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domenica 28 settembre 2008

Foro Popili, foro dei tombaroli

 Questo sabato sono  tornato a Carinola da Roma come faccio ogni volta che ho un po’ di tempo libero. Mi piace passeggiare per le stradine della parte antica  osservando quanto resta  di un passato nobile , dimenticato da tutti. 
Confesso di non conoscere tutti i siti interessanti  di Carinola  e  ogni volta che scopro un palazzo antico,  una chiesa o qualunque pietra che ha una storia  a me sconosciuta, provo lo stesso fremito che pervade gli archeologi quando fanno una grossa scoperta nel corso di uno scavo.  Domenica mattina  sostavo in piazza godendo del piacere più grande che si può  provare in un paese, cioè di fare quattro chiacchiere con chi capita . Passava di là mio nipote, che mi invitava ad andare con lui. Salito in macchina mi ha spiegato che aveva dimenticato il telefonino in campagna e che lo doveva andare a prendere. Giunti sul terreno, mi  ha chiesto se conoscevo quella zona e alla mia risposta negativa non ha nascosto il suo stupore, che  dopo le sue sommarie spiegazioni è diventato anche  il  mio. Sembra impossibile che pochissimi conoscano  un sito così importante.  Ha cominciato col dirmi che ci trovavamo a Civitarotta,  una città  che si dice sia stata fondata  oltre  duemila anni fa. Mi ha detto che questa, insieme a foro Claudio in Ventaroli,  una volta era la città più importante della zona. Continuando mi ha detto che il  nome originario era Foro Popili, forse in onore del console Marco Popilio.
Doveva essere una città importante in quanto su una iscrizione ritrovata in una masseria vicina,  masseria  Aceti, si nominava il restauro di quattro porte di accesso alla città . Inoltre su altre iscrizioni venivano nominate le terme ed un tempio egizio trasformato in seguito in cattedrale cristiana, sede vescovile. Inoltre su delle iscrizioni murarie a Pompei si parlava di gladiatori impegnati a Foro Popili  per cui certamente vi si trovava  anche un anfiteatro. Mio nipote ha continuato a raccontarmi di tantissime monete rinvenute lì intorno  e vendute a peso ad un furbo professore di Napoli. Mi ha parlato di statue, lampade, monili, terracotta dipinta,  tutto di fattura eccelsa,  tutto sparito non si sa dove. Mi ha parlato inoltre di anfore, anche dipinte,  tante anfore disseminate in giro. Alcune grandissime, segno della produzione di grandi quantità di  derrate alimentari. Sentite tutte queste notizie,  ho insistito per farmi accompagnare in questo sito mitico. Giunti sul posto, tra l’altro facilissimo da raggiungere, invece delle cose raccontate ho trovato solo sterpaglie, alberi bruciati  e spine. In quella desolazione ho notato delle buche, tante buche,  pertanto ho chiesto a mio nipote se vi  fossero  stati i militari a fare esercitazioni facendovi esplodere delle mine. Con un sorriso di comprensione per la mia ignoranza, mi ha spiegato che quelle erano  le buche lasciate dai tombaroli che avevano  depredato la zona di tutto quello che avevano  potuto trafugare. Osservando con attenzione, ho notato  il terreno rimosso da poco e intorno una strage di ceramiche di ogni genere, pezzi di pentole, di anfore  di mattoni,  di tegole, tutto annerito dal fuoco  che ha colpito la zona di recente per mano di ignoti. Sembra che il vivaio confinante abbia citato la sovrintendenza per danni ammontanti a 200.000 euro. In qualche altro Stato li farebbero pagare al responsabile, in Italia paghiamo noi. E pensare che i soldi che pagheranno sarebbero bastati per sistemare quasi tutta l’area.  Mi ha detto che addirittura gli risultava  che avevano  staccato l’intonaco dipinto dai muri per venderlo. 
Dopo un attimo di sgomento per quella carneficina di storia ho fatto le mie riflessioni: si parla di cultura, di valorizzare le bellezze locali  e quelle di Carinola? Solo perché   sepolte, devono essere distrutte e saccheggiate  da qualunque balordo che lo voglia.  Sto parlando di ricchezze archeologiche  dal valore immenso perché uniche, non del campanile di Casanova costruito  in serie per tutta l’Italia con lo stesso progetto. Il dubbio più angoscioso è che qui lo Stato non esista.  Come è possibile  tenere un sito del genere in quelle condizioni? Non pretendo che si scavi, perché i responsabili  si sporcherebbero i mocassini, ma  almeno eseguire delle opere minimali.  Almeno una recinzione,  un guardiano,   provvedere  al taglio dei rovi in modo da rendere individuabili  i male intenzionati che vi  si aggirano. Si ha l’impressione che chi dovrebbe sovrintendere, deliberatamente lo  lasci in balia di chiunque,  come a voler cancellare la storia. Sembra impossibile pensare che ci troviamo in un paese civile, se lo fosse bisognerebbe prendere i responsabili di tale scempio licenziarli e  pubblicare le loro facce sui giornali quali  criminali della cultura. Ma chi sono i responsabili? Questo è il problema italiano, dare risposta a questo interrogativo. Qualunque funzionario statale è intoccabile e con lui il   suo stipendio. Il ministro ai beni culturali? No, perché non sa dell’esistenza del sito. Il sovrintendente di  zona? No, perché lui sicuramente ha tanto da fare, studi, ricerche, conferenze,  non può certo  visitare tutti i siti interessanti, che purtroppo per lui sono tanti. Se proprio si insiste sulle sue responsabilità, sicuramente in qualche cassetto ha qualche relazione e qualche denuncia ai carabinieri, oppure ha sempre la scusa che non ha personale sufficiente. .
Sicuramente riuscirà a dimostrare di aver fatto tutto il possibile  e di essere  estraneo a  quella vergogna. E allora i colpevoli siamo noi,  che non ci interessiamo e  impegniamo nel  difendere  le nostre vere ricchezze  che sono  la nostra storia e la nostra cultura. Regioni come Lazio, Umbria, Toscana  hanno investito in cultura e vivono di quella, non solo di pesche,  che tutti possono produrre. 
Perciò  riprendiamoci la nostra storia ed i suoi  gloriosi  ruderi facendoli risorgere e noi con loro. Tornando verso casa, visto che non era ancora ora di pranzo, ho chiesto di portarmi a Foro Claudio a Ventaroli,  altro luogo bellissimo di Carinola. La  risposta secca e lapidaria - no, non sopravviveresti alla vista di quell’altro scempio ancora più vergognoso.  

venerdì 26 settembre 2008

Il Nuovo Look del Fascismo

Il dittatore di oggi non indossa più la divisa militare, ma vestiti di migliaia di euro.
Non arringa più alla folla con discorsi altisonanti dall’alto di balconi, ma fa battutine spiritose attraverso le telecamere. Non ha il viso duro e chiuso che incute timore, ma è sorridente e positivo anche quando dal cielo gli piove addosso merda. Non da purghe ai dissenzienti, ma pesanti bustarelle! Non ha ai suoi ordini un esercito che impone idee e comportamenti con la forza, ma un network  televisivo che impone idee e comportamenti mediante un morbido e indolore lavaggio del cervello.
Il dittatore di oggi è un magnate della finanza e tratta il popolo al pari di operai di un’azienda commerciale: solo chi produce il massimo va avanti, gli altri sono esuberi e non sono necessari; possono tranquillamente rimanere a casa, senza stipendio, come gli 87.000 insegnanti che si sono trovati improvvisamente disoccupati, pur avendo, magari, un mutuo sul groppone.
Quelli che hanno la fortuna di conservare il lavoro devono, e dico devono, imparare a lavorare senza fiatare e produrre, produrre, produrre!
I fannulloni poi sono le pecore nere dell’azienda, solo che la definizione della parola è molto cambiata. Fannulloni non sono più quelli che timbrano il cartellino e se ne vanno a fare la spesa, ma anche quelli che rimangono a casa  un paio di giorni perché magari hanno la febbre a 40. Oggi ammalarsi è pericoloso, perché puoi ritrovarti con la qualifica di fannullone addosso, a rischio di rimanere senza stipendio o senza lavoro! La malattia, nella nuova azienda Italia, è parola vergognosa. Affidarsi a San Gennaro, o altro Santo, che ci dia salute 365 giorni all’anno, è d’obbligo.
Il dittatore di oggi non ha un nome rozzo e disarmonico come quello di ieri; ha un nome armonioso, che riempie la bocca: Silvio Berlusconi. Che finezza!
Entrambi i personaggi, quello di ieri e quello di oggi, hanno in comune una megalomania patologica che li ha portati verso l’imperialismo. Per il primo, quello autarchico; per il secondo, quello finanziario.
Tra i due, una profonda differenza c’è, bisogna ammetterlo. Mentre quello lì realmente pensava di riuscire a far grande l’Italia, farne un impero come quello romano, e a quell’idea aveva asservito tutto se stesso, questo qui vuole riuscire a far grande solo se stesso e a difendere il suo impero personale. E a quest’idea vuole asservire tutta l’Italia.
Come sia riuscito a mettere su un impero finanziario di quella sorta, possiamo immaginarlo. Come sia riuscito a diventare più volte Presidente del Consiglio lo sappiamo: le grandi manovre e le grandi promesse che ha dovuto fare per tenersi buono uno come Bossi sono note a tutti, soprattutto a noi meridionali. Il cagnolino Fini non merita neppure di essere considerato, tanto è inesistente.
Per quanto riguarda asservire tutta l’Italia, sembra ci stia riuscendo. Come? Con una dispendiosa  ‘campagna acquisti’!
Quando riesci  rendere tuo suddito un capoccione alla guida di qualche cosa, tutto il resto viene dietro da solo. Nessuno vuole perdere un posto di lavoro e il Berluska questo lo sa. Quindi la sua politica di compra-vendita è: compri mille, paghi uno.
Vuoi che il tg1 ti faccia passare solo le notizie che ti fanno comodo e ti tenga in sordina le altre? Comprati il direttore e otterrai quello che vuoi. Se poi riesci a comprarti tutta la Rai, puoi fare sogni tranquilli. Be’ certo, un direttore di un tg nazionale costerà parecchio, ma al nostro eroe i soldi non mancano… Vuoi che  un’importante testata giornalistica penda dalla tua parte? Comprati il giornale e diventane il proprietario, senza badare a spese! Se hai in mano l’informazione pubblica, hai in mano tutto il paese! A volte però bisogna  spendere anche di più. Se vuoi che la tua maggioranza parlamentare sia sempre coesa e faccia passare le leggi che desideri, ebbene allora li devi tenere tutti a stipendio, altrimenti qualcuno comincia a fare le bizze e il palazzo potrebbe crollare!
Ecco allora che passa una legge come il lodo Alfano, scandalosamente viziato di incostituzionalità e che viola il principio di uguaglianza sancita nella nostra Costituzione. Ma che importa? L’importante è che tutti i processi del premier siano stati annullati. Il resto sono inezie.
Non manca, in questo nuovo regime, la componente razzista. Le vittime di turno siamo noi meridionali e gli extracomunitari. Per tanti motivi; prima di tutto perché attendiamo ai posti di lavoro che sono al nord, usurpandone la ricchezza, e poi perché noi meridionali siamo dei fannulloni per antonomasia, quelli del tir’ a campa’. Non abbiamo il senso della produttività che hanno quelli del nord e non ci meritiamo la considerazione di questo governo!
Il nostro modo di esistere ci rende negativi: neanche come insegnanti valiamo un granché. Dobbiamo aggiornarci, formarci, altrimenti non siamo degni di insegnare a studenti settentrionali e non riusciamo a stare al passo con le spinte culturali settentrionali! Dobbiamo aggiornarci soprattutto sulle verità storiche, che non sono quelle finora raccontate, ma hanno una valenza diversa, a lungo alterata o tenuta nascosta. Ecco perché è opportuno riscrivere la storia e rifare i testi scolastici!
Vuoi vedere che l’Unità d’Italia non è mai avvenuta?...Boh! Ecco perché Bossi vuole a tutti i costi il federalismo fiscale! In fondo, che cosa ha da spartire lui con noi meridionali?!
Dopo vorrà quello costituzionale e ritorneremo al punto di partenza ...
Bossi, nella sua profonda ignoranza, non sa e non vuole sapere che  tutte le ricchezze del nord sono venute dal sud, sia come capitali liquidi confiscati, sia come mano d’opera sfruttata fino all’inverosimile. Se non fosse stato per le ricchezze e la forza lavoro del sud, il nord oggi sarebbe un paese del terzo mondo. Invece, privati di tali ricchezze, lo siamo noi e ai nostri attuali governanti sta bene così! E quella camorra che oggi fingono di combattere mandando l’esercito a Castelvolturno, è stata per anni, ed è, il braccio sporco che li ha fatti crescere a nostro danno.

Fringuello linguacciuto

giovedì 25 settembre 2008

così lontano....così vicino

A circa venti km dal mio comune c’è la guerra, o meglio c’è sempre stata, ma solo oggi si fa finta di averne piena coscienza.
Ma cosa significa avere coscienza di un determinato dato? Significa conoscere o, forse, nel nostro caso, significa semplicemente sentirne la presenza? Quando si conosce una cosa o si cerca di conoscerla si può tentare di decidere cosa fare o non fare di fronte alla cosa in questione ma quando, invece, se ne sente soltanto l’esistenza cosa si fa? Sembra quasi un situazione, blasfemamente teologica, non vi pare? Sento un alito di putrefazione addosso continuamente, anche quando tutto sembra pulito e profumato, questo sento in questi giorni. O meglio  l’ho sempre sentito ma purtroppo anche il mio essere, vuoi o non vuoi, è invischiato è tutt’uno con la santissima degenerazione chiamata camorra. 
Si ,proprio così, siamo tutti figli della camorra del suo modo di fare e d’intendere tutto ciò che ci circonda e questi venti km possono essere soltanto pochi cm. Ormai siamo bollati. Basta presentarsi ad un estraneo e dire che sei della provincia di caserta che l’identikit è inesorabilmente tracciato e come lo spieghi che vieni da un comune di neppure diecimila anime apparentemente lontano da alcune logiche a da certi tipi di vita? Come si fa a togliere il vestito nero di vittima e di camorrista che l’ufficio anagrafe ti ha messo addosso? A meno di venti km c’è la guerra e noi subiamo gli echi violenti di questa guerra fatta di spari e di silenzi, d’omertà, di posti di blocco dei militari che servono soltanto ai politici per far vedere che qualcosa si sta facendo. Ma cosa si sta facendo veramente? Un interrogativo che automaticamente partorirebbe una risposta gratuita piena dei soliti e duraturi luoghi comuni che sinceramente non ho voglia d’ingrassare ulteriormente. Quindi, oggi, preferirei mettere in evidenza il mio stato d’animo di carinolese che da vicinissimo ( geograficamente parlando) osserva una situazione che da sempre fa sentire la sua presenza. Vicinissimo? Mica tanto, visto che tutto ciò che sappiamo c’è lo dice la tv e i giornali che parlano di guerra civile, di terrorismo e non dicono la cosa più importante, ovvero che è sempre stato così. Io da carinolese posso dire che la puzza di questo Dio oscuro la sento ogni secondo, e oggi la sento ancora di più quando si dice che è colpa dei “negri” che tutto sommato se la sono meritata, sento la puzza quando i politici credono di far parte di un territorio lontano ventimila km e non venti Km, quasi se Carinola fosse provincia di Siena.  Si parla di valorizzazione del territorio, dei prodotti agricoli, delle bellezze culturali e poi? Cosa  è stato fatto per toglierci il vestito nero che abbiamo dalla nascita? E noi cosa stiamo facendo? Non credo che basti un protocollo di legalità a garantire che tutto rimanga lontano venti km da noi, basti pensare che sono proprio le ditte camorristiche che hanno tutto in regola con tanto di certificato antimafia. Ma non ho voglia di polemizzare come non ho voglia di dire che sono i camorristi a gestire la raccolta rifiuti, l’illuminazione pubblica, le grandi operazioni edili. Oggi, voglio soltanto spiattellare sul web la mia grande tristezza che nasce ogni qualvolta che vedo la sigla CE sui miei documenti. La politica non può nulla ed è un dato di fatto perché spesso dipende dal dio camorra, la polizia è legata e noi cosa facciamo per uscire da questa voragine? Praticamente nulla. Facciamo finta che sono ventimila Km e che del resto a Castelvolturno è sempre stato questo. Tutto sommato un atteggiamento ovvio che avvolge tutti noi. Ma il punto non è questo ma piuttosto è: cosa facciamo per diversificarci dall’ovvietà del litorale domitio? Cosa possiamo fare per non avere vergogna di dire: “ io sono di Carinola un piccolo comune in provincia di caserta ma più vicino a Formia” Quante volte ho ripetuto questa frase non so, soltanto per riuscire a tranquillizzare la/o sconosciuto di turno che già sta storcendo il muso appena sente provincia di Caserta. La risposta non possiamo trovarla fin quando non accettiamo che la camorra è un dato di fatto che alita anche sul nostro territorio e che non basta far finta di vivere in un oasi di verde lontana lontana. Prima di costruire edifici, fabbriche, bisogna costruire la cultura e l’orgoglio carinolese, bisogna essere diversi dentro, obbiettare quando si presenta il becchino di fronte la casa del morto senza che nessuno lo abbia chiamato, bisogna ribellarsi al potere quando fa cose strane e soprattutto bisogna capire che Carinola deve essere diversa dai paesi camoristici non perché è immersa nel verde e cose di questo tipo ma è diversa perché i carinolesi hanno le palle di essere diversi. Dopo ciò sono triste e vado a comprare una mitragliatrice. 
Fijo di PoPa

martedì 23 settembre 2008

Carinola alla I crociata

    Un interessantissimo documento ci è stato trasmesso da un nostro compaesano e riguarda la storia di Carinola dell’anno mille. Questo fortunato ritrovamento è frutto dell’impegno e della  passione di chi si occupa di storia e passa la propria vita a scartabellare polverosi documenti per dare una identità alla propria gente.
E’ infatti grazie all’impegno dello studioso contemporaneo Eugenio Maranzano che oggi abbiamo delle informazioni in più su Carinola. Maranzano si occupa della storia del comune di Borrello, Chieti, e della famiglia Borrello che al comune ha dato il nome.
   Direte: che c’entriamo noi carinolesi?... C’entriamo, c’entriamo!
La famiglia Borrello è infatti un’antichissima famiglia franca che governava le terre molisane e abruzzesi, i cui domini si estendevano fino a Capua, e un cui figlio, Gionata, fu conte di Carinola!
Bisogna inoltre notare che i Borrello sono ancora tra noi, anche se il cognome, nel corso dei secoli, è stato trasformato in Borrelli, al plurale, e Borriello, con chiara dizione dialettale.
Tutto questo lascerà perplessi i più ferrati in fatto di storia. Gionata un Borrello?... Ma cosa dice questa qui!
E se invece dicessi: un Drengot-Quarrel?... Allora i conti tornerebbero!
Come molti sapranno, la famiglia Drengot-Quarrel, a cui apparteneva Gionata, conte di Carinola, è antichissima famiglia mercenaria normanna, giunta in Italia intorno all’anno mille, al servizio dei principi longobardi del meridione.
Quello che molti non sanno è che il cognome francese Quarrel, una volta in Italia, si trasformò, col tempo, in Borrello!
Il documento ritrovato da Maranzano risale al 1095 e riguarda la preparazione alla I Crociata indetta dal Papa Urbano II, a cui  partecipò Carinola e di cui Goffredo di Buglione fu uno dei quattro condottieri.
Altre notizie spero potranno essere aggiunte in seguito. Per ora vi auguro buona lettura.

Clio
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  Il 27 novembre 1095 il papa Urbano II rivolse un appello alla cristianità, “...E’ impellente che vi affrettiate a marciare in soccorso dei vostri fratelli che abitano in Oriente, ... I Turchi e gli Arabi si sono scagliati contro di loro e hanno invaso le frontiere ... fino al luogo del Mar Mediterraneo ... A coloro che, partiti per questa guerra santa,  perderanno la vita sia durante il percorso di terra, sia attraversando il mare, sia combattendo gli idolatri, saranno rimessi per questo stesso fatto tutti i peccati ...”  La crociata ebbe inizio il 15 agosto 1096 e delle quattro armate che ne facevano parte una era quella italo-normanna comandata da Boemondo d’Altavilla, primogenito di Roberto il Guiscardo.
Partenza per la crociata
Un vecchio manoscritto ricco di abbondanti notizie sui Figli di Borrello, desunte da diversi storici del Regno di Napoli, senza data né firma, bruscamente interrotto alla ventunesima pagina, rifacendosi al Catalogus Baronum descrive nei dettagli il consistente contributo dei Borrello alla composizione dell'esercito normanno alla crociata.
Il manoscritto è stato ritrovato da Eugenio Maranzano, infaticabile e appassionato studioso delle antichità borrellensi, e ad un primo esame sembra contenere molte imprecisioni e una serie di informazioni scollegate tra loro, in stili diversi per ciò che riguarda la forma e quindi poco attendibili. Ad una lettura più attenta però è evidente che l’anonimo scrittore ha raccolto molte notizie sui Borrello desumendole da vari autori tra cui Giovanbattista Panichelli Abate (probabilmente si tratta dell’abate Gio Battista Pacichelli), dal Catalogus Baronum e altri testi.
La cautela necessaria per prendere in considerazioni le notizie del manoscritto non permette di sapere con esattezza se l’elenco dei Borrello che contribuirono alla spedizione in terra Santa ebbe realmente un seguito di fornitura di uomini e denaro o se rimase solo una lista di buone intenzioni.
Anche se il testo in questione necessita sicuramente di verifiche e soprattutto di riscontri storici con altre fonti dell’epoca vale la pena di citarne alcuni passi (gli errori di scrittura sono gli stessi del documento):
 “... Nella prima crociata contro i Turchi che occupavano il sepolcro di Gesù Cristo unito a Gerusalemme e via discorrendo, anche i conti e signori Borrelli vollero accorrervi a dar aiuto d’armi.

1.    Dal conte Gionata de Carinola Bartolomeo Borrello, che come suo padre Mario Borrello tenea tutto lo stato che fu di Gregorio Pagano e Landolfo d’Aquino, teneva Alvito, Campora e Guarano d’Aquino, fu offerto in servizio di 20 uomini a cavallo e 30 fanti.

2.    Landolfo Borrello, per Strantogallo offerse 2 uomini atti alle armi.
3.    Guglielmo di Montefuscolo, ed Alessandro suo fratello, offersero 40 cavalieri e 60 fanti.
4.    Adinolfo d’Aquino, per Settefrati offerse 8 uomini atti all’armi.
5.    Guglielmo d’Andra ch’era signore D’Aremona, terra distrutta sul distretto d’Isernia, offerse 2 cavalieri e 4 fanti.
6.    il conte Simone di Sangro figlio del conte Todino, per Castel di Sangro, nel principato di Capua, per Schienaforte, Roccasecca, Alfidena, Barrea, Roccatramonti, Rocca di cinque miglia, Coll’Angelo, Scannoli, Frattura, Castro, Bognara e Castel del Tasso sullo stato dei Borrelli, offerse 197 cavalieri e 476 fanti, alla quale offerta niun altro benchè grande e potente signore del regno di Napoli, arrivò.
7.    Orrisio Borrello, per tre parti di Castiglione, per Belmonte, Rocca dell’abate, Faldo, Pescoasseroli e per i suoi suffeduatari, offerse 29 uomini a cavallo e 50 fanti.
8.    Guglielmo Borrello signore d’Agnone, Castel del Giudice, Monteforte e per i suoi suffeduatari che tenevano Macchia, Castelnuovo, Castelbarone, Vastogilardi e Capracotta, contribuì con 32 cavalieri e altrettanti fanti.
9. Rinardo Borrello, per Picanio, Montenero di Bisaccia, e Portella diede 6 uomini d’armi.
10. Rainaldo Borrello detto ancora di Pietrabbondande, per Frisolone e Campolieto, offerse 8 cavalieri e 8 fanti.
11. un’altro Borrello con Roberto suo fratello, per Monte S. Angelo, Cillina, Ripa e alcuni suffeduatari, offersero 24 cavalieri e 68 fanti.
12. Oderisio Borrello, figlio di Amissadap di Malanotte (Buonanotte), per Malanotte, Basilica e Butisco, 6 soldati a cavalo e 12 fanti.
13.  ...Benedetto della Vipera, Tenea la Vipera da Nevelone de Ponte, e per il tal feudo pagava 1 uomo d’armi. ...
Oltre le terre e castelli predetti ed altri ch’erano in passato in dominio dei Sangri, possedevano i Borrelli in questi tempi altri assai, coè Rosello, Civita Borrella, Pietra Guaranzana (Ferrazzana), Carpineto, Ariano (Archi) Oppido, Malacocchiara, Cantalupo, Monteformoso, Casalpiano, Casalanguida, Squintone (Scontrone), Pescopennataio, Civita Colle, Montearsaro, Rigo di Stiria, Fuoroli (Forlì), Calcasano, Rocca de Pizi ed altre, e perciò la stimavano per una delle più potenti e ricche famiglie del Regno di Napoli.
Tutti quasi queste terre, paesi, castelli ecc. ora non si trovano più o di nome o ...”

L’armata di Boemondo, nella quale, secondo il manoscritto sopra citato, erano inquadrati i militi forniti dai Borrello, combatté valorosamente nella battaglia di Dorileo il 1° luglio 1097 per la liberazione di Nicea; il 15 agosto fu attaccata dai Turchi del sultano Kilij Arslan, ma fu salvata dall’intervento provvidenziale di Goffredo di Buglione che si trovava in retroguardia; nel mese di ottobre partecipò all’assedio di Antiochia e a dicembre sconfisse il re di Damasco Duqaq. Presa Antiochia Boemondo vi fu a sua volta assediato dal persiano Kurquba, il 28 giugno del 1098 uscì dalla città e in una grande battaglia sconfisse i nemici. Poco dopo giunsero in città le altre armate cristiane comandate da Raimondo di Tolosa, Goffredo di Buglione, Roberto di Fiandra e da altri capi che, prima di intraprendere l’ultima marcia verso Gerusalemme, assegnarono Antiochia a Boemondo di Taranto. Questi non prese parte all’atto finale della crociata, cioè alla conquista di Gerusalemme, rimase and Antiochia con tutto il suo esercito.

giovedì 18 settembre 2008

Si o' mellone è sciutu bbianco cu chi ta vuò piglià

Tutti sanno che questo famoso modo di dire napoletano vuol dire praticamente che capita di comprare una anguria, sicuri che fosse rossa fuoco e invece una volta aperta scoprirla bianca e quindi immangiabile.
L’insegnamento che ci viene da questo detto antico è che molte volte aspetti con ansia che si realizzi qualcosa che ti sta a cuore, che immagini bellissima e una volta realizzata scopri bruttissima o non come te l’aspettavi. Il detto si è avverato con il campanile dell’orologio di Casanova. Dopo mesi di lavoro, anche con qualche traversia burocratica che ha allungato i tempi, finalmente sono sparite le impalcature e si è potuto osservare il lavoro quasi ultimato. Al primo sguardo esce spontanea una esclamazione positiva, subito frenata però dalle moltissime imperfezioni che si rilevano.
Prima di tutto il colore chiaro ed uniforme che appiattisce le forme, facendo scomparire le colonne, i cornicioni e le greche che il progettista aveva previsto proprio per movimentare la sua opera. Il marmo scuro usato (speriamo sia marmo), sembra sistemato così come comprato senza tagliarlo secondo il profilo della torre. La corona che campeggia lo stemma del comune nella parte che dà sulla piazza, è simile ad un cerchio ammaccato su un lato.
C’è un cavo elettrico pendente che alcuni iniziano a credere che sia un istallazione artistica postmodernista.
Questi sono solo alcuni rilievi grossolani all’esecuzione dell’opera, che dà l’impressione più di una buona tinteggiatura che di un restauro. Se doveva solo essere imbiancato si poteva fare pure a meno degli architetti che hanno seguito, o avrebbero dovuto seguire, i lavori. Anche se non è mancato un estimatore dell’opera, che l’ha definita: “una torre d’avorio ideale che punta al cielo, simbolo della trasparenza dell’amministrazione comunale”.
Bisogna precisare che i rilievi su esposti sono di gente ignorante che si affida al proprio gusto del bello e al proprio spirito critico. E’ possibile che non essendo tecnici, non comprendano il nuovo momento artistico che vivono. Così come nei secoli scorsi non fu compreso lo stile innovativo di Michelangelo, Caravaggio, di Picasso o di Van Gogh, qui non si comprende il nuovo stile imperante che è quello del
Moulin Blanche (Mulino Bianco) . Abbiamo notato che questo restauro è identico a quello della chiesa della Grangelsa, stile, che come disse un famosissimo critico al vedere il santuario: “ci riporta all’infanzia, con quel bianco che fa rinascere il candido della purezza del bambino". Qui sì che l’artista ha seguito le parole e gli insegnamenti del caro Wordsworth che diceva: "the child is the father of the man”. Adesso non lo comprendiamo ma nei secoli futuri sicuramente sarà apprezzato.

Nel frattempo però, con chi ce la dobbiamo prendere? Subito i critici si sono spaccati , come per tutto, in due partiti, quello del sindaco uscente e di quello attuale. I simpatizzanti di Mannillo subito si sono scatenati accusando Di Biasio di aver ingaggiato un architetto suo amico e quindi sarebbe lui il responsabile degli inconvenienti rilevati . A questi hanno risposto i supporters di Di Biasio asserendo che è compito dell’amministrazione in carica controllare la perfetta esecuzione dei lavori e pertanto, se non non fossero soddisfacenti, l’unico responsabile è Mannillo, inteso come amministrazione, che non deve pagarli. La discussione continua e non sembra che arrivi a conclusione, pertanto la domanda “cu chi ta vuò piglià?” resta senza risposta. Vuoi vedere che alla fine se la pigliano a quel posto i cittadini? Come sempre d’altronde.

Le Corbusier da Casanova

mercoledì 17 settembre 2008

Il taglio del bosco

   Quando passo per la strada non posso fare a meno di gettare uno sguardo alle montagne che circondano il paese.  Mi riesce difficile immaginare  che possano essere state boscose ed ombrose come raccontano i vecchi. Ora quello che vedono i miei occhi sono solo pietre su pietre affioranti da poca terra brulla. Sono solo cespugli di strame secchi e stentati.
  Aridità è la parola che oggi le contraddistingue. E non è solo colpa dei cambiamenti climatici.
Che cosa le ha ridotte così? 
L’incoscienza le ha ridotte così. 
  L’incoscienza e l’interesse di chi non si è fatto scrupolo di sfruttarle e farle sfruttare indiscriminatamente, fino a ridurle a una pietraia.
  Ormai non c’è più niente da sfruttare o c’è ben poco!
  Gli incendi boschivi sono stati sicuramente la piaga che per tanti anni ha afflitto le nostre montagne, causando un’alterazione chimico-fisica del suolo, un’ erosione superficiale con perdita del suolo fertile e una diminuzione della capacità di infiltrazione, tutti effetti deleteri che hanno portato i nostri colli quasi alla desertificazione.
Per dirla in parole semplici e molto comprensibili, dove passa un incendio non cresce più nulla, per molti anni, se non l’erba che può far tanto comodo a qualcuno.
  Gli incendi non sono stati e non sono, però, l’unico problema del nostro territorio montuoso.
Ce n’è un altro, non meno distruttivo, che si ripete ogni anno e che anche quest’anno è già in piena attività: il taglio indiscriminato degli alberi.
  Si taglia a più non posso, senza concessioni e senza permessi, e quindi esentasse; si distruggono le ultime piccole oasi di alberi d’alto fusto che ancora resistono in tanta aridità. Si vende legna a discapito dei cittadini carinolesi che, ignari, vengono privati del verde che a loro appartiene, per il vantaggio e le tasche di pochi.
  E in tutto questo, gli organi tenuti al controllo di questi abusi non sono presenti. Non denunciano e non prendono provvedimenti. La Forestale è latitante.
Si finge di non vedere… di non sapere.
Personalmente non accetterò mai questa politica del ‘magna magna’ basata sui favoritismi e sull’ingrasso dei pochi a discapito di tutta la collettività, perché credo che sia uno degli abusi più meschini fatto sia al territorio che ai cittadini.
  Ci sono modi più civili e meno dannosi di tagliare e commerciare legna ed è quella della via legale, con concessioni provinciali e coi dovuti accorgimenti delle zone soggette al taglio.
Esistono, per chi non lo sapesse, delle Leggi nazionali (D.Lgs n. 42/2004, art.130,142, 149; D.Lgs n. 227/2001, art.6) e delle norme regionali che regolano il taglio colturale e tutelano il patrimonio forestale: sono quelle le vie da seguire. Le vie più facili e più convenienti (per i pochi) non sempre sono le migliori.
  Le ragioni della legalità non sono difficili da capire: a parte il dovere civico, se un taglio viene fatto con precisi criteri tecnici, che mirano a mantenere sano il bosco e a permettere la nascita e la crescita di nuove piante, l’ambiente naturale non ne risentirà e la fiamma che d’inverno rallegra i nostri camini non ci sarà costata la distruzione del nostro patrimonio boschivo!
  Non sarebbe ora che si cominciasse a percorrere la via della legalità e della protezione ambientale anche in questo? E non sarebbe ora che chi è tenuto a controllare lo facesse? Sicuramente ne saremmo beneficiati tutti e il nostro ambiente sarebbe salvaguardato.
Galatea

lunedì 15 settembre 2008

Servili con i teppisti, spietati con Tommaso

Il mio amico Tommaso è la persona  più buona ed educata del circondario e forse del mondo, sicuramente di tutte le persone che conosco. Tommaso vive onorevolmente, con una modesta pensione dell'INPS che gli consente di procurarsi quante serve a sé e alla sua famiglia.  Anche lui come tutti ha i suoi hobby e le sue passioni, la principale è quella per la squadra del Napoli.
Invece di passare le giornate interamente davanti al bar come consuetudine dei pensionati, e non, dei nostri paesi,  Tommaso si dedica saltuariamente a vari lavori per  sé e per altri. Quest’ attività gli consente di racimolare la sommetta  necessaria  per soddisfare la propria passione sportiva. Anche quest'anno è stato tra i primi ad acquistare l'abbonamento per vedere le partite della sua squadra del cuore.  S’intuisce che le sue finanze limitate gli hanno consentito l'abbonamento in curva e non in anelli più costosi. Voglio aggiungere che lui è un tifoso modello, quando c'e’ da gioire gioisce,  quando deve soffrire soffre e quando si deve dire una brutta  parola all'arbitro la dice. Non appartiene al tifoso doc del substrato napoletano che vuole vincere a forza e, se perde, è colpa dell'arbitro e perciò bisogna sfasciare qualcosa.
Domenica scorsa un manipolo di suoi colleghi, nel tifo ma non nel comportamento, hanno dato l'assalto ai treni, sfasciato qualche carrozza ed un paio di stazioni. Bisogna pure dire che molti di quelli erano in possesso di regolare biglietto del treno, ma Trenitalia non aveva predisposto treni speciali, né la questura ne aveva richiesti nonostante avesse autorizzato la trasferta. Non voglio giustificare gli atti di vandalismo ma tra le persone coinvolte si trovavano anche molte perbene che lo stato dovrebbe tutelare. I fatti sono noti a tutti, andati su di giri, hanno aggredito i poliziotti, procurati i considerevoli danni, solo cinque fermati  subito rilasciati.
Il ministro della Fermezza subito ha inviato una ispezione alla Questura di Napoli, presumibilmente un collega ed amico del Questore che non ha trovato irregolarità nell'operato della polizia . Meno male dico io, se riscontravano che non avevano fatto il loro dovere sarebbe stata distrutta tutta Napoli e mezza Roma. Dopo giorni di indagini si e’ scoperto che alla stazione   erano tutti camorristi camuffati da tifosi che andavano alla partita per scopi delittuosi ancora   da  scoprire. Dopo numerose riunioni a vari livelli, penso tutte lautamente gettonate, sono stati individuati i colpevoli e il capo della polizia ha asserito che li avrebbero tutti rintracciati e messi in condizione di non nuocere. Di far pagare i danni, nemmeno a parlarne, tanto paga Pantalone.
Dopo tutti questi proclami e minacce varie da parte del fermissimo ministro si è passati alla punizione esemplare che deve essere di monito a tutti per il futuro; Tommaso e quelli come lui che hanno la possibilità di acquistare  solo l'abbonamento di curva,  per quattro domeniche non devono  entrare allo stadio. Non importa il sacrificio che ha fatto per comprare l'abbonamento,che forse non gli sarà nemmeno rimborsato, bisogna essere fermi . La polizia è assolta, Trenitalia è assolta, i pseudo camorristi non sono stati trovati che si fa? Puniamo Tommaso senza se e senza ma, e’ una persona onesta  gli si può fare qualunque angheria. Intanto, I camorristi la partita la potranno vedere in tribuna, a loro i soldi non mancano.

domenica 14 settembre 2008

Luoghi inaspettati: Santa Maria delle Grazie

Non avevo mai visto la chiesetta di Santa Maria delle Grazie a Casale, anche se ne avevo sempre sentito parlare. E dalle storie che avevo ascoltato mi aveva sempre incuriosito parecchio.

Qualche giorno fa due gentili amici si sono offerti di accompagnarci e giunti sul posto sono stata immediatamente colpita da tanta bellezza. La meraviglia di quel luogo è spiazzante. Un luogo magico in cui il tempo, così come viene inteso normalmente, viene sospeso e sostituito da un tempo mitico-sacrale e ciò che ne viene fuori è un’incredibile sensazione di pace. Quasi mi vergogno per non aver scoperto prima che questo tesoro, purtroppo incompreso, fosse solo a pochi chilometri da casa mia, nel mio stesso comune. Da noi ragazzi si dà per scontato che solo girando il mondo si possa conoscere quanto di bello ci sia in esso, sminuendo ciò che invece ci è più vicino; oggi sono felice di aver cambiato opinione e di essermi ricreduta.
Già scendendo la stradina che porta alla Cappella ho percepito una sensazione di benessere. Ombreggiata da alberi rigogliosi e verdi e recintata da imponenti pareti di tufo, la stradina sembrava immettere in un luogo fiabesco in attesa di essere scoperto. E dopo aver fatto una piccola curva, ecco che ai miei occhi si è presentato uno slargo immerso nel verde di una piccolissima valle, circondata tutt’intorno da alte pareti tufacee che scendevano dritte fino al fondo valle dove credo scorra un ruscello.

Lo slargo, come una terrazza, si affaccia sul ripido e verdissimo fondo valle che regala al visitatore una sensazione di frescura, molto gradita in questa stagione.

A sinistra, quasi addossata alla parete tufacea, c’è la Cappella; piccola, bianca, con due minuscole guglie lanciate verso l’alto, quasi ad indicare in quale direzione bisognerebbe dirigersi.

All’interno della Cappella, chiusa, ho potuto vedere, attraverso la porta di ferro, lo splendido quadro in pietra con l’immagine della Madonna delle Grazie, di ottima fattura, in stile bizantino.

All’ esterno, davanti alla Cappella, troneggia il grande masso di pietra da cui è stata intagliata la piastra su cui è stata dipinta l’immagine della Madonna. Sul retro, un bellissimo lavatoio in pietra addossato alla parete tufacea, resta a testimoniare la vita passata che ha animata questo luogo.

Di fronte alla Cappella, inglobata in un brutto fabbricato in cemento armato, c’è la cripta per la sepoltura dei defunti. Mi è stato detto che all’interno della cripta sono presenti anche gli ‘scolatoi’, che non ho potuto vedere poiché la cripta era chiusa, ma vederla sarà il mio prossimo obiettivo!

La storia che si narra su questa “piccola Lourdes”e sulla sua origine è degna delle più belle fiabe che abbia mai sentito e contribuisce ad accrescere il senso di fascino e mistero di cui questo luogo è avvolto.

Quello che proprio non riesco a capire è come mai questi luoghi così magici non siano valorizzati abbastanza e come meriterebbero. E’ un’offesa alla comunità abbandonare luoghi del genere allo sfacelo. L’amico che si è offerto di accompagnarci mi raccontava che fino a pochi anni fa l’immondizia e la vegetazione dominavano su tutto il resto. E’ possibile avere tra le mani un tale tesoro dal valore inestimabile e lasciarselo sfuggire? In questo caso non posso non pensare con rabbia e come studentessa di beni culturali, che autentici gioielli come questo, finiscano sempre nelle mani sbagliate e di incompetenti, che non comprendendone l’assoluta e indiscussa importanza, li condannano, con la loro ignoranza, alla rovina. Fosse stata al nord una ricchezza simile, avrebbe sicuramente avuto un apprezzamento migliore, sia da parte degli amministratori che dal Clero e dai cittadini stessi.

Orribile è la struttura in cemento armato che sovrasta la cripta, inadeguate le recinzioni metalliche, anche se necessarie per motivi di sicurezza. Il luogo meriterebbe recinzioni e panchine in legno, lanterne più che lampioni, per renderlo più suggestivo e farne un piccolo angolo di paradiso. Ma sarebbe già tanto se si riuscisse a valorizzarlo al di là del semplice interesse religioso e farne un punto di riferimento di un eventuale itinerario turistico e culturale, perché per “valorizzazione” e “sensibilizzazione”di tali beni significa soprattutto renderli parti intrinseche e integranti della comunità stessa.

Concludo l’articolo con un verso di Francesco Petrarca che spero possa far riflettere molti “…Così a poco a poco le rovine stesse se ne vanno, così se ne vanno ingenti testimonianze della grandezza antica…”

Raffaella

venerdì 12 settembre 2008

l'olio e' per il frantoiano, la puzza e' per tutti


   Sono una cittadina di Casanova nord che, così come credo,  tutti i residenti della zona, sono stanca del puzzo che siamo costretti a respirare ogni giorno.

   Il lezzo in questione  al calar al tramonto diventa ancor più forte e si espande fino alle abitazioni situate presso la strada provinciale per Carinola e per Cascano. L’aria malsana proviene chiaramente dal frantoio situato nei pressi del bivio, dove puntualmente ogni anno, soprattutto in questo periodo, senza rispetto del vicinato, vengono attuate strane tecniche di pulizia che, appunto, rendono l’aria irrespirabile. Una situazione che va avanti da anni e per motivi tutti da chiarire sembra proprio destinata a durare ancora per molto tempo. A questo punto, prima di inoltrare agli enti competenti le dovute segnalazioni, invito tutti i residenti che sono vittima della puzza del frantoio a fare fronte comune per mettere la parola fine a questa vicenda che, credo, non può essere più tollerata.

   Quindi spero che il diretto interessato si trovi a leggere questo mio e si faccia  carico delle proprie responsabilità e provveda a mettere fine a tale vicenda. L’aria è di tutti e non è giusto che per strane metodologie tecniche, inerenti alla spremitura delle olive, tutti gli abitanti di Casanova Nord debbano ogni sera coabitare con il fetore provocato da uno solo. 
   Grazie per avermi dato la possibilità di utilizzare questo spazio e spero che tutti i lettori, in particolare quelli della zona nord di Casanova, si accodino a questo mio invito-denuncia.


Una cittadina che non ama la puzza. 

foto: gentile concessione  del FLNG (Fronte di liberazione dei nani da giardino)

giovedì 11 settembre 2008

Pugno duro contro la prostituzione (post non adatto ai piu' piccoli)

Oggi il Consiglio dei Ministri ha adottato un provvedimento voluto dal Ministro delle Pari Opportunita' Mara Carfagna, una donna che ha fatto della coerenza* la sua scelta di vita. Esso viene cosi' riportato dai giornali:
"Prostituirsi in strade, piazze ed altri luoghi pubblici sarà reato, poichè è un atto che desta "allarme sociale". Questo il senso del disegno di legge presentato dal ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna e approvato dal Consiglio dei Ministri, La prostituzione insomma non diventerà un reato in sè, ma solo e quando esercitato in luogo pubblico, questo significa che chi lo fa in una casa privata non è perseguibile".
 Come? Non ricordate chi e' Mara Carfagna????




Qualche foto ve la fara' certamente tornare in mente.

















*da intendersi con il nuovo significato dato alla parola dalla politica italiana tutta.

Berluskazzi

mercoledì 10 settembre 2008

Editto di Saint Cloud?.... Mai sentito!

A proposito di cimiteri, argomento molto attuale nel nostro Comune in questo periodo, ecco delle informazioni che possono risultare interessanti, anche se non proprio eccitanti. Ma tant’è!... Il cammino della Storia ha inevitabilmente coinvolto anche sepolture e cimiteri e di questo bisogna prenderne atto. Buona lettura.

*****

Quando le truppacce francesi arrivarono nel Regno di Napoli al seguito di Napoleone Bonaparte, sicuramente non diffondevano per l’aria effluvi soavi, ma erano pur sempre francesi! I loro nasi, abituati a ben altre fragranze odorose, dovettero contorcersi d’orrore quando percepirono l’olezzo mefitico della decomposizione provenire dalle piazze, dalle chiese e dai conventi che avevano sottratto agli ordini mendicanti.

Era dunque di fondamentale importanza che l’Editto emanato in Francia nel 1804 dovesse estendersi a tutte le terre conquistate da Napoleone e quindi anche al Regno: per ragioni igienico-sanitarie i morti dovevano essere sepolti fuori le mura, in appositi spazi.

E così quell’ Editto di Saint Cloud di foscoliana memoria, che tanto ha fatto penare gli studenti di molte generazioni, fu esteso a tutta la penisola italiana nel 1806.

Non più sepolture nelle cripte all’interno delle chiese, da cui provenivano fetori pestilenziali ogni qual volta si apriva la botola (tutti i giorni!), non più tombe terragne a mo’ di fosse comuni, scavate nelle piazze e nelle navate, ma cimiteri fuori dal centro abitato in cui l’aria malsana non potesse dare fastidio o infettare alcuno.

Con quanta rapidità l’ Editto fosse portato ad esecuzione in tutto il Regno e nel nostro Comune possiamo immaginarlo. Il primo cimitero, quello comunale di Nocelleto, fu aperto solo nel 1891!

Come mai tanto ritardo?... Come già detto altrove, la piccola storia non cammina con lo stesso passo della Grande Storia e prima che l’Editto diventasse esecutivo, la scena politica era già bell’ e cambiata: Murat era stato fucilato a Pizzo Calabro nel 1815 Napoleone relegato a Sant’Elena dove morirà il 5 maggio del 1821, e i Borbone erano di nuovo i padroni del Regno, non più di Napoli, ma delle Due Sicilie.

Tolti di mezzo i principali personaggi, i nuovi-vecchi amministratori non ebbero fretta di eseguire ciò che nell’Editto si stabiliva, e il Clero, che pur poteva far sentire la sua voce, non se ne poteva fregare di meno, visto come erano stati trattati i beni della Chiesa da Napoleone.

Casanova, che aveva a disposizione due chiese, quella parrocchiale e quella conventuale, venne a trovarsi molto a disagio quando il Convento fu chiuso proprio a causa della soppressione degli ordini mendicanti. Per molti anni fu la sola chiesa parrocchiale ad accogliere, con grande difficoltà, le sepolture; quando poi, nel 1838, il Convento fu riaperto al culto, immediatamente tutte le sepolture furono convogliate in esso e la chiesa parrocchiale poté finalmente usufruire di una boccata d’aria… se così si può dire!

Nel 1854, tuttavia, il Comune di Carinola fu costretto a chiedere più volte alla Sotto Intendenza di Gaeta l’espurgo delle cripte delle chiese di tutto il territorio, perché non c’era più posto per seppellire i morti!… Cosa significasse “espurgo” delle cripte non ci è dato di saperlo. Probabilmente significava liberare le cripte da tutti i cadaveri messi a ‘scolare’ e accatastare tutte le ossa per far posto ai nuovi arrivi.

Gli amministratori carinolesi avevano ben capito l’importanza dell’Editto di Saint Cloud, ma la lentezza, non solo quella burocratica, è sempre stata una pecca del Regno, forse quella che ne ha decretato il tracollo. Solo con l’Unità d’Italia si riuscì ad ottenere la costruzione dei cimiteri nel nostro Comune e le nostre chiese furono finalmente alleggerite di un’ incresciosa incombenza.

Beh, per la verità, con l’Unità d’Italia le nostre chiese furono alleggerite di ben altro!…. ma questo è un’ altra pagina.


Clio
Fonte: Archivio di Stato di Caserta - Camposanti

lunedì 8 settembre 2008

Ma vafammocc...afe'

Quanti di voi hanno la sensazione che in fondo non sia cambiato quasi niente? Dico questo in quanto ricordo i visi, i sorrisi, gli occhi di chi veniva e seguiva in ogni luogo i comizi della lista Insieme per Cambiare. Quelle belle parole di Gennaro, di Giggino, di Mattia…Volti di rabbia finalmente esplosa, gente ammaliata da quei bei e articolati discorsi (sembrava li avesse scritti Obama, sopra da Dante) sulla cacciata del tiranno, sul cambiamento (we can change?). E ora? Certo, il tempo per giudicare è ancora troppo poco, del resto non sono passati che meno di cinque mesi. E cosa si può fare in questo tempo? Bè in verità qualcosa si è pur fatto. Si è creato un precedente. Precedente assolutamente da non proseguire. Soprattutto da parte dei giovani. Che vergogna! Accettare (forse sarebbe meglio il caso di parlare di pregare?) un posto da buffone, da paggio. Mi riferisco a certuni membri della segreteria particolare del sindaco (ma allora siamo veramente a Parigi). Per esempio quel tal Michelino da San Donato. Proveniente da una famiglia rispettabilissima che per oltre cinquant’anni ha prodotto quintali di carta proprio per denunciare il fenomeno del nepotismo, le ingiustizie sociali, e affermare sani principi di sinistra. Ed ora? Ritrovarsi sul comune a fare chissà che, solo in quanto giovane e partecipante ad un’elezione amministrativa. Si, mi chiedo, che si fa sul comune? Il valletto a Gennaro? Ma…quindi, la prossima volta chiunque non eletto in qualsiasi lista potrebbe rivendicare (magari anche in sede di tribunale) il ruolo di valletto del sindaco? Altro discorso è per Vincenzo Tulipano, il quale non avendo mai fatto politica è stato così premiato da Gennaro, suo compaesano tra l’altro, portandolo sul comune a dargli una mano. Ma di Tulipano non c’importa, anzi ci fa può far anche piacere. Ma alla fine però chi è che gridava al mondo di esser di sinistra? Cari compagni e compagne…e compagnia bella…ma dov’è la destra? dov’è la sinistra? (G.Gaber).
Tano Verre da Cefalù

giovedì 4 settembre 2008

Suonerà l'orologio della piazza? Sì, forse, ma.....

  I lavori di restauro e consolidamento del campanile dell’orologio nella piazza di Casanova sono ormai in dirittura di arrivo. Partiti sulla carta in piena campagna elettorale per le comunali con l’intento di racimolare qualche voto, portarono all’effetto contrario in quanto la maggior parte dei casanovesi lo intesero come un raggiro. Comunque bisogna dare atto all’amministrazione Di Biasio di aver sostenuto il progetto e aver procurato il finanziamento dell’opera . 
   Anche se con ritardo, il sindaco uscente si è sforzato di mantenere l’impegno preso con i Casanovesi nella penultima campagna elettorale. In verità gli impegni erano due, la ristrutturazione del campanile e il ripristino della funzionalità dell’orologio. L’orologio ha  funzionato per quasi due secoli, segnando pedissequamente le ore e i quarti con le due campane di tonalità diversa. Fine a qualche lustro fa con i suoi rintocchi scandiva anche le attività di tutta la popolazione di Casanova.  
    Purtroppo, qualche decennio fa Carinola ebbe la iattura di essere commissariata e fu affidata a tre zelanti funzionari della Prefettura i quali, oberati dai molteplici impegni amministrativi ,non trovarono il tempo per provvedere alla riparazione dell’orologio che si era fermato per un guasto. Alcuni maligni paesanotti sostengono che volutamente non fu provveduto alla riparazione per acconsentire alle richieste in tal senso di qualche influente personaggio locale,  ma sicuramente sono chiacchiere di paese. Comunque, finalmente sta per arrivare il giorno della consegna dei lavori che, da quello che si intravede attraverso le impalcature, sembrano di ottima fattura. Ci si augura che il collaudatore sia un po’ più scrupoloso di quello dell’ultimo restauro in modo che duri qualche anno in più. 
    Avvicinandosi il giorno della consegna dei lavori, già si sentono mugugni vari sul funzionamento dell’orologio, se deve suonare ogni ora, ogni tre, una volta al giorno, solo di giorno, ognuno dice la sua. Il nostro amato sindaco da esperto navigatore fa finta di appoggiare tutte le proposte, e di fronte a quelle contrastanti sorvola con un "vedremo". Il problema è che il sindaco Di Biasio aveva preso l’impegno ma il sindaco attuale cerca sempre di essere sfuggente o non ricorda i particolari, ci si augura che in questo caso abbia una linea chiara. 
    Non si comprendono le ragioni di tante polemiche anticipate, se è un restauro il monumento deve essere riportato alla sua funzionalità completa, orologio compreso, come appena costruito. Riportato il monumento integralmente alla sua origine, dopo averne verificato il funzionamento si valuterà se il volume è alto o basso, se la notte disturba i prostatici o i paranoici, ma come si fa a dirlo prima di averlo sentito in funzione? Questo fuoco di sbarramento contro il ripristino della funzionalità dell’orologio dà l’impressione che non sia per il fastidio che può arrecare ma che alcune persone vogliano far capire che loro contano e sono determinanti nelle decisioni dell’amministrazione. Nel caso così non fosse e siamo amministrati da un sindaco ed una giunta libera i lavori dovranno riportare la struttura alla sua originalità. 
    Nel caso i rintocchi dovessero provocare gravi paturnie a qualche cittadino che presenterà reclamo, si chiederà l’intervento degli organi competenti che regoleranno i decibel secondo legge di questo pericolosissimo attentatore dei timpani della gente che tra poco andrà in funzione.

Belfagor 

Un sondaggio promosso da Quiquiri' sull'argomento ha prodotto i seguenti risultati. 


 
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