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lunedì 15 aprile 2013

Microcredito Tradito


Ricordo il momento in cui appresi dell’assegnazione del Premio Nobel per la Pace a Mohammad Yunus. Era il 2006. Avvertii  allora, ed espressi a chi mi annunciava la cosa, un profondo disappunto. Non era il Nobel per la Pace che doveva essere riconosciuto al fondatore della Grameen Bank, ma quello per l’Economia, porco il demonio!

 Conferire a Yunus il premio Nobel per la Pace significava, nella mia ignoranza, che l’Accademia di Svezia non aveva capito nulla del sistema del microcredito, e aveva lasciato che la commissione del parlamento norvegese conferisse al professore bengalese il titolo sbagliato.  Almeno questo fu il sentimento che mi sovvenne al primo urto con la notizia.

La teoria di Yunus configurava ai miei occhi incompetenti ma appassionati un impianto rivoluzionario di impiego diffuso e redistribuito del capitale di rischio, un processo di sviluppo innovativo e sostenibile, una struttura di finanza globale equa e giusta ma anche organica e strutturabile, un ordine complesso e progredito di politiche di investimento e di finanziamento alla produzione, applicati  quasi sperimentalmente sul campo dei poverissimi villaggi del Bangladesh ma esportabili ed esportati a livello planetario e quindi validi ai fini di un’astrazione dottrinale compiuta e sostenibile dei mercati, elevabile al rango di principio macroeconomico su scala universale.

Non era, il modello di Yunus basato sul microcredito, un esempio riuscito di sostegno alla povertà. Non era questo. Era invece un principio di studio dell’economia totale, dall’indubbio approccio filantropico, ma senza valenze di altruismo caritatevole, o meglio senza che queste valenze fossero preminenti.
Derubricare il microcredito come soccorso umanitario corrispondeva a snaturare la sua vera consistenza, quella di pensiero economico moderno. Corrispondeva a negare la sua identità di dottrina e scuola scientifica.

Il Premio Nobel dato a Mohammad Yunus, alla Pace e non all’Economia, mi apparve quale uno dei tradimenti più evidenti che fino a quel momento si erano consumati nei confronti del sistema economico basato sulla microfinanza, sistema che aveva stimolato da anni la mia passione politica.
Non con Madre Teresa di Calcutta o con l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati doveva essere annoverato Mohammad Yunus e la sua Grameen Bank, ma insieme a Edmund Phelps  o Elinor Ostrom, insomma con chi speculò di strutture e politiche economiche, non con chi promosse e promuove solidarietà e cooperazione internazionale.
Il modello di Yunus è modello economico vincente a breve gittata temporale, ed è quella la sua rivoluzione. Le economie nazionali che introducono il suo principio vanno bene e fruttano ricchezza e PIL.
Se lo si considera invece alla stregua di un aiuto umanitario, il modello della micro finanza verrà automaticamente percepito come una di quelle cose meravigliose ed altissime che tuttavia prevedono un impegno “a perdere” di chi le applica, ossia senza un pay-back o vantaggio personale o collettivo, almeno di ordine produttivo a corto periodo .

Tale percezione (a cui concorre il Nobel per la Pace conferito a Yunus), ripeto, è paradossalmente un sottodimensionamento o una sottovalutazione di quella che è la valenza rivoluzionaria del sistema Yunus, perché lo considera un ordinamento finanziario applicabile solo ai fini della solidarietà verso i poveri, non in quanto redditizio e funzionale.
Ed invece è redditizio, crea sviluppo e prosperità, crea progresso economico e pay-back degli investimenti che sono stati necessari.
I poveri sono il motore finanziario e produttivo di ogni nazione, sono il cardine dello sviluppo e del progresso.
Facendo giocare i poveri, il modo vince la sua partita con il futuro. Questo è il messaggio che si ricava dal vedere applicata la finanza del microcredito, in Bangladesh ed in tutte le altre geografie in cui è stata messa in funzione, questo è ciò che si ricava dall’analisi dei dati di feed-back. Sostenibile e vincente, grazie ai poveri.
Le motivazioni del premio Nobel assegnato a Mohammad Yunus erano chiare anche se in qualche maniera confermavano i miei dubbi sulla precisione dell’assegnazione: “Attraverso culture e civiltà, Yunus e la Grameen Bank hanno dimostrato che anche i più poveri fra i poveri possono lavorare per portare avanti il proprio sviluppo”. Appunto. E’ un sistema economico quello messo su da Yunus, un sistema di sviluppo, non un sistema di sostegno alle popolazioni. Quindi inidoneo alla fattispecie (o perlomeno non perfettamente rispondente)  quel premio per la Pace assegnato al posto di quello all’Economia.
Consideratemi pure un imbecille, ma non ci dormii per molte notti: quelle teste di cazzo avevano dato il Nobel sbagliato! E avevano rovinato il senso di un principio….
Credo che la scienza del microcredito “inventata” da Yunus sia nota. Vale la pena tuttavia riprenderla in mente.

Il principio è ricavabile e sintetizzabile ricordando la sua prima applicazione. Intorno alla metà degli anni ’70 Yunus fonda in Bangladesh la Grameen Bank, la Banca del Villaggio. Presta 27 dollari ad ogni famiglia che li richiedesse, affinché potesse acquistare la materia prima per costruire, in proprio, mobili in bambù. Le famiglie di Jadra, il piccolo e poverissimo centro dove Yunus coltiva il suo studio e dove applica le sue teorie economiche, sono tutte formate da sapienti costruttori di arredi in anima vegetale . In un giorno riuscirebbero, ogni nucleo famigliare, a produrre a mano almeno 5 pezzi da vendere a dieci dollari ciascuno, ma non hanno danaro per acquistare 27 schifosissimi dollari di materia prima. Ogni giorno produrrebbero un valore di 50 dollari ma gliene mancano 27 per cominciare. E allora sono costretti a lavorare conto terzi, terzi che gli riconoscono un dollaro al giorno o giù di lì, conservandoli nel loro stato di estrema povertà.
La Grameen Bank non è considerabile un’organizzazione benefica, ma riconosce una cosa: quei poveracci là hanno una ricchezza immane, la loro abilità. Quell’abilità produce un valore moltiplicante straordinario. Sono quindi altamente solvibili. Loro quei 27 euro li restituiranno eccome, con buoni interessi. Non come quei grandi imprenditori pieni di garanzie fideiussorie che si indebitano di fior di quattrini con le banche tradizionali e poi non restituiscono una mazza mettendo in sofferenza il sitema creditizio….
E poi i poveri hanno un altro valore economico straordinario: la buona fede. Sì, la buona fede è un valore economico, ecco la rivoluzione….. Ai poveri in buona fede può essere data fiducia, non come quegli avventurieri che chiedono e ottengono fidi di milioni di dollari, per operazioni fantasma.  Quei poveri costruiranno e venderanno mobili bellissimi. La garanzia per la Grameen Bank di riavere con gli interessi i soldi prestati era proprio quella predisposizione e quell’enorme coefficiente riproduttivo di ricchezza costituito dalla maestria di quei poveri abitanti del villaggio. Garanzie assolute. Altro che fidejussoni o ipoteche. Altro che referenze bancarie.

La teoria di Yunus, coraggiosa ma scientificamente elaborata, si rilevò esatta. Quasi il 99% di quei poveracci restituì il prestito nei termini stabiliti e con tutti i tassi passivi applicati. Si calcoli che la percentuale di solvibilità complessiva dei prestiti fatti a soggetti considerati affidabili per la capacità di offrire garanzie si aggira ancora oggi intorno al 55%.
Questa nuova formula che invece del finanziamento di grandi investimenti privilegiava esclusivamente il prestito di piccole somme (micro-crediti, appunto) a fronte di pacchetti di garanzie rappresentati esclusivamente dal capitale umano (fiducia, sapienza, competenze), in poco tempo da esercizio speculativo e sperimentale era diventato modello scientifico. Trasferibile nelle economie di ogni dove.
E fu trasferito. Non senza una certa resistenza ma fu trasferito.
Tralascio le esperienze mondiali, ma vi racconto quella italiana. Che ha un nome e cognome. Romano Prodi. Mi regalò uno dei più piacevoli appagamenti che mai avevo assaporato prima e mai  mi toccarono in seguito. Il 26 Ottobre del 1996 (pochi mesi dopo che il professore ebbe vinto le elezioni sul Berlusca diventando Presidente del Conisiglio) venne infatti promulgata la Legge 608 di quell’anno solare e, tra le prime in Europa, l’Italia avviava un’importantissima esperienza di microcredito. Cinquanta milioni di lire per la nascita di nuove piccole imprese, a chi non aveva soldi per avviarle. 
PRESTITO D’ONORE venne chiamato quello strumento. L’ONORE che si fa a chi si fornisce un credito sapendo che lo renderà indietro. L’onore che l’Italia di Romano Prodi diede per la prima volta ai giovani e ai meno abbienti, quelli che con i soldi sanno bene cosa fare: mettere a frutto un’idea imprenditoriale e vincere la scommessa con il proprio progetto di vita.

Uno strumento che provava a ridurre le disegualianze in partenza tra i giovani di estrazione e possibilità differenti, a rendere uguali i cittadini ai nastri di partenza. Si andava componendo quel “welfare delle opportunità” di cui tanto si era discusso negli anni precedenti, partendo dal diritto al credito, che poi era il diritto alla credibilità. Un diritto umano fondamentale. Un punto strategico di politica economica.
Nacque Sviluppo Italia spa, oggi Invitalia spa, che gestisce il fondo principe del microcredito italiano, quello che poi mutò nome con la Legge 185/2000, governo D’Alema, in “Autoimpiego”.

Esperimento riuscito alla grande, come era prevedibile. Migliaia di domande presentate, migliaia di domande evase e finanziamenti accordati, migliaia di idee e piccoli sogni realizzati, migliaia di piccole imprese nate in ogni angolo del paese. Grazie alla facilità di presentazione delle istanze. Esposizione dell’idea, piano finanziario di massima, dimostrazione di non bancabilità. Bisogna essere, per regolamento, disoccupati e senza reddito spendibile, ed è questa la garanzia di “credibilità”.
Ancora oggi, nonostante i vari tagli ed i mancati rifinanziamenti (i governi di Berlusconi furono devastanti da questo punto di vista) in ogni centro urbano quelle poche attività che nascono, nascono con i fondi del microcredito di Invitalia. Penso che ognuno di noi conosca almeno un negozio, un studio tecnico, una bottega artigiana, un esercizio di servizi, nato con quel prestito iniziale che assomiglia tantissimo, perché vi si ispira esplicitamente nel principio, a quei 27 dollari concessi a credito dalla Grameen Bank ai poveracci del villaggio di Jadra.

E c’è un dato che conferma ancora una volta la teoria di Yunus. Statisticamente le piccole imprese nate con il prestito d’onore sono quelle, in Italia, meno soggette a mortalità, anche negli ultimi tempi di crisi. Sono quelle che fanno reggere la produttività, che fanno resistere in qualche maniera il prodotto interno lordo di una nazione sull’orlo del baratro. Il microcredito si conferma una ricetta di economica globale, non una forma di sostegno assistenziale alla povertà.

Ho avuto notizia che alle “quirinarie” del Movimento Cinque Stelle il nome di Prodi è stato tra i più indicati on line dagli attivisti. L’unico politico maschio che appare nella rosa dei dieci nomi usciti dal primo turno. Non mi meraviglia. Dimostra una verità che gli stessi dirigenti del M5S ammettono con fatica. Una verità normale e positiva: che anche coloro che fanno politica nella formazione di Grillo riconoscono, distinguono, ricordano. Non so se Romano Prodi sarà il candidato del Movimento Cinque Stelle ma di sicuro nella storia dell’Italia e della sua economia ha lasciato una traccia indelebile, ed il suo contributo coraggioso e innovativo merita di essere rimesso al servizio dei cittadini anche nel ruolo di massima rappresentanza della cittadinanza.
Senza mezzi termini, l’Olandese è per Prodi Presidente della Repubblica.

In questi giorni a Carinola il microcredito è tornato ad essere argomento di discussione diffusa. O forse lo è per la prima volta. Lo è tuttavia per una polemica a tratti feroce, che sta coinvolgendo l’Assessora Rosa Di Maio, beneficiaria di un finanziamento a valere sulla linea di Microcredito messa a punto dalla Regione Campania con i soldi dei primi tra assi del Fondo Sociale Europeo 2007-20013. Si polemizza sulla reale legittimità, per la giovane e nota avvocatessa, di accedere ad una cassa destinata a soggetti svantaggiati o cumunque di diffiicile bancabilità. Avrebbe, l’assessora, un censo ed una maturità professionale troppo alti per ricorrere al microcredito.

Dispiace. Dispiace che un tema economico così importante come quello del microcredito trovi la ribalta dell’opinione pubblica per una ragione così. Ma è colpa dell’Assessora, solo dell’Assessora, e dell’Amministrazione De Risi.
E la colpa consiste in questo: il Microcredito è un pensiero economico nobile, che va diffuso, comunicato, trasmesso, altrimenti lo si sconfessa, lo si tradisce. E questo è principalmente compito di chi ha rappresentanza. E’ compito dei Sindaci, delle amministrazioni comunali e provinciali, degli assessorati, degli informagiovani. E nel momento in cui la Regione decide di sposare quel principio ed applicarlo, attraverso un avviso pubblico per la ricezione di idee progettuali di impresa da finanziare con lo strumento di microcredito,  non è tollerabile che un’amministrazione rimanga silente, non si faccia anello di congiunzione tra i cittadini e l’ente promotore.

Appena varato il bando dalla Giunta Regionale, avrebbe dovuto essere il primo pensiero, per Rosa, attivare la macchina comunale e metterla a disposizione dei cittadini, per informarli capillarmente e per assisterli nella presentazione delle proposte. Solo in quel caso i cittadini non avrebbero opposto contrarietà al fatto che ella stessa avesse chiesto, per la sua attività professionale integrabile con lo spin-off dal suo dottorato universitario, di accedere all’agevolazione regionale (tra l’altro, con tutta probabilità, anche per lei difficilmente sostituibile con il credito ordinario fornibile da istituti bancari, che oggigiorno sbattono la porta in faccia a tutti). Solo in quel caso non avrebbe disturbato l’anomalia del bando regionale, dal regolamento clamorosamente a maglie larghe per quanto riguarda la possibilità di accoglimento delle domande anche per coloro che non dimostravano di versare in condizioni di disagio o di difficoltà. Così, invece, tale anomalia ha avuto risalto assoluto.

Un risalto che non è quello che meritava il pensiero del microcredito, che nel corso della sua storia ha conosciuto riconoscimenti e tradimenti. Uno di questi è stato proprio quello perpetrato in alcuni comuni dove lo strumento non è stato “confessato” a tutti come direbbe Papa Bergoglio, ossia testimoniato. Ed invece in quella necessaria ma mancata testimonianza starebbe la sostanza della micro finanza, starebbero la sua valenza e della sua efficacia.
Microcredito tradito insomma, e Rosa non se la deve prendere. Avrà modo di rifarsi. E d’altronde lei e l’amministrazione De Risi stanno in buona e prestigiosa compagnia, insieme all’Accademia Reale Svedese che non ha mai conferito a Mohammad Yunus il Premio Nobel per l’Economia ed insieme alla commissione del Parlamento Norvegese che invece gli conferì il Nobel sbagliato.

L’Olandese