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venerdì 31 agosto 2007

La guerra dei Cassonetti. Capitolo II - l'incantesimo della parola di burro


Niente è finito, la guerra continua nella tribù di Kasanovia. La principessa Mazzucchi degli Ulivi, soddisfatta della sua supremazia, bandì una notte di sfrenati festeggiamenti, offrendo al popolo la soave musica dei menestrelli “ Gli alunni del sole”. Il popolo accorse numeroso e festoso, notando che i cassonetti non erano nell’agorà della villa e spensierati ballarono a ritmo di musica. Al ballo di corte c’erano tutti, ma proprio tutti: il feudatario DiBiasox, il barone silenzioso Marresum che sempre tace e sempre annuisce alle parole del grande feudatario, perfino Marcantonio d’Egitto il quale, nonostante mal sopportava il potere di DiBiasox si trastullava e deliziava della musica. Insomma, c’erano tutti o quasi. Solo una persona mancava, ed era il duca Gennaro Asdrubale Libero dei Mannilli, il quale macchinava tremenda vendetta. Il popolo si divertiva, la principessa orgogliosa faceva sfarzo della sua vittoria ostentando le sue cinque palle di nobiltà, e il duca della casata dei Mannilli pensava e pensava. Alcuni giorni passarono e la principessa Mazzucchi degli Ulivi, sicura dell’emendamento stilatogli dal feudatario di Maradonia Di Biasox, riposava tranquilla, ma la nobile troppo sicura di sè, ignorava un fattore fondamentale. Dimenticava del gran potere magico che Di Biasox possedeva, ovvero il dono della “parola di burro”: una sorta d’incantesimo che fa sciogliere le sue parole dopo un secondo, mutare una promessa in un fraintendimento, trasformare un si in un no, determinare solo per chi lo ascolta un senso di smarrimento che inevitabilmente ti trasporta in un fiume dove ciò che si decide diventa subito il contrario di ciò che si è detto. Un potere unico, che solo il feudatario di Maradonia possiede e sul quale ha fondato il suo potere. La principessa trascurò il potente dono magico di Di Biasox e una mattina………Il duca dei Mannilli fomentò il popolo, scatenò una guerra interna alla corte di Maradonia, cavalcò le spaccature create da un ciclostilato di dubbia provenienza che dileggiava la principessa e, come una serpe all’improvviso colpì. I cassonetti tornarono sotto le mura del castello degli Ulivi. La principessa Mazzucchi al suo risveglio sbigottita dal ritorno degli odiati cassonetti subito corse da DiBiasox, chiedendo spiegazioni sul fatto e chiedendo il rispetto dei patti che l’emendamento da lui bandito imponevano. Di Biasox ricorrendo alle sue arti magiche disse: “guardami, guardami, non c’è nessun emendamento, è tutto frutto della tua immaginazione”. Dopo aver pronunciato altre formule magiche schioccò le dita e la principessa sotto incantesimo dovette ritornare a casa. Il Duca Asdrubale Libero dei Mannilli, ancora una volta ha vinto, preparando a puntino una strategia che ha dell’incredibile, fatta di fomentazione, di volantini di dubbia provenienza, accordi segreti con il feudatario DiBiasox ecc ecc. Insomma il duca, forte del suo risultato, si gode la vista dei cassonetti sotto le mura del castello della principessa, anche se tuttora nella tribù di Kasanovia si narra una leggenda, ovvero “ la leggenda dei cassonetti mannari”. Una leggenda antica, che riferisce di oscuri avvenimenti: si dice che durante le notti di luna piena i cassonetti, spontaneamente, si spostino da una parte all’altra della villa animati da misteriose tecniche di magia e costringendo l'indomani il popolo a mettersi alla caccia dei cassonetti, i quali misteriosamente cambiano locazione.
Ma, questa, è un’altra storia.

Depopa

mercoledì 29 agosto 2007

Avviso a tutti i lettori

Vista la piega che gli ultimi dibattiti stanno imponendo al nostro blog siamo costretti a stringere, e di parecchio, i criteri per la pubblicazione dei vostri commenti. Ciò a discapito del fatto che ci fa molto piacere vedere più di 100 visite al giorno (come durante la giornata di Martedi 28 agosto, 122 visite).
Non possiamo fare in modo che questo spazio diventi un "mattatoio" dove sfogare le proprie antipatie personali, per cui abbiamo deciso che non sarà pubblicato alcun commento contenente parolacce, nomignoli offensivi, minacce, riferimenti al luogo di abitazione di chicchessia, vaneggiamenti vari e frasi non attinenti all'articolo sotto il quale si inserisce il commento.
Se avete voglia di esprimere le vostre idee avete la possibilità di scrivere un articolo ed inviarlo all'indirizzo redazione@ilquiquiri.com in forma anonima o sotto un nickname.
Buona Giornata a Tutti!!!
La red. QUiquiri

martedì 28 agosto 2007

il mestiere delle armi biforcute



Sarà un autunno caldo e mentre la natura vedrà sfiorire in poco tempo i colori, fino ad ora splendenti nel sole, salirà la temperatura della maggior dei cittadini della floridissima contea di Canrinols, situata al di là del fiume Savon, provincia romana sotto il princeps Pasquale il Grande. Non solo i colori ma anche gli odori saranno diversi e di conseguenza anche gli umori. Solo che paradossalmente gli animi invece di prendere un’ ondulazione più mite, benevola, posata, dopo l’estate bollente, diverranno man mano simile ad un pentolone dove salteranno in aria parole dal sapore aspro, odio per l’avversario e rinforzati da fagotti di bugie si prepareranno alla campagna elettorale. La maggior parte dei politici è impegnata già in questa settimana a screditare l’avversario, talvolta anche un compagno di coalizione, per riuscire ad ottenere chi un posto in lista, chi un assessorato, chi una delega in futuro. <<>> Hai ragione forse ho generalizzato un po’ troppo ma non mi sono spiegato bene, non tutti sono cosi’. C’è in verità qualcuno che si salva. Ma io voglio andare in esilio e parlare di quelli che ora sono i reggenti e capire, senza offendere, che cosa hanno fatto per dirne due Antimus Marresi e il triumviro Marcantonio. Da quando la contea è in mano a uomini simili, sia che governano sia che stanno all’opposizione, quello che è successo è solo un avvicendarsi da una parte e dall’altra per la corsa al potere. Non vi sono programmi che ispirano fiducia, programmi che possono essere realmente applicati senza che a questi si debbano anteporre mire personali. Un’ estate di feste, farina.... e poi forca per tutti .<> Allora tu non eri presente ieri mattina al Consilio Massimo al tempio Petrucci dove si parlava, ognuno facendo giustamente propria la causa dei rifiuti ma senza che nessuno ha comunicato soluzioni concrete e attuabili, si parlava per ore ed ore solamente per giustificarsi della vergognosa situazione che macchia la nostra terra. Dopo che Dibiasius ha preso la parola per difendersi dalle accuse mosse dalla minoranza in merito all’individuazione dalla sua maggioranza del sito a Cese è successo quello che prova la mia tesi, ovvero che maggioranza e minoranza sono fatte della stessa pasta. Cosi’ che Cesare Dibiasius ha raccontato che, precedentemente al periodo delle agitazioni pubbliche a Croce di Casale, si erano incontrati lui e Marcantonio, e il triumviro non ha potuto che confermare per ben due volte prima che il gallo cantava, e messisi comodi in biga hanno discusso del caso Cese. Che cosa si sono detti allora? Certo è che entrambi avevano degli interessi a fare quell’operazione altrimenti che motivo c’era d’incontrarsi, essendo politicamente nemici? Per quanto riguarda Antimus Marresi non so veramente cosa abbia fatto in tutti questi anni che sta immischiato nella cosa pubblica, oltre che ora vuole fare il princeps (primo cittadino) di Canrinols e che anche lui era nell’operazione di Cese. <<>> Su questo ci penserò e ti farò sapere presto.




NOTA Dell'Autore:

Si è svelato poi l’incontro in biga di Cesare Dibiasiius e di Marcantonio Russo dopo aver sviscerato le carte dell’ultimo Consilum Massimum*. E dunque l’incontro, si evince dalle stesse parole del triumviro a cui non segue poi nessuna smentita da parte di Di Biasius, e che quindi prova che alla fine Russo nell’affare Cese non abbia le mani coinvolte, vi è stato per ragioni che lo stesso triumviro svela.
Riportiamo l’actium secundus di Marcantonio, nell’ultima parte che a noi c’interessa, dopo aver ottenuto le antichissime trascrizioni. “..l’incontro c’è stato, gliene ho dato atto, però poi abilmente si è dimenticato di dire(rivolto a Di Biasius) l’incontro di che natura era e di che tipo era. Quello è l’incontro che io sollecitai al sindaco a distanza di un giorno, due giorni, mò faccio confusione probabilmente sulle date, di un volantino che fu distribuito a Carinola a firma di Forza Italia; volantino estremamente critico nei confronti dell’amministrazione e particolarmente nei confronti del sindaco e dell’assessore Marrese, poiché noi all’epoca -e penso che ce ne ricordiamo bene tutti quanti- assumemmo l’impegno di assumere un atteggiamento che sarebbe stato condiviso da tutti fino a quando non si fosse risolto il problema della discarica, un minuto dopo la della soluzione ognuno poi avrebbe detto la sua verità. (dunque una sorta di armistizio provvisorio, fino a quando non fosse stata scongiurata la realizzazione dell’impianto a Cese di F.O.S.- nota dello storico di guerra). Quindi io telefonai al sindaco per chiedergli scusa in privato di quello che si era verificato, scuse che poi feci pubblicamente nell’aula consiliare del palazzo di fronte. Per quanto riguarda Mannillo, gli devo dare atto dell’abilità solita, perché non ci sorprende più. Caro Gennaro dal mio punto di vista ti arrampichi sugli specchi.....continua ma questa è un ‘altra storia...
*Dal consiglio comunale del 27 agosto 2007, sui si è dibattuto, quasi come se stessero a Porta a Porta della “ Raccolta dei rifiuti nonché dello smaltimento degli stessi”

Mitridate

....j'accuse....

Il Quiquirì sta in questo periodo nuovamente facendo parlare di se, ma ancora molti sono quelli che non riescono a capire quale sia la funzione di questa nuova maniera di informazione. Quante volte per televisione assistiamo a scelleratezze alle quali vorremmo con tutte le nostre forze controbattere e non possiamo. Quante volte ci capita di ascoltare qualche notizia evidentemente di propaganda al telegiornale che lasciamo passare, che sappiamo sia falsa o mezza vera e alla quale non possiamo controbattere. Quante volte politici fanno promesse che si rivelano il contrario di ciò che in realtà è e non possiamo controbattere. Oggi stesso ho ascoltato dire "Da oggi non ci sarà più Lucignolo bella vita, cult di questi anni, mancherà a noi della redazione di studio aperto come a tutti gli italiani per essere uno dei programmi più riusciti di questi anni". E’ proprio quando sento queste cose che vorrei un qualcosa come il Quiquirì ma a livello nazionale, qualcosa dove poter esporre la propria idea, che in questo caso sarebbe che grazie a programmi come questi sempre più ragazze e ragazzi al mattino prima di uscire lasciano il cervello sul comodino e tutti infighettati si chiudono la porta alle spalle. Tanti che in questi giorni pensano che il Quiquirì sia un covo di nullafacenti, di figli di papà e quant’altro ancora, non hanno capito l’importanza di questa cosa. Senza il Quiquirì oggi come oggi, nel nostro comune, dire ciò che si pensa sarebbe se non impossibile quanto meno invisibile. A tutti quelli che vedono in questa cosa qualcosa di negativo io lancio un j’accuse, a voi che non volete che la gente parli, che non volete che la gente si esprima, che non volete che si mettano su iniziative che non siano di sola pura propaganda, che non si diano dritte da seguire disinteressatamente e non per il puro spirito politico che da noi, al sud, porta sempre ed inevitabilmente alla costruzione di un bel niente. Siamo stanchi di tutto questo, ma non riesco a capire come ancora così tanta gente possa rimanere senza nulla da dire quando finalmente ha a disposizione forse l’unico spazio veramente rimasto libero. Libero perché qui si pubblica tutto (tranne ovviamente commenti che inneggiavano alla camorra, ovviamente censurati), anche critiche contro noi stessi, chiunque scriva un articolo, chiunque voglia esporre la sua idea. Non ho altre parole e tutto questo è al solo fine di spronare un po’ quei non politici che ancora non hanno capito a cosa serve quello che noi stiamo cercando di fare.

Smirne Smirnorum

domenica 26 agosto 2007

Carinola, comune cablato

Come sicuramente tutti i fequentatori del Quiquiri’ sapranno, il territorio di Carinola è stato allacciato alla linea ADSL della Telecom dopo, ma non in conseguenza, delle numerose proteste di chi faceva notare che, mentre tutto intorno si viaggiava ad alta velocita’ (Mondragone, Sessa, Teano ecc), Carinola e Falciano rimanevano ancora indietro, in una materia molto importante non solo, come alcuni credono, per lo svago e il tempo libero ma sopratutto per le attivita’ lavorative e i servizi in genere. Tuttavia, e’ solo per essere carini che si dice “il territorio di Carinola è stato allacciato alla linea ADSL”, in quanto cio’ e’ vero solo in piccola parte, precisamente nelle frazioni di: San Donato, Carinola, Casanova e………….. San Ruosi. Questo fatto è un danno grave per la maggior parte dei carinolesi che come si sa risiedono a Casale e a Nocelleto. Un danno soprattutto per i liberi professionisti, in particolare i commercialisti, che ormai sono obbligati da tempo ad utilizzare i piu’ svariati sistemi per evadere le pratiche, a causa del disservizio telematico (un problema che non tocca il più importante dei dottori commercialisti del comune). Perché il problema non si risolve? Perché le frazioni più popolose del comune non possono usufruire di questo vitale servizio? Le ipotesi sono varie:

- La prima, semplice: per motivi tecnici. La Telecom non avrebbe interesse economico ad estendere la copertura della connessione a banda larga anche alle frazioni di Casale e Nocelleto, in quanto le previsioni per il numero di potenziali abbonati sarebbe basso. C’e’ da dire che, volendo credere ad una tale ipotesi, dovremmo poi necessariamente rispondere alla domanda: a San Donato e San Ruosi vi sono delle importanti aziende informatiche tipo Sylicon Valley o centinaia di Internet Cafe’? Investimenti esteri e autostrade informatiche? No, niente. Sarebbe crudele dire che le “ville” sono allacciate all’ADSL perche’ ci abita un amministratore appassionato di internet, anche perche’ la versione ufficiale e’ sempre stata quella che, nelle decisioni della Telecom riguardo alla copertura ADSL, la politica non c’entra niente... ma noi ci crediamo?

- La seconda ipotesi sarebbe di stampo puramente politico-propagandistico. Tutti si rendono conto che attivare un servizio così importante durante il periodo della campagna elettorale (magari proprio agli sgoccioli), sicuramente determinerebbe una buona pubblicità. Come dire, “l’ultimo favore e’ quello che conta” di democristiana memoria (citazione malignamente attribuita all’attuale sindaco), o il coniglio dal cappello all’ultimo momento...piano regolatore, adsl, magari qualche aiuto per la pensione, un posto di lavoro, e le elezioni sono fatte. E non importa che per anni buona parte del comune abbia vissuto in una chiara arretratezza.

- La terza ipotesi, quella più fantasiosa (ma non troppo), è che il Di Biasio team (e per team si intende anche l’opposizione) non voglia che la zona più popolosa del comune abbia la possibilità di usufruire di un servizio (forse l’unico) che inevitabilmente non possono controllare, diversamente dai confronti di piazza dove, grazie alle loro esperte lingue biforcute, riescono ad imporre le loro non verità. No ADSL NO QUIQUIRi!! Ma non si tratta ovviamente solo del Quiquiri’ (non siamo cosi’ presuntuosi) ma in generale potrebbe esserci una paura per questi nuovi metodi di espressione delle proprie opinioni che gia’ a livello nazionale hanno pericolosamente iniziato a destabilizzare il potere politico e la sua percezione, e che ha portato non pochi uomini politici a correre ai ripari e cercare di adeguarsi ai tempi (vedi il blog di Di Pietro o quello molto meno riuscito di Mastella, bersaglio quotidiano di hackers ed insulti... ci doveva pensare prima, a quante persone volevano togliersi lo sfizio di mandarlo affanculo in faccia)... da queste considerazioni nasce il pensiero che i nostri politici locali, se non proprio ostacolando un’eventuale estensione della copertura adsl, certamente non sono impegnati in una battaglia per ottenerla. Beh che dire, forse dimenticano che, in teoria, stanno lavorando per noi. Un’ipotesi antisovversiva troppo esagerata??? Può darsi, ma il caro Piglia e Porta, che frequenta molto i politici locali, conferma questa tesi.


Miss K. Lurina

giovedì 23 agosto 2007

Fascisti tristi


Mattia Di Lorenzo, da anni impegnato nella causa fascista, difficilmente riuscirà a diventare sindaco per i seguenti motivi:
a) si circonda di fessacchiotti
b) non parla con la gente
c) difficilmente lo candideranno.
Per quanto riguarda il primo punto è palesemente ovvio che Mattia sceglie i suoi fedelissimi non per le qualità politiche, ma secondo il numero dei loro familiari. Più è grande la famiglia è meglio è. Non importa se i catanghi, il topo o i di spirito credano che il mondo si divida ancora tra fascisti e comunisti o che “l’amato” Mussolini sia ancora vivo da qualche parte, l’importante e che cugini fratelli nipoti mogli ecc ecc unitamente alimentino la fiamma. Mattia da anni impegnato nella causa fascista, ancora oggi non riesce ad imporre il suo credo tra i moderati della cdl che puntualmente, ogni amministrativa, lo fanno da parte, basta vedere le ultime elezioni comunali. A questo punto le uniche possibilità per una vittoria sicura sono: la marcia su Carinola! Oppure, ancora meglio, ricostituire le camice nere e fare dei catanghi i nuovi giovani balilla, in modo da purgare tutti coloro che sono contro alla causa fascista carinolese. Mattia Di Lorenzo un sempre giovane rilegato da sempre all’opposizione. Opposizione……. una parola decisamente forte, visto che non ha mai contestato in maniera appropriata ad un consigliere d’opposizione, basta pensare alla cattiva e degradante gestione rifiuti a cui fa capo il consorzio commissariato e ripeto commissariato del CE4 e ai disservizi passati del Eco4 dove lui fu vice presidente. Attualmente, rintanato nella piccola repubblica di Salò nostrana, ovvero Casanova, trascorre il tempo a convincere ciò che resta della cdl di candidarlo a sindaco. Intanto incomincia a richiamare uno ad uno i suoi, visto che Marcantonio d’Egitto sonnecchia ma non dorme e attende la chiamata dei dissidenti per presentarsi ai prossimi comizi come candidato a sindaco. Poi, come se non bastasse, un certo Ughetto de’ Farmaci consuma le sedie dei bar cercando di convincere il maggiore che è lui l’unico predestinato che porterà una ventata di novità. E ancora, Di Francesco fa il pizzo a riso quando parlano dei fallimenti di Mattia. Mattia Di Lorenzo un uomo, un giovane, un fascista tutto di un pezzo. Peccato per l’unica macchia indelebile, ovvero il segreto incanto che gli provoca la vista del comandante nemico Di Biasio, il quale tra presidente del consorzio idrico (forse ancora per poco) e la sua interminabile sindacatura è il sogno politico proibito che il giovanissimo sempre verde nonché di bella presenza, intimamente persegue da sempre. Concludendo vorremo sapere, se è lecito, i motivi, caro giovane Mattia, che non ti portano ad attuare un’opposizione definibile come tale, in quanto a noi sembra proprio che porti l’acqua soltanto al tuo mulino. Sperando che non ci venga pervenuto un bicchiere di purga, ti salutiamo sempre giovane fascista Mattia, amante della fiamma ma nemico della “ vera verità”.

Castore & Polluce

martedì 21 agosto 2007

Sindacatura agli sgoccioli: facciamo un bilancio.


Puntando ad un analisi generale dei presunti miglioramenti che le amministrazioni Di Biasio hanno portato al comune di Carinola nei quasi dieci anni di governo è una cosa ardua e difficile. Sfiderei chiunque privato cittadino, e dunque con nessun interesse politico, a dire, cosi’ su due piedi, che il nostro comune ha avuto dei visibili miglioramenti o se è rimasto invariato in molti settori (ambiente, vivibilità urbanistica, opere pubbliche funzionali, cultura, politiche sociali e agricole), o se è il caso addirittura di parlare di fallimento totale. E’ un fatto importante cominciare a munirci di idee solide per quanto riguarda il lavoro amministrativo svolto fino ad ora, poiché fra qualche mese, pensiamo a dicembre-gennaio, saranno tappezzati muri di slogan e volti, alcuni di questi di nostra conoscenza alcuni nuovi, che vorranno il nostro voto per andare ad amministrare il nostro comune. Bisogna, dunque, prima che ciò avvenga operare una sorta di bilancio amministrativo che vada nella direzione di contenuti sentiti e dunque veritieri. Prima di continuare è giusto che anche l’opposizione abbia un giudizio negativo o positivo che sia, in quanto anch’essa ha un enorme lavoro da svolgere ed è quello di fare in modo che vengano rappresentati tutti i cittadini che hanno preferito affidarsi agli avversari dell’attuale maggioranza. Per non essere portati ad esprimere un giudizio generale che forse non può tenere conto dei vari settori, cominceremo a darlo nei vari spicchi di potere, che poi alla fine sono i vari assessorati delegati per l’ambiente al vicesindaco Gennaro Mannillo (ds); cultura dott. Elisa Mazzucchi (margherita); lavori pubblici il sindaco Pasquale Di Biasio; politiche agricole Argene Merola (sdi); istruzione Vincenzo Ceraldi udeur; assessore al personale(ovvero controllo dei dipendenti comunali) Mario Nicolò Margherita; politiche sociali Antimo Marrese. Questa è la giunta comunale che delibera su tutte le questioni inerenti alla vita amministrativa. Ora sulla scorta delle divisioni operate sopra e se credete opportuno dare un giudizio, se volete anonimo, potremmo aprire un dibattito on-line che potrà aprirci nuovi dubbi, chiarirci degli altri e che sarà certamente produttivo per quello che sarà il nostro giudizio per i prossimi volti che si presenteranno alla nostra porta per chiederci il voto. Fino ad ora penso di non essere stato legato a nessun vincolo verso politici di turno, e godendo di una materiale indipendenza politica posso quindi, come ho già avuto modo di ribadire in altre sedi (anche ufficiali), esprimere il mio giudizio quasi interamente negativo delle ultime due consiliature targate Pasquale Di Biasio: per un importante motivo ed è quello che vede il comune di Carinola lontano da uno sviluppo economico e socio culturale, indipendentemente da fattori esterni, tanto promesso dai balconi nelle passate campagne elettorali. Se volete potrei andare molto più a fondo, ma tempo ce n’è, e per ora mi fermo qui. Per quanto riguarda l’opposizione anche qui le cose sono bollenti, in quanto su non poche questioni , quelle più sotterranee, la minoranza non si capisce perché non batte il ferro finchè è caldo, diversamente da quanto è accaduto per esempio sull’incompatibilità, poi risolta, di Di Biasio per la doppia carica di sindaco e presidente del consorzio idrico. Io penso che anche per la minoranza il mio giudizio è quasi interamente negativo. Ai posteri il giudizio.



Micco de’ Carani

lunedì 20 agosto 2007

"Io Saviano, condannato a morte"

Articolo apparso sull'ultimo numero de "L'Espresso"
Qualcosa di piu' di un'intervista interessante... non so voi ma io mi sono identificato nelle parole di Saviano ....


La sentenza dei Casalesi: aspetteremo il momento giusto. La vita blindata senza più libertà. Le paure per i familiari. E il coraggio di scrivere e accusare. Per dare una speranza ai giovani. Colloquio con Roberto Saviano



Sono tardarielli ma non scurdarielli. "I Casalesi arrivano tardi, ma non dimenticano mai". Lo spiegò ai magistrati l'unico vero pentito della camorra casertana, ricostruendo come i boss avessero atteso 11 anni prima di eseguire la sentenza contro un loro nemico. Hanno fatto calmare le acque, ridotto al minimo l'attenzione sulla vittima e solo a quel punto sono partiti i killer. Clemenza o perdono non gli appartengono: i signori della nuova mafia hanno dimostrato con il piombo e con il sangue che la loro parola è peggio di una fatwa. Perché loro sanno ricordare. Oggi le dichiarazioni raccolte nelle carceri e l'attività informativa nel triangolo dei boss, tra Casapesenna, Casal di Principe e San Cipriano d'Aversa, il feudo dei Casalesi, sono concordi: anche contro Roberto Saviano è stato emesso il verdetto. I padrini hanno lasciato in bianco solo la data dell'esecuzione: "Basta aspettare, verrà il momento giusto. E allora si chiuderanno i conti". L'autore di 'Gomorra' non si sente un condannato a morte. Quando gli poni la domanda, il volto si illumina con un sorriso ingenuo che tradisce i suoi 28 anni. Perché non accetta nemmeno l'idea di essere costretto all'esilio: "Napoli mi manca tantissimo. Come per tutte le cose che si perdono aumenta il carico di nostalgia. La mia esperienza viene da lì". Oggi può tornare a Napoli quando vuole, circondato però da carabinieri e auto corazzate. E ogni movimento deve essere concordato con la scorta. Il che lo spinge a stare chiuso in casa, a leggere e scrivere. Ma senza radici, senza succhiare linfa alla vita reale, tutto diventa un isolamento sterile. Un incubo che fa passare in secondo piano ogni altra preoccupazione. "Paura non ne ho. Fin quando c'è la parola, la possibilità di trasmettere le proprie idee, quella è la vera difesa. Certo, con il mio lavoro ho esposto anche i miei familiari. L'unico motivo per cui ho maledetto il mio libro è per le pressioni che hanno subito i miei cari e di cui non mi perdonerò".
Attorno a lui spesso c'è il vuoto. Il condominio del centro di Roma dove viveva in una stanza da studente ha protestato per la quiete disturbata dalla scorta. E i vicini della madre hanno addirittura scritto al Comune chiedendo che alla donna venisse 'assegnata una residenza più sicura': un modo burocratico per chiederne il trasloco. Alla 'Süddeutsche Zeitung' ha parlato di una quotidianità randagia, senza fissa dimora, senza più punti cardinali. Tranne quello che considera più importante: la scrittura. "Scoprire quanto potesse essere potente la scrittura è stato uno choc. Non solo per lo sconvolgimento totale della mia esistenza. In genere, un libro non riesce a influire sulla vita dell'autore. Invece intorno a 'Gomorra' si è creato subito un passaparola, una catena di persone che attraverso il libro si sentivano a me vicine e io ho sentito questo contatto con loro. Non avrei mai immaginato tanto. Due siti Web di solidarietà, la vicinanza di amici nuovissimi che hanno protetto le mie parole. E quella di alcuni colleghi".Ci tiene anche a ricordare le persone che si sono occupate della sua sicurezza, gli stessi investigatori che portano avanti le indagini sui Casalesi: il coordinatore della Procura antimafia di Napoli, Franco Roberti; i pm Antonello Ardituro e Raffaele Marino, il colonnello Gaetano Maruccia. A Raffaele Cantone, il pubblico ministero che conduce i processi più importanti contro la camorra casertana, lo unisce anche la pressione continua dei clan. E c'è poi Tano Grasso che lo ha consolato con l'esperienza di chi ha vissuto sotto scorta per un intero decennio. Molte cose l'hanno sorpreso negativamente. "Soprattutto l'accusa di aver infangato la mia terra. Di aver speculato sul suo dolore. C'è stata prima diffidenza e poi ostilità per il modo con cui ho raccontato la criminalità. Da molta intellighenzia napoletana e dal mondo puritano delle lettere che si è sentito invaso da nuovi codici, nuove visioni e soprattutto nuovi lettori".Poi c'è stata una gelosia verso il successo, come se fosse frutto di chissà quale operazione di marketing editoriale. "Invece 'Gomorra' sancisce l'ascesa del lettore e dimostra la grande possibilità della scrittura. Rivoluzionaria. Perché non è la scrittura che apre la testa, non è lo scrittore che rende liberi i lettori. No: è il lettore che rende libero lo scrittore, che cancella la censura. Pamuk, Politkovskaja, Rushdie - che hanno dovuto affrontare situazioni ben più gravi della mia come testimonia il sacrificio della giornalista russa - hanno imposto le loro idee grazie alla spinta dei lettori. È un meccanismo che trasforma il mercato, legando consumo e libertà di scrittura".

Innegabile che le prime minacce dei padrini campani abbiano fatto da volano al successo del volume. "Sono rimasti spiazzati pure loro. Finora in quel territorio persino l'omicidio di un sindacalista non aveva fatto notizia, persino il piano per assassinare un magistrato con il tritolo già pronto non era arrivato sui media nazionali. Non si preoccupavano di intimidire un ragazzotto che aveva scritto un libro di cui si parlava troppo: perché avrebbe dovuto mai attirare attenzione?". La lezione di 'Gomorra' non è passata inosservata anche dentro le altre mafie: le pagine stampate hanno cominciato a dare fastidio. Saviano cita la vicenda di Lirio Abate, costretto a lasciare Palermo dopo il saggio sui complici illustri di Provenzano. Il segno di un'insofferenza crescente contro chi smaschera il vero volto della nuova mafia.

Per i Casalesi quella dello scrittore è diventata una sfida continua. Il discorso sulla piazza di Casal di Principe, chiamando per nome i padrini latitanti e invitando la gente a ribellarsi, non è stata perdonato. Poi la presenza in tribunale nel giorno della requisitoria, di fronte ai killer detenuti. "Da anni la criminalità organizzata non si trova più davanti persone che vogliano svelare il meccanismo delle loro attività, il sistema del loro potere. Hanno preso comeuna sfida il mio guardargli in faccia. Loro accettano i professionisti: accettano di venire descritti negli atti dei magistrati, degli avvocati, degli investigatori e in qualche misura anche dei giornalisti. Non accettano invece la mia volontà di usare strumenti 'sporchi' che non possono gestire. Personaggi come Raffaele Cutolo sanno condizionare l'immagine: hanno cercato la pubblicità, le interviste. Ne hanno fatto come uno strumento. Cutolo o altri boss come Augusto La Torre invece hanno reagito perché 'Gomorra' ha spezzato lo schema. Si sono sentiti gestiti da qualcun altro: gli piace essere raccontati, ma alle loro condizioni. La piazza di Casale? Ho chiesto ai cittadini di cacciare i boss, gli ho spiegato che la camorra non portava ricchezza, ma la distruggeva. Nessuno pronuncia mai quei nomi in pubblico a Casale e quel giorno in piazza c'erano tanti ragazzi: bisognava farlo".Nel pensiero di Saviano c'è un chiodo fisso: la questione meridionale. Un concetto su cui si è discusso fino al punto da renderlo logoro, svuotandolo di ogni proposta e soprattutto di qualunque progetto. Ma che oggi si incarna nella realtà di una generazione senza futuro. "Una speranza può nascere solo dai giovani meridionali. La mia è l'unica generazione che emigra in massa, l'unica dagli anni Cinquanta. Si sta imponendo un modello culturale secondo il quale chi resta è un incapace, un fallito, un traffichino. È una cosa pericolosa, contro la quale bisogna reagire. Perché si lasciano andare via i talenti migliori e si spengono le speranze di chi resta, destinandolo a un futuro di mediocrità". E accusa: "La politica ha perso la sua carica riformista, che era stata una caratteristica continua del dopoguerra". Elenca come modelli Gaetano Salvemini, Giustino Fortunato, Ernesto Rossi. "Se i politici di oggi si fossero formati su questi libri, invece di avere sul comodino gli scritti di Ho Chi Min o di altri mostri sacri del '68, adesso riuscirebbero a inquadrare i problemi. Il Sud ha prodotto pensatori che avevano capito tutto. Bisogna ripartire da lì: non dimenticare che esiste una questione meridionale".Ma il Sud cambierà? Saprà reagire alla grande slavina che lentamente sommerge la vita civile, l'imprenditoria, la cultura, la politica. Saviano schiera un'ironia amara e inverte il canone di Giacomo Leopardi: "Io ho l'ottimismo della ragione e il pessimismo della volontà". Cambiare richiederà tempo, almeno un'intera generazione: "Nemmeno io riuscirò a vederlo. Ma se non si comincia, non accadrà mai. Io credo che ci siano realtà che non hanno l'ossessione del turismo, l'idea di un Meridione ridotto a bacheca. Ci sono imprenditori agricoli che recuperano l'eccellenza, maestranze tra le migliori in Europa nel cemento, una leva dinamica di piccoli imprenditori che sono la forza dell'economia campana". Già, ma sono anche i settori più esposti all'assalto della mafia. "Certo, la criminalità organizzata investe dove c'è eccellenza e potenzia queste aziende. Non è vero che la camorra non genera crescita. No. Ma genera una crescita distorta, che non migliora la qualità della vita delle persone; che fa arricchire solo pochi e trasferisce i capitali lontano. È una crescita che impoverisce il Sud". L'altra faccia della medaglia è una classe politica e intellettuale che considera lesa maestà denunciare il dramma della regione. "Sono un'intellighenzia che parla solo di presunta bellezza e ignora i problemi reali. Spendono ore per Caravaggio e non si guardano intorno. È ora di finirla con questo sistema. Chi osserva non ignora la bellezza di Napoli ma proprio da essa parte per denunciare: da Caravaggio bisogna apprendere la forza del guardare in faccia la vita. Loro invece si cullano in una visione consolatoria del Sud, una visione che piuttosto che essere innovativa è terribilmente oscurantista".I leader di partito lo hanno quasi corteggiato, stupiti dalla sua capacità di parlare ai giovani. Da Fassino a Fini, da Visco a Berlusconi, tanti gli hanno trasmesso interesse e manifestato solidarietà. "A parole, ci sarebbero nell'intero arco costituzionale le condizioni per rilanciare la lotta alla camorra". La prova di concretezza verrà anche dalle risposte all'appello del procuratore Robertiche ha invocato le migliori forze per rispondere alle nuove minacce dei Casalesi. Perché in Campania la grande politica fa come i boss: latita. "Fausto Bertinotti è stato l'unico esponente nazionale ad andare a Casal di Principe, non era mai accaduto prima". Saviano è rimasto colpito dalla scoperta che anche nella base della destra, inascoltata spesso dalle dirigenze, è ancora viva quella mobilitazione antimafia, punto di forza del Msi legalitario di Almirante. Un risveglio che diventa provocazione verso il torpore della sinistra. "È stato bello vedere che c'è una forma di destra sociale che sul territorio sta riscoprendo l'orgoglio di un'identità che non scende a patti con la camorra. La sinistra continua a vivere in un equivoco. Gli slogan sono quelli che vengono da un passato di militanza concreta, ora non hanno più niente dietro. Ma la consapevolezza degli elettori è superiore a quella dei politici. O la politica lo capisce o è finita".

Gianluca di Feo ("L'Espresso" 16 agosto 2007)
Nota: ho aggiunto il libro Gomorra alla sezione Downloads, per chi voglia dargli uno sguardo... consiglio tuttavia di comprare il libro, di leggerlo e farlo leggere. Oskarmat

domenica 19 agosto 2007

La guerra dei cassonetti


Nella lontana tribù di Kasanovia una delle più cruenti battaglie mai viste macchiò la sua millenaria storia. La guerra dei “cassonetti della munnezza”. I fatti si svolsero nel caldo mese d’agosto dell’anno 2007. Tutto ebbe inizio quando la munnezza stava per seppellire l’unico luogo d’incontro dei giovani Kasonoviani ovvero il tempio della villa. La situazione era disperata, allora il duca Gennaro Libero Asdrubale dei Mannilli sprezzante del pericolo si fece carico del tragico avvenimento e all’alba partì. Ancor prima del sole, il valoroso duca, fece sellare il destriero più veloce, indossò l’armatura più lucente, impugnò la spada più affilata e senza perdere tempo galoppò verso la sua missione di liberazione. Il duca della casata dei Mannilli, favorito dall’oscurità aspettò le carrozza addette alla raccolta della munnezza e con un guizzo improvviso bloccò la carovana diretta verso le vicine tribù di Noccelletum e di Casalae. Il ruggito della sua voce, la spada sguainata, non poté non obbligare le carrozze della munnezza di correre verso Kasanovia. La munnezza fu sconfitta e i cassonetti allontanati in modo da poter permettere ai giovani di continuare a discorrere di filosofia senza problema nell’agorà della villa. Il valoroso duca, stanco ma soddisfatto dell’ennesima battaglia vinta sfoggiava tutta la sua fierezza, anche se era solo l’inizio della vera battaglia. La situazione sembrava risolta, ma la principessa Mazzucchi degli Ulivi all’indomani del suo risveglio, ignara dell’azione del duca Gennaro, vedendo i cassonetti sotto le mura del suo castello, mal digerì un così spregiudicato affronto partorito dal duca dei Mannelli. La principessa Mazzucchi degli Ulivi (con lo stemma a dieci palle), subito si precipitò al cospetto del potente feudatario Di Biasox che controllava tutte le tribù di Maradonia dove appunto anche Kasanovia apparteneva. Di Bioasox a questo punto, non sapendo come fare, ritenne opportuno ricorrere alla solita strategia per non sfaldare gli equilibri. La strategie è sempre la stessa, ovvero: “mai una verità, dire sempre di si, far finta di accontentare tutti tanto alla fine comando io”. I cassonetti magicamente scomparvero dalle mura del castello ombrando il duca che con tanta solerzia aveva riportato la normalità. Il duca Gennaro Libero Asdrubale dei Mannilli, non mosse un ciglio convinto della sua forza, fomentando il popolo che i cassonetti sarebbero ritornati sotto le mura del castello della principessa Mazzucchi degli Ulivi proprio per dimostrare la sua potenza. La battaglia dei cassonetti della munnezza non finirà mai. chi vincerà? Lo scopriremo tra cento anni. I nomi dei personaggi del racconto sono puramente non di fantasia.



DePopa

venerdì 17 agosto 2007

ATTENZIONE: lL nuovo indirizzo web del quiquirì è www.ilquiquiri.com

Discussioni post-LunArte e pre-Festa dell'Olio

...Hmmm... sembra che la tre giorni di canti e balli e manifestazioni teatrali "Lunarte" abbia rivegliato una bella polemica... si è per questo deciso di aprire questo post appositamente per i vostri commenti....

...ricordo che è stata attivata la moderazione dei commenti, per cui si invita a non usare frasi estremamente scurrili (anche se su questo possiamo anche sorvolare) :-)

... commentate gente, commentate!

Il QuIquIrI'

giovedì 16 agosto 2007

Linea ferrata Sparanise-Gaeta

"Sarà ripristinata l’ex linea ferroviaria Sparanise-Gaeta che collega le
stazioni turistiche di Sessa Aurinca e Baia Domizia con la cittadina in
provincia di Latina. Lo ha deciso l’amministrazione provinciale di Caserta che
ha deliberato anche il finanziamento degli studi di fattibilità per la
realizzazione del collegamento ferroviario tra Capua e l’aeroporto di
Grazzanise.
Lo schema di protocollo d’intesa per gli studi è stato proposto dall’assessore
alla Mobilità e Grandi infrastrutture Antonio Reccia.
Successivamente sarà trasmesso alla Regione Campania per integrarlo al piano
della metropolitana regionale. “Le opere — dichiara l’assessore Reccia — già
inserite come proposta di pianificazione provinciale nel Piano di Bacino di
traffico provinciale e nelle Linee guida per la mobilità e il trasporto,
rappresentano entrambe elementi di grande novità per uno sviluppo armonico e
sostenibile di Terra di Lavoro e sono state individuate sia per eliminare
oggettive difficoltà sul fronte dei trasporti nell’area aurunca e domizia sia
per prevedere il collegamento diretto tra la Metropolitana della Conurbazione
casertana con l’aeroporto di Grazzanise, collegamento ora ipotizzato, per
Caserta e gran parte della provincia, attraverso il percorso ferroviario per
Aversa e Villa Literno”.
Per il recupero dell’ex ferrovia Sparanise-Gaeta si prevede di operare
attraverso il riutilizzo del tracciato e delle infrastrutture preesistenti,
mentre per il collegamento ferroviario aeroporto di Grazzanise-Capua sarà
fondamentale potenziare il ruolo di Capua come nodo di collegamento tra la
Metropolitana Capua-Caserta-Maddaloni, in via di realizzazione, e l’aeroporto
di Grazzanise, con l’innesto nel collegamento ferroviario già previsto dalla
Regione Campania tra l’aeroporto e Villa Literno. I protocolli d’intesa
verranno sottoposti a breve agli enti territoriali interessati (per il recupero
della ex Sparanise-Gaeta i Comuni di Sparanise, Francolise, Teano, Carinola,
Sessa Aurunca, Cellole, mentre per la Capua-aeroporto di Grazzanise i Comuni
interessati sono quelli di Capua, Santa Maria La Fossa e Grazzanise), oltre che
alla Rete ferroviaria italiana e all’Ente Autonomo Volturno, ente regionale
preposto alla realizzazione delle infrastrutture per la mobilità ferroviaria.
“Come Provincia — conclude Reccia — continuiamo a lavorare rispettando il
programma d’azione per rendere più competitivo il nostro territorio. Le nuove
scelte arrivano dopo un altro accordo fondamentale per il settore della
mobilità, ovvero il protocollo d’intesa per la realizzazione dei nodi
scambiatori per il trasporto intermodale a sostegno dell’innovazione
strutturale nel campo del trasporto pubblico locale. Proprio nei giorni scorsi
l’intesa è stata sottoscritta anche dai Comuni di Capua e Falciano del Massico,
a dimostrazione di un’ampia convergenza del territorio per la risoluzione degli
attuali problemi del trasporto pubblico su strada”."

Citazione tratta da "Il Denaro" da O' Milanes, che vorrebbe sapere cosa ne pensiamo.

mercoledì 15 agosto 2007

La base Nato esiste - versione integrale


Non erano errate le informazioni di un possibile attacco alla base Nato di Mondragone. La base Nato esiste, e doveva essere, secondo le rivelazioni del libro Milano Bagdad di Stefano Dambruoso, oggetto di un attacco terroristico tra il 1997 e il 2001. Questo, però, lo abbiamo saputo solo nel 2003. La base militare è dismessa, o almeno così sembra essere. Sulle montagne che si estendono tra i comuni di Sessa Aurunca e Carinola, ci sono due entrate scavate nella roccia, ormai murate con il cemento. La peculiarità della base militare è di essere stata costruita all'interno di una montagna. Il sito della Nato di Mondragone è stato al centro dell'attenzione generale nel 1989 quando i Verdi tappezzarono la città di Mondragone con un manifesto dal titolo: “I segreti del monte Petrino”. I Verdi riportarono nel manifesto alcuni passi estratti dalla guida dettagliata alla presenza militare in Italia “Bella Italia Armate Sponde” , curata da Stefano Semenzato e Padre Eugenio Melandri , 1989, Edizioni Irene: “ Il più alto comando integrato della NATO basato in Italia è il CINCSOUTH . La sede del CINCSOUTH è a Bagnoli, mentre il suo comando protetto si trova in una caverna all'interno di Monte Petrino nei pressi di Mondragone in Provincia di Caserta ”: inizia così la ricostruzione di Semenzato e di Melandri della presenza della NATO in Italia al 1989. Nel volume si legge: “ Le principali strutture di comando di guerra (Static War Headquarters nella terminologia NATO) che fanno riferimento a comandi NATO sul territorio italiano sono: a Mondragone (Caserta) dove esiste la sede protetta di CINCSOUTH (Commander-in-chief Allied Forces Southern Europe) e dei comandi dipendenti che si trovano nell'area di Napoli… ” Più avanti nel volume si specificano le attività di tale sito. “ Le funzioni rispettive di questi posti comando sono naturalmente quelli propri dei comandi ai quali appartengono e cioè: da Mondragone si coordina l'attività di tutte le forze terrestri, navali o aeree dei paesi della NATO operanti nella zona di competenza di CINCSOUTH, che va più o meno da Gibilterra fino ai confini della Turchia con l'Unione Sovietica. Un'area vastissima dove si concentrano centinaia di migliaia di uomini, migliaia di aerei, centinaia di navi militari… ” e si sottolinea che, a differenza degli altri, esso ancora non è del tutto automatizzato. A proposito delle comunicazioni della Nato si legge che: “ i terminali NICS in Italia coincidono con i centri nevralgici della rete di comando e controllo della NATO e precisamente:...Napoli (e Mondragone sigla IPEZ dal Monte Petrino all'interno del quale si trova lo Static War Headquarters di AFSOUTH) anch'esso con una centrale TARE e una IVSN…” La Guida di Stefano Semenzato e Eugenio Melandri si basa su numerose e complesse fonti: dai manuali alle riviste specializzate italiane ed estere, dalle fonti giornalistiche alle informazioni dirette. In particolare l'autore si è avvalso della ricerca dell'IRDISP (Istituto di ricerca per il disarmo, lo sviluppo e la pace) dell'82 e dell'83 che per prima ha aperto una breccia nella conoscenza della struttura militare.

Queste dunque le specifiche della base militare ed anche le uniche informazioni certe e reperibili. Tutto il resto sono voci, supposizioni che si rincorrono. L'attentato terroristico di Al Qaeda doveva avere luogo tra il 1997 e il 2001, che per la base è il momento della sua chiusura. La sua identificazione è sempre stata con il comune di Mondragone, anche se le uniche due entrate visibili si trovano in diverso territorio comunale, ad una distanza di almeno 30 km . Immaginate un piccola catena montuosa che si affaccia sul mare, qui si trova Mondragone; Sessa Aurunca e Carinola sono posizionate, invece, verso l'interno. Se la definizione non è di comodo (Base Nato di Mondragone), si deve immaginare che gli americani abbiano scavato molto, e molto in profondità. Le entrate sono ormai totalmente in rovina. Quella principale è nel territorio di Carinola. Una strada asfaltata, che si dipana sulla collina e giunge ad un grande spiazzo, che ospitava anche una base di atterraggio per gli elicotteri. Ora è piena solo di immondizia, per le varie emergenze rifiuti che si rincorrono in Campania. L'entrata, delimitata da alcune mura con cancello in ferro, mostra soltanto un vecchio sistema di tubi per la corrente elettrica, sul lato destro l'ingresso vero e proprio nella roccia. L'entrata secondaria, situata nel territorio di Sessa Aurunca, è ben nascosta nella montagna. I posti di guardia ormai sono ricoperti da sterpaglie, le torrette di guardia sono diverse e sparse su un vasto territorio della montagna stessa. Da queste si può anche definire sommariamente le dimensioni, notevoli, del complesso militare. Pochi elementi esterni sono ancora visibili anche qui: i soliti tubi arrugginiti, torrette che cadono a pezzi e centraline elettriche. Nessun simbolo identificativo è rimasto, o chissà se mai c'è stato. Le entrate vere e proprie della base scavate nel cuore della montagna sono alte oltre due metri e di forma circolare. Nella colata di cemento che ne ha decretato la fine dell'utilizzo, sono stati lasciati piccoli fori per far passare aria fredda e tesa anche nelle più calde giornate estive.


E' interessante soffermarsi sull'arrivo degli americani in zona. Vincitori della guerra, sequestrano un'intera montagna, la scavano, e la usano per oltre trenta anni senza darne conto assolutamente a nessuno. Un'altra versione della storia, vuole che la proprietà e la costruzione sia invece da addebitarsi alla Marina Militare Italiana. Ma avere conferme non è possibile. La popolazione intorno non può che stare a guardare e fare congetture. “Quando hanno finito la costruzione” puntualizza Mallozzi “sono state comprati per un pezzo di pane i caterpillar usati per scavare nella montagna, chi li aveva mai visti prima di allora? Hanno fatto un fortuna quelli che avevano le cave tutto intorno”. Durante la guerra fredda sicuramente la base Nato era un obiettivo militare strategico dei sovietici. La mia memoria mi rimanda ai turbolenti anni ottanta di Reagan, e al “dobbiamo fare attenzione qui a Mondragone, perché se succede qualcosa, qui ci sparano con l'atomica”. Forse esagerato, forse no. Ma poi dopo il 1989, cessa la paura del nemico rosso e ne comincia un'altra, la paura dell'arabo. Comunque vada, in entrambi i casi, la popolazione è sempre stata a rischio attentati, mentre gli americani se ne stavano chiusi nella nostra montagna. Non è anti americanismo di facile consumo. Provate a pensare alla vostra zona di residenza, immaginate che parte di essa non è più terra vostra, ma ha scopi militari. Non potete andarci, non potete fare domande, non siete al sicuro, ma non siete in grado di farci assolutamente niente. Tutto questo ha rappresentato e rappresenta ancora una delle basi Nato più segrete in Italia. Ed è amaro pensare che mentre dal ventre di una montagna c'è chi riusciva ad ascoltare da una parte all'altra del Mediterraneo, intorno si moriva e si muore di camorra, senza sapere mai chi è il mandante. Si potrà obiettare che sono discorsi diversi: sicuramente per le risorse messe in campo che servivano a combattere nemici lontanissimi, ma non quelli vicinissimi. Il giornalismo in Terra di Lavoro, non può mai prescindere dal confronto continuo con una realtà quale la camorra.
Rimane la presenza di una montagna violata nelle sue profondità. Inquietante e silenziosa. Una base immensa che non ha ancora una definizione precisa. Hanno coperto il tutto con il cemento. Forse per loro è ancora accessibile, attraverso un'entrata nascosta. E in tempi di lotta al terrorismo, in cui le regole vengono meno, è plausibile fantasticare che una base di queste fattezze possa essere usata anche come un carcere, protetta da occhi indiscreti, per i nemici dell'occidente? E' lecito domandarsi se i pericoli corsi in oltre trenta anni da parte della popolazione siano realmente cessati, o invece permangono?



di Sergio Nazzaro e Dario Alberto Caprio