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mercoledì 29 maggio 2013

Catilina ,exi ex urbe;libera rem publicam metu, in exilium abi!

L’ Amministrazione Comunale è a lavoro ormai da 2 anni, eppur con sforzi immensi d'immaginazione, la popolazione ancora non riesce a percepire nessun beneficio,  nè in termini di servizi nè di una gestione oculata delle spese.

Il territorio si presenta in pessima condizione su tutto il comune.

Manca la pulizia, mancano opere pubbliche d'immagine, a chi per caso si trova a passare per le nostre zone.
Ma intanto quando occorre pagare consulenze faraoniche ai vari "Enzo Piano" ingaggiati dalla nostra amministrazione all'improvviso "il cash"si materializza e viene veicolato dalla tesoreria per pagare  importanti consulenze.

Per non parlare delle cifre con cui sono state pagate le ditte per la raccolta rifiuti, con transazioni sottotono e silenti,  ma dall'entità nemmeno immaginabile per un piccolo comune come Carinola...

 Carinola di ELDORADO, per alcuni oseremo ironizzare,  ma con rabbia e perplessità.

Perché l'altra faccia della medaglia non è dorata come la famosa città dell'oro, 
bensì' bianca e blu : il colore delle cartelle esattoriali, dell' acqua e della spazzatura.

(con tanto di addizionale per lo smaltimento delle acque reflue, quando tutti sanno che manca il depuratore al nostro acquedotto, anzi pare che manchi l'intera impiantistica, ma questa è una storia da trattare in seguito).


E' grigia e mesta come il cuore gonfio di rabbia degli operatori ecologici licenziati, ove non c'è stata nessuna trattativa di reintegro.
E bianca e incredula come quella di chi  si presta a giochi,sulla mancanza o meno di una firma su un atto pubblico.

C'è rassegnazione, c'è consapevolezza, che cambiare è impossibile.

Da una lista con questo nome : "Impegno in Comune"ci  aspettavano altri risultati e altre prospettive.

Sembra che l'impegno ce lo mettono e tanto , ma non per risolvere i problemi della gente !
Ma solo per elargire laute consulenze!!

Ora vedremo con il tanto sbandierato finanziamento,che colore potremmo attribuire, 
speriamo il blu del mare,  perché altrimenti ci sarà rimasto solo il blu del cielo a Carinola.

Il blu di una notte scura che sembra non passare mai.


Arcobaleno


lunedì 27 maggio 2013

Oggi vi presento un paesologo



Franco Arminio è uno scrittore e poeta nato in Irpinia che se ne va in giro per i paesi d’Italia a vederli per poi raccontarli. Viaggia parecchio, ascolta la voce di chi non ha niente o poco da dire, poi scrive, parla, incontra le facce dei paesi desolati, stringe mani vigorose e sporche di chi fa cose e  ricostruisce pian piano dalle macerie. A tutti parla di paesologia, una fusione tra poesia e geografia ha detto qualcuno, una scienza che inizia proprio con lui. La sua scrittura mi ha fatto bene, la sua visione dei paesi mi aiuterà a capire cosa siamo diventati. Qualche giorno fa è uscito il suo ultimo libro (Geografia commossa dell’Italia interna, Bruno Mondadori ) ma in attesa di averlo riproponiamo scorci di qualche anno fa. Ora sotto gli occhi abbiamo un suo pezzo, la Repubblica della paesologia. 
Alcuni passaggi mi hanno colpito. “…I paesi non sono morti, ci sono ancora, sono malati, esattamente come è malato tutto il pianeta. C’è una parola che può riassumere tutto: desolazione. Si tratta di una malattia nuova per i paesi. Prima c’era la miseria, c’era il mondo mirabilmente descritto da Carlo Levi, c’era la lontananza e l’oppressione, c’era la comunità dei poveri, degli umili. Siamo passati dalla civiltà contadina, a volte crudele, perfino spietata, a questa cosa oscena che chiamo modernità incivile”. Penso a Ventaroli, San Donato, Casanova. Carinola il comune dei paesi disgiunti e dei borghi abbandonati alla loro bellezza fatta di rovi e solitudine. E ancora, “Scrivo a oltranza di luoghi che perdono abitanti e di abitanti che hanno perso i loro luoghi”. Dalle nostre parti accade qualcosa di simile, siamo proprio noi che perdiamo ogni giorno i nostri palazzi, ruscelli, fontane, case, strade di campagna, casini.

Qualcuno di noi si emoziona ancora per tutto questo perdere e cerca disperatamente aiuto. Altri hanno dimenticato come si fa. Le occasioni e le soluzioni giungeranno se saremo capaci di ritrovare “una nuova etica, un umanesimo delle montagne” scrive ancora Arminio.
Ecco che oggi piu’ che mai, tornando in città lontane dopo qualche giorno in paese sento che dovremmo semplicemente provare a fare qualcosa. 

Basta una passeggiata, 
il sole che passa nelle fronde di quercia,
che acceca di bellezza. Della nostra bellezza. 

Micco

venerdì 10 maggio 2013

Lettera all'assessore Antonio Russo




Queste righe intendono semplicemente invogliare a prendersi cura del territorio, in particolare di alcuni spazi caduti nel più totale degrado, frutto dell’abbandono urbano quale coerente conseguenza di una più complessiva degenerazione sociale.

In riferimento a quanto premesso, preme allo scrivente, in questa sede, seppur riduttiva, rivolgere alla Sua autorevole attenzione, una riflessione concreta, in virtù della sua decennale esperienza maturata in ambito politico-amministrativo, tenendo conto dell’importante ruolo istituzionale assunto nell’attuale giunta cittadina.
Vengo subito al problema: abbandono e degrado della villa comunale di Casanova, medesime problematiche per il campetto sportivo.

Pur riconoscendo il limite delle deleghe attribuitegli - edilizia sportiva e relativa gestione di competenza del Suo illustre Collega, Assessore Francesco Di Spirito - confidiamo, ugualmente, in un suo preciso e puntuale interessamento o, cosa migliore, in un'azione politico-amministrativa congiunta.

Sono stato raggiunto da un amico qui a Parigi, il quale mi ha descritto un quadro piuttosto desolante della situazione urbana e sociale del Comune, ma più di tutto sono rimasto colpito dal furto di tombini nella villa comunale  di Casanova.

Un fatto grave si ma che rivela tutto il suo carattere grottesco e inaudito, segno di una evidente decadenza strutturale.

Successivamente, partendo da tale argomentazione si è, via via, parlato della struttura del campetto sportivo, dove gli spogliatoi restano tuttora incompleti e, cosa gravissima, il campo versa nell'abbandono più totale.
Un’azione politica e amministrativa degna di questo nome avrebbe saputo trasformare negli anni il campetto in un impianto capace di accogliere discipline sportive di vario tipo, trasformarsi in attività ricettiva ed in forma occupazionale attraverso l'organizzazione di un vero e proprio centro sportivo di qualità.

L'azione politica amministrativa è andata nel senso contrario, disinteressandosi, per motivi incomprensibili. 

Tutti capiscono che se la struttura sportiva fosse riabilitata e vissuta, la stessa villa comunale ne gioverebbe, naturalmente con adeguata manutenzione settimanale.

In definitiva, la riflessione volge ad un punto concreto di proposta: promuovere un tavolo cittadino finalizzato alla concertazione, con tutti gli attori istituzionali presenti nella Nostra Comunità, per poter predisporre, nei modi e nei tempi, una precisa proposta progettuale, entro l'otto giugno prossimo, indirizzata al Dipartimento per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport per accedere, come spero che a Lei sia notorio, al Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva in concerto con associazioni del Comune che si occupano di sport avendo requisiti di competenza e spirito di passione.



Confidando di un Suo preciso quanto immediato riscontro, in attesa di Sue indicazioni al riguardo, l’occasione mi è gradita per porgeLe i miei più Cordiali Saluti. 

Michele Sorvillo







lunedì 6 maggio 2013

Gli indifferenti



Se Moravia avesse trascorso qualche giorno a Carinola sicuramente avrebbe ambientato qui il suo celebre romanzo . 
A Carinola  il degrado amministrativo ed economico viene vissuto nell'indifferenza totale della popolazione. Sulle loro spalle scivola qualunque avvenimento senza scuoterli minimamente. Eppure nel corso degli anni quasi tutte le amministrazioni hanno cercato di risolvere il problema.   Si sono susseguite negli anni, amministrazioni che hanno progettato lavori pubblici solo per arricchire imprenditori e tecnici. Amministrazioni che sono entrate in contatto con la camorra provocando lo scioglimento del consiglio comunale. Nulla, nessuna reazione. Hanno appaltato i servizi economici a prezzi astronomici lo stesso senza risultati. Allora i maggiorenti del comune hanno pensato di ingaggiare un sindaco medico che potesse curare meglio i cittadini da questa oscura malattia. Il poveretto si è messo subito al lavoro convinto di poter guarire i carinolesi convinto di essere bravo come medico ma ancor più bravo come amministratore. Ha iniziato col vestirsi sempre di rosso cercando di strappare un sorriso almeno ai bambini , nulla. Li ha privati dell'acqua e della viabilità , nulla . 
Ha incrementato notevolmente l'inquinamento ambientale anche con l'amianto, nulla nessun segnale di reazione. Allora ha provato a toccarli nella tasca aumentando le tasse a dismisura , nulla. Ha aumentato il costo dei servizi licenziando contemporaneamente un pò di persone, nulla. Non volendo arrendersi è ricorso all'ultimo tentativo quello di ingaggiare un nuovo comandante di vv uu. assumendo un forestiero che sarà pagato con le tasse dei carinolesi sperava di creare una protesta tra i giovani laureati che dovrebbero aspirare a quel posto ma senza esito. Ormai gli restano a disposizione solo due soluzioni per risolvere la gravissima epidemia. O farli  frustare tutti dal comandante che si è scelto o dimettersi permettendo a qulcun altro di provarci. Chiunque sarà il successore certamente fallirà in quanto non riuscirà a far meglio del sindaco attuale. Questi  nonostante i suoi sforzi inventivi e la sua riconosciuta capacità non è riuscito nemmeno a scalfire la cappa di indifferenza che avvolge i carinolesi.
Speranza

venerdì 3 maggio 2013

...... Il Fascio-Vivente.....


In questo periodo vaga nell'inquietudine l'anima d'un fascio-vivente. Sulla pagina Fb di tribuna politica  lo zombie Mattia non perde tempo a postare commenti in continuazione, per altro qualunquisti che fanno invidia anche a Grillo, in merito alla situazione italiana e carinolese. Quando scrive questi post crede proprio che la gente sia stupida e che non abbia memoria, ma si sbaglia e leggendo alcune sue frasi mi viene il dubbio che sia proprio lo zombie in questione ad averla persa. Quindi rinfreschiamola un po’.

Il fasciovivente dopo anni e anni di inconsistente opposizione ha trovato la sedia in maggioranza solo grazie alla genuflessione a Grimaldi aprendo una grande storia d’amore in quei mesi con il compagno Mannillo degna dei migliori romanzi harmony. Il fascio vivente dimentica, poi, che alle ultime elezioni si è venduto a Di Biasio, offendendo i suoi elettori, i quali, diversamente da lui, vivono una vita reale fatta di lavoro e sacrificio e non una vita su tribuna politica dove poter sparare cazzate a fiumi, cercando una sorta di resurrezione. Il fascio vivente, si permette di offendere il sindaco Gigi ( non è una difesa in quanto Gigi è indifendibile) etichettandolo come lupo del matese evidenziando sempre che non è di Carinola trascurando il fatto che lui vive a Caserta e non conosce assolutamente la vita reale del comune e i suoi problemi reali ( non politici),  diversamente dai suoi sostenitori e partner di partito che si spaccano la schiena col lavoro.

Percio' il fascio vivente dovrebbe avere la dignità di stare zitto e viversi la sua vita a Caserta presso la segreteria del suo partito (suo appunto) senza postare commenti ipocriti così come la sua storia politica, caratterizzata da accordi  sottobanco con chi il giorno prima sputtana dai balconi. Se vuole fare l’uomo di destra deve farsi un bell'esame di coscienza dinanzi ai suoi sostenitori e ricordare che un uomo di destra mai avrebbe accettato la candidatura con Mannillo e Gigi e mai avrebbe accettato di portare l’acqua a Di Biasio. Vergogna.

Ma tanto sono convinto che la gente ha già aperto gli occhi e il tuo vagare in questo purgatorio mediatico come internet si tradurrà in un inferno politico dove per la legge del contrappasso porterai l’acqua a Di Biasio per l’eternità sotto il busto di Mussolini
unodidestravero

mercoledì 1 maggio 2013

LETTA & HOLLANDE, LA NUOVA COPPIA

E' finita da pochi minuti la conferenza stampa di Enrico Letta e di François Hollande, a margine del loro primo incontro politico, che a Parigi scende la pioggia su un pomeriggio dove non ci sono concerti nelle piazze ma almeno tre manifestazioni ( due di sinistra  ed una di estrema destra) nella sola capitale.  I due rispondono alle domande dei giornalisti  dopo aver spiegato i punti del loro confronto all'Eliseo e gli obiettivi che si propongono per i prossimi mesi: unione bancaria europea, abbassamento tassi di interesse, sblocco delle risorse per creare lavoro nei piu' giovani, alleggerimento delle politiche del rigore per rilanciare crescita e sviluppo. Evidentemente i due hanno stretto un forte patto in Europa, che con Monti sarebbe stato impensabile: fatto il lavoro sporco, ottenuto il posto in Senato, ora puo' riposarsi in santa pace. Letta, l'uomo dalle ampie vedute e dalle larghe intese, due giorni dopo la fiducia  prende a braccetto la Francia. Ma ora dovranno convincere la Germania ed i Paesi vicini alla locomotiva che è giunto il momento di prendere un nuovo cammino per mostrare un altro volto dell'Europa, quella che non punisce, che non tassa solamente ma che sia capace di creare benessere. Un altro miraggio? La sfida è enorme.

Enrico Letta si è espresso in un buon francese, ha convinto la  stampa per la sua determinazione, ma per lui la vera sfida sarà quella di convincere il Parlamento italiano, dove già la battaglia per i sottosegretari sembra piu' importante della battaglia per la creazione del lavoro.

Intanto, oggi primo maggio, in Francia si protesta per le politiche di rigore, per tre milioni di disoccupati e per le scelte di Hollande che non convincono. In Italia pic-nic e concertone a Roma, mentre a Taranto si lotta.

Cosa ne sarà dell'Europa diciamo fra dieci  anni?La Cina già grande potenza mondiale, gli Stati Uniti che raggiungono l'indipendenza energetica, Paesi in via di sviluppo ( nel continente africano come altrove) che conoscono margini di crescita rigogliosa, mentre noi europei  bloccati dalla fine del lavoro.
Proviamo a rialzarci.

Mi So

sabato 27 aprile 2013

L'incubo di Santa Cruz


   Erano passate da poco le 2 di notte  e il rumore di un cavallo al galoppo, squarciò il silenzio della piazza di Kasanovia.

   Emissari del potente Cerusico cavalcavano verso il borgo di Santa Cruz, e portavano funeste notizie dalle terre di confine. Erano gli inizi di maggio e le donne di Kasanovia erano impegnate nella solita infiorata. La notizia era chiara, la guerra era di nuovo vicina, e pronta a dare morte e distruzione a Calenum. Per la paura alcune donne si barricarono in casa, altre si riunirono  in preghiera, altre continuarono con più vigore ad abbellire la strada, per il passaggio della madonna il giorno successivo. Gli emissari arrivano a santa Cruz e svegliarono il potente Cerusico, il quale tentennava ad aprire la porta, vista l’ora.

   Aperto l’uscio,  riportarono quanto visto. Sul monte massico, un vecchio pastore eremita, aveva prestato la propria dimora per un terribile convivio. Il conte Biasox in persona, con l’armatura tirata a lucido, illustrava il piano ai suoi nuovi e vecchi alleati. C’erano proprio tutti, da Giano Bifronte, e Toninus Paganus. Questi erano tutti ben visibili, mentre c’era un uomo di corporatura robusta che coperto dall’ombra della buia stanza , gli emissari non riuscirono a riconoscere. Il Potente Cerusico, dopo aver udito la notizia, fece chiamare il vescovo, e accompagnato da Pie donne, nella notte si recò nella cripta di San Bernardo in preghiera. Indeciso tra arrendersi  o combattere, mentre pregava si addormentò in un sonno profondo. Nel sonno udì una voce :  “Giggino! Sono qui! Abbassa lo sguardo”: era un grosso e corpulento tasso vestito da generale della P.M. (Polizia segreta di Calenum)!!

   Il cerusico si svegliò all’improvviso implorando contro il  maledetto tasso che lo perseguitava dai tempi del Polo scolastico! Allora ordinò di  essere riaccompagnato a casa,  e con le Pie donne al seguito s’incamminò verso santa Cruz. (qualcuno narra che le “Pie” donne fossero le stesse che ricevevano incarichi a corte)  Ormai era l’alba, e il peso della notte insonne si faceva sentire. Ma il potente Cerusico non aveva ancora ben capito,  il significato del sogno e con un leggero dormiveglia continuava a pensare alla familiare divisa indossata dal tasso, venutogli in sonno,  ma senza trarne nessun collegamento. E soprattutto pensava a  chi fosse l’uomo nell’ombra, non riconosciuto dai suoi emissari.

Continua…


Traduzione Aldo Li monoci 789 d.c

giovedì 25 aprile 2013

Piccole conversazioni sui nostri paesi. L’origine dell’invidia.


Queste righe sono nate per provare a comprendere il paese in cui ho vissuto, che chiameremo Nonimportacome, alla condizione di collocarlo nel bel mezzo del Suditalia, tra dolci colline incendiate d’estate, borghi assolati e decadenti, ricche rovine archeologiche e infine il mare a pochi kilometri, che respira lontano come un ricordo-dolce
La vita vi scorre lenta e arida in una non-comunità che si nutre di scolorite memorie dei fasti cattolico-democristiani (‘70, ’80, ’90), abbandonata da generazioni di emigranti, non-governata da una classe politica che si rinchiude sulla cupola, che contagia, privatizza e indebita per non cambiare niente. Prendo il telefono e chiamo un amico.
Ne parliamo per un po’. Vorremmo chiedere aiuto ad un antropologo, ad uno psicologo delle comunità, oppure ad una veggente: tutti e tre ci direbbero in cosa consistono i “nostri problemi” e forse vi troveremmo un fondo di verità. Ma non è quello che vogliamo, quello di cui abbiamo bisogno è di raccontarci al nudo, come pellegrini, specchiarci per un’ora in un ruscello una volta limpido, ora marrone o prosciugato. 
Proviamo a capire da dove veniamo. Un mondo contadino lasciato alle spalle, ricco di energia positiva, di valori, di sapere, popolo operoso, popolo ignorante, il quale d’un tratto si è mescolato con una modernità che altrove, in Europa, apparteneva già al passato. Ma quali tracce di tutto ciò conserviamo? Di tutto questo processus ne abbiamo tratto altri frutti o siamo rimasti coi rovi nelle tasche? Certamente, ci si è sforzati di tramandare delle buone tradizioni, ricorrenze dal sapore pagano, l’onesto saper fare, alcune regole sane, la cui fatica di apprendimento sarà stata maggiore, rispetto alla facilità con cui invece si propaga in altri livelli la comune strafottenza per Nonimportacome, peggio il giudizio superficiale e maligno quando pensiamo all’altro, al diverso
Ci siamo mai chiesti, infatti, quale possa essere l’origine dell’invidia, che dilaga e che in alcuni casi ha sconfitto avvenimenti, associazioni, persone, famiglie intere, senza ragione, senza una logica. Quale è l’origine di queste malattie delle mentalità del Sud? L’ignoranza. Il perdono della chiesa, un’educazione mancata; il fatto di non sentirsi parte della stessa comunità. Eppure una voglia di fare bene insieme molte volte è pure emersa, ma non è mai germogliata in una terra fertile, sempre più avvelenata da immondizia. E se andassimo ancora più lontano penseremmo all’arretratezza che faceva comodo alla democrazia cristiana, il voto di scambio. Il lavoro non sempre meritato. Il discorso è lungo come una camminata d’estate nelle campagne popolate di uliveti, querce, ginestre e vigne di primitivo. Sfoglio delle pagine, trovo dei versi di un poeta, Franco Arminio, un paesologo, nato in Irpinia che dice “Io appartengo solo al mio paese. Sono un dente dentro la bocca del cavallo, un mattone dentro un muro”. E suggerisce: “Porta il tuo paese in testa e avrai sempre una bella vista”. Dopotutto credo che le forze e la voglia per ricostruire Nonimportacome esistono eccome. 

Micco

lunedì 22 aprile 2013

golpettini romani


 Alla conferenza stampa di Grillo, presso la "Città della nuova economia" a Roma, oltre alle testate giornalistiche e alle emittenti tv nazionali e internazionali, c’era anche il Quiquirì tra gli accreditati e, così abbiamo avuto la possibilità di raccontare quello che il leader del movimento ha dichiarato il giorno dopo l’appello di marciare su Roma, appena  confermato nuovamente Napolitano. 

Una sala gremita in attesa di Grillo, il quale dopo  pochi minuti di ritardo, si presenta tra brusii e acclamazioni. Una conferenza dal sapore di comizio durante la quale, oltre al riconfermare le idee,  il pensiero e le strategie del movimento due sono stati i punti più interessanti e importanti, rispetto al clima di tensione che si è respirato (e si continua a respirare) nella capitale, dopo la poco trasparente elezione di Napolitano. Una conferenza stampa, (la prima) evidentemente maturata dopo i possibili ( e ovvi) fraintendimenti che il suo appello di “tutti a Roma” avrebbe potuto provocare tra gli attivisti del movimento e tra i moltissimi cittadini delusi dalla porcata fatta da Bersani. Una conferenza necessaria, per abbassare i toni e per smorzare la rabbia di tutti coloro che, ormai, vedono tra la società civile e le strutture partitiche un muro altissimo e invalicabile. Così, Grillo, dopo aver ridimensionate le sue dichiarazioni non perde occasione per aprire in maniera decisa alla base del Pd, invitando i giovani del partito del kamikaze Bersani a prendere in mano le redini di ciò che resta del partito e iniziare una fase caratterizzata dalla pulizia e da una costruttiva collaborazione. 

Un’ apertura non nuova dopo gli appelli di votare Rodotà ma che ora mira dritto al cuore dei giovani delusi che, in questi giorni, simbolicamente hanno occupato le sedi del Pd. Una conferenza  durata due ore, durante le quali, Grillo, con i rappresentanti di camera e senato e altri eletti del movimento, oltre a denunciare il “golpettino” ed aprire a sinistra, ha risposto con i soliti concetti alle solite e scontate domande dei giornalisti presenti. La conferenza si chiude con l’appello di andare in piazza e di evitare in qualsiasi modo atti di violenza ecc ecc  rimarcando che diversamente dalle definizioni di movimento violento affibbiate un po’ da tutti in questi mesi, i grillini, invece, stanno contenendo e calmando gli animi dei cittadini, imprenditori e di tutte le fasce deboli che incazzatti aspettano di far esplodere la loro giustificata rabbia verso un sistema gestito dai pochi che fanno muro verso le esigenze e le richieste dell’Italia reale la quale quotidianamente, con sofferenza e sacrificio affronta questa crisi voluta dagli stessi che dicono di volerla risolvere. 


Si evidenzia, quindi, un quadro molto fragile e pericoloso in cui il movimento, ancor più di ieri, si presenta come punto di riferimento ( grazie alla sua coerenza) anche per tutti quelli che, forti di una ideologia, (sbriciolata in pochi giorni da Bersani e i suoi) hanno dato fiducia alla sinistra e criticato il leader del movimento. Quindi, dopo l’ennesima mazzata che il Pd ha regalato gratuitamente ai suoi elettori, in questo momento storico Grillo, oltre ad essere sempre di più il canalizzatore naturale dell’insofferenza di un popolo stremato dall’indifferenza e dagli interessi della ormai putrida classe politica, si presenta anche come motivatore per la base di quella sinistra che ripudia gli abbracci a Berlusconi.  

Freelander

lunedì 15 aprile 2013

Microcredito Tradito


Ricordo il momento in cui appresi dell’assegnazione del Premio Nobel per la Pace a Mohammad Yunus. Era il 2006. Avvertii  allora, ed espressi a chi mi annunciava la cosa, un profondo disappunto. Non era il Nobel per la Pace che doveva essere riconosciuto al fondatore della Grameen Bank, ma quello per l’Economia, porco il demonio!

 Conferire a Yunus il premio Nobel per la Pace significava, nella mia ignoranza, che l’Accademia di Svezia non aveva capito nulla del sistema del microcredito, e aveva lasciato che la commissione del parlamento norvegese conferisse al professore bengalese il titolo sbagliato.  Almeno questo fu il sentimento che mi sovvenne al primo urto con la notizia.

La teoria di Yunus configurava ai miei occhi incompetenti ma appassionati un impianto rivoluzionario di impiego diffuso e redistribuito del capitale di rischio, un processo di sviluppo innovativo e sostenibile, una struttura di finanza globale equa e giusta ma anche organica e strutturabile, un ordine complesso e progredito di politiche di investimento e di finanziamento alla produzione, applicati  quasi sperimentalmente sul campo dei poverissimi villaggi del Bangladesh ma esportabili ed esportati a livello planetario e quindi validi ai fini di un’astrazione dottrinale compiuta e sostenibile dei mercati, elevabile al rango di principio macroeconomico su scala universale.

Non era, il modello di Yunus basato sul microcredito, un esempio riuscito di sostegno alla povertà. Non era questo. Era invece un principio di studio dell’economia totale, dall’indubbio approccio filantropico, ma senza valenze di altruismo caritatevole, o meglio senza che queste valenze fossero preminenti.
Derubricare il microcredito come soccorso umanitario corrispondeva a snaturare la sua vera consistenza, quella di pensiero economico moderno. Corrispondeva a negare la sua identità di dottrina e scuola scientifica.

Il Premio Nobel dato a Mohammad Yunus, alla Pace e non all’Economia, mi apparve quale uno dei tradimenti più evidenti che fino a quel momento si erano consumati nei confronti del sistema economico basato sulla microfinanza, sistema che aveva stimolato da anni la mia passione politica.
Non con Madre Teresa di Calcutta o con l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati doveva essere annoverato Mohammad Yunus e la sua Grameen Bank, ma insieme a Edmund Phelps  o Elinor Ostrom, insomma con chi speculò di strutture e politiche economiche, non con chi promosse e promuove solidarietà e cooperazione internazionale.
Il modello di Yunus è modello economico vincente a breve gittata temporale, ed è quella la sua rivoluzione. Le economie nazionali che introducono il suo principio vanno bene e fruttano ricchezza e PIL.
Se lo si considera invece alla stregua di un aiuto umanitario, il modello della micro finanza verrà automaticamente percepito come una di quelle cose meravigliose ed altissime che tuttavia prevedono un impegno “a perdere” di chi le applica, ossia senza un pay-back o vantaggio personale o collettivo, almeno di ordine produttivo a corto periodo .

Tale percezione (a cui concorre il Nobel per la Pace conferito a Yunus), ripeto, è paradossalmente un sottodimensionamento o una sottovalutazione di quella che è la valenza rivoluzionaria del sistema Yunus, perché lo considera un ordinamento finanziario applicabile solo ai fini della solidarietà verso i poveri, non in quanto redditizio e funzionale.
Ed invece è redditizio, crea sviluppo e prosperità, crea progresso economico e pay-back degli investimenti che sono stati necessari.
I poveri sono il motore finanziario e produttivo di ogni nazione, sono il cardine dello sviluppo e del progresso.
Facendo giocare i poveri, il modo vince la sua partita con il futuro. Questo è il messaggio che si ricava dal vedere applicata la finanza del microcredito, in Bangladesh ed in tutte le altre geografie in cui è stata messa in funzione, questo è ciò che si ricava dall’analisi dei dati di feed-back. Sostenibile e vincente, grazie ai poveri.
Le motivazioni del premio Nobel assegnato a Mohammad Yunus erano chiare anche se in qualche maniera confermavano i miei dubbi sulla precisione dell’assegnazione: “Attraverso culture e civiltà, Yunus e la Grameen Bank hanno dimostrato che anche i più poveri fra i poveri possono lavorare per portare avanti il proprio sviluppo”. Appunto. E’ un sistema economico quello messo su da Yunus, un sistema di sviluppo, non un sistema di sostegno alle popolazioni. Quindi inidoneo alla fattispecie (o perlomeno non perfettamente rispondente)  quel premio per la Pace assegnato al posto di quello all’Economia.
Consideratemi pure un imbecille, ma non ci dormii per molte notti: quelle teste di cazzo avevano dato il Nobel sbagliato! E avevano rovinato il senso di un principio….
Credo che la scienza del microcredito “inventata” da Yunus sia nota. Vale la pena tuttavia riprenderla in mente.

Il principio è ricavabile e sintetizzabile ricordando la sua prima applicazione. Intorno alla metà degli anni ’70 Yunus fonda in Bangladesh la Grameen Bank, la Banca del Villaggio. Presta 27 dollari ad ogni famiglia che li richiedesse, affinché potesse acquistare la materia prima per costruire, in proprio, mobili in bambù. Le famiglie di Jadra, il piccolo e poverissimo centro dove Yunus coltiva il suo studio e dove applica le sue teorie economiche, sono tutte formate da sapienti costruttori di arredi in anima vegetale . In un giorno riuscirebbero, ogni nucleo famigliare, a produrre a mano almeno 5 pezzi da vendere a dieci dollari ciascuno, ma non hanno danaro per acquistare 27 schifosissimi dollari di materia prima. Ogni giorno produrrebbero un valore di 50 dollari ma gliene mancano 27 per cominciare. E allora sono costretti a lavorare conto terzi, terzi che gli riconoscono un dollaro al giorno o giù di lì, conservandoli nel loro stato di estrema povertà.
La Grameen Bank non è considerabile un’organizzazione benefica, ma riconosce una cosa: quei poveracci là hanno una ricchezza immane, la loro abilità. Quell’abilità produce un valore moltiplicante straordinario. Sono quindi altamente solvibili. Loro quei 27 euro li restituiranno eccome, con buoni interessi. Non come quei grandi imprenditori pieni di garanzie fideiussorie che si indebitano di fior di quattrini con le banche tradizionali e poi non restituiscono una mazza mettendo in sofferenza il sitema creditizio….
E poi i poveri hanno un altro valore economico straordinario: la buona fede. Sì, la buona fede è un valore economico, ecco la rivoluzione….. Ai poveri in buona fede può essere data fiducia, non come quegli avventurieri che chiedono e ottengono fidi di milioni di dollari, per operazioni fantasma.  Quei poveri costruiranno e venderanno mobili bellissimi. La garanzia per la Grameen Bank di riavere con gli interessi i soldi prestati era proprio quella predisposizione e quell’enorme coefficiente riproduttivo di ricchezza costituito dalla maestria di quei poveri abitanti del villaggio. Garanzie assolute. Altro che fidejussoni o ipoteche. Altro che referenze bancarie.

La teoria di Yunus, coraggiosa ma scientificamente elaborata, si rilevò esatta. Quasi il 99% di quei poveracci restituì il prestito nei termini stabiliti e con tutti i tassi passivi applicati. Si calcoli che la percentuale di solvibilità complessiva dei prestiti fatti a soggetti considerati affidabili per la capacità di offrire garanzie si aggira ancora oggi intorno al 55%.
Questa nuova formula che invece del finanziamento di grandi investimenti privilegiava esclusivamente il prestito di piccole somme (micro-crediti, appunto) a fronte di pacchetti di garanzie rappresentati esclusivamente dal capitale umano (fiducia, sapienza, competenze), in poco tempo da esercizio speculativo e sperimentale era diventato modello scientifico. Trasferibile nelle economie di ogni dove.
E fu trasferito. Non senza una certa resistenza ma fu trasferito.
Tralascio le esperienze mondiali, ma vi racconto quella italiana. Che ha un nome e cognome. Romano Prodi. Mi regalò uno dei più piacevoli appagamenti che mai avevo assaporato prima e mai  mi toccarono in seguito. Il 26 Ottobre del 1996 (pochi mesi dopo che il professore ebbe vinto le elezioni sul Berlusca diventando Presidente del Conisiglio) venne infatti promulgata la Legge 608 di quell’anno solare e, tra le prime in Europa, l’Italia avviava un’importantissima esperienza di microcredito. Cinquanta milioni di lire per la nascita di nuove piccole imprese, a chi non aveva soldi per avviarle. 
PRESTITO D’ONORE venne chiamato quello strumento. L’ONORE che si fa a chi si fornisce un credito sapendo che lo renderà indietro. L’onore che l’Italia di Romano Prodi diede per la prima volta ai giovani e ai meno abbienti, quelli che con i soldi sanno bene cosa fare: mettere a frutto un’idea imprenditoriale e vincere la scommessa con il proprio progetto di vita.

Uno strumento che provava a ridurre le disegualianze in partenza tra i giovani di estrazione e possibilità differenti, a rendere uguali i cittadini ai nastri di partenza. Si andava componendo quel “welfare delle opportunità” di cui tanto si era discusso negli anni precedenti, partendo dal diritto al credito, che poi era il diritto alla credibilità. Un diritto umano fondamentale. Un punto strategico di politica economica.
Nacque Sviluppo Italia spa, oggi Invitalia spa, che gestisce il fondo principe del microcredito italiano, quello che poi mutò nome con la Legge 185/2000, governo D’Alema, in “Autoimpiego”.

Esperimento riuscito alla grande, come era prevedibile. Migliaia di domande presentate, migliaia di domande evase e finanziamenti accordati, migliaia di idee e piccoli sogni realizzati, migliaia di piccole imprese nate in ogni angolo del paese. Grazie alla facilità di presentazione delle istanze. Esposizione dell’idea, piano finanziario di massima, dimostrazione di non bancabilità. Bisogna essere, per regolamento, disoccupati e senza reddito spendibile, ed è questa la garanzia di “credibilità”.
Ancora oggi, nonostante i vari tagli ed i mancati rifinanziamenti (i governi di Berlusconi furono devastanti da questo punto di vista) in ogni centro urbano quelle poche attività che nascono, nascono con i fondi del microcredito di Invitalia. Penso che ognuno di noi conosca almeno un negozio, un studio tecnico, una bottega artigiana, un esercizio di servizi, nato con quel prestito iniziale che assomiglia tantissimo, perché vi si ispira esplicitamente nel principio, a quei 27 dollari concessi a credito dalla Grameen Bank ai poveracci del villaggio di Jadra.

E c’è un dato che conferma ancora una volta la teoria di Yunus. Statisticamente le piccole imprese nate con il prestito d’onore sono quelle, in Italia, meno soggette a mortalità, anche negli ultimi tempi di crisi. Sono quelle che fanno reggere la produttività, che fanno resistere in qualche maniera il prodotto interno lordo di una nazione sull’orlo del baratro. Il microcredito si conferma una ricetta di economica globale, non una forma di sostegno assistenziale alla povertà.

Ho avuto notizia che alle “quirinarie” del Movimento Cinque Stelle il nome di Prodi è stato tra i più indicati on line dagli attivisti. L’unico politico maschio che appare nella rosa dei dieci nomi usciti dal primo turno. Non mi meraviglia. Dimostra una verità che gli stessi dirigenti del M5S ammettono con fatica. Una verità normale e positiva: che anche coloro che fanno politica nella formazione di Grillo riconoscono, distinguono, ricordano. Non so se Romano Prodi sarà il candidato del Movimento Cinque Stelle ma di sicuro nella storia dell’Italia e della sua economia ha lasciato una traccia indelebile, ed il suo contributo coraggioso e innovativo merita di essere rimesso al servizio dei cittadini anche nel ruolo di massima rappresentanza della cittadinanza.
Senza mezzi termini, l’Olandese è per Prodi Presidente della Repubblica.

In questi giorni a Carinola il microcredito è tornato ad essere argomento di discussione diffusa. O forse lo è per la prima volta. Lo è tuttavia per una polemica a tratti feroce, che sta coinvolgendo l’Assessora Rosa Di Maio, beneficiaria di un finanziamento a valere sulla linea di Microcredito messa a punto dalla Regione Campania con i soldi dei primi tra assi del Fondo Sociale Europeo 2007-20013. Si polemizza sulla reale legittimità, per la giovane e nota avvocatessa, di accedere ad una cassa destinata a soggetti svantaggiati o cumunque di diffiicile bancabilità. Avrebbe, l’assessora, un censo ed una maturità professionale troppo alti per ricorrere al microcredito.

Dispiace. Dispiace che un tema economico così importante come quello del microcredito trovi la ribalta dell’opinione pubblica per una ragione così. Ma è colpa dell’Assessora, solo dell’Assessora, e dell’Amministrazione De Risi.
E la colpa consiste in questo: il Microcredito è un pensiero economico nobile, che va diffuso, comunicato, trasmesso, altrimenti lo si sconfessa, lo si tradisce. E questo è principalmente compito di chi ha rappresentanza. E’ compito dei Sindaci, delle amministrazioni comunali e provinciali, degli assessorati, degli informagiovani. E nel momento in cui la Regione decide di sposare quel principio ed applicarlo, attraverso un avviso pubblico per la ricezione di idee progettuali di impresa da finanziare con lo strumento di microcredito,  non è tollerabile che un’amministrazione rimanga silente, non si faccia anello di congiunzione tra i cittadini e l’ente promotore.

Appena varato il bando dalla Giunta Regionale, avrebbe dovuto essere il primo pensiero, per Rosa, attivare la macchina comunale e metterla a disposizione dei cittadini, per informarli capillarmente e per assisterli nella presentazione delle proposte. Solo in quel caso i cittadini non avrebbero opposto contrarietà al fatto che ella stessa avesse chiesto, per la sua attività professionale integrabile con lo spin-off dal suo dottorato universitario, di accedere all’agevolazione regionale (tra l’altro, con tutta probabilità, anche per lei difficilmente sostituibile con il credito ordinario fornibile da istituti bancari, che oggigiorno sbattono la porta in faccia a tutti). Solo in quel caso non avrebbe disturbato l’anomalia del bando regionale, dal regolamento clamorosamente a maglie larghe per quanto riguarda la possibilità di accoglimento delle domande anche per coloro che non dimostravano di versare in condizioni di disagio o di difficoltà. Così, invece, tale anomalia ha avuto risalto assoluto.

Un risalto che non è quello che meritava il pensiero del microcredito, che nel corso della sua storia ha conosciuto riconoscimenti e tradimenti. Uno di questi è stato proprio quello perpetrato in alcuni comuni dove lo strumento non è stato “confessato” a tutti come direbbe Papa Bergoglio, ossia testimoniato. Ed invece in quella necessaria ma mancata testimonianza starebbe la sostanza della micro finanza, starebbero la sua valenza e della sua efficacia.
Microcredito tradito insomma, e Rosa non se la deve prendere. Avrà modo di rifarsi. E d’altronde lei e l’amministrazione De Risi stanno in buona e prestigiosa compagnia, insieme all’Accademia Reale Svedese che non ha mai conferito a Mohammad Yunus il Premio Nobel per l’Economia ed insieme alla commissione del Parlamento Norvegese che invece gli conferì il Nobel sbagliato.

L’Olandese

sabato 13 aprile 2013

Amministrare meglio per vivere meglio


Questo dovrebbe essere il manifesto dell'amministrazione ovvio quanto il "differenziare meglio per vivere meglio". Questo il titolo dei numerosi manifesti affissi nelle bacheche comunali che avvisano i cittadini che saranno tenuti dei sit in nelle piazze per informarli sulla raccolta differenziata.


Una di queste manifestazioni  con tanto di gazebo e volantinaggio si terrà domenica a Casanova in piazza Magg. De Rosa. Ogni iniziativa è degna di plauso ed anche questa se chi la porta avanti è una amministrazione normale. E' da criticare se fatta dall'amministrazione di Carinola che lamenta sempre mancanza di fondi per le necessità più urgenti. Qualcuno dovrebbe far notare al sindaco che le frazioni del comune non sono tutte uguali come cultura e senso civico. Senza voler fare dell'inutile razzismo si può affermare che Casanova è stata sempre all'avanguardia nel rispettare le norme dettate dal  comune. Quando è stata istituita la differenziata la prima volta a Casanova è andata a regime dopo pochissimi giorni in quanto attuata fedelmente da tutti anche se non tanto da parte della ditta appaltatrice. Se si fosse tenuto conto dell'esperienza passata si sarebbe considerata la spesa per la manifestazione alquanto inutile per la frazione Casanova. I fondi stanziati per la divulgazione potevano essere impegnati per comprare i sacchetti colorati previsti dalla nuova regolamentazione e distribuirli ai cittadini come si faceva all'inizio. Con questo semplice atto ci si rende simili a tutti i comuni italiani che distribuiscono i sacchetti per la differenziati compresi nel  costo della bolletta della Tarsu.  Un buona amministrazione organizzerebbe la distribuzione dei sacchetti ed il controllo della raccolta e delle zone comunali interessate dal fenomeno del sacchetto selvaggio. Oltre questa semplicissima azione si dedicherebbe alla manutenzione delle strade delle fognature e dell'acquedotto funzioni amministrative semplicissime che un qualunque discreto amministratore dovrebbe saper fare. Trovare i fondi necessari sta nella razionalizzazione della spesa come in questo semplicissimo caso. Per gli altri lavori basterebbe " razionalizzare" i compensi per le spese legali, per i consulenti o per gli addetti al piano e si avrebbero nella disponibilità tantissimi fondi da destinare alle piccole ma indispensabili esigenze della vita del comune. 
Tornando alla manifestazione di domenica il sindaco potrebbe annullarla e destinare la somma nell'acquisto di sacchetti e volantini che potrebbero distribuire qualcuno degli operai licenziati permettendo loro un piccolo guadagno. Troppo tardi per attuare la proposta? Sarà per la prossima trovata pubblicitaria sperando che chi amministra provi a farlo sempre meglio per far vivere meglio gli amministrati.

Cittadino casanovese

martedì 9 aprile 2013

La leggenda di Santa Rosa degli Svantaggiati


Da un antico scritto venuto alla luce un po’ di tempo fà siamo venuti a conoscenza della triste storia di una dolce fanciulla di Calenum.

E’ narrato che la fanciulla, grazie ai suoi meriti professionali, al suo volitivo impegno nello studio delle scienze,  e alla di lei profonda fede in Dio, era riuscita a divenire in giovane età, capo consigliere del grande e potente Cerusico di Santa Cruz.
Pare che la stessa fanciulla in gioventù, fosse stata sul punto di prendere i voti, ed entrare in convento.

Ma a seguito di un incontro con l’allora reggente del regno di Maradonia, decise di volgere anima e corpo alla vita politica di Calenum.


La fanciulla è ricordata però per un triste episodio. Pare che nel mezzo della sua giovane vita, fu accusata ( ingiustamente) dell’appropriazione
Della così detta : “cassa degli svantaggiati”. (Era un piccolo fondo in denaro destinato al supporto dei sudditi in posizione economica svantaggiata).

La bella e dolce fanciulla disperata dall’onta subita per una simile insinuazione, si lanciò dal campanile del vescovado di Calenum, stringendo tra le mani una Rosa di colore Rosso. ( Voci non ufficiali parlano però di un garofano).
Per tutti gli anni a venire, nell’anniversario del tragico giorno, a Calenum, si è celebrata una festa in onore della fanciulla.
Da allora ribatezzata dalle suore  del convento di Calenum, Santa Rosa degli Svantaggiati.

Proprio a testimonianza dell’innocenza della giovane.
Non si è mai saputo chi fossero i suoi accusatori, anche se qualcuno ha sempre pensato al più diabolico dei prepotenti: Il temuto conte Biasox, ma in esilio forzato al tempo degli avvenimenti.


Traduzione Aldo Li monoci 789 d.c