solo è l’atteggiamento che le distingue: la prepotenza. Esplicita o silenziosa. Fisica o psicologica.
La prepotenza è sempre sopraffazione, è sempre arroganza, è sempre despotismo. È sempre aggressività ed ingiustizia. E’ sempre chiusura mentale, ignoranza intellettuale e spirituale. Profonda ignoranza.
Anche quando si avvale di lauree o si nasconde dietro cortesissimo atteggiamento.
L’impulso mafioso, storicamente radicato nella società e nella cultura del sud e non solo, diventa parte dell’intimo sentire di un individuo e ne condiziona i comportamenti.
Un comportamento mafioso può annidarsi nel tuo vicino di casa che ti costringe a subire la sua invadenza perché si arroga il diritto di parcheggio davanti la porta di casa tua; nel tuo migliore amico che non ti saluta perché pretende che il tuo pensiero sia conforme al suo; nel tuo amico consigliere comunale che si arrabbia se lo critichi per qualche mancanza nell’ambito del suo servizio; in chi fa fallire un concorso comunale pubblico per ripicca contro qualcuno; nella stessa amministrazione comunale che da incarichi a chi gli è politicamente più vicino trascurando gli altri; in chi fa vincere un posto di lavoro a colui/colei che gli fa più comodo; in chi assegna incarichi di rilievo a persone che non se lo meritano o non ne sono all’altezza, ma hanno bisogno di essere ripagate; in chi da un’ adesione politica solo perché vuole ottenere qualcosa.
E’ sicuramente presente nella politica nazionale che si nutre di simili atteggiamenti ed è’ in coloro che non hanno voluto concedere a Roberto Saviano e a Enzo Biagi la cittadinanza onoraria milanese e l’ambrogino d’oro perché alla mafia e alla camorra devono render conto o non si identificano nei valori di giustizia e democrazia evidenziati da questi due scrittori.
E’ attivamente presente anche in chi diventa adulatore della classe politica in carica, mettendo da parte le proprie idee, per averne un utile tornaconto, ed è passivamente presente anche in chi, palesandole invece le proprie idee, è costretto a non firmarsi per tutelare la propria pace e la propria tranquillità….
Il termine ‘mafioso’ o ‘camorrista’ nato per indicare un appartenente ad organizzazione criminale, è diventato sinonimo di un comportamento individuale e sociale molto diffuso che delle organizzazioni criminali conserva, in piccolo, un meccanismo simile per ottenerne effetti simili.
Chiaramente, le conseguenze di questi comportamenti ricadono sempre sulle persone più deboli e incapaci di difendersi dalla tracotanza dei prepotenti.
Non si può parlare di vittoria sulle mafie e sulla camorra fino a quando non si riuscirà ad annullare questi atteggiamenti così radicati nella società e nella vita di ogni giorno.
Ma lo vogliamo veramente?

Robin Hood