Il nome “Spinaruccoli” era quanto mai incomprensibile per me: non riuscivo a capire cosa significasse. Qualcuno mi disse, non ricordo se mio padre, mia nonna o chi, che si chiamava così a causa dei tanti rovi che vi crescevano. Non so se sia la spiegazione giusta, ma è l’unica che mi hanno dato.
Credo sia giusta, visto l’intricata selva di spinacci che ora vi regna.
Un tempo non era così. Da quel che io ricordo, non c’erano molti rovi in giro allora. C’era invece un sentiero molto battuto che, seguendo il ruscello, portava a Carinola e io stessa l’ho fatto più volte in compagnia di qualche adulto.
Quello che invece ricordo molto bene era la bella strada ombrosa per arrivarci, le alte pareti tufacee che racchiudevano e proteggevano quel luogo e il Malerba che scorreva chiacchierino e limpido.
Il ruscello c’è ancora… ed è ancora chiacchierino, ma non è più tanto limpido…
E ricordo il punto preciso dove le donne portavano al risciacquo i loro panni: sotto un intreccio di rami d’alberi ed edera che sembrava l’arcata di un ponte tanto era fitto e compatto.
Si era formata una specie di vasca naturale in cui affluiva molta acqua e dove le donne risciacquavano i panni. Qualcuna li lavava anche, portandosi dietro un pezzo di sapone fatto in casa che odorava gradevolmente di potassa. In quel caso c’era una regola ben precisa da rispettare: chi lavava, si doveva necessariamente mettere a valle di chi sciacquava che invece si piazzava a monte per avere acqua sempre pulita.
Credo sia giusta, visto l’intricata selva di spinacci che ora vi regna.
Un tempo non era così. Da quel che io ricordo, non c’erano molti rovi in giro allora. C’era invece un sentiero molto battuto che, seguendo il ruscello, portava a Carinola e io stessa l’ho fatto più volte in compagnia di qualche adulto.
Quello che invece ricordo molto bene era la bella strada ombrosa per arrivarci, le alte pareti tufacee che racchiudevano e proteggevano quel luogo e il Malerba che scorreva chiacchierino e limpido.
Il ruscello c’è ancora… ed è ancora chiacchierino, ma non è più tanto limpido…
E ricordo il punto preciso dove le donne portavano al risciacquo i loro panni: sotto un intreccio di rami d’alberi ed edera che sembrava l’arcata di un ponte tanto era fitto e compatto.
Si era formata una specie di vasca naturale in cui affluiva molta acqua e dove le donne risciacquavano i panni. Qualcuna li lavava anche, portandosi dietro un pezzo di sapone fatto in casa che odorava gradevolmente di potassa. In quel caso c’era una regola ben precisa da rispettare: chi lavava, si doveva necessariamente mettere a valle di chi sciacquava che invece si piazzava a monte per avere acqua sempre pulita.
Le donne arrivavano al ruscello portando ben in equilibrio sulla testa un cesto colmo di panni; lo depositavano per terra e poi si mettevano alla ricerca della pietra giusta da usare.
Le pietre erano già posizionate lungo gli argini del ruscello, ma bisognava scegliere quella giusta per lo specifico compito a cui doveva assolvere.
Per il risciacquo, bastava una pietra qualsiasi, anche più piccola e liscia, ma per il lavaggio era indicata una pietra più grande e un po’ ruvida che permetteva di strofinare per bene i panni.
Sembra strano, ma quelle pietre non avevano una posizione fissa: le donne le spostavano continuamente, pur se con fatica, nel punto che ritenevano più adatto, anche a causa della portata d’acqua del momento.
Mentre le donne lavavano, sciacquavano e ciarlavano, noi bambini giocavamo nei paraggi: rincorrendo ranocchie, cercando di prendere girini o facendo mazzettini di fiori selvatici da mettere davanti alla Madonna della Spina o delle Erbaie, la piccola edicola situata lungo il sentiero.
Generazioni intere hanno frequentato quel luogo rigoglioso di vegetazione e, se ci penso, posso ancora percepire la magia semplice e verace che lo avvolgeva….
Oggi quel luogo, come io l’ho conosciuto, come tanti l’hanno conosciuto, non esiste più.
Ritornarci adesso è stato come cadere malamente dall’alto, in un burrone: mi sono fatta molto male. Le alte pareti tufacee che ancora circondano il luogo, lo hanno protetto da tutto, ma non dall’aggressione dell’uomo.
Le pietre erano già posizionate lungo gli argini del ruscello, ma bisognava scegliere quella giusta per lo specifico compito a cui doveva assolvere.
Per il risciacquo, bastava una pietra qualsiasi, anche più piccola e liscia, ma per il lavaggio era indicata una pietra più grande e un po’ ruvida che permetteva di strofinare per bene i panni.
Sembra strano, ma quelle pietre non avevano una posizione fissa: le donne le spostavano continuamente, pur se con fatica, nel punto che ritenevano più adatto, anche a causa della portata d’acqua del momento.
Mentre le donne lavavano, sciacquavano e ciarlavano, noi bambini giocavamo nei paraggi: rincorrendo ranocchie, cercando di prendere girini o facendo mazzettini di fiori selvatici da mettere davanti alla Madonna della Spina o delle Erbaie, la piccola edicola situata lungo il sentiero.
Generazioni intere hanno frequentato quel luogo rigoglioso di vegetazione e, se ci penso, posso ancora percepire la magia semplice e verace che lo avvolgeva….
Oggi quel luogo, come io l’ho conosciuto, come tanti l’hanno conosciuto, non esiste più.
Ritornarci adesso è stato come cadere malamente dall’alto, in un burrone: mi sono fatta molto male. Le alte pareti tufacee che ancora circondano il luogo, lo hanno protetto da tutto, ma non dall’aggressione dell’uomo.
Uno dei luoghi più belli, più suggestivi, più magici e più affascinanti del paese è ridotto ad una fogna! Una sporca, melmosa, putrida, puzzolente fogna!
Non ho il coraggio di dire altro. Una sola, breve considerazione: in niente siamo veramente bravi e capaci, se non nel distruggere ciò che di bello abbiamo.
G.