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martedì 28 settembre 2010
XI festa della vendemmia
lunedì 27 settembre 2010
Le 10 strategie della manipolazione mediatica
1 - La strategia della distrazione. L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).
2 - Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema - reazione - soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3 - La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.
4 - La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.
5 - Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).
6 - Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l'emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell'analisi razionale e, infine, del senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti….
7 - Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori" (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).
8 - Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti...
9 - Rafforzare il senso di colpa. Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di depressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!
10 - Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.
Noam Chomsky
venerdì 24 settembre 2010
Il Savone: un padre molto trascurato
Come più volte ho ribadito nei miei articoli, la conoscenza del territorio aiuta a rispettarlo, proteggerlo, valorizzarlo ed amarlo.
Falerno si chiamò il territorio, Falerno il principale prodotto, il vino, e Falerina o Falerna la tribù di coloni istituita nel 318 a.C.
Ma il nostro territorio faceva gola soprattutto ai Sanniti che si sentivano più in diritto di averlo, visto che da sempre abitavano nell’area e per nulla al mondo avrebbero voluto lasciarlo ai romani. Per loro i romani erano degli intrusi arrivati all’improvviso e per contendersi la supremazia del basso Lazio e della Campania settentrionale, romani e sanniti se le diedero di santa ragione in una delle ben note guerre sannitiche, la prima, ma solo dopo le battaglie di Veseris prima e di Trifanum poi, in cui nel 340 a.C. l’esercito romano sconfisse le città della Pentapoli Aurunca e i loro alleati sanniti, Capua fu costretta a cedere l’ager Falernus ai romani. I poveri sanniti, rotti e mazziati, dovettero mollare definitivamente l’osso e sparire dalla circolazione.
Da questa conquista, i romani ereditarono una florida situazione commerciale. Il Savone, ritenuto dalla maggior parte degli studiosi il confine meridionale dell’ager Falernus e linea di demarcazione tra questo e l’ager Statanus, era un corso d’acqua navigabile particolarmente vitale, che niente aveva a che fare con la ridotta portata d’acqua di oggi; una di quelle vie d’acqua che univa la costa alla via interna che collegava la Campania e il Lazio, quella che poi fu la futura via Latina dei romani, pressappoco l’ odierna Casilina.
Il collegamento con la via Latina significò ricchezza e benessere anche per la zona costiera. Infatti, mentre gli altri distretti ausoni erano entità sociali chiuse su se stesse, i distretti toccati dalla via Latina erano diversi; il contatto continuo con Capua, le città latine e i loro commerci li rendeva sicuramente più dinamici e vitali. La Cales preromana appariva, infatti, ricchissima proprio grazie a questa importante via interna su cui si svolgevano i commerci, nonostante la vicinanza del mare. Cales non era già più un villaggio, ma una protocittà, che si distaccava notevolmente dalle consuete forme abitative degli ausoni.
Alla foce del Savone sorse uno dei santuari italici più arcaici dell’area, Panetelle, a cui questa favorevole posizione giovò moltissimo e lo testimoniano le numerossime statuette votive in esso ritrovate. Il santuario era un probabile luogo di incontro della popolazione dei villaggi dell’area sinuessana.
Sempre sul Savone, a pochi km da Cales e Teano, a Montanaro, esisteva un altro ricchissimo luogo di culto preromano, poi riutilizzato dai romani, in cui sono stati rinvenuti molti oggetti d’oro. Il tempio risale al VI – V secolo a.C e dai materiali ritrovati in esso si deduce che, oltre ad essere luogo di culto, era anche emporio commerciale frequentato da ausoni, etruschi, latini, greci, sanniti e romani. Più tardi, verso il III secolo a.C., i romani lo ristrutturarono completamente dedicandolo alla dea Demetra.
Probabilmente furono proprio queste vie d’acqua come il Savone e il contato con l’interno che costituirono un primo approccio di commercializzazione, tramite porti e scali marittimi, che più tardi si evolse notevolmente con l’istituzione delle colonie.
Oggi il Savone non può chiamarsi più neanche fiume. E’ un fiumiciattolo a cui è riservato il destino di tutti i corsi d’acqua di questi tempi moderni: nasce sano e vitale e muore stanco e malato.
Usato nel recente passato per l’irrigazione dei campi, adesso non lo è neppure per quello. Eppure non ha perso il suo fascino. Alle sorgenti è ancora bellissimo e offre angoli naturali di suggestiva bellezza con le sue cascatelle e il suo regime torrentizio. Man mano che però procede verso il mare si impregna di veleni, di scarichi di fogne, di canaletti di scolo, diventando esso stesso una fogna a cielo aperto.
Nelle sue acque e lungo le sue sponde si ritrova di tutto: immondizia, rottami, carcasse di animali e gli abitanti dei luoghi che attraversa lo evitano come la peste, non pensando che, se è diventato quella fogna che è, lo si deve solo a noi uomini che non riusciamo a difendere l’eredità del passato.
Invito tutti i sindaci interessati, tra cui quelli di Carinola, Falciano e Francolise, a unire le loro forze per un eventuale risanamento del territorio che possa ridare dignità a questo corso d’acqua su cui è passata la nostra storia, adottando anche seri provvedimenti affinché non si continui a consumare un simile scempio.
- le foto dell'alto corso del Savone sono state gentilmente concesse dal sig. Oreste De Donato.
- la foto dell'antica Cales è del sig. Dante Caporali.
Clio
con la consulenza di Minucius Aeterius
mercoledì 22 settembre 2010
Il Villaggio delle Lanterne Zozze
Tanti anni fa Marco Polo nei suoi lunghi viaggi attraversò la Cina in lungo ed in largo visitandone anche i villaggi più piccoli. Nel suo girovagare aveva sempre notato le allegre lanterne rosse che tutti i locali pubblici e le case di famiglie importanti tenevano accese per tutta la notte. Più numerose e lucenti erano le lanterne tanto più era importante il locale o la famiglia che le esponeva. Marco Polo restò colpito da quello spettacolo che tutte le sere le lanterne davano in tutte le città e villaggi della Cina tanto da annotarlo nei suoi appunti citandole più volte. Pochi conoscono invece il Villaggio delle Lanterne Zozze in quanto le annotò in un diario che non fu pubblicato.
Allontanatosi dalla capitale per visitare i vari luoghi a lui sconosciuti, girovagando nelle campagne arrivò in un villaggio dove fu copito da un fatto inusitato. Tutte le case erano abbellite con quelle che a lui a prima vista sembrarono le solite lanterne. La stranezza che lo colpì subito fu che erano variopinte e non del solito colore rosso che lui era ormai abituato ad ammirare. Ogni cancello aveva appese tante lanterne di vario colore di numero variabile ma in proporzione alla grandezza dell'abitato, più grande era il fabbricato più alto era il numero di lanterne appese. Giunto nel corso pricipale gli sembrò veramente un bello spettacolo quella esposizione di tanti orpelli che davano un aspetto festoso al villaggio. Continuando ad addentrarsi nel paese incominciò a rendersi conto che qualcosa non andava. Notò infatti che quelle che lui pensava fossero lanterne non erano appese come di solito ma erano attaccate in modo disordinato sui cancelli ed ai muri in modo scomposto. Si fermò per osservare meglio e giunto a pochi metri si rese conto del suo abbaglio per cui esclamò" ho scambiato monnezze per lanterne" Incuriosito chiese ad un indigeno cosa fosse quella novità particolarmente suggestiva ma anche molto puzzolente.
Il pover'uomo guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno lo vedesse gli spiegò l'arcano. Il governatore aveva imposto a tutti gli abitanti di esporre i loro rifiuti con l'ordine di rimuoverli solo ogni dieci giorni pena cento frustate e la solita forte multa. Visto lo sbigottimento del suo interlocutore il villico continuò nello spiegargli che in quel modo si metteva in mostra la ricchezza degli abitanti. Gli fece notare le abitazioni delle famiglie più abbienti con tantissimi sacchi mentre quelle dei più poveri erano adornate da un numeo minore. Oltre che a misurare il tenore di vita dei sudditi servono anche a decorare il villaggio che ha un aspetto più allegro. Unica nota stonata è che la tassa per l'asposizione dei rifiuti è altissima e chi non espone nulla viene punito duramente per occultamento di monnezza, reato gravissimo. Marco provò a chiedere come mai non ci fosse una ribellione a quelle angherie provocando la meraviglia dell'interlocutore. Gli disse che nessuno si ribellava anzi tutti avevano accolto la disposizione molto favorevolmente. Tutti fanno a gara per appendere i loro rifiuti ostentando così la propria ricchezza, alcuni arrivano perfino a rubarli dai vicini per appenderli alle proprie abitazioni. Se gli addetti ai lavori provano a raccoglierli prima dei dieci giorni previsti sono aggrediti e picchiati duramente. Aggiunse che siccome il cacicco locale eletto dal popolo non faceva rispettare fedelmente la disposizione era stato rimosso e sostituito da tre solerti funzionari governativi che avevano ripristinato il rispetto rigoroso della legge. Marco restò alquanto perplesso ma preso atto delle delucidazioni ricevute annotò nel suo diario"oggi ho visitato il villaggio delle lanterne zozze"
Marco Polo
lunedì 20 settembre 2010
Riflessioni di un tamarro
Credevo che, sfortuna per sfortuna, almeno Casanova, grazie alle sue radici contadine, seguisse alcuni ideali basati sul rispetto reciproco e sulla salvaguardia delle proprie terre, allontanandosi così da quelle dinamiche di vita proprie dell’ impero Gomorra. Oggi, invece, vedo un forte degrado intellettuale che spalanca le porte a mentalità criminali e a modi di vita di una periferia cittadina che, ovviamente, non hanno nulla a che fare con la nostra terra.
Purtroppo, giorno dopo giorno, all’ignoranza genuina di paese sembra sostituirsi l’ignoranza della provincia puzzolente di rifiuti. Facendo un giro per tutto il Comune, noto che ci stiamo mutando in una frazione di Casal di Principe piena di giovani cafonamente cattivi.
Essere tamarri non è di per se una cosa negativa se si è legati ad un fare tamarro nostrano, ma vedere giovanissimi con atteggiamenti da ultras è decisamente deprimente.
Qualche anno fa, ricordo perfettamente che se qualche male intenzionato proveniente da Gomorra voleva fare il bulletto a Casanova, alcuni genuini, ruspanti cafoni nostrani subito lo rispedivano in malo modo al paese d’origine al fine di preservare una sorta di identità casanovesi. Oggi, invece, avviene il contrario. Infatti se hai il fare da delinquente vieni accolto a braccia aperte con aria di sottomissione.
La mia è solo una riflessione nata dall’osservazione di alcuni atteggiamenti che palesemente si vedono nelle piazze e nei bar del nostro territorio. Tutte cose che mi allontanano sempre di più dal mio paese. Una cosa è certa: che io, all’occasione, sarò sempre un vero e autentico cafone di paese che non perderà tempo a difendere questo mio status rispetto agli abitanti di Gomorra o aspiranti.
Tamarro di paese
venerdì 17 settembre 2010
Modeste proposte per una buona politica
Porta aperta al sogno |
giardinetti |
Casale |
Casanova |
giovedì 16 settembre 2010
sotto a chi tocca
martedì 14 settembre 2010
La natura si ribella
sabato 11 settembre 2010
Solidarietà ipocrita
mercoledì 8 settembre 2010
Cambiare "Insieme per Cambiare"
martedì 7 settembre 2010
I gamberi: il piatto preferito dei carinolesi
Ecco, molti politici carinolesi sono così: amano camminare all’indietro. Quando si fa qualche passo in avanti preferiscono fermarsi e ritornare indietro.
Non sono mai riuscito a capire pienamente il motivo di questo comportamento. A parte l’interesse personale che forse non ha trovato piena soddisfazione, io penso ci sia gelosia e invidia di fondo verso chi cerca di fare qualche passo in avanti.
E’ un po’ la caratteristica dell’ italiano quella di mettere i bastoni tra le ruote a chi vuole procedere in avanti, invece di spianargli la strada; perché non sopporta che qualcuno possa essergli in qualche modo superiore. Credo che questo atteggiamento sia il frutto di una mediocrità individuale che non si riesce a superare. L’unica cosa che il mediocre può fare, è nascondersi dietro un alto concetto di se stesso e bloccare chi mediocre non è.
Con questo non intendo spezzare una lancia in favore di chicchessia, ma ho occhi per vedere e un cervello per pensare.
La situazione non è affatto migliorata tra le mani dei commissari, ma vecchi e mai risolti problemi sono venuti di nuovo a galla. Ci ritroviamo di nuovo pieni di immondizia perché gli operai della Esogest hanno incrociato le braccia, visto che non vengono pagati da due mesi. A niente è valsa la riunione di qualche giorno fa che ha visto protagonisti la dott.ssa Ciaramella, i responsabili della Esogest e due sindacalisti che rappresentano gli operai, alcuni dei quali lamentano le cattive condizioni in cui sono costretti a lavorare sul territorio dove non è presente neanche l’ombra di un’isola ecologica..
La litania che si sente anche dai commissari è sempre la stessa: non ci sono soldi. Ma che fine fanno i soldi delle nostre carissime bollette per la TARSU? E’ mai possibile che questi soldi non bastano mai, nemmeno per risolvere UNA situazione, una sola?
Ora, tra cartacce che svolazzano in ogni luogo e mucchi di sacchetti colmi depositati davanti alle case e nelle piazze, a cui aggiungo l’inciviltà dei giovani nottambuli che lasciano le tracce della loro presenza dovunque, siamo tutti molto felici, per la gioia dei bambini (pochi per fortuna) che, in villa, possono agguantare di tutto, soprattutto bottiglie di birra e lattine taglienti.
Siamo scesi proprio in basso se i nostri cari caduti li circondiamo di tutto fuorché di fiori! La situazione, chiaramente, non era sfuggita ai familiari che di tutto questo se ne dolgono e lamentano. Il fratello Guido ha pubblicamente fatto sentire la sua voce scrivendo queste accorate parole:
“Mi chiamo Guido Pezzulo e sono il fratello del sottotenente Giovanni Pezzulo, caduto in terra afgana il 13 febbraio 2008. Sono terribilmente amareggiato per una situazione che si è venuta a creare negli ultimi mesi.
Lo scorso aprile, sotto l’amministrazione Mannillo, è stata posta una targa in onore di Giovanni nella villa comunale di Casanova di Carinola. Ebbene, quella targa che dovrebbe essere circondata da aiuole di fiori è praticamente ricoperta da spazzatura. E visto che questa spazzatura viene tolta una volta a settimana, il nome di mio fratello è praticamente sprofondato nell’immondizia.
Per me e per i miei familiari è davvero doloroso assistere ad una tale scempio. Per mio padre e mia madre è un colpo al cuore passare di lì. Non bastano le lacrime versate per la perdita così tragica di un figlio, devono piangere ancora per la raccolta differenziata. E pensare che quei bidoni, spostati di due-trecento metri, non darebbero alcun fastidio.
Non voglio puntare il dito contro qualcuno, ma faccio appello a chiunque abbia un po’ di senso civico. Ma quei bidoni vanno tolti subito. Altrimenti faremo provvedere affinché la targa venga spostata in un posto lontano dall’immondizia. Perdonate il mio sfogo, ma spero che questa incresciosa situazione venga risolta al più presto. Vi saluto cordialmente”.
Questa è la vergognosa situazione che ci perseguita: incuria, negligenza, inciviltà e regresso. Passi in avanti non se ne vedono nemmeno a cercarli col lanternino. Ora, dopo un articolo apparso su un giornale locale con la lettera di Guido Pezzulo, almeno l’immondizia intorno alla lapide-memoria è stata tolta. Ma quanto durerà questa delimitatissima pseudo-pulizia?
Cari politici, sapete cosa vi dico? Cambiate piatto: troppi gamberi possono far male. Ve lo dice chi di cucina se ne intende. E comunque, con voi, ci rivedremo a Filippi!
domenica 5 settembre 2010
Fine e inizio
giovedì 2 settembre 2010
Ancora incendi
Nessun sospetto in un mese di incendi? Nessun indizio? E’ possibile tutto ciò? Stop! fermiamoci un momento: qualche giorno fa, gli uomini delle Guardia Forestale di Reggio, insieme al Nucleo Investigativo Ambientale e Forestale del Comando provinciale hanno arrestato in flagranza di reato un uomo. Infatti, “Da molti giorni le pattuglie del Corpo Forestale sorvegliavano la zona a causa delle ripetute segnalazioni di incendi verificatisi nei giorni scorsi. Nella tarda serata di ieri, dopo un prolungato appostamento, l'arresto” (http://www.calabriaonline.com/articoli/reggio-calabria-sorpreso-mentre-appiccava-fuoco-arrestato-piromane_2023.htm). Ecco perché potrebbe servire a qualcosa segnalare in continuazione, ma a queste devono seguire pattuglie della Forestale, con il compito di porre fino a questo scempio, facendo appostamenti. Forse sarà un compito molto difficile, ma non impossibile per uomini determinati catturare i piromani di turno. Difatti, tutti quelli che avessero visto qualche cosa di sospetto, un numero di targa, devono affidarlo alle forze dell’ordine.
Infine, eccovi un terzo vademecum inutile: “Gli ecosistemi forestali proteggono dai dissesti idrogeologici, aumentano la fertilità dei suoli, salvaguardano la qualità delle acque, conservano la biodiversità animale e vegetale, concorrono alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e all’attenuazione dei fenomeni legati ai cambiamenti climatici. Il Protocollo di Kyoto attribuisce una centralità ai boschi anche sul piano economico”. Peccato, davvero, tante belle cose ci danno i boschi.