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giovedì 1 novembre 2007

Il viaggio del Tordo Zip


Il tordo di nome Zip era nato in primavera sulle montagne svizzere al confine con l’Austria nel giardino di una linda casetta. Sin da pulcino era convissuto con gli abitanti del villaggio che gli volevano bene e a volte gli mettevano del cibo sugli appositi trespoli. Aveva trascorso l’estate felice mangiando ciliegie, prugne e more nei giardini delle case. Arrivato l’autunno fu convocato insieme a tutta la famiglia dal capostormo che li informò che l’inverno era alle porte e con esso la neve, quindi dovevano migrare. Chiese di decidere democraticamente in quale luogo passare l’inverno e tutti dissero la propria, c’era chi voleva andare in Spagna, chi in Portogallo, chi in Grecia, chi nell’Africa del nord, tutti luoghi caldi e pieni di olive, il loro cibo preferito. Chiese la parola un tordo nato e vissuto a Basilea, questi propose di andare in Italia e precisamente in Campania spiegando il motivo della sua proposta. Aveva saputo che in quella regione vi sono delle olive saporitissime che nella zona di Carinola vengono chiamate “malevizzole”, proprio perché piacciono ai “malevizzi” (nome dialettale del tordo). Disse poi che ci sono boschi verdi pieni di dolcissimi corbezzoli e il clima è tanto mite che sembra sempre primavera, tanto che la chiamano terra dell’amore che invita tutti a cantare, uomini e animali. E poi aggiunse: "Il ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio, grande intenditore di uccelli, è nato e vive in Campania e si batte per la difesa di noi animali. È vero che ha due cognomi e i lavoratori non si devono fidare di lui, ma gli animali si". Aggiunse infine: "ha detto in un convegno a Basilea che in Campania se uno rapina e ammazza un tabaccaio non va in galera, ma se maltratta un animale prende cinque anni di carcere". Questa ultima affermazione convinse tutti e all’unanimità fu scelto di svernare in Campania. Il pomeriggio, dopo aver fatto due o tre voli concentrici sulle case per salutare tutti gli abitanti, lo stormo si mise in volo in direzione sud, Mar Ligure, poi Mar Tirreno infine la Campania. Il tempo era bello, con un piacevole levante che stirava le penne e ne aumentava la velocità, cosicché nel cuore della notte arrivarono in vista delle rive campane. Sulla costa videro una luce abbagliante da cui proveniva una musica dolce di zirli e gorgheggi d’amore. Subito i più giovani si lanciarono in picchiata ma invece di trovare sexy compagne si trovarono impigliati in una rete tesa sul mare fra due barche. Insieme a loro c’erano, fringuelli, pettirossi, pispole, storni e anche qualche beccaccia, tutti insieme uniti nella stessa fine orrenda. Lo stormo continuò con più attenzione pensando ad un piccolo incidente, cosicché quando arrivarono alla pineta e videro un invitante albero secco e illuminato si sentirono sollevati. Da questo proveniva una dolce musica d’amore e zirli di passione, tutto lo stormo vi si lanciò sopra. Appena arrivati nel raggio luminoso, dall’oscurità incominciarono ad arrivare centinaia di fucilate, i poveri tordi si resero conto della trappola, ma era ormai troppo tardi. Quelli posati sull’albero caddero stecchiti. Gli altri volando vorticosamente accecati dalla luce del faro e terrorizzati dal rumore degli spari morirono fucilati insieme ad altri malcapitati uccellini. Il tordo Zip assieme ad altri quattro o cinque riuscì fortunatamente ad allontanarsi dalla trappola. Si rifugiarono in un boschetto aspettando il mattino seguente. Appena incominciò ad albeggiare si rimisero in volo verso le colline dove avrebbero potuto cibarsi di corbezzoli e olive. Da ogni lato arrivavano richiami di ogni genere, zirli, gorgheggi, chioccoli da apparecchiature elettroniche sofisticatissime, che li invitavano a fermarsi, i compagni di Zip lo fecero e caddero uno a uno crivellati dai pallini. Il tordo Zip capito che erano tutte trappole e in mezzo a che gente era capitato volò in alto, portandosi fuori tiro, ma quei forsennati gli sparavano ugualmente. Dall’alto, oltre ai suoi compagni superstiti, vide morire stormi di ingenue allodole che fiduciose si lanciavano sui richiami elettronici, facendosi sterminare. Si alzò ancora di più puntando alla cima del monte Massico, pensando, "Non mangerò le olive malevizzole ma almeno sopravviverò"!! Così si posò su di un albero nel bosco sulla cima del monte. Pensò "Sono salvo!". E mentre tra sé e sé rifletteva su questo, una pioggia di pallini lo trafisse… lo aspettavano anche là. E così finì il viaggio del nostro caro tordo Zip.
P.S. Purtroppo questa storia è vera.
The Big Hunter

giovedì 25 ottobre 2007

...Riflessioni...


Sono perplessa, e nel mio caso scrivere non vuol dire dare informazioni ma è la conseguenza di un bisogno di averne.
Sfoglio le pagine di stampa “alternativa”, mi considero dotata di buonsenso se provo orrore e rabbia nell’apprendere Terribili Verità costantemente insabbiate dal Potere (qualunque cosa questo voglia dire), poi mi sento a mia volta impotente perché non capisco come si possa spezzare la catena.
A questo punto arriva la confusione, perché non si può abbattere un nemico che non si conosce, lo sa anche un bambino.
È quindi d’obbligo chiedersi: ma cos’è veramente il Potere?
Sono gli uomini di potere? - un po’ scontato, forse.
O è forse un’ Entità Ultraterrena che si serve degli uomini per rigenerarsi costantemente? - carina questa, eliminerebbe ogni problema di tipo “morale”, ma forse è un po’ medievale…
O è un’altra di quelle grandi finzioni di cui l’uomo ha bisogno per non delirare di fronte alla propria totale incapacità di autocomprensione? – forse un po’ troppo scontata anche questa ipotesi e poi, parliamoci chiaro, non spiega proprio niente.
Dilemma troppo grande, passo ad altro perché comincio a sentirmi stupida.
Dicevamo delle Terribili Verità.
Che bello, anche queste portano ad un enigma: sono semplicemente impossibili da insabbiare completamente, o ne viene volontariamente lasciata una piccola traccia per far sì che poveri sventurati, credendo di essere portatori di Conoscenza e Libertà, in realtà stiano semplicemente avendo la loro parte nella Strategia del Terrore? Non voglio credere che sia così, un pensiero troppo qualunquista e che giustifica l’inattivismo. Eppure non riesco a non restare nel dubbio, e a volte immagino che tutte queste persone, in pericolo costante oppure addirittura martiri di grandi ideali, in realtà stiano solo facendo il gioco di ciò che vogliono combattere.
E il dubbio resta e si rafforza, perché la paura è debolezza (e debole è notoriamente il contrario di potente), e non si può non aver paura di fronte ad un ignoto che ogni tanto svela qualche sua parte, ed ogni tanto il suo contrario, entrambi devastanti.
L’Agnosticismo non è una via perseguibile, ho bisogno di decidere cosa è giusto e cosa sbagliato.
O almeno sapere in che direzione muovermi, così la mia vita sì che avrebbe un senso!
Insomma, mourir pour des idées c'est bien beau, mais lesquelles ? (G. Brassens)

Antiope

Linea Verde: La Margherita


Oggi ci occuperemo di floricoltura e particolarmente delle caratteristiche biologiche del piccolo fiore comunemente chiamato margherita. La Margherita, diversamente da come può apparire, ovvero un fiore piccolo e delicato, è sicuramente uno degli organismi più resistenti in natura. La Margherita si adatta con una certa facilità ai più svariati cambiamenti climatici. Cambia la stagione? Non c’è problema La Margherita non appassisce ma si rinvigorisce. I suoi petali sono sempre più rigogliosi nonostante i cambiamenti di stagione. La Margherita è un organismo che attecchisce con molta facilità e con uguale vigore, nei terreni più diversi. La Margherita predilige terreni come associazioni culturali, associazioni sportive e da non molto alcuni studiosi hanno constatato che La Margherita è particolarmente predisposta per i comitati festeggiamenti di matrice religiosa. Inoltre, La Margherita non disdegna di crescere anche nelle cooperative, ad esempio di pulizia. Insomma, La Margherita anche se non la si vede vive e come! Sempre dai nostri studi abbiamo notato come La Margherita ogni cinque anni, puntualmente nei mesi prima di maggio, si riproduce inverosimilmente inserendosi nei settori suddetti. Un aspetto sicuramente singolare che fa de La Margherita un organismo decisamente atipico, in quanto ancor prima della primavera la ritroviamo praticamente d’ovunque. È stato osservato come simbioticamente La Margherita si congiunge con un altro organismo, cioè la quercia. Due organismi per forma e caratteristiche apparentemente diversi che, in procinto di cambiamenti climatici, si incatenano in un unico essere biologico. Sicuramente singolare osservare come due organismi di matrice biologica diversa si uniscano per meglio sopportare i cambiamenti. Si potrebbe parlare di lotta per la sopravvivenza? Chi può dirlo.... Ciò che invece possiamo dire con certezza e come La Margherita riesca a sopravvivere pur coabitando con l’albero della quercia in maniera autonoma. Fatto di particolare interesse scientifico è la constatazione del primato biologico che La Margherita continui ad conservare. In un piccolo villaggio di campagna chiamato Carinola si è potuto osservare come l’apparenza inganna. Infatti, nonostante l’apparente fragilità de La Margherita, il piccolo fiore è riuscito, prima ad unirsi e subito dopo a dominare un organismo decisamente più grande come la quercia. Un fatto sicuramente anomalo che porterà a Carinola esperti da tutto il mondo per osservare il fenomeno di supremazia del piccolo fiore de La Margherita. Un fenomeno che non poche preoccupazioni sta scaturendo nei cittadini del villaggio di Carinola che, giorno dopo giorno si vedono spuntare da ogni dove margherite dallo stelo simile a quello di un tronco.


Depopa


domenica 21 ottobre 2007

Cattivi Maestri



"Io credo che Prodi sia il migliore Presidente del Consiglio della storia Repubblicana": cosi' dice il nostro vicesindaco.

Io so perche' la pensa cosi: non solo crede che sia il migliore, ma lo considera un esempio da seguire.

L'ultimo post del blog di Beppe Grillo ne e' la prova:




"Ricardo Franco Levi, braccio destro di Prodi, sottosegretario alla Presidenza
del Consiglio, ha scritto un testo per tappare la bocca a Internet. Il disegno
di legge è stato approvato in Consiglio dei ministri il 12 ottobre. Nessun
ministro si è dissociato. Sul bavaglio all’informazione sotto sotto questi sono
tutti d’accordo.La legge Levi-Prodi prevede che chiunque abbia un blog o un sito
debba registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni,
produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini
di lucro.I blog nascono ogni secondo, chiunque può aprirne uno senza problemi e
scrivere i suoi pensieri, pubblicare foto e video.L’iter proposto da Levi
limita, di fatto, l’accesso alla Rete.Quale ragazzo si sottoporrebbe a questo
iter per creare un blog?La legge Levi-Prodi obbliga chiunque abbia un sito o un
blog a dotarsi di una società editrice e ad avere un giornalista iscritto
all’albo come direttore responsabile.Il 99% chiuderebbe.Il fortunato 1% della
Rete rimasto in vita, per la legge Levi-Prodi, risponderebbe in caso di reato di
omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli articoli 57 e 57 bis
del codice penale. In pratica galera quasi sicura.Il disegno di legge Levi-Prodi
deve essere approvato dal Parlamento. Levi interrogato su che fine farà il blog
di Beppe Grillo risponde da perfetto paraculo prodiano: “Non spetta al governo
stabilirlo. Sarà l’Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo
regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute alla registrazione. E
il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà discussa e approvata dalle
Camere”.Prodi e Levi si riparano dietro a Parlamento e Autorità per le
Comunicazioni, ma sono loro, e i ministri presenti al Consiglio dei ministri, i
responsabili. Se passa la legge sarà la fine della Rete in Italia"

A me sembra, su una scala piu' grande, un metodo molto simile a quello che i nostri prodini stanno usando per farci chiudere.

Voi cosa ne pensate?


Il Bufalo

lunedì 15 ottobre 2007

PerDenti

Fumo e tanti coriandoli, festa effimera e nulla di piu’ per il referendum che ha tenuto a battesimo il Pd. Piu’ che il suono delle trombe di una propaganda mediatica indispensabile per dare ossigeno a una coalizione che non riesce a stare assieme e a sorreggere il governo quotidianamente sbugiardato, e’ il caso di suonare le campane a morto per la fine miserevole di recenti certezze. Il successo di Veltroni, significa infatti la sconfitta sonora di Prodi che solo due anni fa aveva avuto un milione di gradimenti piu’ del sindaco che non sa tappare le buche della sua citta’. È stata poi ufficializzata la spaccatura del fronte della sinistra. Ora il Pd vaga nel mare della politica senza mete e soprattutto senza un programma che lo distingua dagli altri. Non e’ una considerazione polemica, ma un drammatico paradosso che la sinistra moderata deve affrontare con impegno e una buona dose di preoccupazione. Si pretende di aver fatto nascere un partito da genitori palesemente differenti, cioe’ da un’ammucchiata: meta’ marchisti-leninisti, un’altra parte cattolici, e un’altra componente ancora laico-riformista. Un guazzabuglio che fara’ la stessa fine dell’Ulivo rinsecchito perche’ privo di radici, ovvero di identita’ comune.IDEM QUI A CARINOLA. Luigino Diana, alias "PUMMARUOLO", per esempio, si trova a braccetto con i catto-comunisti che ha sempre combattuto. L'unico interesse: OBBEDIRE AGLI ORDINI DI SCUDERIA PER NON LASCIARSI SCAPPARE LE POLTRONE E CONTINUARE A PAPPARE SUL COMUNE DI CARINOLA A DISCAPITO DEI CARINOLESI ONESTI.

Iacopone da Todi

mercoledì 3 ottobre 2007

Giovedi’ 12 Aprile 2141


Passava tutte le mattine al Caffè Nemo seduto ad un tavolino a fare colazione, e dopo aver distrattamente dato un’occhiataccia ai giornali fermava in un taccuino le impressioni mattutine o rileggeva quelle della sera prima che forse tanto tedio gli avevano procurato.
Giovedi’ 12 Aprile 2141, undici e venti della sera .
Se domani mi ricorderò che son vivo allora vuol dire che berrò una bottiglia di scotch in un camposanto, aspettando fino a che gli occhi non piangano più sangue e che la mia voce non ritorni a leccare ali di crisalidi ...
Era cosi’ triste ultimamente che non trovava pace: la routine lo stava annullando. In città non conosceva quasi nessuno. Tutti, dal vicino di casa al panettiere di fiducia, non erano che fumose figure a cui sommessamente stringeva la mano, ma spesso si limitava ad alzare lo sguardo a cui seguiva un impercettibile cenno della testa. L’altra mattina però non andò come tutte le altre. Decise di passare la mattinata sfaccendato e di andare a lavoro solo nel pomeriggio, beccandosi la sanzione. Lesse quasi tutto il giornale con molta attenzione e rimase ovviamente colpito da un pezzo di un ignoto inviato, Stewart J. Smile, che in particolare analizzava l’ultimo provvedimento governativo sull’uso del dispositivo, il quale era stato ridotto dal numero di diciotto a dieci ore al giorno. Il Governo Centrale delle Palle Mobili, infatti, aveva deciso di invertire moderatamente la rotta per motivi finanziari.Il genere umano riusciva a vedere attraverso il “Dispositivo Oculo”-ultimissima invenzione tecnologica, imposto tre anni prima dal Governo di Transizione-Permanente- il quale permetteva non solo a tutti di vedere tale e quale a come vedevamo prima, ma dava anche l’impressione di poter regolare la luce o il tono delle ore, del giorno e della notte. Era in pratica come indossare ininterrottamente un paio di occhiali gialli regolabili in diverse tonalità a seconda del gusto e del momento. La gente ormai non vi faceva più caso, andava tranquillamente a messa, in vacanza, mangiava, studiava, lavorava, faceva shopping (poco a dir la verità in quanto ogni giorno la stessa maglietta poteva avere un colore diverso), faceva all’amore- diversi erano quelli che ogni sera cambiavano compagna passando da mora a bionda, a mulatta in più di cento gradazioni, lo stesso avveniva anche per le donne- e infine dormivano. Solo allora era concesso di resettare il dispositivo. E ora invece si cercava di invertire la tendenza o quanto meno di ridurre il tempo di liberalismo visivo. L’autore del pezzo Stewart J.Ken, di tendenze opposte al Governo, suggeriva addirittura di ritornare allo “stato primitivo di visibilità e soprattutto di coscienza dopo tanti anni di oscuro conformismo e di pauroso asservimento, tanto più che Loro- continuava il periodo- ne sono stati esclusi da sempre da questo assurdo provvedimento che ci ha resi indegni di esser definiti umani e che ora per un chiarissimo tornaconto economico legato al mercato(infatti perfino le prostitute avevano finito per cambiare mestiere) cercavano di cambiare tattica.” Federico era perfettamente d’accordo con quanto diceva e a dire la verità era da anni che la pensava cosi’. Però si domandava perché non aveva mai fatto nulla? D’altronde nessuno controllava se a casa resettavi il dispositivo. Inoltre se ti beccavano in strada ti mandavano in esilio nel Secondo Emisfero dove la rivoluzione tecnologica delle macchine non era riuscita ad attecchire e si poteva ricominciare daccapo. Cosa ci faceva, dunque, li’ tra tanti poveri diavoli ciechi? Doveva fare qualcosa, ma cosa?Decise di strapparsi il dispositivo, proprio li’ davanti al Caffè Nemo,e la prima cosa che provò fu la piacevole sensazione della brezza dell’Austro. Gli sembrò di veder il vento... Poi cominciarono gli OhOhoohhOOh!, gli Ahaahhahah! Oh Mio Dio che cosa ha fatto!!??-Cosa ho fatto?Voglio solamente ricominciare a vedere con i miei occhi, nulla di più -rispose a tutti Federico.
- E lei è sicuro-fece un passante con un logoro soprabito grigio- di poter vedere le cose come sono realmente?Non crede che ciò sia impossibile come è stato dimostrato dai nostri scienziati?
Federico allora lo guardò benevolmente in volto e iniziò a parlare quando…. –Ma cosa mi succede?-si chiese in pieno delirio il passante-che non aveva mai assistito ad un caso di dannazione-tecnologica, e per di più aveva il dispositivo regolato alla tonalità rosso-tramonto dei tropici.
Altri passanti si fermarono, allora gli<<>> pian piano si infittirono vedendo che tutti scomparivano man mano alla luce del sole che ora solo Federico riusciva a cogliere nella sua nitidezza millenaria.
Si seppe in seguito che Federico fu spedito nell’altro Emisfero dove si era liberi dal dispositivo e da altre forme di costrizione a cui il Governo delle Palle Mobili aveva abilmente abituato milioni di sudditi. Nel cuore di un paese ricominciò a vivere, svolgendo altre faccende, altri lavori, occupando secondo i propri istinti e la propria virtù il proprio tempo prezioso, godendo delle quotidiane meraviglie, come pranzare col sole sulla tovaglia discorrendo in famiglia di ortaggi di stagione e dell’ ottimo Falerno, ormai lontano da quei tanti che vedono nell’ uniformarsi come l’unico comportamento da tenere da chi vive in questo traboccante, ma cosi’ buio, nuovo millennio.
Manfredi delle Mattinate.

lunedì 1 ottobre 2007

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martedì 25 settembre 2007

...Rassegna Stampa....

Tante volte capita che, girando su internet, incontriamo notizie che ci fanno strabuzzare gli occhi e che, sopratutto, ci lasciano stupiti. Nessuno infatti ne parla sui canali di informazione "ufficiali", come i telegiornali o la carta stampata, seppur sia evidente la loro importanza...

e qual è il bisogno che sentiamo quando ci troviamo di fronte a questo tipo di articoli, spesso scritti su blog o giornali on-line (a volte in realtà anche sulle edizioni on-line dei giornali ufficiali, che però si guardano bene dal pubblicarli su carta)? Certamente quello di fare in modo che il maggior numero di persone possibile ne venga conoscenza...

per questo stiamo mettendo su una sezione speciale del Quiquirì dedicata alle nostre e alle vostre segnalazioni, le cui fonti possono essere le più svariate, dai blog più o meno locali ai giornali nazionali e internazionali...


è un'iniziativa per la quale è importante la più ampia partecipazione, per cui invitiamo tutti ad inviare il link degli articoli che si vogliono segnalare all'indirizzo redazione@ilquiquiri.com o, se preferite mantenere l'anonimato sulla vostra casella di posta elettronica, ad inserirli come commento a questo post. A momenti sarà messa un'apposita sezione "Rassegna Stampa" nella barra laterale.




La Redazione Quiquirì

domenica 23 settembre 2007

giovedì 20 settembre 2007

Dark Room

Vignetta inviata da WANG FU, clicca sull' immagine per ingrandirla





mercoledì 19 settembre 2007

Espugnare la Bastiglia?


“La terra trema ormai sotto i piedi della Casta”: esordisce cosi’ l’editoriale di Giovanni Sartori apparso sul Corriere dell Sera di oggi, continuando: “Per la prima volta il popolo bue la minaccia davvero. Finora i signori del potere se ne sono infischiati della rabbia crescente di un elettorato che si sente irretito nell’impotenza (a dispetto dei rombanti discorsi che lo proclamano, poverello, sempre più sovrano). Ma ecco che, inaspettatamente, Beppe Grillo entra nella tana del nemico e, alla festa dell’Unità di Milano, spara a mitraglia contro gli ottimati Ds. Fino a meno di un anno fa Grillo sarebbe stato subissato dai fischi; invece, è stato subissato da applausi. Un episodio che richiama alla mente la caduta della Bastiglia. Di per sé quell’evento della rivoluzione francese fu un nonnulla; ma ne divenne il simbolo. Forse sto forzando troppo i fatti. Forse. Vediamo perché. Intanto, e in premessa, cosa si deve intendere per «antipolitica »? La dizione è ambigua: sta per «uscire» dalla politica, estraniarsi; oppure per «entrare» a tutta forza nella politica per azzerarla (il caso di Grillo). Ciò premesso, le novità sono due. Primo, Grillo entra in politica avendo prima creato una infrastruttura tecnologica di supporto e di rilancio: Internet, blog, e un radicamento territoriale assicurato, ad oggi, dai 224 meet up (gruppi di incontro) che in un giorno raccolsero 300 mila sottoscrittori per una legge di iniziativa popolare”. “Primo. Misurare la forza di Grillo con riferimento ai suoi predecessori sarebbe una grave sottovalutazione. Secondo. Grillo ci sa fare. Non propone un nuovo partito (il 32˚, come ironizzano a torto gli altri 31), ma un movimento spontaneo che li spazzi tutti via. Inoltre ha messo subito il dito sul ventre sensibile della Casta: il controllo dei voti. Se vogliamo davvero sapere quale sia lo stato di putrefazione del Paese, la fonte non è Grillo ma il libro La Casta di Stella e Rizzo. Quel libro ha venduto un milione di copie—un record di successo mai visto — eppure non ha smosso nulla. Gli italiani dovrebbero esprimere la loro protesta «razionale» continuando a comprarlo. Ma anche così dubito che la Casta ascolterebbe. Perché Stella e Rizzo non controllano voti. Invece Grillo sì. Lo ha già dimostrato e si propone di rincarare la dose al più presto. Per le prossime elezioni amministrative Grillo sosterrà liste civiche spontanee «certificate » (da lui) che escludano iscritti ai partiti e personaggi penalmente sporchi. Ne potrebbe risultare uno tsunami. Anche perché il grillismo capitalizza, oggi, sulla retorica (ipocrita) di esaltazione dello «spontaneismo» dispensata da anni sia da Prodi come da Berlusconi. Hegel elogiava la guerra come un colpo di vento che spazza via i miasmi dalle paludi. Io non elogio la guerra, e nemmeno approvo le ricette politiche «al positivo» del grillismo (a cominciare dalla stupidata della ineleggibilità di tutti dopo due legislature; stupidata che l’oramai infallibile incompetenza del nostro presidente del Consiglio ha già approvato). Ciò fermamente fermato, confesso che una ventata — solo una ventata — che spazzi via i miasmi di questa imputridita palude che è ormai la Seconda Repubblica, darebbe sollievo anche a me. E certo questa ventata non verrà fermata dalla ormai logora retorica del gridare al qualunquismo, al fascismo, e simili”.

Commentare su un editoriale cosi autoescplicativo non e’ facile, e forse inutile: vorrei solo fare una piccola considerazione sul nuovo “movimento” (non nel senso di “movimento politico” alla classica) che sta emergendo in questi ultimi mesi. Vorrei farla sopratutto rispetto al contesto locale, nel quale questo blog si muove e nel quale cerca di mantenere lo sguardo. A dimostrazione di quanto, anche nel nostro piccolo paese, i “feudatari” abbiano qualche recondita paura della plebe da loro amministrata, stanno i numerosi commenti di chi, ancora non capendo nulla del siginificato di questo blog, ci accusa di essere una volta “comunisti”, o “conservatori”, “vestiti di sinistra ma che votano a destra”. Ovviamente non mancano quelli esplicitamente risentiti dalla possibilita’ che si formi una nuova lista completamente alternativa alle gia’ presenti. A titolo esemplificativo, leggete questo (che tra l’altro ho trovato divertentissimo):

State facendo tutto sto casino per candidarvi.
Potevate dircelo prima.
Chi di voi farà il candidato Sindaco?
Ma sai che risate.
Giocherò i numeri al lotto!
14 u mbriaco
71 l'omme e merda
77 il diavolo
78 la pubblica donna che ne sa uno più del diavolo!!
Scacco matto!!!!!
la buonanima del Vicerè
dimentica 79 a femmena zoccola e mariola!


A parte che per l’indiscutibile “simpatia”, ho scelto questo commento perche’ secondo me piu’ di altri da’ l’idea di quanto sia fastidioso per i feudatari e i loro valvassori il solo pensare alla possibilita’ di trovarsi nel loro cammino, che considerano gia’ tracciato, ad avere a che fare con persone che non condividono le loro logiche. Le elezioni si avvicinano, e la possibilita’ di perdere anche pochi voti si traduce in reazione anche violenta a qualsiasi tipo di critica, cercando di mettere alla berlina e ridicolizzando chi sembra impossibile da convincere a passare dalla propria parte. Deve essere un po’ frustrante, immagino, vedere che un tale sentimento di “protesta” si svolge secondo logiche nuove, non comprensibili per chi e’ abituato ad offire il caffe’ e a vestirsi inspiegabilmente in modo piu’ elegante sotto il periodo elettorale. Con cio’, come chi legge queste righe senza pregiudizi avra’ capito, non voglio dire che bisogna formare o non formare una lista civica per le prossime elezioni. Voglio solo ricordare che se qualcosa di nuovo sta iniziando, ed io ho l’impressione che sia cosi’, per chi non lo avra’ capito in tempo non saranno tempi facili.

77 (con un po’ di 78)


..ricordi...

Istintivamente la lettura di questo pezzo potrebbe apparire come il solito articolo nostalgico-moralistico, nonché gratuitamente retorico. Quindi, è inevitabile una sorta di premessa, o meglio un’avvertenza, su ciò che veramente mi piacerebbe trasmettere nell’ analizzare il tema che tra breve tratterò. “Una cittadinanza marcia non può che subire il marciume dei loro rappresentanti.” Ciò che vorrei dire è che finché non vi sarà un approccio genuinamente etico verso il nostro vivere comune, non credo che ci si possa aspettare così tanto dalla politica. Sarà l’onda “grillista”, ma veramente credo che “i politici sono i nostri dipendenti” benché allo stesso tempo credo che per alcune cose non siamo poi tanto migliori dei nostri rappresentanti. Ma non voglio parlare di questo, in quanto troppi commenti, parole ecc ecc, dal quiquiri ai più grandi canali mediatici hanno detto troppo e sempre alla stessa maniera le cose vecchie di anni. Posso anche sorvolare la solita retorica delle nostre cattive abitudini consolidate e dure a morire, (come gettare cartacce a terra, non preoccuparci della differenziata, e così via) ma non posso distrarmi sugli aspetti, decisamente più emotivi, che non possono non creare delle vere ferite interiori. L’atteggiamento di non sentire veramente nostro, il “nostro” territorio proprio non lo capisco. Non si tratta neppure di campanilismo, in quanto sicuramente sono il primo che troppo spesso si scuce la cosiddetta presunta identità. Presunta identità, esatto, perché forse il nostro problema è quello di non sentirci per ciò che siamo, all’interno del nostro spazio di vita. Ciò che vorrei far capire é che troppe volte siamo inevitabilmente lontani dai nostri luoghi, senza muoverci di un passo. Lo so, dalla premessa nata per tracciare un punto di partenza, vi sto portando in discorsi un po’ troppo “gommosi” e quindi è meglio ritagliare una situazione da prendere come sorta d’esempio. Passeggiando per “abbasciu santa Lucia” alla mia destra, forse per colpa di qualche rotolio della mente, immediatamente mi sono rivisto gettato in una cornice che ormai non esiste più. Il campo di bocce sempre pieno di simpatici individui con la coppola in testa e la boccia nella mano. Un centro socialmente vivace, colorato di facce più o meno rugose che in un clima di rumorosa tranquillità coloravano il fresco della vecchia strada principale di Casanova. Sono rimasto di fronte a ciò che resta del campo di bocce, per alcuni attimi, giusto il tempo di fare un tour tra le mie immagini mentali passate. Non sono ricordi, ma immagini di un piccolo spazio che, vuoi o non vuoi, se abiti a Casanova sono sempre tue. Non sono ricordi, in quanto credo che i ricordi siano fatti certamente d’immagine, ma soprattutto d’esperienza di pelle. Nel campo di bocce d’esperienza ce n’è stata poca, almeno per quanto mi riguarda, ma di colore tanto. Oggi non c’è nulla (non è la solita critica all’ufficio tecnico fantasma che sicuramente se mi andrà sarà bersagliato) solo spazzatura, erbacce e, per completare il tutto, abbiamo anche i sampietrini non utilizzati della Mannillo’s street. Ormai il campo non è così lontano da un qualsiasi “cantone”. Inevitabili processi temporali, si dirà, e del resto può anche essere. Non vorrei parlare principalmente di ciò che resta del campo, usato a mo’ d’esempio, piuttosto mi piacerebbe capire perché si ritorna al prima quando, ormai, il prima è soltanto frammento del vecchio. Un quesito decisamente stupido che però matura un’altra domanda, ovvero: perché ciò che ci circonda non muore ma è in perenne agonia? Perche’ peggio della morte c’è solo l’agonia. Non sono un bocciofilo, che vorrebbe ripristinato il campo per continuare le sfide di S. Lucia in quanto non è bastato nemmeno l’impianto nuovo alla destra del campetto di calcetto, diventato ben presto il vespasiano della villa. Sono invece un curioso che non capisce perché ci rileghiamo nelle nostre tane/case sicuri che niente e nessuno (forse) potrà intaccare ciò che resta del nostro mondo. Tutto si trasforma ma niente muore! Un campo di bocce ieri, potrebbe essere una piazzetta o cose del genere oggi. Veder morire paesini come Ventaroli, S.Ruosi, S.Anna, S.Donato, come altre zone praticamente sconosciute ai molti, mi fa sentire un po’ un pezzo di me/#a. Non so perché. Non significa assolutamente che vorrei vedere il Comune di Carinola invaso dal cemento al pari di una qualsiasi realtà di provincia, vorrei che Carinola rimanesse un qualsiasi posto di campagna. Perché la nostra non può dirsi certo una realtà dalle prerogative cittadine. Noi siamo semplicemente “semplici paesanotti di campagna”. Ci sforziamo di apparire come emancipati, provando a imitare, più che emulare, qualcosa a cui sinceramente non vorrei assomigliare, quando la cosa migliore sarebbe forse cercare di assaporare con lo spirito giusto la purezza e la genuinità idilliaca che solo un paesino come il nostro può offrire. Mi piace immaginare il mio paesino così, con la capacità evocativa di un antico campo di bocce, senza che sia necessariamente avvolto nella cornice impolverata di un tempo ormai passato. Alla fine ho fatto ciò che mi ero promesso di non fare, ossia un pezzo gratuitamente nostalgico. Lo so, mi sono prolungato troppo e sicuramente non sono stato chiaro neanche con me stesso.

Facoceroinnamorato