Era passato ormai un mese dalla fine del Grande Gioco di Biasox. I coraggiosi di Micheligno cercavano tutti di riposarsi e di ritornare alla vita semplice, di tutti i giorni.
Il successo da loro ottenuto aveva fatto il giro di tutta la contea, e ormai tutta la popolazione era a conoscenza dell’avvenimento.
Micheligno non riusciva a dormire pensando a quanto era accaduto.
Ricordava con molto piacere e con tanta emozione i giorni precedenti al grande gioco, fatti di passione, e di lotta contro il tempo.
Ora però un funesto pensiero gli sobbalzava continuamente per la mente, e si chiedeva: “ E ora che ne sarà di me?” Pensava ancora parlando con se stesso :
” Siamo stati capaci di vincere un’azzuffata, aiutati anche dalle energie, del poco peso, dei nostri pochi anni, ma ora come continuare l’opera come membro del gran consiglio”?
Non trovando risposta nei suoi pensieri decise: “Ricomincerò da dove ho iniziato!”
Fu cosi che si mise in viaggio verso la montagna di Kasanovia per cercare il pastore Franz.
In poco tempo arrivò alla casa del barbuto pastore, che come sempre era intento a curare il suo buon vino, che produceva dalla sua vigna.
Dopo averlo cercato per tutta la capanna, Micheligno, conoscendo le abitudini di Franz, scese in cantina, e fu così che riuscì a trovare Franz che travasava il vino a suo modo, ovvero dalla damigiana al suo stomaco. Lo trovò riverso per terra con stretto tra i denti un tubo che usciva dalla damigiana, anche se annebbiato dai fumi dell'alcool riuscì ad intravedere il giovane e perfino a riconoscerlo. Dopo avergli dato tre o quattro pacche sulle spalle che gli procurarono una quasi polmonite costrinse il malcapitato Micheligno a tragugiare tutto di un fiato un boccale di vino. Per una persona quasi astemia bere tutto quel vino alle nove del mattino... sono da immaginare le conseguenze.
Dopo i saluti affettuosi e... dolorosi Franz portò il giovanotto a spasso tra i suoi olivi in modo che all'aria aperta avrebbero parlato meglio. Micheligno espresse le sue perplessità e le sue preoccupazioni al canuto amico, gli disse che non sapeva di chi fidarsi e che aveva paura dei tranelli di Biasox e del suo visconte Giano Trifronte divenuto nel frattempo El Querelator (anche se ormai relegato ad una posizione del tutto secondaria) - senza dimenticare il padrone di turno il marchese De Grimaldellis, che spadroneggiava nella contea per mezzo del cerusico don Luis de Santa Cruz, che aveva messo a capo di questa.
Franz, tra un singhiozzo e l'altro, cercò in tutti i modi di rassicurarlo sulla fedeltà dei suoi amici e sulla compattezza del gruppo. Mentre tornavano verso la capanna furono investiti da un effluvio di profumi vari per cui entrambi all'unisono dissero: c'è il politologo di Sanseverino! Non avevano sbagliato, e anche se mancavano ancora più di un centinaio di metri dalla capanna, il profumo francese che era solito usare il politologo gli aveva anticipato la sua presenza. Questi poco riusciva parlare in quanto aveva consumato tutte le sue energie nel raccontare alle donzelle le sue imprese nel grande gioco. Naturalmente aveva ingigantito sempre di più il suo racconto tanto che tutti erano convinti che l'esito della battaglia era esclusivo merito suo, ed anche lui.
Con la poca voce rimastagli raccontò che la dama Laura de Passerottis aveva affrontato gli armati del marchese Grimaldellis difesa dagli sgherri di Biasox, ma che questi appena trovatisi nella mischia l'avevano abbandonata al suo destino nelle mani degli avversari. Gli sgherri l'avevano legata nella fontana della piazza di Nocellum, e dopo averle tagliato i capelli l'avevano ricoperta di pomodori della fabbrica locale, famosi per il maleodore che procuravano e che rimaneva per mesi. Dopo il linciaggio, la dama aveva giurato di non voler più vedere Biasox e annunciato di ritirarsi nel convento di San Martino come eremita.
Mentre continuavano nei commenti, il galoppo di un cavallo li portò fuori della capanna, dove giunse il giovane Tussolotto da Ripabene. L'arrivo di Tussolotto preoccupò non poco Micheligno, il quale sapeva che questi era l'incaricato di sorvegliare le mosse di tutta la comitiva di lazzaroni che spadroneggiavano nella contea. La sua abilità era rinomata: riusciva a controllare Biasox mentre parlava con Giano e nello stesso tempo riusciva a sentire le arringhe di Mattia il gerarca e sapere le decisioni di Grimaldellis in tempo reale: leggenda vuole che avesse il dono dell'ubiquità. Tussolotto li rassicurò dicendo che li voleva informare che Grimaldellis aveva organizzato la prima riunione generale di tutti i suoi bricconi e che nel frattempo Biasox ed i suoi accoliti per i forti mal di pancia mangiavano tanti di quei limoni che erano costretti a rubarli.
Li informò inoltre che un individuo, alquanto basso e paffutello, si aggirava nelle piazze di Calenum chiedendo di Micheligno, non sembra pericoloso però meglio fare attenzione. Franz subito si incaricò di risolvere il caso strozzando il misterioso personaggio ma Micheligno lo pregò di non preoccuparsi e di tornare ai suoi travasi.
Il politologo subito partì a spron battuto verso Calenum, avendo preso l'impegno del caso con una semplice strizzatina dell'occhio, proponendosi di risolverlo nel più breve tempo possibile grazie alle sue innate doti diplomatiche.
Il successo da loro ottenuto aveva fatto il giro di tutta la contea, e ormai tutta la popolazione era a conoscenza dell’avvenimento.
Micheligno non riusciva a dormire pensando a quanto era accaduto.
Ricordava con molto piacere e con tanta emozione i giorni precedenti al grande gioco, fatti di passione, e di lotta contro il tempo.
Ora però un funesto pensiero gli sobbalzava continuamente per la mente, e si chiedeva: “ E ora che ne sarà di me?” Pensava ancora parlando con se stesso :
” Siamo stati capaci di vincere un’azzuffata, aiutati anche dalle energie, del poco peso, dei nostri pochi anni, ma ora come continuare l’opera come membro del gran consiglio”?
Non trovando risposta nei suoi pensieri decise: “Ricomincerò da dove ho iniziato!”
Fu cosi che si mise in viaggio verso la montagna di Kasanovia per cercare il pastore Franz.
In poco tempo arrivò alla casa del barbuto pastore, che come sempre era intento a curare il suo buon vino, che produceva dalla sua vigna.
Dopo averlo cercato per tutta la capanna, Micheligno, conoscendo le abitudini di Franz, scese in cantina, e fu così che riuscì a trovare Franz che travasava il vino a suo modo, ovvero dalla damigiana al suo stomaco. Lo trovò riverso per terra con stretto tra i denti un tubo che usciva dalla damigiana, anche se annebbiato dai fumi dell'alcool riuscì ad intravedere il giovane e perfino a riconoscerlo. Dopo avergli dato tre o quattro pacche sulle spalle che gli procurarono una quasi polmonite costrinse il malcapitato Micheligno a tragugiare tutto di un fiato un boccale di vino. Per una persona quasi astemia bere tutto quel vino alle nove del mattino... sono da immaginare le conseguenze.
Dopo i saluti affettuosi e... dolorosi Franz portò il giovanotto a spasso tra i suoi olivi in modo che all'aria aperta avrebbero parlato meglio. Micheligno espresse le sue perplessità e le sue preoccupazioni al canuto amico, gli disse che non sapeva di chi fidarsi e che aveva paura dei tranelli di Biasox e del suo visconte Giano Trifronte divenuto nel frattempo El Querelator (anche se ormai relegato ad una posizione del tutto secondaria) - senza dimenticare il padrone di turno il marchese De Grimaldellis, che spadroneggiava nella contea per mezzo del cerusico don Luis de Santa Cruz, che aveva messo a capo di questa.
Franz, tra un singhiozzo e l'altro, cercò in tutti i modi di rassicurarlo sulla fedeltà dei suoi amici e sulla compattezza del gruppo. Mentre tornavano verso la capanna furono investiti da un effluvio di profumi vari per cui entrambi all'unisono dissero: c'è il politologo di Sanseverino! Non avevano sbagliato, e anche se mancavano ancora più di un centinaio di metri dalla capanna, il profumo francese che era solito usare il politologo gli aveva anticipato la sua presenza. Questi poco riusciva parlare in quanto aveva consumato tutte le sue energie nel raccontare alle donzelle le sue imprese nel grande gioco. Naturalmente aveva ingigantito sempre di più il suo racconto tanto che tutti erano convinti che l'esito della battaglia era esclusivo merito suo, ed anche lui.
Con la poca voce rimastagli raccontò che la dama Laura de Passerottis aveva affrontato gli armati del marchese Grimaldellis difesa dagli sgherri di Biasox, ma che questi appena trovatisi nella mischia l'avevano abbandonata al suo destino nelle mani degli avversari. Gli sgherri l'avevano legata nella fontana della piazza di Nocellum, e dopo averle tagliato i capelli l'avevano ricoperta di pomodori della fabbrica locale, famosi per il maleodore che procuravano e che rimaneva per mesi. Dopo il linciaggio, la dama aveva giurato di non voler più vedere Biasox e annunciato di ritirarsi nel convento di San Martino come eremita.
Mentre continuavano nei commenti, il galoppo di un cavallo li portò fuori della capanna, dove giunse il giovane Tussolotto da Ripabene. L'arrivo di Tussolotto preoccupò non poco Micheligno, il quale sapeva che questi era l'incaricato di sorvegliare le mosse di tutta la comitiva di lazzaroni che spadroneggiavano nella contea. La sua abilità era rinomata: riusciva a controllare Biasox mentre parlava con Giano e nello stesso tempo riusciva a sentire le arringhe di Mattia il gerarca e sapere le decisioni di Grimaldellis in tempo reale: leggenda vuole che avesse il dono dell'ubiquità. Tussolotto li rassicurò dicendo che li voleva informare che Grimaldellis aveva organizzato la prima riunione generale di tutti i suoi bricconi e che nel frattempo Biasox ed i suoi accoliti per i forti mal di pancia mangiavano tanti di quei limoni che erano costretti a rubarli.
Li informò inoltre che un individuo, alquanto basso e paffutello, si aggirava nelle piazze di Calenum chiedendo di Micheligno, non sembra pericoloso però meglio fare attenzione. Franz subito si incaricò di risolvere il caso strozzando il misterioso personaggio ma Micheligno lo pregò di non preoccuparsi e di tornare ai suoi travasi.
Il politologo subito partì a spron battuto verso Calenum, avendo preso l'impegno del caso con una semplice strizzatina dell'occhio, proponendosi di risolverlo nel più breve tempo possibile grazie alle sue innate doti diplomatiche.
Continua...
Goffredo il Merlo.