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lunedì 9 marzo 2009

Oasi naturalistica" Bassolino" (ex "Lago di Falciano")





E’ ormai pronto il protocollo di intesa tra il comune di Falciano del Massico e la Regione Campania per la nuova denominazione del lago di Falciano, già lago di Carinola. Sembra che la nuova denominazione sia dedicata al finanziatore e maggiore ispiratore dell’oasi e cioè Bassolino. L’oasi è ormai pronta per l’inaugurazione e sarà la prima nel mondo a rappresentare le bellezze moderne della Campania, ormai note a tutta l’umanità.

In anteprima, accompagnati dal direttore dell’oasi naturalistica abbiamo visitato il sito. Il direttore è amico intimo di Bassolino, da cui ha avuto la nomina per i suoi alti meriti scientifici ed accademici, per i quali è stato munificamente finanziato in questi anni.


Lago di Falciano


Avviandoci verso il lago, abbiamo percorso la bellissima strada di accesso, costruita in rigoroso stile Iervolino. Questo stile inconfondibile, altamente artistico, realizzato in tutte le strade del Vomero, consiste nel realizzare lungo tutto il tratto stradale buche di varie dimensioni, alcune profondissime in cui ci si può anche nascondere con tutta la macchina. Ai fianchi, marciapiedi larghissimi per pochi metri che finiscono in un fosso. Ogni fondo rustico, e sono tantissimi, è servito da un ponte di accesso di dimensioni e prezzo enorme, dimensionati per l’accesso ai TIR.


Lago di FalcianoLago di Falciano


Giunti al lago, siamo subito colpiti dagli eucalipti, semi bruciati ad arte, che fanno bella mostra in mezzo ai frutteti ed ai pioppeti rigogliosi del posto. Sotto ogni albero notiamo le prime bellezze, cumuli di bottiglie di plastica e vetro e variopinte buste di plastica con contenuto volutamente celato, che ci vengono orgogliosamente mostrate dal direttore.


Lago di FalcianoLago di Falciano



Giunti vicino all’acqua abbiamo potuto ammirare il suo bellissimo colore blu scuro, frutto della felice combinazione di acqua di fogna e melma. Iniziando il giro in senso orario ci ha mostrato le cannucce invecchiate, tra cui beccheggiavano bottiglie di plastica di vari colori che sembravano giocare nell’acqua. Mentre camminavamo, ci spiegava che immergendosi si potevano ammirare, ferme nella melma rosata del fondo, migliaia di bottiglie di varie dimensioni, anche damigiane, bidoni, pezzi di auto, batterie di macchine e, quando il livello dell'acqua lo permette, si intravede il tetto di un intero camion, forse pieno di bidoni di materiale pericoloso. Il direttore si è detto sicuro che sarà in futuro l'attrattiva principale dell'oasi. Tutto l’insieme forma un bellissimo paesaggio che ricorda la periferia di Napoli.


Lago di Falciano Lago di Falciano Lago di Falciano Lago di Falciano


Continuando siamo arrivati alla spiaggetta, denominata “mappatella beach”, in onore di quella di via Caracciolo, e come quella ornata di ogni genere di rifiuti di vario colore. Si continua arrivando all’emissario del lago denominato “Regio Lagno Minor” perché pieno degli stessi reperti che si possono ammirare nei Regi Lagni.


Lago di FalcianoLago di Falciano


Tornati sui nostri passi, girando in senso antiorario siamo giunti al “Ponte dei Sospiri” da cui si può ammirare una bellissima acqua giallastra che sembra si ottenga da una formula segreta realizzata in una vicina azienda bufalina. E’ stato denominato Ponte dei sospiri perché di là si sospira pensando a quando l’acqua non aveva la bellissima colorazione attuale.


Lago di Falciano Lago di Falciano Lago di Falciano Lago di Falciano


Continuando, si notano sulla destra dei bellissimi e notevoli cumuli di rifiuti che ricordano le principali città della Campania, su tutti campeggia da un albero una bellissima tabella con la denominazione dell’oasi.


Lago di Falciano


Continuando nel giro il direttore, sempre vantando la bellezza delle bottiglie che ci fanno l’occhiolino tra le cannucce, sulla destra ci mostra una vera opera d’arte unica, un cancello realizzato con una rete di letto matrimoniale, vanto di un artista locale. Più avanti ci fa notare la creazione più bella che si trova nell’oasi , una lunga parete di lamiere che ricorda i campi rom dell’ hinterland napoletano. Mentre torniamo all’auto, ancora con gli occhi estasiati dalle tante bellezze che avevamo ammirato, il direttore ci ha mostrato delle grosse pantegane che numerose giocavano sulla sponda. Ci ha spiegato, con giustificato orgoglio, che erano state catturate alla foce della fognatura che dà nel porto di Napoli e immesse nel lago come attrazione faunistica. Ha confessato che per le loro dimensioni parecchi visitatori le scambiano per lontre, senza sapere che queste non sarebbero in grado di vivere in un posto così particolare.


Finita la visita, ci siamo complimentati per la bellissima e geniale idea e siamo sicuri che appena sarà pubblicizzata l’ oasi sarà meta di migliaia e migliaia di visitatori oltre che interesse delle televisioni di tutto il mondo.
I Falcianesi e tutti gli abitanti del circondario, che sicuramente ne avranno immensi benefici, nutriranno eterna gratitudine nei riguardi del responsabile del’oasi e dell’associazione ambientalista che con lui collabora, e giustamente del loro sponsor, Bassolino.


contrAmbientalista


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domenica 8 marzo 2009

8 Marzo – Festa della Donna

 Festa della Mamma..del Papà…dei Nonni…degli Innamorati…e tante altre di cui ho perso il conto. Non sono informato se già esiste il giorno dedicato ai Suoceri…ai Cognati…ai Fratelli …ai Debitori perché si decidano a ripianare i debiti o ai Creditori perché rinuncino ad incassare…, ma non disperiamo, qualcuno provvederà ad istituirlo presto.

Quante ricorrenze…e tutte per rendere omaggio e ringraziare chi ci sta vicino. Dovremmo essere grati verso l’Illuminato che ha pensato a suggerirci che era nostro “dovere”, in quel giorno fatidico di cui ha anche fornito la data, precipitarci a comprare qualcosa che potesse dimostrare il nostro affetto verso il festeggiato. Non importa cosa…più pagheremo e più grande sarà il nostro amore. San Valentino è appena dietro l’angolo e molti di noi, se non tutti, abbiamo compiuto il nostro dovere di bravi cittadini, ingabbiati nella spirale di un consumismo che non conosce pause.

Tra poco scoccherà la ricorrenza più eclatante: La Festa delle Donne.

Dedicata alle Donne…tutte le donne, sia che vivano nel nostro ricco occidente che in sperduti villaggi, immersi nella foresta…. anche se quest’ultime non sono state informate che dovrebbero essere felici ed essere festeggiate.

E’ questa l’unica ricorrenza per la quale ha senso una data: 8 Marzo…e per la precisione 8 Marzo 1908, data in cui, a New York, 129 operaie perirono in uno stabilimento tessile, dove era in corso uno sciopero per protestare contro le condizioni di lavoro. Dopo aver chiuso le porte dello stabilimento, fu appiccato il fuoco e tutte le operaie all’interno furono arse vive.

Questa data venne in seguito proposta da Rosa Luxemburg in ricordo della tragedia e divenne il simbolo delle vessazioni che la donna ha subito nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza per il loro riscatto.

Oggi, tutti i Paesi del mondo lo celebrano, a seconda della loro posizione geografica e cultura, ma vorrei soffermarmi sul come si vive in Europa e, in particolare, nel nostro Paese.
Agli inizi del secolo scorso e fino agli anni 70, questo giorno era veramente dedicato alle Donne: manifestazioni di piazza…cortei….riunioni pubbliche, ma anche nel chiuso delle case. Insomma, la Donna era veramente ricordata. Si discuteva delle lotte da portare avanti per il raggiungimento della parità con gli uomini, sia nella vita sociale che lavorativa. Si proponevano nuove leggi in loro difesa. Ricordate i cortei per la libertà sul diritto all’aborto? Le manifestazioni per il diritto al divorzio? Le proposte (regolarmente messe nei cassetti in attesa) sulla parità di retribuzione?

Tutto questo era portato avanti da loro: le Donne…ed erano pochi gli uomini politici che appoggiavano le loro richieste. Donne…soltanto donne. Con le loro lotte riuscirono a raggiungere dei successi…ma quanta fatica e quante umiliazioni. Sento ancora salire dentro me l’indignazione provata, per un processo intentato per stupro da una di queste coraggiose donne, nell’ascoltare l’arringa di un avvocato della difesa: la “parte lesa” portava i jeans e quindi era particolarmente difficile usarle violenza se lei non era accondiscendente. Ci fu un sollevamento da parte del popolo femminile…un po’ meno da quello maschile.

Che vergogna!

E poi…come non ricordare l’impegno del nascente Movimento Femminista? Disprezzato, deriso, oltraggiato e non solo dagli uomini, ma, e questa è la parte più dolorosa, dalle stesse donne. In quel periodo non esisteva ancora la legge sull’aborto e coloro che decidevano in questo senso, dovevano farlo in clandestinità, affidandosi, il più delle volte, a mani inesperte o, quantomeno, a subire l’intervento in ambienti non idonei. Poche potevano rivolgersi a cliniche private compiacenti. Pensiamo un attimo a queste donne….alla sofferenza nel prendere questa terribile decisione.

E chi c’era vicino a queste donne e ragazze in quel momento? Nella maggior parte dei casi c’erano loro: le vituperate femministe. Erano loro vicino al lettino a tenerle la mano. Erano loro a dare qualche parola di conforto e, sempre loro, ad aiutarle a superare quei terribili momenti.

Non voglio, con questo, spezzare una lancia in favore dell’aborto…ognuno è libero di pensare secondo coscienza. Ma, prima di giudicare, bisognerebbe conoscere le motivazioni che portano a questa decisione non facile e che lascerà per sempre una cicatrice dentro.

Siamo nel secondo millennio e molte cose sono cambiate da quegli anni, ma non illudiamoci che tutto sia risolto. La violenza contro le donne esiste ancora e tutti i giorni ne veniamo a conoscenza. Abbiamo parlato degli stupri, commessi nelle nostre città in qualsiasi ora del giorno e della notte. Ma esiste anche un’altra forma di violenza, ancora più terribile. Quella commessa entro le mura domestiche e della quale, salvo rare eccezioni o quando essa sfocia in omicidio, ben poco si parla. Quante donne (e bambini) sono picchiate o violentate entro casa?  Tantissime, ma esiste, purtroppo, una forma di “vergogna” che vieta loro di denunciare questi abusi per varie ragioni, a causa delle conseguenze che ne deriverebbero.

8 Marzo….festa della Donna.

Nel corso degli anni, lentamente, è cambiato il modo di ricordare questa ricorrenza, fino ad arrivare ai nostri giorni, per accorgerci che si è perduto il vero significato di questa festa, trasformata in puro consumismo

Mi rivolgo a voi Donne…quante di voi ricordano l’episodio iniziale che ha portato a ricordare questo giorno? Quante ricordano le lotte intraprese da voi, dalle vostre mamme e nonne per raggiungere certi obiettivi? Quante hanno ancora negli occhi e nella mente il dolore dipinto sul volto di quelle poche e coraggiose donne che trovavano il coraggio di denunciare uno stupro?

Dimenticato?

Già….oggi non è più di “moda” ricordare certi episodi. Meglio una pizza con le amiche. E la pizza sarebbe ancora passabile se, anche per pochi secondi, si volgesse il pensiero alle tante, troppe donne che, in molte parti del mondo, soffrono e mancano di tutto.

Troppo triste vero? Certo, meglio delegare ai nostri rappresentanti queste “fastidiose” incombenze.

Non parliamo poi di un altro modo per “festeggiare” copiato dai maschietti, in nome della “parità” raggiunta: lo spogliarello maschile.. Immagino che non esista sistema migliore per ricordare quelle povere sventurate morte in un rogo o per volgere un pensiero alle tante donne “schiacciate” in certi Paesi, dall’arroganza e brutalità dell’uomo!

Ma le prime sono oramai morte…e le seconde sono tanto lontane….pensiamo a divertirci…la vita è già abbastanza complicata!

8 Marzo….festa della Donna

Faccio le mie scuse alle lettrici che si sentissero offese da quanto ho scritto, perché sono cosciente che alcuni vostri atteggiamenti verso questa ricorrenza, sono anche frutto dai cattivi esempi che noi uomini proponiamo. Ma sta alla vostra intelligenza il saper scindere ciò che è bene da ciò che non è. E voi lo siete intelligenti, più di noi.

Non vi dico di passare questo giorno confinate tra le pareti domestiche a discutere sulla situazione della donna nel mondo oppure a trovare soluzioni perché il mondo sia un po’ più giusto verso chi nulla possiede.

Però qualcosa potete fare. Quando vi troverete con le amiche davanti alla rituale pizza (non parlo dello spogliarello perché mi auguro che nessuna di voi abbia quest’idea malsana), osservate un minuto di silenzio e lasciate che i vostri pensieri vadano a tutte quelle donne che ancora vivono in condizioni miserabili, che ancora non conoscono o non possono usufruire dei diritti a loro spettanti.

Un pensiero non risolverà nulla, ma almeno vi avrà dato modo di tornare indietro nel tempo….a quel tempo in cui anche da noi le donne si trovavano in queste condizioni.

E parlatene. Non dovete permettere che questa data sia soltanto un semplice rituale legato al mazzetto di mimosa.

E’ sacra!

È stata scritta col sangue e con il dolore d’altre donne….prima di voi.

Auguri
Albino

sabato 7 marzo 2009

Qui habet aures

L’idea della morte e della sofferenza è stata , in qualche modo, rimossa nel nostro emisfero ad alto sviluppo industriale e questo perché le conquiste della scienza e della medicina hanno portato ad un considerevole aumento delle aspettative di vita.

A tale rimozione certamente contribuisce l’immagine di un “uomo” e di una “donna” moderni, così come ce li presenta l’ideologia dominante: belli, affascinanti, vincenti. Pieni di vigore fisico.

Sempre secondo l’ideologia dominante, questi uomini e queste donne hanno diritto ad un tenore di vita assolutamente favoloso, fatto di ricchezza, spensieratezza, allegria, divertimento a tutti i costi. Questi “status” alla fine assurgono a ruolo di “valori”.

Le nuove generazioni, come spugne, assorbono questi “valori” relegandone qualsiasi altro in un angolino buio della loro mente. Vivono male se non riescono ad emulare, anche in minima parte, questi modelli subdolamente falsificati e che i media distribuiscono a larghe mani.

Parola d’ordine per tutti: divertirsi, divertirsi, divertirsi.

La malattia, la morte altrui, vengono confinati in una posizione abbastanza marginale. Qualcosa a cui non pensare assolutamente. Qualcosa che non ci riguarda.

La morte e soprattutto la sofferenza dell’altro, pur se giovane, non è mai un evento contemplato e contemplabile nel proprio specifico effimero universo. E’ preferibile ignorarle. Si deve ignorarle!

Queste considerazioni mi riportano inconsapevolmente alle reminiscenze filosofiche di Kierkegaard: per il filosofo danese la morte è un’esperienza del singolo. Essa riguarda il singolo e soltanto il singolo e non è concettualizzabile.

Per Kierkegaard, l’ineluttabilità della morte e l’inconoscibilità del momento in cui essa giungerà fa sì che il suo pensiero debba essere sempre presente in noi, in qualsiasi cosa facciamo.

Ma riguarda noi, singolo.…E l’altro? Chi è l’altro?

L’altro è colui che c’è

Heidegger, nella sua filosofia, chiama l’uomo “Esserci”.  Per il filosofo tedesco, l’esistenza non è solo utilizzare le cose del mondo che ci occorrono, usandole e manipolandole, ma è anche apertura tra l’uomo e gli altri “Esserci”.

Quando ho letto la filosofia di Heidegger, un po’ difficile da assimilare, sono rimasto un po’ spiazzato da questo modo strano di  chiamare l’uomo. Poi ho capito.

Per capire l’ “Esserci” bisogna capire e osservare l’esistenza. In  essa si muovono gli uomini. In essa condividono, linguaggi, esperienze. Essi “ci sono”, esistono: col loro sentire, col loro dolore, la loro sofferenza, la loro totalità di esperienze belle o brutte.

Ignorarli è semplicemente rinnegare se stessi.

Uno

La conoscenza aiuta il ricordo

Nel raccontare un avvenimento , abitualmente , si usa partire dall’inizio , ma, in questo caso, partirò dalla conclusione per meglio far capire che cosa mi ha indotta a scrivere questo post.
Tutto è scaturito da una frase detta dal Vescovo di Sessa Aurunca, Monsignor Antonio Napoletano, in chiusura della III giornata Diocesana di studi storici , in cui si ricordava, tra gli altri, la figura di Padre Michele Piccirillo: “ Padre Michele amava in modo particolare due monti , il monte Nebo e il Monte Massico”
Questa frase ha svelato una verità a me sconosciuta. Mi era nota la passione di P.. Michele per il monte Nebo e la Terra Santa , ma poco sapevo del suo amore e interesse per l’umile grotta di San Martino sul monte Massico , che molti di noi conoscono.
Ho sempre ritenuto, con un certo rammarico , che P. Michele fosse interessato soltanto al Medio Oriente e che noi tutti avessimo perso , ormai da tempo, questa bellissima figura di studioso e ricercatore.
Con mia grande gioia ho potuto ricredermi. P. Michele non aveva dimenticato i suoi luoghi di origine , il suo paese , i suoi monti e, anche se da un Paese lontano, continuava a prestare la massima attenzione a ciò che qui accadeva.. A riprova di ciò, qualche giorno prima di morire , come ha riferito l’archeologo dott. Michele Raddi , si raccomandò che fosse prestata la massima attenzione alla grotta di San Martino ed agli affreschi in essa contenuti che, come spiegato in modo esauriente dalla Dott.ssa Alessandra Acconci e dal Dott. Ugo Zannini, versano in uno stato di profondo degrado, essendo esposti al vandalismo dei visitatori nonché alla mancanza di adeguata protezione.
La mia conoscenza del nostro illustre concittadino si è ulteriormente arricchita nell'ascoltare la presentazione fatta dalla Dot.ssa Benedetta Steri collaboratrice di P. Michele in Terra Santa , la quale ha approfondito in modo molto esauriente la personalità del frate francescano , anche attraverso una raccolta di fotografie che mostravano momenti significativi di quegli anni trascorsi in Terra Santa.
Ho condiviso la sua emozione nel vedere Michele sorridere , mentre gioca a pallone con i ragazzi. o quando scherza con gli allievi e collaboratori. Michele che s'intrattiene con i beduini e che, sempre con la stessa cordialità, s'incontra con la regina Noor di Giordania. Michele che fa da guida al Papa oppure Michele instancabile lavoratore.
Michele che, senza mai risparmiarsi, realizza opere che rimarranno patrimonio archeologico per tutti.
Ma, soprattutto , Michele uomo portatore di pace, in grado di lavorare con tutti , con discrezione e con rispetto verso qualsiasi cultura e religione.
Rimarrà sempre nei nostri cuori la risposta a una domanda che gli era stata posta: "Da che parte stai?" e Lui: "Dalla parte dell'Uomo"

giovedì 5 marzo 2009

I 10/60 sono passati....ma come?



Ormai dopo circa un anno dalle elezioni e inutile e' superfluo continuare con i paragoni con l'ex amministrazione, e sarebbe piu utile e necessario guardare al futuro, e finirla col nascondersi dietro al passato.
In questi 10 mesi di amministrazione si è badato molto ad effettuare una politica di "facciata", con numerosi convegni politici, numerosi annunci, ma di concreto cosa c'e' stato?
In questi 10 mesi quasi quotidianamente leggo articoli di giornali che riportano annunci da parte degli amministratori che si sta procedendo per fare.....ma poi siamo sicuri che si faccia davvero?
Potremmo parlare dei "cimiteri", di "via Grella", del "P.u.c.", etc. etc.
Eppure questa amministrazione conta anche dell'appoggio di numerosi esponenti politici provinciali Di Lorenzo con Landolfi, Mannillo con Oliviero, Del Prete con Grimaldi, Russo con Sagliocco, tutte conoscenze che a mio avviso potrebbero essere sfruttate meglio per velocizzare la burocrazia e perchè no, poter accedere a fondi europei e/o regionali, per poter realizzare opere necessarie per lo sviluppo del territorio, a tal proposito De Risi annunciò la "cittadella scolastica", a che punto sta?
Vedete, a mio modesto avviso, prorpio in questi momenti di staticità e di crisi, si dovrebbero incalzare coloro i quali "possono fare", è in questi momenti che bisogna far capire a chi ci amministra che non si vive di convegni, fargli capire che "ci vogliono i maccheroni e non le canzoni per riempire la pancia"!!!!

Ing. Rompillo

martedì 3 marzo 2009

Più ci speri e più non succede.




“Cosa c’è?” chiese con fare distratto, come se non volesse saperlo davvero, ma volesse solo riempire un imbarazzante silenzio. Alzando lo sguardo la vide in una penombra di Murnau e gli sembrò interessante, ma non era interessante, non lo era più.

“Sei preoccupato?”

“Si” disse “non credo che Christian manderà i soldi “

“i soldi, i soldi, sembra che non bastino mai e tu poi sembri così venale a volte”

“che vuoi dire?”

“Lascia stare”

“no, sul serio, voglio saperlo”

“è che certe volte sembri infelice solo quando non ne hai.”

Restarono entrambi in silenzio per qualche secondo, come se lei gli avesse fatto una confessione che non si attendeva, aveva detto certe volte, come se volesse evitare di dire sempre, quasi che cercasse di rendergli il boccone meno amaro.

“E’ chiaro che non sai di che parli” la liquidò, ormai era quasi seccato e avrebbe preferito restare da solo, ma non le disse di andarsene perché in fondo gli faceva ancora un po’ paura restare da solo, per via di tutta la malinconia che gli procurava.

“E poi” disse lei “potresti sempre provare a scrivere qualcosa di sconcio, come fanno tutti.”

Era vero, aveva sentito che diversi scrittori si guadagnavano la vita così, che c’era un tale, che si chiamava Girodias che pagava anche abbastanza bene. Aveva in bocca un gusto ferruginoso che gli saliva dallo stomaco, restò un istante ad assaporarlo, sembrava stesse davvero valutando quello che Marie le aveva detto, ma non era vero. Marie si mise a sedere sulla sedia vicino alla scrivania, c’erano dei fogli sparsi, ma tutto sembrava ormai privo d’interesse, come se non ci fosse niente da fare sul serio, e come se da nessuna parte in quella stanza fosse possibile spremere denaro. Era un uomo sconfitto, o almeno così sembrava a Marie, lei che una volta gli aveva persino visto vincere un incontro importante e lo aveva visto ridere. Era cresciuta nel mito hemingwayano e si era fatta l’idea che un uomo dovesse sempre trovare il modo di farsi valere e di resuscitare con un colpo di frusta, darsi una scrollata e rimettersi in sesto. Quando ne avevano parlato, nel caffè algerino, lui non le aveva dato retta, limitandosi a smontarla.

“A volte ho solo voglia di tornare in Germania” disse lui scuotendo il capo da sinistra a destra.

“Credo sia ora di andare” disse lei, lui non disse niente e anche se avrebbe voluto che lo abbracciasse e lo salvasse dalla sua solitudine, non disse niente e lasciò ancora una volta che una cosa voluta scomparisse dai suoi desideri schiacciandola come se invece non la volesse affatto.

Mentre si allontanava lei disse, ma senza rivolgergli lo sguardo, “forse dovresti solo farti una bella scopata, e tutto tornerà a posto.”

Quando fu fuori dalla stanza prese una delle zollette di zucchero che teneva in una scatola di latta e se la mise in bocca. La luce era spenta e non aveva voglia di accenderla, era presto e a Parigi la luce resiste fino a tardi, solo che la sua stanza dava sul cortile e non era mai troppo illuminata. Era una cosa che alla lunga potrebbe far male, ma lui non vi sarebbe rimasto per molto e certe volte la luce scarsa gli sembrava una cosa affascinante. Lungo il corridoio si sentirono i passi di qualcuno, sembravano due ragazzi, parlavano in inglese, gli riuscì solo di capire “Parigi è una merda” e “era meglio il Canada” anche se di quest’ultima affermazione non poteva essere troppo sicuro. Cercò di darsi una mossa, improvvisamente gli venne voglia di fare quattro passi. Si alzò per prendere il cappello, indossandolo scrutò il suo volto nel piccolo specchio, forse non pesava più di sessanta chili adesso e di sicuro non sarebbe potuto tornare a combattere in quelle condizioni. Prima che riuscisse ad uscire, bussarono alla porta. Era Maurice, un marocchino che viveva sulla rive gauche. Era vestito sempre elegante, certe volte portava a spasso persino un ridicolo bastone col pomello in ambra. Nessuno sapeva bene dove prendesse i soldi, ma giravano voci poco lusinghiere sul suo conto. Aveva una posa arrogante e non gli piaceva. Era stato un pugile professionista e se voleva sapeva che avrebbe potuto stenderlo anche in quelle condizioni, ma tuttavia era incuriosito e voleva sapere cosa era venuto a fare.

“Dicono che stai messo male” disse

“chi lo dice?”

“tutti e nessuno…”

Maurice prese a girare per la stanza semibuia, lui si chiese se fosse stata Marie, se la immaginava sul lungosenna, con fare da puttana, arricciolandosi una ciocca di capelli mentre rivelava a quel bamboccio particolari sul suo malumore.

“E’ stata Marie a mandarti qui?” Disse, pentendosene subito perché gli sembrò di aver abboccato a un bluff.

“No, sono venuto da solo.”

Sembrava la trama di un film, col personaggio esotico che esitava a dire quello che era venuto a fare, inchiodando gli spettatori alla sedia.

“Posso sedermi?” chiese.

Restarono a luci spente, Maurice era seduto sulla stessa sedia su cui prima era seduta Marie, lui tornò a sedersi sulla stuoia dove era solito prendere il tè con gli americani del piano di sotto.

“E così ti sei messo a fare lo scrittore” disse, dando una rapida occhiata ai fogli sparsi sulla scrivania, aveva un’aria di sfida malcelata che gli faceva rabbia.

“Fai bei soldi?” Chiese. Lo stava prendendo in giro, ma la cosa che maggiormente lo irritava era questo suo temporeggiare. “Che c’è Maurice? Che sei venuto a fare?”

“Va bene, va bene, arrivo al dunque. So che hai bisogno di soldi, io invece ho bisogno di qualcuno, uno pulito, svelto, che capisce al volo, sono soldi facili facili, che ne dici?”

“Che ne dico di che?”

“Si tratta di fare un lavoretto al porto”

“vuoi che faccia del lavoro sporco?”

“Si tratta di dare un avvertimento, c’è un tale che deve dei soldi ad un amico, devi solo mettergli paura, niente di più, sei stato un pugile, ti ricorderai come si danno quattro ceffoni ben assestati.”

“Allora che ne dici?”

“Quanto?” Disse

“cinquanta.” Restò con lo sguardo nel vuoto, per un attimo gli venne da pensare al mare, a come lui lo aveva conosciuto, dal pontile di una barca.

“Credi siano pochi?”

“Non è per i soldi, non è quello, è solo che preferirei stare fuori dai guai, mi dispiace”

“lascia perdere, come non detto, troverò un disperato con più fegato da un’altra parte, stammi bene Nazista.”

Avrebbe davvero voluto dargli una lezione, lì, in quello stesso momento, ma sapeva che Maurice era una canaglia della peggior specie e non voleva guai. Gente come lui era persino convinta di essere nata dal giusto lato dell’umanità. Se fossero stati in America lo avrebbe sbattuto spalle al muro e gli avrebbe strappato quel tono arrogante a suon di pugni, ma erano in Francia e lì uno come Maurice gli faceva paura. Era a stomaco vuoto e si sentiva già stanco.

Quando Maurice se ne fu andato, cercò di mettere ordine nelle sue emozioni, per certi versi si sentiva un naufrago.

Senza nemmeno rendersene conto si scoprì a gironzolare lungo il perimetro della stanza. Quando fu vicino alla scrivania toccò i suoi fogli disordinati con le dita, alla fine li prese e li sistemo, facendoli sbattere in piedi sul legno, come se fossero dei piccoli menhir. Aveva dentro una sensazione sgradevole che non lo abbandonava. Si sentiva sconfitto e impotente. Aveva fatto molti incontri a Pasadena, ma non ne aveva vinti tanti. Conosceva quella sensazione perché tante volte l’aveva incontrata sul ring. Si faceva chiamare il nazista, per darsi un contegno da ariano e da duro. Non era stato un gran che come pugile e per fortuna se n’era accorto prima di farsi ammazzare. Sperava di valere di più come scrittore, ma questa è una cosa che non si poteva veramente sapere. Aspettava dei soldi dall’America, ma sapeva che Christian non glieli avrebbe mandati. Non erano molti soldi, e per via del cambio particolarmente sfavorevole sarebbero stati anche di meno, ma adesso gli sarebbe piaciuto averli in tasca comunque. Se la Germania certe volte gli mancava, allo stesso modo capiva che la Germania non era il suo posto. Neanche l’America era stata il suo posto e forse nemmeno la Francia lo era. L’hotel dove viveva adesso costava poco, ma ovunque palesava una miseria che proprio non riusciva a trovare romantica. C’era un solo bagno per piano, era sempre sporco e spesso intasato. I gatti di madame Rachou erano sempre in giro a pisciare e a lamentarsi, la vernice sui muri era piena di bolle e certe pareti erano così vecchie da essere diventate friabili e molli. Era sulla rive gauche, al 9 di rue Git-le-Coeur. Sempre pieno di sfollati e spiantati da tutto il mondo, senza una vita. La miseria gli pesava, non era mai riuscito ad abituarcisi e si stupiva di come invece gli americani sembravano proprio sentircisi a loro agio. Per qualche giorno era stato vicino di stanza un certo Bernard Moscovitch, non sapeva se era russo o americano, anche lui si teneva a galla scrivendo sotto falso nome per quello strozzino di Girodias. Lo aveva visto e si erano messi a parlare, niente di serio, solo qualche battuta, poi era sparito, o forse quella pazza di madame Rachou lo aveva cacciato, che era una cosa che poteva capitare. Una sera lo aveva rivisto in un caffè insieme a dei ragazzi canadesi, i loro sguardi si erano incrociati ma niente di più.

Marie invece la conosceva dai tempi di Pasadena, qualche volta aveva sventolato i cartelli tra una ripresa e l’altra. Una volta erano persino finiti a letto insieme, una sera che aveva vinto un incontro importante e aveva portato tutti fuori a bere, era sul serio convinto che ne avrebbe vinti degli altri, ma non successe. Poi era sparita e per puro caso si erano rincontrati a Parigi, dopo quasi un anno da quella sera. Era una ragazza strana e non sapeva se in condizioni diverse e con maggior fortuna, se ne sarebbe potuto innamorare.

Era ormai a spasso da più di mezz’ora e lo stomaco si faceva sentire, non gli era riuscito di trovare nessuno e non sapeva più dove cercare. Alla fine decise di riposarsi su una panchina e per la prima volta si sentì povero davvero. Doveva escogitare qualcosa o si sarebbe ritrovato davanti al portone di una chiesa. Forse lo avrebbe scritto un romanzo per Girodias, e forse se non lo aveva ancora fatto era perché temeva che se anche quello strozzino gliel’avesse rifiutato si sarebbe sentito davvero spacciato, così se lo lasciava come scialuppa, facendo solo la figura del coglione e del bigotto perché faceva la fame pur di non scrivere certa robaccia.

Avrebbe potuto cercarsi un lavoro come un altro e farla finita con quella storia del pugile che smette di boxare per fare lo scrittore, se l’era raccontata un mucchio di volte e adesso si chiedeva se fosse l’unico a crederci ancora. Ormai sembrava solo una di quelle cose che sempre si spera succeda e più ci speri e più non succede.



Pierangelo Consoli

venerdì 27 febbraio 2009

La fase B


Ho l’impressione che da un po’ di tempo su questo blog ci si stia allontanando dalla realtà, per dedicarsi a discorsi astrusi e senza fondo di realtà: chi “santifica” il sindaco e chi lo vorrebbe sulla graticola, chi si lamenta dell’immondizia nascosta qua e la, chi predica di diverse concezioni dell’amore addirittura!

Scherzo ovviamente ma, ironie a parte, voi non avete capito niente cari miei! Secondo voi Mannillo pensa a queste filosoferie da studiosi? Al Mannillo ora interessa tutt'altro, ossia di attuare la fase B del suo vero programma elettorale. Quale era la fase A? Vi chiederete…. Beh semplice, l’obiettivo della fase A era, semplicemente, vincere le elezioni, e può essere quindi considerata “mission accomplished”.

Allo scopo di compiere la prima fase, tuttavia, il nostro eroe ha dovuto fare patti con praticamente tutto e il contrario di tutto: amici, parenti, nemici, alleati ed ex alleati, perfino con le farmaciste, una delle tante famiglie intime di Grimaldi. Tant’e’ che il giorno della vittoria elettorale molti ricordano ancora che in certi punti del Comune non era facile capire se ad essere diventato sindaco fosse stato Gennaro Mannillo o Massimo Grimaldi.

Da ciò nasce un problema fondamentale: dove si può andare con una coalizione di gente che, politicamente parlando ma in alcuni casi anche umanamente, si schifa a vicenda? Ecco che il buon Mannillo, da bravo “raccoglitore di palle al balzo” (opportunista, direbbero i maliziosi), si appresta ora a estirpare le erbacce che gli si arrampicano alle caviglie e che lo lasciano con i piedi bloccati, e attende il momento opportuno.

La ghiotta occasione gli si sta presentando con le imminenti elezioni per il consiglio europeo.Tutti gli adepti del centro destra carinolese, infatti,  ci tengono a presentarsi uniti in un unico gruppone della PDL, e per svariati motivi: chi vuole essere eletto presidente (Antonio Russo?) per aspirare a qualche incarico provinciale, chi per essere  ricandidato alle elezioni regionali (Grimaldi?) dietro la sponsorizzazione di un simile gruppo e aspirare anche ad una eventuale riconferma, chi (Di Lorenzo?) semplicemente per prendersi la paternità di tutto il numero dei suffragi per spenderli nelle segreterie del partito.

Il Mannillo, da bravo navigatore, invece di assistere aspettando l’onda che lo potrebbe, se non travolgere, almeno ridimensionare, parte all’attacco e sfrutta l'occasione per realizzare la fase B del suo progetto politico. Allora ecco che comincia a pontificare sul nuovo assetto dei gruppi e della lora nuova collocazione nel consiglio comunale con gli assessorati spettanti. Per fare la nuova assegnazione o ripartizione, a seconda dei punti di vista, è necessario "l'azzeramento degli incarichi attuali".

Di Lorenzo, nelle affermazioni del sindaco fatte pubblicare subito dai giornali, ha sentito puzza di bruciato ed ha compreso che il vero obiettivo del cosiddetto "azzeramento" e' il suo partito. Le varie farfalline che si posano di fiore in fiore e qualche volta anche su qualche cacca gli hanno riferito di incontri di Mannillo con Grimaldi e suoi collaboratori. Siccome è bravo in matematica politica, ha intuito il piano di nuove alleanze per isolarlo, o come minimo per togliere un assessore ad  Alleanza Nazionale per darlo a qualcuno di sua diretta "appartenenza" (Pia Zampi?). Egli ha quindi subito ha preteso il mantenimento dello status quo delle cariche attuali, ma la schermaglia continua e i risultati si avranno a breve.

Su chi vincerà ci sono pochi dubbi: sicuramente il Mannillo che attualmente, eliminato Pasquale Di biasio, è una spanna più in alto degli altri per furbizia e tempestività.

I momenti inaspettati sono spesso motivo di confusione per gli sprovveduti, mentre sono grandi occasioni per chi sa cosa vuole. Ma una domanda e' lecita: cosa vuole?

mercoledì 25 febbraio 2009

Walter, grazie comunque


Sono passati pochi giorni dall’abbandono di Veltroni dalla carica di segretario del partito democratico ma si ha l’impressione che sia passato un tempo lunghissimo. A dare questa impressione e' stata l' immediatezza dell’elezione del suo sostituto, oltre alla chiara volonta' di archiviare al più presto la sua breve esperienza.
Stranamente, invece di seguire come di prassi i tempi lunghi della politica italiana, in pochi giorni si sono riuniti tutti i capi e capetti del partito ed hanno conferito al vice gli stessi poteri del segretario, forse anche di piu'. Il povero Walter era partito fiducioso, pensando di realizzare il sogno di costruire un partito nuovo, riformista in opere e non in chiacchiere. Il suo entusiasmo ha dovuto cozzare con gli interessi particolari dei sempiterni capobastone proprietari dei pacchetti di tessere. Come gli azionisti di una società, con la detenzione di un certo numero di tessere condizionano la vita di un partito a loro piacere. Così, su ogni argomento in discussione, ognuno di questi azionisti occulti (nemmeno tanto), ha imposto la propria linea di condotta. Si ricorda, uno per tutti, il caso Englaro, su cui la linea del partito si è clamorosamente spaccata come in tante altre occasioni tra l’anima cattolica e quella laica, invece di quella della ragione.
Quando un partito non è coeso, o almeno non dà la sensazione di unità, è difficile da far accettare agli elettori. Inoltre, nelle varie proposte in campo economico, sulla sicurezza, sulla scuola, sulla giustizia e sulla responsabilità dei giudici è stato costretto da queste lobby interne a pronunciare troppi "ma anche". Su tutti i problemi ha indicato sempre la via giusta da seguire ma poi ha sempre dovuto virare bruscamente perché costretto verso il fatidico "ma anche". Questa affermazione vuol dire restare immobili nel passato a sostenere le posizioni di chi in questa situazione di stallo in cui si trova l’Italia sguazza e si arricchisce e che perciò non pensa certo di modificare.
Alla fine, vista l’impossibilità di incidere sulla volontà dei vari capobastoni, ha dovuto gettare la spugna e confessare di non avercela fatta e di non farcela in futuro. Comunque tutti anche gli avversari hanno dovuto riconoscere il suo sforzo nobile di riformare questa politica italiana ridotta ormai ad uno stato a dir poco vergognoso. Comunque sia, il suo seme innovatore ha dato vita all’embrione di due coalizioni abbastanza omogenee. Come è giusto che sia, ha vinto ed avuto gioco facile la coalizione più omogenea e che ha saputo proporre agli elettori soluzioni più vicine ai loro problemi. Se queste soluzioni promesse in campagna elettorale siano state o saranno poi messe in atto, è un altro discorso da trattare a parte. Seppur nel fallimento del suo meraviglioso progetto di unire tutti gli italiani di buoni sentimenti e di buoni ideali in un progetto comune, comunque gli dobbiamo riconoscere il grande merito della semplificazione del panorama politico italiano.
Oltre a questo, come conseguenza ha il merito di averci liberato da tanti arruffapopolo che sotto varie sigle, comuniste, ambientaliste, consumatori, pensionati e altre fantasie, hanno avvelenato la vita degli italiani con politiche inutili e demagogiche. Questi orfanelli del potere per il potere, quando hanno l’occasione di parlare in pubblico, non lesinano le loro velenose invettive contro il povero Walter. La sua colpa è quella di averli appiedati e fatti tornare nella loro dimensione normale, che è la nullità (anche se qualcuno come Giordano ha ancora la scorta: forse gli è rimasta per difenderlo dai possibili scapaccioni degli operai che diceva di voler difendere e che invece ha finito di affamare con l’aumento indiscriminato delle tasse messo in atto dal suo amico Visco).
Perciò, nonostante il fallimento del suo progetto, tutti devono dire grazie Walter per aver liberato gli italiani da questa calamità che risponde ai nomi di Pecoraro, Giordano, Bertinotti, Diliberto, Mastella, senza parlare del segretario dei socialisti, di cui non ricordo il nome, che dall’alto del suo 0,5 per cento teneva in scacco un governo. Grazie Walter, comunque grazie, anche a nome dei redattori politici dei telegiornali che ogni giorno erano costretti a nominare uno per uno questi parassiti della politica italiana.

Cipputi

lunedì 23 febbraio 2009

Un diverso amore…..

casanova




La diversa visione delle cose crea sempre qualche problema, qualche equivoco, qualche malumore.

A volte i migliori amici diventano nemici perché hanno una visione diversa sullo stesso argomento, da ciascuna delle parti ritenuta verità e non si accetta con pace il confronto.

Come mai ci sono tali diversità di vedute?

Prima di tutto per una diversa cultura dei soggetti, poi per una diversa formazione e una diversa educazione, ma io pongo sopra a tutto: per un diverso amore. Per che cosa?.... Ora lo vedremo.

Le critiche rivolte all’attuale e all’ex amministrazione comunale vengono sempre considerate inopportune, cattiverie di chi non ha nulla da fare e vuole fare solo del male.

Forse in alcuni casi può essere vero, ma queste considerazioni non sono assolutamente corrette.

Chi critica sa benissimo cosa fa e perché lo fa, che piaccia o no, così come sa benissimo che ciò che muove le sue critiche è l’amore per la propria gente e per il proprio territorio, che si creda o no.

Questo, tuttavia, non è ciò che le amministrazioni gradiscono. Forse perché sono mosse da un diverso amore. Un amore che si basa prima di tutto su una convenienza.

Le amministrazioni si circondano sempre di persone servizievoli e servili perché gradiscono chi dice sempre si e chi approva sempre ciò che si fa. E quando passa per strada o sta nel bar un possibile sospettato, queste persone lo trapassano coi loro sguardi come fossero coltelli.

Ma non si può tacere per evitare quegli sguardi.

A queste persone non passa neanche per l’anticamera del cervello che forse quel sospettato è qualcuno che ama e rispetta il proprio territorio più di loro, è qualcuno che ama e rispetta la propria gente più di loro che invece sono così solidali e che, per un concetto sbagliato di amore, col loro silenzio-assenso, diventano complici di ingiustizie e scelleratezze.

I vecchi ancora dicono: chi ti ama ti fa piangere, chi non ti ama ti fa ridere…

Nonostante i proclamati cambiamenti, niente è cambiato; solo i protagonisti. Oggi, a godere i benefici e l’attenzione di questa amministrazione è il Gruppo Folk che, suo malgrado, è stato tirato in politica (sigh!); avvocati vari a cui è stato promesso un incarico comunale; un’ associazione musicale che gode di un’ottima parentela col primo cittadino e tutto il sistema satellitare che ha contribuito a far brillare la nuova amministrazione.

Ok… tutto questo va benissimo. Purtroppo la politica questa è! Ma è anche solo questo ciò che si vede.

A noi non ce ne può fregare tre sassi se, oggi, ad essere considerate, sono queste persone invece che altre. Quello che invece ci frega è che venga messo al primo posto il CITTADINO e il TERRITORIO e poi tutto il resto. Invece questo non è mai avvenuto e non avviene.

Io non riesco a stare zitto davanti a stupidaggini come la coppa del mondo a Carinola e tante panzane varie e poi girarmi intorno e vedere monnezza, monnezza, monnezza.

Non riesco a stare zitto di fronte al fatto che ci sono famiglie che non arrivano neppure alla metà del mese e devono dignitosamente affidarsi alla carità dell’ istituzione Chiesa, mentre l’istituzione Comune non cerca una minima soluzione.

Non riesco a stare zitto di fronte al fatto che non si arrivi ad assumere quattro vigili perché i giochetti politici non vanno in porto….

E non posso stare zitto di fronte alla chiusura dell’amministrazione e al fatto che non ci si apra ai cittadini disponibili e si dica loro: “il problema è questo. Aiutateci a risolverlo.”

Carinola, purtroppo, non è un Comune che funziona, così come Caserta non è una Provincia che funziona, così come la Campania non è una Regione che funziona.

Mah! Che dire?.... amici come prima e più di prima. Io sono sempre disponibile a dare una mano per il mio Comune, se solo posso essere utile a qualcosa. E senza alcuna ricompensa.

Mister No

giovedì 19 febbraio 2009

sulle tracce dell'ultimo santone del sud Italia..


    Sono ore queste di agitata trepidazione e di grandi emozioni, di partenze improvvise dove l’Oriente sembra essere la rotta più battuta. La folla è in delirio, gli uomini organizzano grandi falò mentre alcune donne si toccano il grembo pensando probabilmente a Lui. Qualche ora fa infatti, a conferma di quanto sapevamo, è giunta un’ ambasceria dal Gibuti, arrivata in groppa a degli enormi cammelli. Sembra la scena di un Kolossal ma è la pura realtà. Si tratta forse di due possenti guardie del corpo che stanno ora accompagnando uno sciamano dai tratti somatici antichissimi, condotto per le scale del comune dal colonnello Josè Mario Tuozzi. Ma prima di andare avanti ripetiamo quella che è la notizia del giorno. Da fonti molto vicine al suo team possiamo confermare che il sindaco di Carinola Gennaro Mannillo è da due giorni chiuso con pochi seguaci nella stanza del comune, in un stato di grande allucinazione in cui, dicono concordi medici e santoni, potrebbe rivelare una grande illuminazione per il genere umano. Sono arrivate le televisioni nazionali e internazionali già da qualche ora, ma nessuno ancora è riuscito ad entrare e vedere il “figlio del ventunesimo secolo”. Così è stato battezzato dai media il nuovo messia della politica, l’uomo del cambiamento, “vestito di sabbia e di bianco”, come direbbe il cantautore genovese.
    Alcune fonti ufficiose parlano di una grande alcova, con zanzariere giunte dal Sudamerica, che pare sia stata installata nella stanza del sindaco al posto della scrivania, con cuscini a terra e incensi profumati sempre accesi, in modo da permettere il crearsi di un ambiente naturale per la levitazione, che pratica una volta al giorno.
    Ma la domanda che tutti si pongono ora è come sia potuto entrare improvvisamente in questo stato di tranche? Ebbene la scienza concorda su questa versione: siamo a metà febbraio ed esattamente un anno fa si stavano formando le due liste per le amministrative in questo comune della provincia di Caserta. Ebbene tenetevi attaccati alle sedie prima di sentire questa cosa: Gennaro Mannillo aveva bevuto a sua insaputa un potente filtro magico che gli ha consentito di lasciare Pascale il Grigio (suo ex cobelligerante politico) per allearsi con Marcantonio il Russo. Il filtro però, versato nel vino da un’accattivante donna senza scrupoli, sarebbe dovuto durare per cinque anni. E invece cari lettori, la mole protomaschia di quest’uomo ha fatto in modo che sia durata solo anno.
    Cosicchè,  finito di colpo l’effetto ma scopertosi sindaco, Gennaro Mannillo è caduto in un profondissimo stato di tranche, invoca la terra d’India, parla una lingua sconosciuta formulando illuminazioni che ambasciatori da tutto l’Oriente cercano ora di interpretare. Intanto è calata anche questa notte senza che nessuno abbia capito quello che questo nuovo santone vuole consegnare a questa gente, ammaliata oramai da una leggenda vivente. Verremo a conoscenza di una profezia? Un segreto inconfessabile dell’umanità? Una nuova religione?
Non resta che rimanere a Carinola per scoprire come andrà a finire questa storia incredibile.



Da RaiNotte “Speciale Santoni”, martedì 17 febbraio 2009, servizio di Marcello Nespolillis.


Guru
un'immagine del santone durante un momento di meditazione

mercoledì 18 febbraio 2009

I Sette Ministri


C’era un sole accecante il giorno che decisero di trascinare in strada i sette ministri per fucilarli.Uno di questi aveva come una febbre tifoide e stava morendo. Tossiva rumorosamente e aveva la faccia rubizza. Soffriva già di suo così vistosamente che i soldati esitarono un poco prima di metterlo in riga con gli altri perché gli pareva di fargli un piacere a ucciderlo a quel modo.

Allo stesso ministro sembrava non importare e non riusciva a stare in piedi, alla fine dovettero sparargli dall’alto verso il basso, come si fa con una bestia alla quale si vuol bene e non si vuole che soffra ancora.
Affrontarono la fine con coraggio, erano il vecchio regime che veniva eliminato ed era giusto che non si lasciassero andare. Mantennero una certa distanza dalla morte, e l’affrontarono con rigore. Sapevano che le cose non sarebbero andate meglio di come andavano prima, perché una crisi profonda come quella che si erano trovati ad affrontare non si risolve accoppando qualche ministro, ma tutto quel trambusto era una cosa nuova e la gente parve vederci una soluzione.
Fu una mattanza rapida, senza ultimi desideri. Nessuno di loro disse niente, e quando uno dei ministri, quello più esile, esperto di pubblica amministrazione, sembrò voler lasciare un messaggio, o semplicemente dar vita ad un estremo lamento per come erano stati trattati, il leader Mariano gli seccò la gola con uno sguardo, così di tutto quello che avrebbe voluto dire, non restò che uno starnuto. Qualunque cosa avessero detto, in quel luogo senza claque, si sarebbe mischiato alla polvere, mentre se qualcosa in quella cava sarebbe potuto rimanere, quello era certamente il silenzio. Lasciar parlare solo i passi della milizia, e i loro grilletti arrugginiti, solo il latrato dei cani in attesa di cibo servito al volo, lasciare sfogo a quegli attimi tanto contriti quanto tristi, questo sarebbe potuto rimanere, non il lamento o il rimprovero inutile dell’ultima ora.
A sparare erano in otto, ed erano tutti volontari, qualcuno si sarebbe beccato qualche pallottola in più.
I sette ministri indossavano il saio ufficiale, mentre i fucilieri, radunatisi in fretta, indossavano abiti civili e diversi. Non essendoci stato il tempo di escogitare una divisa, erano venuti a cambiare la storia con camicie a quadroni e pantaloni di velluto a coste. Erano all’incrocio senza cappello e le redini in mano. Quando fu il momento lo capimmo dagli uccelli che si sparpagliarono allarmati dagli scoppi dei fucili. Udimmo gli spari in lontananza e tutti ebbero solo voglia di tornare a casa.
Le rivoluzioni serie si fanno con le armi, perché da quelle serie non si torna mai indietro tutti interi.
La moglie di uno dei ministri, paradossalmente il più vecchio, che si occupava di agricoltura, aspettava un bambino. Per mesi non si era fatto altro che speculare. Si diceva che avesse pagato un ragazzo affinché gli desse un erede. Si era soliti aggiungere che lo avesse pagato più del pattuito, e che lo avesse poi costretto a lasciare la zona perché diversamente da quanto aveva immaginato, non ne reggeva la vista. Ma queste erano chiacchiere e nessuno poteva davvero sapere quanto fossero vere. Ciò che restava con certezza era una moglie gravida di troppo dolore e il desiderio di un figlio tanto a lungo covato che a niente era servito. Questi uomini non erano stati presi durante il sonno, strappati alle loro famiglie nel cuore della notte, ma per una barbara e forse anche sadica ragione, si era lasciato che sapessero, che trapelasse la notizia che presto sarebbe accaduto ciò a cui adesso assistevamo. Sapevano che non sarebbero scappati, e forse in qualche modo se lo auguravano, per poterli così più facilmente denigrare. Proprio perché lo sapevano, era probabile che ognuno di loro avesse fatto qualcosa che gli sarebbe mancato, come fare sesso o farsi una bella abbuffata, ma mi piaceva credere che fossero giunti alla risoluzione timorati e puri e non sudici e spavaldi.
I corpi furono ammassati uno su l’altro, e furono bruciati con la benzina. I cani ci restarono male e presero a guaire per il tanto spreco. A ognuno di noi sembrò oltraggioso non poterli piangere su una tomba, ma non lo dicemmo. Immagino che la storia in divenire tenda a voler cancellare quello che solo dopo con tanto sforzo cercherà di ricostruire e ricordare. Forse un giorno qualcuno avrebbe sentito il bisogno di chiedere scusa per quanto avveniva, ma sapevamo che nessuno di noi sarebbe mai vissuto tanto a lungo.

Pier Angelo Consoli

lunedì 16 febbraio 2009

In saecula saeculorum


La chiesa cattolica ha superato felicemente e in ottima salute il secondo millennio di vita. Nei due millenni trascorsi, ha attraversato tante traversie, subìto anche persecuzioni a volte feroci, ma ha sempre resistito ed e' sopravvissuta.
Sicuramente c’è qualcosa di soprannaturale a sorreggere questa sua secolare vitalità, lo devono riconoscere anche i non credenti. Ma oltre alla mano divina è anche il modus vivendi di questa sacra organizzazione che le permette di perpetuarsi nei secoli. Come un giunco che cresce sulla riva di un fiume, quando arriva la piena si piega, la fa passare e subito dopo si erge più vitale di prima. Oltre alla mano divina è la consuetudine della Chiesa ad assecondare il potente di turno che le permette di sopravvivere. Il potente di turno sparisce e la Chiesa resta più forte che mai a dominare il mondo. E’ successo con Costantino e gli imperatori cristiani che si sono susseguiti dopo di lui fino ai gli anni più vicini a noi. Senza andare troppo lontano, osserviamo il comportamento della chiesa nei confronti del nazismo che teneva in mano il controllo dell’Europa. Nessuna condanna da parte del Papa, anzi assidua partecipazione dei propri cardinali alle manifestazioni del regime. Quel modo di agire era dovuto per non inimicarsi il padrone indiscusso del momento che, volendo, poteva pregiudicare la vita della Chiesa. Così il dittatore e il suo regime sono spariti ma la Chiesa è rimasta ancora più smagliante. Le critiche postume non scalfiscono la sua forza e dopo tanti anni dai fatti è anche facilissimo confutarle in quanto le vittime ormai sono tutte defunte.

Arrivando ai nostri giorni la storia si ripete: abbiamo uno stato egemone nel mondo, gli U.S.A., e il suo braccio armato, Israele, che agisce illegalmente fuori da ogni regola internazionale. Stato illegale perché non rispetta le risoluzioni dell’ONU – www.terrasantalibera.org- e con la propria forza occupa territori non suoi seviziando e imprigionando i legittimi abitanti che sono i palestinesi. La chiesa che fa? Invece di condannare questo stato per le nequizie che compie, condanna un proprio vescovo perché ha contestato il numero di Ebrei morti nella seconda guerra mondiale. Si fa una questione di numero invece che di atti criminali, come se si dovesse avere un rimborso, perciò più alto è il numero di vittime rivendicato più alta la ricompensa.
Questo Papa ha inoltre il complesso di essere tedesco per cui ritiene tutti i tedeschi colpevoli dell’eccidio degli ebrei, anche quelli che non sanno di che si parla. Ogni giorno predica la pace nel mondo facendo finta di non sapere che non esiste pace senza giustizia. Lo Stato che agisce fuori della legalità internazionale deve essere stigmatizzato ed isolato. La chiesa che dice di parlare alle coscienze dovrebbe asserirlo con forza, invece ogni giorno chiede scusa per qualcosa. Scuse che vengono sollecitate con un atto di imperio e di protervia. Se non china la testa non può recarsi in pellegrinaggio in quello Stato (che e' la terra santa a tutti i cristiani) e allora, per avere il visto, deve chinare la testa.

Così facendo, come nel secolo scorso si legittima di nuovo l’operato di un regime sanguinario le cui ultime vittime sono ancora calde e alcune ancora senza sepoltura. Si dirà che la chiesa è per il perdono, ci si dimentica che il perdono si può avere solo seguito al pentimento. Non è questo il caso: infatti non solo non sono pentiti ma sono pronti a commettere nuovi crimini più atroci.
Prego come credente affinche' nel momento in cui il papa stringerà quelle mani assassine avvenga il miracolo che entrambe si tingano di sangue. Se non sarò esaudito per questo miracolo mi auguro almeno che in quel momento venga assalito da rimorso e almeno arrossisca.

Questi sono desideri di persone semplici, non di chi porta sulle spalle la ragione di stato che gli impone questi comportamenti. Solo questo modo di muoversi nei confronti dei potenti permette alla chiesa di perpetuare la propria esistenza ed il proprio potere nei secoli dei secoli.

un cattolico

giovedì 12 febbraio 2009

A wonderful world



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La grossa ruspa scava, scava, scava….da giorni e giorni.

La Montagna eretta con i bisogni e i desideri dei carinolesi sembra non aver mai fine. Due anni dei tanti diversi sentimenti accumulati lassù, non sono pochi. E Selleccola, con uno spirito di sacrificio straordinario, li ha accolti senza lamentarsi; subendoli, coccolandoli, cullandoli, proteggendoli. In silenzio, come una mamma. Non è così che si fa con i figli?

Mentre la ruspa insacca e butta in un camion tutti quei buoni sentimenti ormai ridotti in una poltiglia colante, io dall’alto di monte Pecoraro osservo e ogni tanto ne vedo schizzare fuori qualcuno…

Il più invadente ed esuberante è senz’ altro il piacere per la buona tavola che, con gioiosa prepotenza, vuole primeggiare sugli altri e impillacchera il suolo col suo fertile umore.

A spintoni, ma senza troppa fatica, cercano di farsi strada anche gli altri e li riconosco tutti: l’ignoranza, l’incoscienza, l’irresponsabilità, la strafottenza, l’indifferenza, l’inciviltà….

Sono tutti là, uno accanto all’altro, a comporre questo bizzarro monumento al sentimento del carinolese moderno.

Su tutti però sovrasta un sentimento che non mi è nuovo in questo Comune ed è prerogativa delle amministrazioni comunali: la stoltezza.

Esso sventola come una bandiera su quella Montagna di Vergogna.

Tra qualche giorno Selleccola sarà definitivamente sollevata da quel suo ruolo di custode, ma intanto, un altro sentimento si fa strada in seno all’ex e all’attuale amministrazione comunale: la vanagloria.

Si celebrano, tramite manifesti e blog, i propri meriti per essere riusciti a liberare Selleccola da una tale incombenza. Non si riesce, però, a stabilire a quale delle due amministrazioni appartiene il merito di quest’azione: se all’ attuale, che l’ha messa in atto, o all’altra che ne aveva presentato richiesta già da un anno.

Tranquilli! Non litigate per queste inezie!

I cittadini carinolesi non amano questo tipo di cose, lo sapete bene. I cittadini carinolesi sono gioiosi, festaioli, allegri, amanti del buon cibo e del buon vino e non vogliono far torto a nessuno. Vogliono essere amici di tutti, vivere tranquilli e spensierati nel luogo che amano, che curano con la massima attenzione e che rispettano.

Mentre voi amministratori siete sempre stati occupati in quelle noiose discussioni per stabilire a chi appartengono effimeri meriti, loro hanno ben pensato di rallegrare il Comune in cui vivono, costellando l’intero territorio carinolese di vivaci colori: giallo, rosso, blu, verde, azzurro….

Con l’allegria e la grande civiltà che li distingue, vi hanno lasciato tutto QUESTO.

Peglina, Terralba, Cimitero, Sant’Arcangelo, Grangelsa, Creta sono diventati oasi colorate che il solo vederle allieta il cuore e tutto grazie ai cittadini che, consapevoli dell’impegno continuo delle amministrazioni in ben altri problemi, hanno deciso fare da soli.

Perciò amici amministratori, siete appena arrivati e già litigate per i meriti?

Eeeeh! Non avvilitevi: ce ne sono ancora tanti da conquistare!

Lancillotto