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domenica 19 aprile 2009

I luoghi della memoria: Sprecamugliera

 
Una delle frasi che più spesso sentivo dire a mio nonno quando faceva storie con mia nonna era:
“j te portu a sprecamugliera”.
Non avevo idea di cosa stesse dicendo: non conoscendo il luogo, non mi rendevo conto del significato della frase. Ci sono voluti molti anni prima di capirlo.
Il termine “sprecamugliera” ha una radice spagnola: ‘mugliera’ non sta per ‘moglie’ ma per ‘donna’, dal termine spagnolo ‘mujer’ a sua volta proveniente dal termine latino ‘mulier’.
Questa strano nome deriva dal fatto che, in tempi passati, sul luogo esisteva una fittissima ed estesa selva di castagni, solcata da un’ intricata rete di sentieri campestri in cui molte donne che lavoravano in zona, non sapendo ritrovare la strada, si perdevano.
Era una zona bellissima e vergine, piena di verde. E ancora lo è.
La miriade di sentieri e di strade sterrate che si snodano in quel luogo vanno verso terreni privati e verso Carinola e, prima che fosse fatta l’attuale strada asfaltata che unisce Falciano a Carinola, erano quelle le strade che i falcianesi percorrevano per recarsi nel capoluogo, al comune o al mercato.
Prendendo una deviazione, si poteva passare sull’arco naturale di tufo che univa i due lati del burrone sotto cui scorreva un ruscello, o si poteva passare per la fontana della Musica, una sorgente che scaturiva dalle pareti tufacee. Là, presso la sorgente, i passanti si fermavano a fare colazione e ristorarsi dalla fatica del cammino…
Molti anni sono passati e tante cose sono cambiate, ma il luogo conserva ancora quel fascino di mistero che è peculiarità di certi luoghi naturali, i quali potrebbero essere sfruttati in ben altro modo. Sprecamugliera potrebbe essere un secondo sentiero turistico naturale da offrire a eventuali ospiti, oltre a quello degli Spinaruccoli.
Anche questo stupendo luogo però non fa eccezione e, come tanti altri luoghi del comune, è invaso da una marea di immondizia che lo deturpa e lo abbruttisce.

sprecamugliera sprecamuglierasprecamugliera sprecamugliera


Se è vero che i centri abitati del carinolese sono oggi abbastanza puliti, questo non è però vero per le aree naturali circostanti. Il nostro territorio presenta, in maniera spiacevolmente vistosa, l’azione aggressiva dell’uomo che lo ha sfigurato per anni, gettandovi ogni tipo di immondizia, sia perché non è stato mai offerto ai cittadini uno spazio di smaltimento rifiuti, soprattutto ingombranti, sia perché non è mai esistita un’azione di vigilanza e di controllo, né tanto meno è stata mai organizzata una campagna formativa volta ad educare il cittadino al senso civico e all’abbandono di certe cattive abitudini.
Quello che oggi ci ritroviamo è un territorio tartassato da pattume di ogni genere dove risalta che i cittadini carinolesi non hanno saputo tutelare il loro ambiente naturale. E questo non ci fa certo onore.
Chi si ostina a dire che tutto il territorio è pulitissimo, negando l’evidenza, continua a dire bugie e continua ad ingannare i cittadini.
Forse le loro macchinette fotografiche sono speciali e  non  riprendono immondizia. O forse lo sono le nostre, che invece riprendono soprattutto quella. Mah! Potere della tecnica! 
G.
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mercoledì 15 aprile 2009

Terra di conquista



Da secoli e secoli, dagli albori della storia fino ai nostri giorni, l’Italia è terra di conquista. Nessun popolo straniero o nostrano è sfuggito al fascino di impadronirsi di tutta penisola, neanche i Romani che pure erano di casa.
Il periodo più buio sicuramente l’Italia lo attraversò proprio dopo la caduta dell’impero romano. Non c’erano più le forti ed agguerrite legioni romane a difendere i suoi confini e così essa divenne preda di feroci popoli invasori il cui unico intento era quello di impadronirsi della penisola per appropriarsi  delle sue ricchezze.
Popoli colti e popoli barbari; popoli nordici e popoli orientali. Tutti con lo stesso intento.
Questa abitudine alla spoliazione delle italiche ricchezze e virtù non è ancora finita. Oggi c’è un nuovo popolo che ha invaso l’Italia: il Popolo della Libertà.
Come un’orda di voracissimi barbari, il Popolo della Libertà procede nella marcia all’occupazione dell’intera Italia al seguito di un abile condottiero il quale, dopo aver stazionato per diversi anni in una loggia massonica per imparare bene il mestiere, si è lanciato senza paura alla conquista della penisola.
E’ riuscito a sottomettere, a suon di promesse e doni, varie tribù: la piccola tribù guidata da Alessandra Mussolini, quella più grande guidata da Gianfranco Fini il quale, da quel gran sacerdote che è, ha sacrificato proprio tutto al nuovo condottiero: il nome, i propri usi e costumi, le proprie tradizioni, i propri valori, e si è lasciato acculturare dal nuovo Popolo invasore.
La piccola tribù di Casini ancora tentenna, ma non nasconde la sua propensione per il nuovo condottiero e prima o poi abboccherà all’amo che questi, da grande stratega, gli lancerà.
L’altra grande tribù, quella padana, è più ferrigna e pur alleandosi col nuovo Popolo, ha invece preferito mantenere una propria autonomia ed ha tracciato dei netti confini auto difensivi intorno al proprio territorio, non volendo partecipare alla kermesse in cui il nostro, più come Napoleone Bonaparte che come Carlo Magno, si è incoronato imperatore dell’intero regno italico.
Pronto all’invasione, ha messo a punto una strategia unica nel suo genere: la conquista delle italiche menti.
La campagna invasiva è iniziata lentamente, con l’asservimento del servizio d’informazione. Nome dell’operazione: l’uomo giusto al posto giusto. E così vi frego  il servizio pubblico.
Ormai è tutto nelle sue mani: Rai uno è un suo possesso; Rai due lo è all’80%; Rai tre ancora resiste, fino a quando non si sa. Finché ci saranno cacasotto come Fabio Fazio che si sente in dovere di chiedere scusa per ogni piccolo intervento fuori dagli schemi, Rai tre ha delle buonissime possibilità di cadere in mano nemica.
La fortuna aiuta gli audaci, recita un proverbio e così sembra. Conquistata l’Italia, ora il nostro mira all’Europa e persino un catastrofico evento naturale come il terremoto d’Abruzzo può essere piattaforma di lancio verso la conquista del continente europeo.
Il nostro condottiero-imperatore va e viene continuamente dalle zone terremotate, monopolizzando i riflettori che sono tutti puntati su di lui. I microfoni captano le sue belle parole di incoraggiamento, di solidarietà, ma anche le sue promesse di ricostruzione facile. E sicuramente sarà Impregilo ad occuparsene, come si è occupata di tanti edifici che ora sono crollati, come si occuperà del ponte sullo stretto di Messina….
Consensi, consensi, consensi. La dentiera della signora abruzzese persa nel disastro e subito fatta rifare gli avranno procurato almeno altri cinquanta voti.
Meno felice il povero Santoro che, per non essersi allineato alla volontà dominante di osannare il nuovo messia e tutto il suo establishment, rischia l’allontanamento.
La Lucia Annunziata, quella si, è stata più furba e, dopo aver attaccato Santoro in trasmissione, ora scrive su La Stampa che di sinistra sicuramente non è. Lei si che ci ha saputo fare, vedendosi prima di tutto  i fatti suoi!
Ma tant’è! Michele è abituato a queste rotte di collo: una più una meno non lo scalfiranno più di tanto. Lo eclisseranno sicuramente per qualche anno, ma tornerà, tornerà perché ogni meteora storica che si rispetti fa il suo scorso e poi svanisce nel buio dell’universo.
Anche il Popolo della Libertà farà sicuramente il suo corso, lungo o breve che sia. Chissà. Ma come tutti i popoli invasori, sarà sconfitto e distrutto da quell’unica, grande forza che è l’intelligenza.
Alce Rosso

Jaromil, l'insostenibilmente leggero essere



C'è ancora da immaginarseli, i suoi occhi. Avvolti da lunghi capelli, d'un castano chiaro, a scendere su chiara pelle. Non era più che un bambino, in fondo. E soleva correre. Ma correre, in quei prati, non era il correr nostro. Correre, sotto quei raggi, avanzare a quel modo attorniati e colpiti da quei maledetti raggi di sole, non era un giro, neppure nei giardini di città. Maledetti raggi, poi, non lo erano affatto. Come tutto su di lui, erano nobilitanti. Erano il perfetto necessario lodevole emblema della sua virtù, della sua nobiltà, della sua giustificazione. Ecco, correva in mezzo alla sua giustificazione con le braccia aperte, anche nudo, e con sul viso un sorriso di labbra rosse, rosse e sensuali, ricami di vino orgiastico. Superò delle colline, e iniziò a seguire il fluire d'un fiume, osservando e inarcando con simpatia le labbra al riscontrarsi con quelle immagini, con quello scorrere, in quell! 'immobile, con quel semplice congiungersi, stracantato, stralodato, strasparlato. Come l'Amore. E come questo, lui sapeva di sentirlo. Come questo, che sapeva di avere con sè, intrinseco, nelle vene iniettato e lasciato scorrere come dono d'un padre ormai stanco. Ma stanco, stanco lo era lui, il figlio. Ecco perché aveva rubato, perché se n'era infuso, e ne era diventato parte e portatore: tale si sentiva. L'aveva fottuto, e già che c'era, s'era fottuto il vino, ma poco,e aveva adocchiato l'arte del sesso, - sapeste la curiosità che aveva-, ma ne aveva inteso non troppo. Ma, che quel poco di tutto, insieme al resto, che l'avevan reso superbo l'aveva capito. Lo comprendeva, come ora, con le braccia tese, le mani, le sue mani aperte.

Dal fiume si spostò, per percorrere una stradina. Non molto grande, un po' scura. Attraente, indubitabile: e lui, sembrava colorarla. Giunto nei pressi d'un ponte, si fermò. Una bambina, vestita solo di sè, appoggiata al muretto, guardava il cielo. Le si avvicinò, con forza ingenua le si avvicinò, e le prese la testa, tenendole i capelli, le morse le labbra, le si appoggiò al seno, la cinse,fece incontrare le lingue, incrociare, giocare, e lo diresse, lei, lo diresse per terra. Capriole, scherzose capriole, e poi baci. Rotolarono fino a sotto il il ponte, per una strada in discesa, si esiliarono sotto il ponte, tra i grandi spazi di pietra, lasciando quell'acqua bassa l'impregnasse, per poi realizzare quei giochi più intimi che lui aveva un po' intuito. Poi chiusero gli occhi e si riposarono. Uno sull'altro, così che non si capisse chi si appoggiava su chi.
All'aprire degli occhi, lei disse "Un ditale per cucire".
All'aprire degli occhi, lui disse "E' il cielo, scrive Eluard".

La bambina si alzò, ponendosi su di lui. Lo guardò dritto, s'impresse sull'altro la follia dei suoi occhi, per sempre. E con le due dita, sembrava volesse accarezzarlo, sembrava volesse sussurrare anch'io ho imparato il tuo nome, anch'io ho imparato il tuo corpo, anch'io t'ho compreso, sembrava volesse farsi amare ancora una volta, sembrava volesse ritrarsi, sembrava ritornare in forza, sembrava sicura, lo accecò.
Lo accecò
Il tramonto era un'alba e non aveva più il nesso.

Lui pose lei una rana sulla testa, lei gli riempì il cuore di miele e d'api, e divenne il suo bastone. Così resto. Anche ora.

E ancora, come dopo i giochi sotto il ponte, i loro corpi erano appoggiati così che non si capisse chi tenesse l'altro.

sabato 11 aprile 2009

Piccola storia del Convento di S. Francesco – parte III

 

La Chiesa italiana e in particolare quella carinolese, non aveva certo l’animo di festeggiare la tanto desiderata e attesa Unità d’Italia.
L’Unità costò alla Chiesa la perdita di un ingente patrimonio immobiliare e terriero che fu espropriato dal nuovo Stato Unificato e messo in vendita, mediante aste pubbliche, per risanare le casse dello Stato prosciugate dalle Guerre d’Indipendenza.
Neppure il nostro Convento aveva granché da festeggiare. L’ulteriore soppressione di molti ordini religiosi, in seguito alle due leggi di Eversione e Liquidazione dell’Asse Ecclesiastico, determinarono, nel 1866, il definitivo abbandono del Convento da parte dei frati.
Il destino che sembrava delinearsi all’orizzonte per l’antico monumento francescano era quanto mai incerto e cupo, se qualcuno non prendeva a cuore la sua sorte.
Fu il Comune di Carinola, nelle persone degli allora sindaci, sig. Telemaco Trabucco prima e sig. Leopoldo Zampi poi, a prendere a cuore la sorte del Convento.
L’11 Settembre 1873, per effetto dell’art. 20 della Legge del 1866 che permetteva ai comuni di comprare edifici monastici per pubblica utilità, il Comune comprò il Convento per la somma di 4.200  lire.
Il Comune di Carinola fece anche di più: per metterlo al sicuro dagli effetti dell’art. 33 della stessa Legge, ossia per evitarne la chiusura e l’acquisizione al Demanio, fece sì che il Convento fosse riconosciuto come “Monumento” con un decreto speciale del Ministero della Pubblica Istruzione.
Da allora il Convento si pregia del titolo di “monumentale”.
Un passo falso fu comunque fatto: invece di essere risistemato e restaurato dopo anni di incuria, il Convento fu destinato a stazione di monta equina!
L’antico Refettorio fu adibito alla funzione molto poco edificante di ‘camera nuziale’ per la fecondazione equina e un custode ne curava l’ attività.
Fu probabilmente in questo periodo che  davanti al bellissimo affresco “Salita al Calvario” fu eretto un muro di protezione.
L’affresco è rimasto nascosto e dimenticato per circa un secolo; scomparse le generazioni di allora, la sua esistenza cadde nell’oblìo e solo gli studi e le ricerche di p. Cristofaro Bovenzi hanno permesso di recuperarlo negli anni ’70.
Tuttavia, anche la funzione di stazione di monta equina  si esaurì e il Convento rimase inutilizzato per tanti anni, di nuovo abbandonato a se stesso.
Il Comune non sapeva cosa farsene della casa monastica: le spese superavano le entrate e il Convento si trasformò in un peso economico di cui era meglio disfarsi. Restaurarlo o intervenire per  adibirlo ad altro uso, quello di carcere, sarebbe stato troppo oneroso per le casse comunali: le condizioni statiche del Convento non erano affatto buone e richiedevano spese enormi.
In un tristissimo Consiglio Comunale del 9 ottobre 1900 si decise di liberarsi del Convento “come di cosa inutile e dannosa” perché ormai era un peso troppo gravoso, sia per il contributo fondiario da pagarsi, sia per lo stipendio di 120 lire annue da corrispondere al custode. Si decise così per la vendita dell’immobile a privati e il 31 ottobre 1900 fu firmata la delibera per l’alienazione dell’ex Convento di S. Francesco dal sindaco, cav. Ferdinando Budetti, e 14 consiglieri presenti su 20.
Ma quella vendita non trovò acquirenti…. Tristemente, il Convento fu lasciato morire.
Rimanendo di nuovo chiuso e abbandonato a se stesso per lunghissimi anni, continuò a rovinarsi diventando un rudere penoso. I bellissimi affreschi del chiostro continuavano inesorabilmente a deteriorarsi e quello che non fece il passar del tempo e gli agenti atmosferici, lo fece il secondo conflitto mondiale.
Parte del chiostro fu distrutto dalle bombe e molte colonne quattrocentesche andarono irrimediabilmente perdute.
Dopo il conflitto bellico, il provvidenziale interessamento di padre Michele Manica, frate conventuale di Falciano, insieme a quello di altri cittadini del Comune, fece sì che il Convento fosse infine riaperto nel 1948 come casa filiale di Roccamonfina.
Dal 1948 vari frati si sono avvicendati alla custodia e alla cura del Convento e ognuno di loro ha cercato di contribuire alla rinascita spirituale e materiale del Monumento, con molto impegno e pochissimi mezzi, ma solo con la venuta di p. Cristofaro Bovenzi, nel 1966, il Convento ha avuto l’input verso la definitiva salvezza.
Da mane a sera, l’instancabile frate girava tutta la regione con la sua vecchia Renault: presso Enti, privati, Sovraintendenza; per cercare fondi, trovare consensi, risvegliare interesse e coscienze che potessero aiutarlo nella sua difficilissima opera di ricostruzione.
Da valente pittore qual era, mise la sua arte al servizio della salvezza del Monumento. Ogni quadro che riusciva a vendere era un piccolo capitale che gli permetteva di continuare l’opera di recupero iniziata, andando avanti così finché le forze glielo hanno permesso. Quando poi sono arrivati p. Antonio Siciliano nel 1984 e p. Giovanni Siciliano nel 1987, il cammino di  recupero era già inoltrato ed essi hanno ereditato non un ammasso di macerie, ma un Convento degno di quel nome.
La meritoria opera di p. Cristofaro  non è stata solo quella di ricostruire delle mura fatiscenti, ma quella di ricostruire il carisma francescano che sembrava inesorabilmente spento.
Sulla scia di questo risveglio spirituale ed artistico in tutto il popolo carinolese, sono intervenute l’Amministrazione Di Biasio, che ha provveduto, infine, al restauro del Monumento, e l’Amministrazione Mannillo, che continua con impegno l’opera intrapresa dal suo predecessore.
Se oggi possiamo essere orgogliosi dello splendido Convento che Carinola vanta, lo dobbiamo all’amore e all’interessamento di tante persone che per esso si sono impegnate e si impegnano, ma lo dobbiamo soprattutto alla forza d’animo di un umile frate che ha effuso, senza risparmio, tutte le sue energie per il recupero e la valorizzazione di questo straordinario Monumento.

Clio



 
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mercoledì 8 aprile 2009

Carinola, svolta continua


Continuando incessantemente nell’attuazione del programma elettorale l’amministrazione di Carinola ha pubblicato il concorso per vigili urbani a termine.
Questo bando era un impegno prioritario preso con la popolazione di Carinola, non solo quale occasione di collocamento lavorativo ma soprattutto per dare soluzione a molte problematiche della vita quotidiana del comune. Il numero esiguo di vigili in servizio, peraltro alquanti anzianotti, non permette di svolgere al top le numerosissime incombenze di cui sono caricati quotidianamente. Nonostante il loro impegno assiduo non riescono a tenere sotto controllo le discariche abusive di varia entità che sorgono giornalmente per mano di qualche maleducato contro il quale sarebbe necessario usare il pugno di ferro. Oltre al controllo dell’attività edilizia sono tenuti a quello dell’attività commerciale, compresa quella un po’ sregolata degli ambulanti.
L’impegno più proibitivo è poi quello del controllo del traffico e della sosta selvaggia in punti strategici delle varie frazioni che impedisce il normale deflusso del traffico. Il loro numero non è sufficiente nemmeno per scrivere la scaletta delle cose da fare, per questo passano quasi tutto il tempo del turno di servizio in ufficio invece che per strada.  Per questi compiti e per tutti gli altri impegni istituzionali è indispensabile il rafforzamento del numero di vigili. 

Oltre ai complimenti per il bando bisogna dare atto della trovata geniale dell’assunzione a tempo parziale, che permette con la stessa somma di impegnare più persone e per più mesi. Inoltre quest’assunzione di massa permetterà anche di giustificare il grado di colonnello del comandante. Quelli che continuamente pronunciavano frasi ironiche su un colonnello senza reggimento, tra poco non potranno più farlo, poiché se non avrà un reggimento  avrà  almeno un plotone.

Novità importante prevista dal bando è quella di chiedere agli aspiranti vigili il possesso della patente per guidare moto di grossa cilindrata.   E’ evidente l’intenzione dell’amministrazione di dotarli di potenti motociclette, tipo Harley Davidson, a cavallo delle quali catturare  gli eventuali  male intenzionati che si accingessero a ideare  qualche reato nel comune. Aggiungendo tre o quattro motociclette potenti  al parco  auto veicoli, il comune di Carinola  diventerà  il più fornito della regione. Con i nuovi assunti i mezzi potranno anche uscire senza restare per settimane inutilizzati per mancanza di autisti. Anche se qualcuno già dice che si tratta di un meccanismo per “preselezionare” solo coloro che già posseggono tale patente o, ancora peggio, ai quali e’ stato detto in anticipo di procurarsela. In effetti non e’ molto semplice, per una persona che dovesse leggere il bando oggi, procurarsi tale patente in tempo per la scadenza del bando.

Un unico dubbio ci assilla tra tante certezze: se riusciranno gli eventuali aspiranti a rispondere alle domande che saranno preparate dalla commissione. Ci si augura che questa volta si presentino candidati più preparati che riescano rispondere al minimo di 21 su 30 dei  facilissimi quesiti a cui saranno sottoposti. Nel caso si verificasse la strage di concorrenti  del concorso  precedente,  ci si augura una seria indagine per capire se non sia solo colpa degli aspiranti vigili, e quindi  prendere in considerazione anche la rimozione e sostituzione della commissione. Nel caso in cui si ripetesse lo stesso risultato del concorso precedente, vorrà dire infatti che la commissione è di una levatura culturale troppo alta rispetto alla media e quindi bisogna sostituirla con un'altra più vicina al comune senso del sapere.

Belfagor

martedì 7 aprile 2009

Previsione possibile, ma…

 
Oggi la parola d’ordine è senz’altro solidarietà. La grande tragedia che si è abbattuta sui nostri connazionali d’Abruzzo rende inutile qualsiasi altra parola. Si assiste a una gara di generosità di cui solo il popolo italiano è capace nelle grandi prove. E questa è una grande prova.
Non bisogna, però, fare l’errore di non pensare in momenti come questi. Anzi, sono proprio tragedie come queste che portano a pensare.
Che cosa si poteva fare?... Nulla, dice Bertolaso. Certi eventi non sono prevedibili.
Ne siamo proprio così sicuri?
Il povero Giuliani, tecnico-ricercatore dei laboratori nazionali del Gran Sasso e inventore di un sistema per prevedere i terremoti, si è preso dell’imbecille e un  avviso di garanzia per “procurato allarme” per aver affermato il contrario.
Il risultato delle “allarmistiche” dichiarazioni di Giuliani è sotto gli occhi di tutti. Ora ci sarebbe da stabilire chi è l’imbecille, se l’umile tecnico Giuliani o il grande capoccione Bertolaso.
Ma anche questo è sotto gli occhi di tutti.
Il grande capoccione ha liquidato la cosa con un semplice “non si possono prevedere i terremoti”, diffuso a gran voce sulle reti nazionali e berlusconiane, nell’ennesima campagna mediatica a favore di un servo del padrone e a discapito di un povero cristo.
Il popolo della Rete invece è tutto dalla parte di Giuliani che, probabilmente, o sicuramente, è meno imbecille di chi così lo ha chiamato, visto che, purtroppo,  ha colpito nel segno.
Il “caso Giuliani” provoca quanto meno grande imbarazzo ai servi ed ai padroni, e lo dimostrano le reiterate affermazioni sulla non prevedibilità dell’evento, con cui ci bombardano dai media, nell’intento, questo sì smaccatamente prevedibile, di pararsi il culo e la faccia, che poi sono la medesima cosa.
E’ chiaro che ancora  molto c’è da ricercare, ma il progresso scientifico e tecnologico, da che il mondo è mondo, è andato sempre avanti; non è mai tornato indietro. Solo che, una classe politica  italiana come quella che ci ritroviamo, certe cose non le sa e non le vuol sapere. 
Continua a frenare le capacità migliori, a respingere le menti migliori e fare in modo che se ne vadano all’estero, dove riescono a portare a termine le loro ricerche per la grande soddisfazione della nazione che li ospita e per la più grande fregatura dell’Italia che li ha mandati via.
E’ successo a Carlo Rubbia, che nel 2004 fu scacciato dalla presidenza dell’ENEA, e continua a succedere.  Rubbia se ne andò in Spagna, dove ha realizzato il solare termodinamico, e noi siamo rimasti con un palmo di naso!
Il problema vero è l’ignoranza della classe politica italiana che non sa nemmeno trovare un punto d’incontro con il mondo della scienza. A loro interessa che non vengano intralciati i loro piani elettorali e i loro giochi di potere, e  non altro.
Zittire i ricercatori e metterli in condizione di non operare è la caratteristica della politica italiana, a cui non importa quanto sei bravo, ma solo l’etichetta  che hai appiccicata addosso.

Nuvola Rossa

lunedì 6 aprile 2009

Esperti di regime



Come ogni mattina stamane ho acceso il televisore preparandomi alla solita sfilza di notizie copiate da qualche agenzia che la faccia, molte volte ebete, del giornalista di turno, mi propina. Di solito dopo avermi elencato le prodezze di Berlusconi e del suo scudiero Franceschini continuano con stupri , uccisioni investimenti automobilistici e leggerezze simili per fare affrontare la giornata con positività. Stamane invece la notizia era purtroppo più catastrofica del solito in quanto nella notte l’Abruzzo è stato investito da un forte terremoto con numerose vittime e ingenti danni. Queste sono le impressioni riportate dai primi soccorritori, che di cuore ci auguriamo siano errate o almeno sovradimensionate.

Subito è entrato in scena il super tecnico di regime, questo Bertolaso che capisce di tutto e di qualunque calamità, sia essa naturale o artificiale tipo la monnezza di Napoli. Sono rimasto doppiamente colpito dalla notizia in quanto giorni fa avevo seguito la polemica tra questo esperto di regime e un umile studioso, ricercatore dei laboratori del Gran Sasso, il prof. Gioacchino Giampaolo Giuliani. Questo esperto, vero, aveva previsto il disastroso terremoto di stanotte già alcuni giorni fa, riportato dal Corriere della Sera il 02 aprile scorso. La sua previsione, lo aveva precisato, si basava su ricerche scientifiche di studi approfonditi eseguiti sul Radon, un gas che si sprigiona dal terreno, di cui forse Bertolaso non conosce nemmeno l’esistenza . Invece di far verificare ad altri scienziati veri le teorie di questo tecnico, Bertolaso, apostrofandolo come imbecille, ha contribuito a farlo indagare per procurato allarme sociale (mi auguro che non debba difendersi da questa accusa per una decina di anni). Il nostro super super esperto per legge, si rivolge ad un altro super scienziato di regime, un certo Franco Barberi. Il suo nome per molti è una garanzia, è un altro unto dai signori della casta. Questi, tra i suoi più grandi meriti ha quello di essere uno dei consulenti di Bassolino a 500.000 (cinquecentomila) euro di stipendio, escluso vitto alloggio in albergo a cinque stelle e trasporto in elicottero.

Quest’altro scienziato di regime ha confermato che il professor Giuliani è un imbecille asserendo che non c’era alcun pericolo con il risultato che è sotto gli occhi di tutti. I morti di stanotte in un paese normale, sarebbero sulle loro coscienze e dovrebbero essere scritte anche sulla loro fedina penale. Ma qui, sicuramente forti dell’impunità conferita loro dal regime della casta, non subiranno conseguenze. Continueranno con la loro sfrontatezza a presentarsi come salvatori della patria davanti a telecamere e conferenze, dove nessun velinaro si permetterà di fare domande scomode. Sicuramente il presidente della repubblica alla fine dell’emergenza provvederà anche a conferire loro una bella onorificenza. Per chi appartiene alla casta o è suo diretto dipendente esistono solo promozioni ed onorificenze, mai una punizione o una rimozione, nemmeno quando la loro ignoranza procura vittime. Nessuno in questo paese, prova a rimuovere questo scandalo degli incompetenti messi al vertice di organismi così importanti, compresa l’organizzazione sanitaria, occupata interamente dalla politica. Questa politica abbietta ci costringe a vedere sempre le stesse facce di c… onferenzieri che si spacciano per scienziati mentre quelli veri sono a lavorare malpagati e bistrattati. Sforziamoci di costituire una forza giovane che provi a smuovere questa situazione disastrosa di questa bella nazione in mano a politici finti, che si avvalgono di esperti finti in tutti i campi. Cerchiamo di farli vergognare, se non ci riusciamo quando rubano, almeno davanti ai morti per causa della loro ignoranza ed arroganza.


SisMico

giovedì 2 aprile 2009

Il formicaio e il formichiere

 
Sarete d’accordo che tracciare un quadro abbastanza attendibile e aggiornato della politica locale, fare distinzioni fra membri dei vari partiti, capire le perniciose sottoalleanze che stabiliscono fra di loro, sia qualcosa di molto, molto, difficile. Perché? Per vari motivi, perché la politica parla poco con la gente e perché la gente alla fine non gli interessa poi tanto. Comunque, ne più ne meno è una di quelle operazioni da affidare meglio a consulenti specialisti in geopolitica italiana dei comuni con abitanti inferiori ai diecimila, disposti ad infiltrarsi nei partiti, per prospettare dopo mesi di investigazioni e cenette, un quadro come quello che di seguito proporremo, redatto dal prof. Greco. Ecco a voi il Rapporto-Giano. “Ebbene cominciamo dall’alto, ovvero dal sindaco Gennaro Mannillo, tesserato nel Pse, nella sezione dei socialisti di Carinola (opposta a quella di Casale) uomo di Gennaro Oliviero, pronto a seguirlo anche in Russia. Almeno per ora. E quasi ufficiale - ma le scadenze della consegna me lo hanno imposto- che alle prossime europee a sinistra si avrà una confederazione regionale fatta di socialisti, Vendola e Verdi, pronti a conquistare terreno al Pd e al Pdl. Insomma, Mannillo, Rotunno e Razzino dovrebbero correre insieme. Ma andiamo avanti. Andiamo a destra. Ora è in formazione il glorioso popolo delle libertà, (appena finito il congresso sono già apparse con tempestività napoleonica le nuove insegne azzurre sulle sezioni), che determinerà finalmente lo svelamento ufficiale della natura politica della maggioranza, sempre di più di centro destra visto che i giornali stamattina portavano la Pia Zampi verso l’Udc di Pasquale Galdieri, segretario cittadino( ricorderete candidato con Pasquale di Biasio, ehm.. scusate con Antimo Marrese nella lista Carinola democratica). E Giovanni Micillo di chi sarà?In molti lo portano già nel Pdl…E quindi passiamo al Pd. Un partito che non ha ritenuto di cambiare nulla dopo la sonante sconfitta amministrativa e politica, credendo che i più forti, restano sempre forti, e che non vedrà nemmeno nuove adesioni. Forse con appena due anime. Pasquale Di Biasio delegato regionale, impera a Nocelleto, mentre Giovanni Di Gennaro coordinatore cittadino e Antimo Marrese capogruppo di minoranza, restano coalizzati, rischiano aperture con Mannillo, a tratti, ma poi delusi tornano dal vecchio lupo  argentato. Infine eccovi  i nuovi dipietristi Tonino Corribolo e Salvatore Di Stasio, increduli degli inaspettati risultati di aprile scorso si sono buttati bendati con l’ex Pm. ” Ma cosa c’è di nuovo, caro prof. Greco? “Forse nemmeno queste conclusioni….”
Conclusioni: “Spesso chi ha fa politica ignora e deride la Storia, ma questa, come spero saprete, è una cosa serissima. La politica è l’arte del governo, si è consumata con il teatro, ha assistito a pugnali fendere organi vitali, si è spesso lavata con quello stesso sangue, ha costruito imperi e repubbliche. Ha affondato gli stessi imperi e le stesse repubbliche. Perché nessuno sfugge alla storia. Se qualcuno pensa e spera di continuare a fare l’amministratore per fare politica, dimentica che la storia è fatta da uomini e non da pagine di libri.”

lettera da una cittadina : (in)giustizia italiana



carissima redazione
Voglio segnalare l'ennesimo episodio di mala giustizia italiana sia perché, dopo aver inutilmente cercato di tutelare le mie ragioni per via legale, non mi resta che rendere pubblica la mia vicenda.
Tutto è cominciato nel maggio 2004, quando dovendo abitare a Roma per lavoro, prendevo in affitto una stanza di un appartamento sito in via delle Celidonie n 24 di proprietà di L A
Nonostante pagassi la somma di euro 400 + spese e le mie numerose richieste la locataria si rifiutò di sottoscrivere regolare contratto e rilasciarmi regolare ricevuta (forse perché essendo impiegata statale non poteva fare l'affitta camera perché non aveva regolare licenza)
Ha sottoscritto un contratto transitorio della durata di 6 mesi dal primo gennaio 2005 fino al 30 giugno senza specificare la transitorietà del contratto.
Nonostante le continue vessazioni che ero costretta a subire (durante la ma assenza Ho potuto constatare il verificarsi di  danni ai miei ben mobili di mia proprietà oltre alla ancor più grave sparizione delle posta e dei documenti personali.
Nonostante la gravità della situazione e le continue vessazioni che ero costretta a subire evitai di denunciare i fatti all'autorità giudiziaria perché temevo d restare senza casa considerate anche le note difficoltà di reperire altra abitazione a Roma.
La situazione è definitivamente precipitata il 30 giugno quando la locataria appellandosi alla scadenza del contratto ma senza alcun minimo preavviso mi impediva di accedere all'abitazione, lasciando tutti i miei ben ed effetti personali all'interno della stessa. La Locataria mi comunico 10 giorni dopo di aver depositato tutti i miei beni presso il deposito della Visart d Roma
In realtà non solo gran parte dei beni di mia proprietà non sono mai stati restituiti ma fra quelli rinvenuti presso la ViSART molti sono risultati gravemente danneggiati per la maniera in cui erano stati riposti dalla locataria all'interno degli scatoloni
A questo punto prima di tornare in Sardegna per essere ospitata presso i miei familiari, procedevo a formalizzare distinte querele contro la L A la prima in data 07.07.2005 presso i cc d Roma - ponte Milvio e la 2 presso cc di Roma Centocelle
Dopo circa un anno e mezzo dai fatti narrati non avendo più alcuna notizia in merito alle proposte querele inoltravo presso La Procura della Repubblica un’apposita istanza per conoscere lo stato del procedimento e risultava che vi era stata una richiesta di archiviazione da parte del P.M. in data 25.11.2005 ma che sulla stessa il GIP,dopo ben 14 mesi non si era ancora pronunciata!!
Tale comunicazione mi lasciava a dir poco sconcertata perché non solo trovavo incomprensibile la richiesta di archiviazione del PM: vista la gravità dei fatti denunciati (senza dar conto del fatto che tutte le persone da me indicate come testimoni non erano state mai state sentite) ma francamente mi risultava inspiegabile perché, a distanza di tanto tempo, il GIP non si era ancora pronunciato in merito alla richiesta di archiviazione (ciò mi avrebbe consentito eventualmente fare opposizione)
In questo modo dopo aver perduto la casa, il lavoro, documenti e preziosi beni mobili ed effetti personal di vario genere , mi ritrovo ad essere "derubata" anche nell'impossibilità di ottenere giustizia
Visti i tempi della giustizia in Italia, sono consapevole che il mio non sarà ne il primo e ultimo di tali episodi ma è anche vero che, sopportare simili ingiustizie in silenzio senza che almeno una parte dell'opinione pubblica ne venga a conoscenza, gioverebbe esclusivamente alle persone che agiscono in maniera illecita calpestando i diritti dei cittadini e a quei magistrati che omettono irresponsabilmente di fare il proprio dovere
Per le ragioni esposte, confido nella Vostra disponibilità a pubblicare questa lettera denuncia, ringraziando fin d'ora della collaborazione e l'aiuto che potrete offrirmi
Una Cittadina



martedì 31 marzo 2009

Pdl, ovvero Partito Dei Lacchè


Finalmente si è chiuso il sipario sul fantasmagorico congresso di tutti i partiti che componevano il centrodestra, escluso la lega.
In questa Kermesse del vacuo è stata siglata la nascita del Partito Della Libertà, secondo la loro definizione, ma da quello che si è visto è nato il Partito Dei Lacchè.
Ad acclamazione unanime è stato eletto capo assoluto del partito Berlusconi, e non poteva essere diversamente visto che i convenuti erano stati invitati uno per uno da lui. Nel momento stesso che ha acquisito il consenso di Fini, l’egemonia assoluta è stata assicurata. Il povero Fini in verità è da tempo che cerca di ritagliarsi il ruolo di alleato lanciandosi in incerte affermazioni care alla sinistra sull’immigrazione clandestina e sui diritti degli immigrati. Il suo tentativo di crearsi un appoggio a sinistra si è rivelato subito inattuabile perché mai e poi mai riuscirà ad acquisire consenso a sinistra, per questo ha dovuto chinare il capo ed accodarsi anche lui al corteo dei lacchè che venerano il grande capo.

Il sogno di Berlusconi di diventare il padrone assoluto d’Italia è ormai realizzato. Con una mossa risolutiva come quella della modifica della legge elettorale è riuscito nel suo intento di assoggettare il parlamento al suo volere. Nemmeno Cesare, nell’antica Roma, aveva lo stesso potere in quanto una parte dei senatori gli erano ostili ed alla prima occasione lo eliminarono, e piu' che politicamente! Le persone che siedono nel parlamento italiano, sorvolando sul grado di preparazione vicino allo zero, sono state tutte cooptate da lui. Basta scorrere l’elenco e si troverà che è pieno di soubrette e dipendenti della sua azienda o semplicemente conoscenti. Dote che tutti devono possedere, è la riconoscenza e la devozione nei confronti di chi li ha nominati e soprattutto la disponibilità ad assecondare qualunque suo desiderio. Se a queste doti si aggiunge anche la venerazione e il culto della personalità del sommo capo è ancora meglio. Questo novello Napoleone distribuisce cariche a destra e a manca, chi diventa deputato, chi senatore, una qualunque ragazzina che sa spiaccicare un minimo di scempiaggini viene nominata ministro o almeno sottosegretario. La loro devozione sicuramente è indiscutibile insieme a quella di tanti altri che sperano di essere nominati alle prossime tornate elettorali. In questo bel paese per pochi, con una nomina alle cariche su descritte ci si arricchisce, non è come negli altri paesi che si viene eletti per portare il proprio contributo al benessere della nazione. In Italia qualunque carica politica, dalla più piccola alla più grande, serve a succhiare soldi dalle casse pubbliche senza obblighi o doveri che oltretutto non vengono richiesti.

Questa dittatura sicuramente diventerà ancora più stringente nei prossimi anni in quanto dall’altra parte, nel cosiddetto centrosinistra, c’è una pletora di capetti impegnati nella affannosa ricerca di un posto anche da togliere a quelli schierati dalla loro stessa parte. Il fatto più curioso e' che più posti perdono sotto i colpi impietosi di Berlusconi più si azzannano per contendersi quello che resta. Nella loro pochezza e grande cupidigia non comprendono che dovrebbero aggregarsi ma soprattutto riannodare il legame con le masse popolari che ormai hanno abbandonato da tempo.

Forse la salvezza dell’Italia da questo regime incombente è proprio la distruzione completa di questi masnadieri che pensano solo a dissanguare la pubblica economia. Dalla loro completa distruzione, anche se si dovrà subire un periodo di dittatura, può darsi che nasca qualche nuovo movimento popolare in grado di opporsi seriamente al Partito Dei Lacchè riportando la democrazia e il benessere per tutti, e non solamente per i membri della casta.

Tarquinio Prisco

domenica 29 marzo 2009

Attenzione tardiva

 pubblichiamo qui un commento ad un post precedente che pensiamo possa costituire argomento di discussione.
                                      Il Quiquirì
Io sono fermamente convinto di una cosa. Le dimissioni di Mattia Di Lorenzo ora non hanno senso. Non hanno senso politico dico. E soprattutto non ha senso chiedergliele ora e non due anni fa. Oggi siamo tutti così singolarmente attenti ad un fatto giudiziario (nel quale il protagonismo di Mattia è sicuramente marginale), due anni fa invece eravamo tutti sorprendentemente disattenti ad un fatto politico clamoroso, gravissimo, dannosissimo per il territorio e cioè quello che tre amministratori del Comune di Carinola erano anche amministratori della società che si occupava della raccolta rifiuti. Si viveva, a Carinola, una situazione a dir poco surreale, anche e soprattutto perchè i tre amministratori del Comune di Carinola erano consiglieri di opposizione (ora sono di maggioranza).

Per anni a Carinola la raccolta degli RSU ha fatto veramente schifo ed il servizio era deprimente anche prima dell'acutizzarsi dell'emergenza in tutta la Campania. In un comune normale tali malservizi sono di norma segnalati a gran voce dall'opposizione politica e consiliare. Da noi no. Nel Comune di Carinola no. E questo perchè il servizio dei rifiuti veniva svolto proprio dall'opposizione consiliare! In prima persona, con ben tre membri al posto di comando dell'Eco4! Ma può mai essere! Ma può mai essere dico io! Ma può mai essere dicevo io che all'epoca facevo parte del Consiglio Comunale tra le fila della maggioranza e che non subivo mai un attacco per quello schifo di servizio che davamo ai Cittadini?

Per non parlare poi del prezzo che il Comune e quindi i Cittadini pagavano per la non raccolta. E qui veniamo alla vera barzelletta. Come molti sapranno il contratto tra Comune ed Eco4 prevedeva ogni anno un adeguamento dei prezzi del servizio da concordare attraverso una regolare contrattazione. Ogni anno insomma si apriva una classica trattativa commerciale tra due soggetti che tiravano ovviamente ognuno verso il proprio vantaggio: il Comune di Carinola per risparmiare, l'Eco4 per guadagnare di più. Mi chiedevo all'epoca e mi chiedo ora: se tra i compiti istituzionali di un membro del consiglio di amministrazione di una società vi è quello di procurare vantaggi alla società stessa, per chi facevano il tifo i tre amministratori-consiglieri del Comune di Carinola quando questa trattativa aveva luogo? Di quale delle due parti in serrata trattativa facevano parte? Erano consiglieri di opposizione del Comune di Carinola e dovevano quindi protestare vibrantemente contro un prezzo di un non-servizio che da consiglieri di opposizione avrebbero dovuto considerare scandalosamente esorbitante e inadeguato oppure, in qualità di consiglieri di amministrazione dell'Eco4 in carica, avrebbero invece dovuto tirare verso il pagamento di un prezzo ancora maggiore?

In consiglio comunale avrebbero dovuto segnalare il disservizio e chiedere di mettere alla porta la società che tale disservizio operava oppure avrebbero dovuto glissare sull'argomento per evitare di danneggiare la causa della società di cui erano al vertice?

 Spesso optarono per il secondo atteggiamento.....

i cittadini? zitti.....

Certo, strumenti come il Quiquiri prima non ce n'erano ma a me sembra soprattutto che non ci fu percezione diffusa alcuna di quello che stava avvenendo...

I disservizi nascono quasi sempre da questo, dalla mancanza del semplice sistema controllore-controllato....nascono dalle incompatibilità di carica che questo semplice sistema fanno saltare...e così a Carinola non solo avevamo quello schifo di servizio ma non avevamo nemmeno gli addetti a lagnarsene appassionatamente al cospetto del Sindaco e del Consiglio Comunale in nome e per conto dei Cittadini....questi addetti avrebbero infatti dovuto essere i consiglieri di opposizione che, come abbiamo detto, avevano più di un motivo per evitare di interpretare quel ruolo appassionatamente...

Ora mi chiedo, tutto questo è passato.
Quei tre consiglieri ora sono assessori o presidenti del consiglio comunale.
L' Eco 4 non c'è più.
I tre signori in questione sono, a mio avviso, tre persone capaci e soprattutto delle brave persone.
Personalmente ho un debole per Mattia Di Lorenzo, probabilmente a Carinola uno dei talenti politici migliori degli ultimi venti anni (ci metto anche Gennaro Mannillo e Fausto Cerbarano, considerando Mimì Sciorio e Antonio Matano di un'altra generazione).

E' giovane e sa far molto bene. Sta vivendo una situazione che immagino sia molto tormentata.
Io ho capito cosa è successo (ho letto i capi di accusa), gli invio la mia solidarietà più totale e credo fermamente che ne uscirà a pieno titolo.

Le eventuali dimissioni di Mattia ora non avrebbbero alcuna efficacia. Ora invece deve dimostrare il suo talento e deve dimostrarlo soprattutto agli avversari politici come me (oddio...come avversario politico faccio pena....ma insomma).

Perchè è smentendo gli avversari politici che si serve bene la Cittadinanza.
Cittadinanza che credo possa tranquillamente stare vicino ad un suo figlio speciale, dalle grandi capacità politiche che presto potranno apportargli prestigio anche fuori delle nostre mura.

Cittadinanza che tuttavia la prossima volta non gli perdonerà nuove miserie politiche, come quelle avvenute durante le pagine buie del regno di FI e AN sull'Eco 4, che hanno visto "imprigionare" l'opposizione carinolese.

Lunga vita al Quiquiri e hasta la victoria siempre!

L'Olandese

giovedì 26 marzo 2009

I delfini


La mattina era iniziata così, come al solito,

sipario che si apre cigolando su vite insulse,

su Abitudini di Vita, su Vizi di Vita.

Meccanismi poco oliati che stridono nelle loro tristi guide.

Questa non è vita, ne è solo un surrogato, un succedaneo, una banale imitazione: un’Abitudine, appunto.

Si vive per ignavia, si vive per accidia, vivere per non affaticarsi a morire…

Ogni volta che i suoi occhi si aprivano, - appena fuori dal regno dei sogni, e prima ancora che razionalmente iniziava a cercare di carpirne brandelli - un pensiero gli si affacciava fisso alla mente: i Delfini.

E se fossimo delfini?

L’aveva spiegato a tutti ormai, a tutti quelli che gli capitavano a tiro, ed ognuno di questi, sempre rispettando in sua presenza la sua condizione di Don, - “Ma sì Don Ignazio è proprio come dicete vossia”, “Don Ignà vui site nu genio” - avevano iniziato a prenderlo per pazzo. Quella che più soffriva di tutte queste <<Fanciullerie>> - come era solita chiamare questa, e le innumerevoli altre stranezze del suo consorte – era Donna Cesira Trinchetta maritata Gussaldo.

    E chi se lo sarebbe aspettato?”, “un ottimo partito!” “un possidente!” “un uomo d’onore!

    A sentire le comare, - “Ah! Serpi malevole!”. In verità Don Ignazio Gussaldo, da celibe rappresentava il non-plus ultra del paesino di Rocca Pisticca: ricco, bello, alto, biondo. A quei tempi poi, tante storie non riuscivano a trapelare la pesante coltre di silenzio che la Baronessa madre aveva steso sugli “interessi” del figliolo. Cesira in un moto di rabbia velata da una lieve vergogna rammentava perfettamente perfino gli apprezzamenti delle più smaliziate, che parlavano anche di certe sue doti segrete; ad esempio si ricordava pari pari le parole di Filumena Liguri, - “A’Cesì, un foco, un foco!”. “Un foco sì, ma de paglia, de cerino, pronto ad accendersi veementemente per un nonnulla, per poi ancora più repentinamente placarsi”. <<Conigliuzzo mio>> aveva iniziato a chiamarlo, e dietro questo tenero vezzeggiativo si celava l’astio, l’insoddisfazione e l’invidia più nera.

Intanto il pensiero di Don Ignazio, come ogni mattina, proseguiva ponendosi domande e fermandosi alle spiegazioni, come un treno che pur facendo varie fermate minori, è diretto verso la sua meta, verso una grande stazione di città: Quel dì mai paragone fu più azzeccato di questo, ma procediamo con ordine.

Come dicevamo, i delfini devono ricordarsi di respirare, altrimenti ciccia.

Il cuore è diverso.

Si sa, il cuore va da sé, pompa e ripompa alacremente senza batter ciglio.

Bel tipo il cuore, ve lo raccomando; non ti fa un favore nemmeno se piangi in Turco, e soprattutto, non guarda in faccia a nessuno.

Tanto per rendere il personaggio, se ne fotte anche di Don Cervello. E dico solo questo.

Ora, tornando ai delfini; e se anche noi dovessimo ricordarci, - non dico del cuore, che sarebbe troppo complicato –, ma, ecco, se anche noi uomini dovessimo preoccuparci coscientemente di respirare?

Don Ignazio si astraeva ore ed ore, giornate intere, nelle sue elucubrazioni, e – corpo di mille alambicchi – nei suoi esperimenti. Perché lui, sì, lui Don Ignazio Gussaldo si riteneva un uomo di scienza con tutti i crismi, e quindi tutto ciò che teorizzava doveva sperimentarlo.

Quindi, anche ponendo il caso, di avere una capacità polmonare superiore all’attuale, in grado d’incamerare aria diciamo per un’ora d’autonomia, non ci si poteva fermare mica lì, si doveva provare con esperimenti la validità della tesi. Altrimenti sarebbe stato una pagliacciata, né più né meno delle ciarle delle vecchie e dei divertissment che tanto erano cari ai suoi insulsi figli, nati e cresciuti nella bambagia di una vita non vera, sprecando il giorno caracollando a cavallo e la notte dietro a merletti svolazzanti.

Gli esperimenti di Don Ignazio, da qualche mese a quella parte, approfittando anche della bella stagione, sussistevano in lunghe abluzioni nel piccolo golfo di mare racchiuso da una splendida caletta, proprietà dei Gussaldo fin da quando la torre normanna svettava sulla punta ovest del promontorio, a guardia di pirati saraceni che in realtà non erano mai arrivati. Anche la torre, come tutto lì attorno, era suo. Tutto ciò che occhio nudo riuscisse a vedere, ponendosi di spalle alla marina fino a 40.000 ettari nell’entroterra era roba dei Gussaldo, e se proprio non si riusciva ad abbracciare tutto con un solo sguardo, come si dice, “Carta Canta”.

Questi lunghi bagni avevano un che di particolare, di scientifico avrebbe rettificato Don Ignazio; non nuotava, non faceva il morto a galla, niente di tutto ciò. L’unico esercizio che ripeteva con una precisione cronometrica erano delle lunghe apnee. Un giorno un fittavolo passando di lì, in quella giornata assolata ma fresca, ammirava estasiato il mare piatto come una tavola, e si avvicinò alla riva, pensando bene di liberarsi anima e corpo di fronte a quello spettacolo di Dio. Senonchè, appena calatosi le braghe uno sbruffo di schiuma ruppe l’immobilità dell’acqua, e un mostro metà uomo e metà pesce ne uscì ansimando. Era sicuramente un Tritone, il Demonio in persona che se l’era venuto a prendere per colpa dei suoi “vizietti”. Gasparo, questo era il nome del fittavolo, s’inginocchiò tremante, non riuscendo a tenersi dentro quello per cui s’era calato i calzoni, e iniziò a biascicare tra le lacrime, delle suppliche. In quel momento il Tritone si mutò in Don Ignazio Gussaldo, che giunto a riva lo apostrofò “Bestia di un Gasparo, che piangi? Da dove giunge cotal puzzo nauseabondo? Ah sei tu!

Somaro di un bifolco, ti sei cagato addosso!! Nemmanco le fiere arrivano a questo stato di abbrutimento”.

Piuttosto, mentre ti dai una sciacquata a te ed alle tue braghe ti farò dono di un briciolo della mia scienza, e ti metterò a parte delle mie ultime scoperte.” Gasparo entrò in mare fino al ginocchio come se stesse entrando in un covo di serpi, e riluttante iniziò a lavar via il tanto vituperato prodotto del suo corpo.

Caro il mio Gasparo, sto lavorando a qualcosa di universale, qualcosa che sarà fondamentale nella vita di tutti, dell’intiero consorzio umano e per cui i posteri mi omaggeranno come un novello Leonardo. Macchè Leonardo! Il Vinciano non sarà niente al mio confronto.” Poi abbassando leggermente il tono della voce disse: “Sto lavorando sull’Aumento della Capacità Polmonare…Pensa che rivoluzione! ”.

Su…cosa, Padrone?” scappò detto a Gasparo, e quello fu un grosso errore.

Ma certo! Cosa vuoi che ne sappia tu di delfini, di capacità polmonare, di apnea, di scienza, tu, tu pensi solo a zappare, a mangiare, a fottere e sfornare figli come fossero pagnotte, e defecare; e manco quello pare che ti riesca bene, zotico. Ma voi, voi ignavi siete la rovina del mondo…ma del resto se siete stupidi non è del tutto colpa vostra…quello che cercavo di dirti è che ho trovato il metodo per Ingrandire i Polmoni”.

A questo punto Don Ignazio si aspettava un cenno d’assenso, un sorriso, un qualche gesto, e invece il povero Gasparo rimase lì con quella faccia sdentata da ebete senza proferir verbo, e senza che da quel ghigno scolpito dal sole trasparisse emozione alcuna.

Stizzito Ignazio si allontanò farneticando e da allora e per molti giorni si chiuse in un mutismo nervoso e tetro. Nemmeno la sua dolce Cesira riusciva a capirlo, a confortarlo: poteva il mondo essere solo questa ottusa palla di fango, sangue e dolore? Davvero era solo questo, o bisognava credere al paradiso della Chiesa “Non vi affannate in questa vita, chè la vera vita è ancora al di là da venire.” Sì e allora perché c’erano i principi della chiesa? Perché non facevano altro che chiedere soldi? Perché prima di unire sto scarcagnato pezzo di terra chiamata Italia, avevano dovuto combattere il Papa, che tuttora aveva un suo Stato e dettava sue leggi?

Ah lui no! Lui non si sarebbe fatto abbindolare.

E così mattina dopo mattina, la prima mezz’ora, appena sveglio pensava ai delfini, ai polmoni, all’aumento della capacità polmonare, ad una società ed una cultura parallele, fondate sulla necessità di respirare volontariamente. E fantasticava di città e popoli, di culture e società, di viaggi ed avventure.

Quella mattina ci stava pensando più del solito, era nervoso perché Cesira come al solito, per farlo alzare aveva iniziato a parlare della messa del mattutino, di com’era stato bello e commovente, con i frati gregoriani arrivati apposta dal convento di Sofferello a Monte per allietarli con i loro cori. E poi la chiesa addobbata di fiori bianchi per le prime comunioni , e poi….

“Basta Cesira.”, aveva detto lui, senza urlare, ed era rimasto come congelato nel gesto, con gli occhi corrucciati, il labbro inferiore pendulo e la mano destra fuori dalle coperte rivolta verso la moglie, aperta contro Cesira che continuava a ciarlare…

Don Ignazio Gussaldo ogni mattina che nasce pensa a i delfini,

ai polmoni, alla scienza, e a quello che ci può portare d’utile,

e proprio mentre pensava ai suoi amati delfini che saltavano liberi tra i flutti…

…proprio come un tuffo…

… gli si era fermato il cuore.

Nino Lo Gnomo

martedì 24 marzo 2009

Lettera aperta all’Assessore alla Cultura del Comune di Carinola



Oggetto: processo “ECO Quattro”. Spiegazioni.

Egregio Assessore, stamane ho appreso dai giornali la notizia del suo rinvio a giudizio, ed in qualità di cittadino del Comune anche da Lei Amministrato, e visto e considerato che l’atto al quale fa riferimento il termine rinvio a giudizio è il "decreto che dispone il giudizio" disciplinato dall'art. 429 cpp. Esso segna uno degli epiloghi dell'udienza preliminare e segna, per così dire, la fondatezza della ipotesi accusatoria formulato dal PM. 
Tale atto segna l'inizio del processo penale di merito avente ad oggetto l'accertamento del reato e la colpevolezza dell'imputato. Considerato altresì, che vi è certezza che “collaboratori della sua amministrazione” leggono quotidianamente il quiquiri, e che quindi sicuramente verrà informato di questa mia richiesta, le chiedo di inoltrare lettera alla redazione con chiarimenti al riguardo.

A voi lettori invece vi chiedo:

è il caso che l’Assessore si dimetta fino a che la situazione non sia chiarita?
Avere in giunta una persona indagata insieme a persone definite “camorriste”(come da elenco sotto indicato), non getta fango sul nome di Carinola?

SENTENZA IN SEDE DI RITO ABBREVIATO EMESSA DAL GUP DEL TRIBUNALE DI NAPOLI ENRICO CAMPOLI

D’Agostino Maria anni 3 mesi 2 (il PM aveva chiesto anni 6 di reclusione)
De Biasio Claudio Assolto
Diana Giuseppe anni 5 (il Pm aveva chiesto anni 12 di reclusione)
Filoso Vincenzo anni 1 mesi 11 (in continuazione su vecchia condanna) (il PM aveva chiesto anni 8 di reclusione)
Fragnoli Giuseppe anni 10 mesi 8
Fragnoli Giacomo anni 1 mesi 11 (in continuazione su vecchia condanna) (il PM aveva chiesto anni 8 di reclusione)
La Torre Augusto anni 4
Pignataro Aniello Anni 5 mesi 4
Orsi Sergio anni 3 mesi 2
Orsi Elsia Flora Assolta
Raio Ernesto Assolto
Romano Giovanni assolto
Sorrentino Gennaro anni 6 (il PM aveva chiesto anni 10 di reclusione)
Valente Giuseppe anni 5 mesi 4 (il PM aveva chiesto anni 14 di reclusione)
RINVIATI A GIUDIZIO UDIENZA 19.05.2009 II^C SMCV
ANDREOZZI SALVATORE-BUONOCORE PIETRO-CHIARI ELVIRA-CONTE UGO ALFREDO-D’AGOSTINO ANNA-D’AGOSTINO AMODIO-D’AGOSTINO PIETRO-DE FRANCESCO MASSIMO-DI LORENZO MATTIA-GNASSO DANIELA-LUCCI ANTONIETTA-MERCADANTE MARIA ROSARIA-ORABONA SALVATORE-NOIOSO MARIA ROSARIA-PACIFICO MICHELE-PANTALENA CARLO-PARRELLA VITTORIO-PONTICELLI LUIGI-ROMANO MASSIMO-ROMANO AGOSTINO-SCHIAVONE ALDO-TRAPANI GIOVANNI


Ing. Rompillo