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mercoledì 23 marzo 2011

Buon compleanno Quiquiri!



quiquicompleNel marzo del 2007 un gruppo di giovani cazzuti e intellettualmente maneschi con lungimiranza (modestia a  parte) trasportano il Quiquirì dalla carta al web. Fu  una necessità determinata dalle continue minacce e denunce fatte dai vari politiciucci nei confronti di un giornale che, autofinanziandosi, dal 2003 “invadeva” periodicamente i vari esercizi pubblici casanovesi con i suoi contenuti. 
Era un semplice foglio A4 diviso in due, fitto di denunce, idee, critiche, obiezioni, satira. Un semplice foglio pieno di passione  e verità che chiaramente infastidiva  tutti coloro che fino a quel momento si sentivano sicuri e intoccabili. Il Quiquirì in carta continuò a dire la sua  nonostante i metodi camorristici dei nostri “rappresentanti” che, infastiditi dal pensiero libero, non hanno mai perso tempo nel minacciare e diffamare i presunti quiquiristi, presentandoli all’opinione pubblica come delinquenti, drogati, gentaglia poco raccomandabile. Ovviamente i cittadini, meno stupidi di quello che i politici credono, hanno subito capito chi fossero i poco raccomandabili e con  sincera partecipazione ci hanno seguito fino ad oggi. 
I primi passi del Quiquirì  furono molto divertenti, la Di Biasio team’s, con il Gennaro bifacce al seguito, amministrava il comune e, senza perdere tempo, era sempre a fare esposti dai carabinieri, al commissariato di polizia ecc. ecc. ogni qualvolta usciva un numero del Quiquirì. Sempre nello stesso periodo, invece, i vari fascistelli locali, ancora fedelissimi a Fini, cercavano di comprarci e ci mandavano tanti baci d’amore che ovviamente venivano spediti al mittente, dopo essere passati dal cesso di casa. 
Sono passati diversi anni, anche se sinceramente sembrano pochi mesi, e dopo essere stati costretti ad archiviare la carta, in quanto troppo esposti alle facili denunce/minacce dei soliti noti, ecco la svolta: il web. Può sembrare strano ma l’evoluzione della rete è stata cosi repentina che, in pochi anni, le serate che spesso diventavano nottate trascorse ad organizzare l’edizione cartacea, sembrano davvero lontane. Problemi di incolonnamento, foto da ottimizzare, scollettamento per pagarci le stampe, la distribuzione al limite del comico. Momenti che rimarranno sempre in noi. 
Dal 2007 tutti questi problemi sono andati in pensione, ciò che invece non è andato e non andrà mai all’ospizio è il coinvolgimento, il confronto, l’indipendenza, la libertà di non essere schiavi. Concetti che grazie al web, si sono amplificati oltre le nostre aspettative, determinando una cosa che mai ci saremmo aspettati, ovvero la totale apertura attiva verso tutti coloro che hanno la necessità di esprimere un pensiero, un punto di vista, una critica, una risata. 
Il Quiquirì, da quando è approdato sul web, è un mezzo di dominio pubblico, una finestra sul nostro territorio da dove i nostri concittadini lontani possono affacciarsi, un luogo dove ogni cittadino può dire la sua. Il Quiquirì, ormai, non è più di coloro che lo hanno fondato, ma di tutti i carinolesi e non solo.
Grazie a tutti. Grazie a tutti coloro che ci apprezzano, che ci disprezzano,  a quelli che credono nelle nostre parole, a quelli che invece ci considerano dei maldicenti, a quelli che alimentano le discussioni in modo sensato e a quelli che cercano la rissa o la diffamazione; grazie a chi ci ha minacciato verbalmente e fisicamente; grazie a chi continuamente ci appoggia. Grazie.

martedì 22 marzo 2011

I soliti italiani


Meno di un anno fa abbiamo accolto il dittatore libico Gheddafi, con tutti gli onori. Il capo del governo italiano gli ha perfino baciato la mano, in segno di ossequioso rispetto. Forse meritava di essere ricevuto, per aver sottoscritto parecchi trattati economici di interesse bilaterale, e per aver chiuso l'annoso contenzioso del colonialismo italiano.  
Tutti, o quasi tutti contenti, anche perchè Gheddafi assicurava di frenare gli sbarchi dei clandestini, che stavano diventando un problema. 

Adesso tutto è cambiato, addirittura ci troviamo inquadrati in una coalizione che gli fa la guerra. Eppure, Gheddafi non è venuto meno agli impegni sottoscritti, nè ha pensato di farlo. Il presidente francese, per interessi elettoralistici personali, e per interessi commerciali francesi, ha voluto questa guerra ad ogni costo. Di guerra si tratta, nessuno crede agli aiuti umanitari o aiuto alla democrazia: ci sono due fazioni che si contendono il potere in Libia, e la coalizione intenazionale appoggia quella contro Gheddafi. L'Italia ha fatto la solita figuraccia,  mentre è amica di una nazione si allea con chi la combatte. Ha ripetuto in piccolo l'8 settembre '43, quando da alleati dei tedeschi, in un giorno diventammo nemici. 

Allora avemmo la fortuna di allearci con gli americani, che saranno pure guerrafondai, ma gli alleati li sostengono e li rispettano. Adesso, abbiamo girato la faccia a Gheddafi, per allearci con la Francia, il finale per noi, molto probabilmente sarà disastroso. In questa avventura abbiamo tutto da perdere, se vince Gheddafi avremo la rescissione dei contratti perchè lo abbiamo tradito. Se vincono, come è probabile gli altri, i  francesi prenderannono tutto, ed in più, avremo tanti profughi. Profughi veri, non come i tunisini: libici che dovranno scappare per salvarsi la pelle dai "democratici" che prenderanno il potere. In tutti i casi saremo penalizzati, ed in più saremo additati come i soliti italiani inaffidabili.

Estore

giovedì 17 marzo 2011

Buon anniversario all' Italia.

Il 17 Marzo 1861, ben centocinquanta anni fa, Vittorio Emanuele secondo, firmava il decreto col quale si sanciva l'Unità d'Italia. Con quell'atto, si sottoscriveva formalmente, la costituzione del nuovo stato, che nasceva sulle macerie di tanti staterelli. Da ricordare che l'annessione di quegli stati, si ebbe per volere di quei popoli e non per conquista. Tutte le popolazioni, che formarono il popolo del neonato stato, espressero, chiaramente, il loro desiderio di essere uniti in una sola patria. L'unità d'Italia fu raggiunta passando per la  rivolta  di tutto il popolo che travolse la classe dirigente, ritenendola inetta ed autoreferenziale. 
Il sogno di pochi uomini, che avevano lavorato per una vita intorno ad un’ utopìa, quel giorno si concretizzò. Quegli uomini, Vittorio Emanuele secondo, Cavour, Mazzini, Garibaldi, giustamente vengono ricordati come padri della patria. Per gli italiani, da quel giorno, non sono stati più definiti uomini, ma eroi. Insieme a loro, è doveroso  ricordare tutti quelli che contribuirono, con il loro sacrificio ed anche col sangue, all'unificazione dell'Italia. I modi ed i mezzi che servirono per conseguire il risultato sono, ancora oggi, oggetto di dispute e polemiche. E' bene ricordare i fatti storici per prenderne il buono ed evitare  di ripeterne gli errori. 
Bisogna ricordare solo che fu una rivoluzione ed in  qualunque rivoluzione seria ci sono lutti e distruzioni da ambo le parti. Lasciamo agli storici, gli approfondimenti su quei fatti, senza farci turbare  dal loro ricordo in questo giorno di gioia. Deve essere giorno di festa  per tutti, anche per quelle forze politiche che propugnano un  antistorico separatismo.  Le aspirazioni personali  si raggiungono solo attraverso l'ausilio della comunità intera. Vale, per un grande stato, come per un piccolo comune. L'Italia, solo restando unita, può continuare a mantenere quel posto di prestigio, che occupa nel consesso delle nazioni. L'unità deve essere il valore primario del popolo italiano, perchè solo stringendosi fortemente, intorno alla stessa Patria, si potrà avere un futuro migliore di pace e benessere. Viva l' Italia, viva gli italiani veri.

Anonimo

mercoledì 16 marzo 2011

Li chiamerei impostori…

 
Vi siete chiesti perché a tutt’oggi nessun candidato a sindaco è venuto fuori dalle varie riunioni notturne dei due maggiori schieramenti carinolesi? Perché non hanno ancora deciso come spartirsi la torta e a chi va la fetta più grossa. O per dirla in un linguaggio molto nostrano: non hanno ancora deciso chi è “u padrone e chi u sotta”. Non è vero che non ci siano canditati. Ce ne sono e tanti  ma non si è ancora deciso chi è più utile agli scopi di tutti loro.
Troppi cani intorno a un osso già spolpato e rispolpato tante di quelle volte che tra poco non ci  sarà più neanche l’osso.
Il criterio di valutazione per scegliere il candidato sindaco non si basa sulla capacità della persona
ad amministrare le ricchezze economiche e culturali di un popolo, ma sugli quali interessi egli potrà favorire e in che modo. Visto che manca un criterio di valutazione onesto ed obiettivo,  non mi sento di chiamare queste persone “amministratori”; li chiamerei piuttosto “impostori” e darei alla parola una valenza molto ampia: perché tradiscono i cittadini, i valori carinolesi, il territorio carinolese, la cultura carinolese, le nuove generazioni, e chi più ne ha più ne metta. Ingannano, semplicemente ingannano per favorire e favorirsi. Perché in fin dei conti a loro non gliene frega proprio nulla dei problemi del popolo e del territorio. Basta che risolvono i loro.
Allora dico NO a questo tipo di politica avvilente, mortificante, degradante. NO a questa gente senza idee, senza lungimiranza, senza entusiasmo. NO, NO, NO!

No alle liste partitiche in genere né a coalizioni.
No a Di Biasio: ne ho le tasche piene. Il suo nome sa troppo di capo-clan.
No alla Di Maio: troppo agganciata a Grimaldi di cui sarebbe il burattino.
No a De Risi: inaffidabile e strafottente. Farebbe solo ciò che piace a lui.
No a Russo: velenoso dinosauro che non si è reso conto di essere estinto da un pezzo. 
No alla Migliozzi: troppi interessi personali da difendere.
No a Marrese:  buono per una politica  casereccia e niente più.
No a Mannillo: un’esperienza ci è bastata.
No a Di Lorenzo: troppo politicante.
Ni a Galdieri: se si sapesse circondare delle persone giuste e se mettesse da parte la grinta offensiva dell’altra volta.
SI a liste civiche.
SI a volti nuovi: giovani trentenni e oltre che credono nel rilancio del territorio, nell’importanza della cultura che non sia solo d’elite, nella difesa ad litteram dell’ambiente, nella valorizzazione obiettiva di tutto ciò che può farci onore a cominciare dall’agricoltura e finire ai beni artistici, nella realizzazione di seri progetti di lavoro che fermi l’abbandono di questi luoghi da parte dei nostri giovani.
SI, SI e poi SI al fervore, all’entusiasmo e a idee nuove, a giovani che siano ancora animati da un qualche costruttivo ideale verso la comunità carinolese e sappiano affossare l’ormai sterile, disincantato, arido magna-magna degli adulti.
Dove non c’è ideale, non c’è impegno e non c’è crescita. 

Se si arrivasse a non avere un candidato sindaco sarei la persona più felice del mondo! Ma purtroppo ci sarà, magari all’undecima ora ma ci sarà. Un candidato rimediato, rattoppato, che non convince nessuno, ma ci sarà. Un bel burattino a cui il solito scaltro puparo possa smuovere i fili a piacimento e che non rappresenterà MAI il popolo carinolese perché di esso non se ne importa, così come il popolo non se ne importa di lui. D’altra parte come ci si potrebbe fidare dei personaggi di sempre, di cui conosciamo bene l’ operato amministrativo e ogni pelo che hanno sul culo?  

N.R.

lunedì 14 marzo 2011

Io sto con Gheddafi

 Non sto dalla sua parte perchè  i dittatori, dipendesse da me, sarebbero bombardati tutti. Desidero però che vinca per assistere alle giravolte dei vari governanti nei suoi confronti. Se riuscisse a ristabilire il suo potere non si parlerebbe di diritti umani violati, di torture o altro, fino alla prossima crisi.
Non sopporto questa ipocrisia della comunità internazionale, che dopo oltre quaranta anni si sono accorti che Gheddafi è un despota, così di Mubarak e Ben alì. Li hanno sempre considerati dei dittatori democratici, al massimo pittoreschi; adesso tutte le atrocità vengono addebitate loro. Si ripete la storia di Saddam, armato dagli americani, quando serviva ai loro scopi contro l'Iran. Poi giustiziato, perchè non voleva essere asservito ai loro voleri. Allo stesso modo, si comportano con le dittature del sud e centro America, e dei paesi del golfo arabico.Tutti ditttatori  tollerati, perchè servono ai propri i interessi. Appena sono in difficoltà, cercano subito chi li rimpiazzi, per continuarenei loro traffici. 
Facessero quello che vogliono, ma personalmente non accetto di essere preso in giro. Le grandi potenze fondano l'ordine internazionale solo sulla forza e non sulla giustizia e sul diritto. Basti osservare la differenza di atteggiamento tra questi disordini e quelli di due anni fa a Gaza. 
Lì certamente c' è stato un genocidio e l'uso metodico di armi non convenzionali, oltretutto contro cittadini di un altro paese.Eppure nessuno ha parlato di no fly zone, dell'invio di truppe NATO o dell'ONU, nè tantomeno di tribunali internazionali, contro i crimini di guerra. Qui subito la macchina propagandistica si è messa in moto: foto di stragi false, di sepolture in fosse comuni di un cimitero vero. 
L'apoteosi della propaganda sta nella notizia che Gheddafi possiede armi chimiche, così si può avere l'autorizzazione dell'ONU per attaccarlo. Lo facessero, ma dicessero chiaramente: "lo vogliamo togliere e sostituire con chi ci permette libero accesso alle ricchezze petrolifere libiche". Invece,  devo ascoltare fino alla noia di bombardamenti nelle città, di fucilazioni di massa e di altre atrocità inventate. 
Non è possibile gestire l'ordine mondiale senza giustizia che, innanzituto, deve essere uguale per tutti. Tutte le dittature, incominciando da quelle degli stati arabi del golfo, dovrebbero essere abbattute e sostituite con governi democratici e non con dittatori più malleabili. Altrimenti, rischiamo una dittatura mondiale di due-tre grandi potenze o, in alternativa,  continue guerre. Ho un dubbio atroce che mi tormenta; forse è proprio quello che qualcuno vuole: guerra continua ed affari continui.

Mac Manara

sabato 12 marzo 2011

Acqua, bene comune


Sono d’obbligo queste comunicazioni, dopo che il Comune di Carinola ha partecipato al lancio del Referendum per rendere l’acqua completamente,  nelle stanze del Municipio, durante le prime settimane della stagione commissariale. 
In una settimana si ottenne un buon risultato, nonostante la raccolta firme non fosse stata ben pubblicizzata. Oggi si parla delle polemiche sulla possibilità di rimandare il Referendum al dodici giugno (http://www.repubblica.it/politica/2011/03/03/news/date_elezioni-13123909/?ref=HREC1-4).
I Comitati per l’acqua pubblica e contro il nucleare sono già sul piede di guerra. I motivi riassunti in questo comunicato arrivato nel pomeriggio.  “Il ministro Maroni ha dichiarato oggi che al prossimo consiglio dei ministri proporrà il 12 giugno come giorno per lo svolgimento dei referendum.
Come è noto, si tratta dell’ultima data consentita dalla legge (che prevede che i referendum si svolgano tra il 15 aprile e il 15 giugno), altrimenti avremmo potuto anche rischiare di dover andare a votare a ferragosto. 
E’ chiaro infatti che la scelta non è casuale: il 12 giugno le scuole saranno già chiuse e l’inizio della stagione estiva rappresenterà, per chi può permetterselo, un incentivo ad andarsene fuori città.  Questo almeno nei desiderata del ministro e del governo di cui fa parte, che evidentemente teme che questa volta i referendum possano raggiungere il quorum  e vincere.

 I timori del governo sono fondati - anche se non giustificano la decisione presa -  come dimostra il 1.400.000 firme raccolte per i quesiti sulla ripubblicizzazione dell’acqua, un risultato mai ottenuto prima. 
Per questo Maroni  ha scelto la strada del boicottaggio, consapevole che la normale dialettica politica fra sostenitori del sì e del no lo vedrebbe perdente. Meglio allora usare altri mezzi, pur di rendere difficoltosa  la libera espressione della volontà dei cittadini. Al ministro va inoltre ricordato che fu proprio su sua proposta che nel 2009 le elezioni amministrative furono accorpate alle europee. Allora era preoccupato che non si sperperassero inutilmente soldi pubblici (calcolò un risparmio di 400 milioni di euro) con più tornate elettorali. Oggi, malgrado si sia nel pieno della crisi economica, quella preoccupazione non c’è più.
Il comitato promotore dei referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua e quello contro il nucleare hanno da tempo avviato una petizione, che ha raccolto migliaia di firme, per chiedere l’accorpamento delle date di amministrative e referendum. Hanno chiesto un incontro al ministro per illustrargli le ragioni che sostengono l’accorpamento: ragioni economiche ma soprattutto di maggiore garanzia di partecipazione.
 La risposta è stata quella che apprendiamo dalle agenzie: una arrogante chiusura al confronto e l’assoluta indifferenza alla possibilità che cittadine e cittadini siano messi nelle condizioni migliori per esercitare il loro diritto al voto.Già ci fu chi nel passato disse “tutti al mare” e gli andò male. Sarà così anche questa volta?

Roma, 3 marzo 2011
COMITATO REFERENDARIO 2 SI’ PER L’ACQUA BENE COMUNE
COMITATO VOTA SI’ PER FERMARE IL NUCLEARE.

Mickey Mouse

giovedì 10 marzo 2011

an-NICHI-lito…….

Fin’ora mi ero “rassegnato” ai suoi discorsetti fatti di belle parole retorica (a dire il vero molte volte incomprensibili e sconclusionati…un po’come  quelli dei suoi sostenitori carinolesi…). Mi ero “abituato” all’ inviolabile che odia il potere ma lo esercita da 18anni consecutivi.  Avevo, in qualche modo,  “resistito” pure allo sperpero di ben 11milioni di euro in consulenze. Avevo “digerito” pure l’entrata in Consiglio regionale (Pugliese) di Michele Mazzarano, indagato per l’inchiesta sulle tangenti nella sanità pugliese. Avevo “assimilato” anche l’aumento di otto unità nel consiglio regionale pugliese  (cosa non prevista dallo statuto), escamotage attraverso il quale Vendola si garantì la governabilità, appesantendo però le tasche dei contribuenti pugliesi di circa 2milioni e 200mila euro in più.
Avevo “soprasseduto” sulla doppia e “diversa” morale della signora, pardonsignor Vendola, quando giorni addietro cavalcava la strumentale polemica contro le nudità in tv e sui giornali …. dimenticandosi però quando egli stesso girava praticamente nudo, col pistolino in vista, per protestare verso il moralismo della ex DC. Mi ero quasi “assuefatto” all’intenzione di Nichi che voleva, magari per mezzo di una vera e propria legge dello Stato,  rendere possibili le adozionidi bambini alle coppie gay.

E’ di pochi giorni fa invece, la notizia per la quale dovremo abituarci (come se tutte le vicende giudiziarie riguardanti l’attuale Premier non ci avessero già abituati), all’idea della in-Giustizia che fa due pesi e due misure! Infatti nell’ambito dell’inchiesta riguardante sempre le tangenti e la MALASANITA’ PUGLIESE, la Procura,  per il Sen. Alberto Tedesco del PD ha chiesto l’arresto, per Vendola invece, pur avendogli praticamente contestato gli stessi illeciti e gli stessi fatti, ne chiede l’archiviazione…….. ma evidentemente,  l’ intoccabile Nichi,  per la magistratura militante e politicizzata è sacro !!!

Tutti fatti tristemente e squallidamente veri…….ai quali, in fondo in fondo,
NON E’ VERO, NON CI ABITUEREMO MAI!!!

(intervista al Sen. Tedesco: http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/edizioni/ContentSet-9b6e0cba-4bef-4aef-8cf0-9f7f665b7dfb-tg1.html)

Lupowolf

mercoledì 9 marzo 2011

Mannillo contesta

La società Sacom ha affisso un manifesto dove informa la cittadinanza che subentra nella gestione a seguito di una determina del Responsabile dell' U.T. Comunale scelto dalla Commissaria. Ho telefonato alla Dott.ssa alla quale ho denunciato la illegittimtà del manifesto che avvisa la cittadinanza in quanto lo stesso dovrebbe apportare la firma dei commissari, ed ho evidenziato che la Società non ha potere impositivo. In pratica, se la gestione commissariale non approva un regolamento ed un piano tariffario che dovrà essere propedeutico al bilancio, la società non potrà riscuotere le somme indicate nel contratto. La risposta del commissario é stata la seguente "lei vuol fare politica".
Certo, io voglio fare la politica sana, quella dalla parte dei cittadini, portando fino in fondo il mio impegno interrotto bruscamente ed irresponsabilmente da un gruppo di Consiglieri comunali. Della questione ho informato il Sindaco di Falciano, il comandante della stazione dei carabinieri di Carinola ed il comandante dei VV.UU. di Carinola. Chiedo a chiunque di intervenire in modo appropriato mettendo da parte le aspettative e le invidie. Si tratta di informare tutta la cittadinanza sulla illegittimità delle richieste, bisogna protestare ed aggregare é per questo motivo che chiedo ai Parroci, alle forze politiche, ai professionisti, ai giornalisti di dare un contributo contro un atteggiamento vessatorio del commissariato già attuato con la tassa sui rifiuti per il 2010 illegittima e per le bollette dell'acqua illegittime. Vi prego di non giocare allo scarica responsabilità, lo si potrà fare in campagna elettorale; é un momento difficilissimo per le comunità di Carinola e di Falciano del Massico. 

Dr. Gennaro Mannillo

martedì 8 marzo 2011

Cenni di storia popolare sul Carnevale

Per inquadrare e collocare questo particolare periodo dell’anno nella nostra storia, è opportuno fare una  prima precisazione: il nostro Carnevale nulla ha a che vedere col Carnevale “colto” che si “celebra” in gran parte d’Italia, da Nord a Sud.
Il nostro Carnevale non si coniuga attraverso le  sfilate dei carri allegorici di Viareggio e Putignano, o la battaglia delle arance di Ivrea o quella delle caramelle di Chivasso; neppure attraverso il pomposo “sfilare" di abiti e piume,  affittati o comprati a cifre astronomiche per l’occasione.
Come nel più autentico spirito della cultura popolare, il nostro Carnevale è piuttosto un Carnevale di stracci e straccioni che vivono (o dovrebbero vivere) quello che poi è l’autentico spirito del Carnevale: l’affrancarsi  ed il “liberarsi”, almeno una volta l’anno, da imposizioni e costrizioni, da servitù e sudditanze, da fame, miseria e proibizioni. 
Così ci si veste e traveste e si  “cambia faccia” come a voler cambiare anima, quasi ad assumere una nuova identità (una specie di Avatar?) nel segno del tutto “licet semel in anno”. Tutto è consentito, almeno una volta all’anno (vedi i “Saturnali” nell’ antica Roma)..... Ovviamente non tutto è consentito.
Ma veniamo al “nostro” Carnevale il quale, da noi come altrove, non sta ad indicare il solo periodo dell’anno, ma  un vero e proprio personaggio in carne ed ossa, per la verità più carne che ossa .
Carnevale, come personaggio, è grosso,  soprattutto grasso e non a caso.
Carnevale mangia e beve, soprattutto mangia tanto. Mangia, guarda caso, carne di maiale: salciccia, cicule e ventresca in quantità inverosimili.
I motivi sono due:

1. Gennaio e Febbraio erano i periodi dell’anno in cui si ammazzava il maiale, che rappresentava il principale sostentamento della famiglia contadina. Del maiale non si buttava e non si butta quasi nulla e le sue carni stagionate e insaccate sostenevano la famiglia nell’arco dell’intero anno. Il maiale stesso, in questo contesto, stava a rappresentare, con la sua carne grassa e succulenta, il  trionfo dell’abbondanza sulle privazioni quotidiane.

2. Il periodo che segue immediatamente il Carnevale è la Quaresima, con i suoi quaranta giorni di  astinenze, digiuni e privazioni. E’ opportuno, quindi, che Carnevale approfitti del periodo a lui dedicato per abboffarsi di ogni ben di Dio, e quale miglior dono di Dio se non  salciccia, cicole  e ventresca?

Carnevale si atterrà scrupolosamente alla consegna, mangerà… mangerà… mangerà tanto che alla fine scoppierà. Morirà per la grande abbuffata ed i suoi funerali verranno “celebrati” nel giorno di martedì grasso, l’ultimo del periodo del Carnevale.
La sua “salma” verrà accompagnata in corteo attraverso le strade del paese, tra urla lazzi e schiamazzi, e tra il pianto di “pie donne” incredule e gementi:
-    Carnevale miu, pecché sì mmuortu? -
E’ opportuno qui  ricordare che durante il periodo del nostro Carnevale, riferendoci alla frazione di Casanova nella fattispecie,  torme di bambini mascherati come meglio l’epoca permetteva (parliamo dei primi decenni del Novecento), molte volte indossando i camicioni da letto dei loro nonni, con la faccia imbrattata di fuliggine e con in mano rami appuntiti a mo’ di spiedo, percorrevano le strade del paese bussando alle porte di chi sapevano potesse dare. A chi compariva sull’uscio chiedevano in coro: ‘a ventreschella e ‘a sauciccella che, una volta ottenute, infilzavano sui loro improvvisati spiedi, ed anche ‘e ciculelle, che spesso consumavano per strada e… via di corsa a bussare ad altre porte e a fare le stesse richieste, fino a che non riempivano i loro improvvisati spiedi. Ovviamente chi era più furbo, portava uno “spiedo” più lungo.
Qualche donatore che, per tirchieria, non donava o donava poco, non di rado riceveva in cambio qualche dispetto...... Strana analogia con l’Halloween degli Americani.

A chiusura dei festeggiamenti del nostro Carnevale si colloca ‘A Cantata de ri Mesi. Cantata in cui i dodici mesi dell’anno, condotti da Capodanno che dialetta con Pulcinella, entrano in scena ognuno secondo la  sequenza annuale e cantano  le proprie virtù e/o difetti.
Cosi ascoltiamo un Gennaio cantare:
- …nnemmicu songu de ri pecurari -  perché con le sue gelate persistenti renderà difficile a pecore  e capre brucare l’erba dei pascoli e ancora:
- … a cacciauocci cu’ ri putaturi…nisciunu juorno li farò putare – perché con le sue giornate gelide e ventose e a volte piovose o innevate, renderà difficile ai potatori portare a termine il loro lavoro, quasi a fargli dispetto.
Cosi Febbraio:
-    Io so’ Febbraio e songu curtu curtu e ‘uerra  vogliu fa vintottu juorni…- perché febbraio è  il mese più corto dell’anno, ma con i suoi soli  ventotto giorni  perpetua le intemperanze di Gennaio.
E Marzo:
- …nun ve fidate de la mia fermezza, ch’io faccio la mutanza della luna - con le sue giornate che cambiano repentinamente dal caldo al freddo o dal bello al brutto. Infatti:
- …n’ora ve facciu asciutti e n’ora ‘nfusi -  perché le sue giornate soleggiate possono portare  repentini  scrosci di pioggia.

Non ci dilungheremo sulle strofe della Cantata, del resto comprensibilissime agli ascoltatori seppure a volte con qualche passo difficile dovuto, pensiamo, a inesattezze di trascrizione da parte di chi, ascoltando per la prima volta questa Cantata, ha provato a mettere nero su bianco.
Tenteremo, invece,  di darne qualche notizia storica.
Alcune delle notizie che qui riportiamo  sono documentabili e documentate, altre sono solo il frutto di nostre speculazioni, non avendo a nostra disposizione o non avendo potuto consultare, sia  per la loro irreperibilità immediata, sia per brevità di tempo disponibile, quei testi che potessero illuminarci in proposito. Uno di questi testi di ricerca, purtroppo difficile da reperire, è: “Carnevale si chiama Vincenzo” di Roberto De Simone ed altri collaboratori, in cui uno studio sulla rappresentazione in questione ci viene proposto dall’Apolito.

Incominciamo col dire che questa Cantata o “Rappresentazione dei Mesi” come viene chiamata in alcune zone, la troviamo in diverse regioni d’Italia, soprattutto del centro-sud, come Lazio, Molise, Campania.
Esiste una trascrizione  risalente al 1177 che veniva cantata e ballata nelle festività di inizio anno e nel periodo appunto del carnevale.Per chi fosse curioso di consultarla, assieme ad altre versioni, vedi:
http://www.sabina.it/tradizioni/mesi.htm

Senza andare troppo lontano, la  “Cantata dei Mesi” così come  noi la conosciamo, sia pure con delle varianti riguardanti metrica, musica, numero ed identità dei personaggi, sembra derivare da una versione comune non solo alle frazioni del nostro Comune, ma ad altre parti della nostra Provincia. Vedi:
http://www.omniamaceratacampania.it/index.php?option=com_content&task=view&id=67&Itemid=51)

La matrice comune la si desume dalla pressoché identicità delle strofe che, quando non identiche nel testo, restano comunque simili nella sostanza.
La diversità della struttura metrica e delle musiche, così come il diverso numero ed identità dei personaggi che riscontriamo in alcune frazioni nell’ambito dello stesso Comune, altro non sono, a parer nostro, se non  naturali manipolazioni operate su uno stesso canovaccio da identità culturali ristrette e differenti fra loro, se pur complementari.
Da dove arriva la versione comune  di questa Cantata così come noi la conosciamo?
Indubbiamente la presenza del personaggio Pulcinella, maschera non esattamente attinente alla cultura all’Alto Casertano, indurrebbe a considerare una sua provenienza dal Napoletano, o, se vogliamo azzardare una ipotesi ardita, dal Regno delle Due Sicilie?
Queste però restano pure e semplici speculazioni che, in assenza di riscontri certi, vanno prese in considerazione col beneficio dell’inventario.

Attilio Troianiello

domenica 6 marzo 2011

Magia del Falerno

Scorrendo la guida dei vini italiani 2011 ho trovato una piacevole sorpresa. Come tutti sanno la guida dei vini  italiani è preparata dal gruppo Espresso. Ogni anno pubblica l'elenco dei migliori vini italiani. L'assaggio viene eseguito dai migliori sommelier italiani che esaminano più di ventimila vini, di tutte le regioni italiane. La valutazione è espressa in ventesimi: 
sufficiente 14/20;  buono15/20, 16/20; ottimo 16,5/20,17.5/20;  eccellente da 18/20 a 20/20. 

Per essere catalogato come eccellente, un vino deve essere eccezionale e molto raro. Deve compendiare, oltre alle qualità specifiche del vino, anche quelle del territorio e della sua cultura. Trovare ai primi posti della guida, un vino di Carinola, per me è stato un momento di gioia ed orgoglio. L'azienda vitivinicola Migliozzi di Carinola si è classificata ai primi posti, con un punteggio straordinario di 18/20 che lo cataloga come un vino straordinario. 
Il vino denominato Rampaniuci,  prende il nome dal sito ove è ubicata la vigna, in cui si coltiva l'uva da cui si produce. E' un Falerno rosso ricavato da aglianico, primitivo e piedirosso, un amalgama perfetto collaudato nei secoli per un prodotto straordinario. Da secoli questo vino speciale è stato prodotto nelle nostre zone ed esportato in tutto il mondo già dai tempi dell' impero romano. Poi, non si sa perchè, quando gli altri vini hanno incominciato a farsi conoscere, il Falerno è quasi scomparso. Fortunatamente, da qualche decennio, alcune aziende agricole carinolesi stanno ritornando all'antica vocazione dei nostri territori. Alcuni imprenditori coraggiosi hanno reimpiantato le vigne e riattato le cantine, riproponendo un vino unico come il Falerno. Anche se per produrre vino occorre un grosso sacrificio di fatica e finanziario, quando si ottiene un riconoscimento da parte di esperti  illustri, ci si rende conto che ne vale la pena. 

Falerno: bassorilievo della vendemmia
 Auguriamoci che questo trend positivo dei nostri coraggiosi viticoltori continui e sia imitato anche da nuovi in questo campo. La concorrenza non toglie nulla agli altri, anzi, apporta un valore aggiunto. Più varietà di Falerno si trovano sul mercato,  più appassionati si portano a questo meraviglioso vino. Quando si beve un Falerno, si ha una sensazione unica, a patto che chi lo degusta abbia la necessaria cultura per affrontarlo. 
Non è vino per beoni il Falerno, ma per veri intenditori, che gustandolo, si sentono trasportati nella storia e si vedono seduti affianco di nobili romani. Chi non conosce la storia è meglio che beva altro.

Il nipote di Bacco

venerdì 4 marzo 2011

I nostri Gheddafi

10.000 morti, fosse comuni, raid aerei, bombe, militari uccisi perché si rifiutano di sparare alla folla, tolleranza zero contro i rivoltosi. Queste le parole che rimbalzano in questi giorni sul web e l’Intalia invece per bocca della merda umana Frattini risponde: “L’Europa non deve esportare la democrazia. Non sarebbe rispettoso dell’indipendenza del popolo libico” smentendo praticamente se stesso e l’intera politica internazionale ( se così si può definire) della sua italietta in merito alle invasioni di Afghanistan e Iraq. Infatti, sono diventati proverbiali gli slogan sbandierati dal minchia ministro Frattini e del minchia ministro La Russa che hanno sempre fatto dell’esportazione della democrazia un chiodo fisso. Slogan e niente più per mascherare, ovviamente, gli interessi e i leccaculismi americani, slogan, quelli di oggi per difendere l’indifendibile ovvero l’amico beduino Gheddafi.
Le sfilate del beduino a Roma sono cronaca, le sviolinate del Silvio sono ormai negli annali della schifezza così come le lezioni-bunga del corano e  tutte le bizzarrie concesse al dittatore nord-africano con umiliante devozione da parte dei così detti garanti della democrazia e della libertà. Difendere l’indifendibile è un metodo chiaro del popolo dei leccaculo che senza etica e senza imbarazzo passano dalla difesa aprioristica della deplorevole condotta del Silvio ( e non mi riferisco ai festini anzi credo che sia la cosa minore) alla difesa dei suoi amici. Il genocidio che in queste ora si sta consumando in Libia non sembra preoccupare il popolo dei leccaculo anzi fino all’ultimo il frattina ha cercato di “ammorbidire” le decisione della Ue quasi per dimostrare all’amico del suo padrone di aver fatto il possibile. 10.000 morti, fosse comuni, raid arei, bombe, militari uccisi perché si rifiutano di sparare alla folla, tolleranza zero contro i rivoltosi e per i nostri leccaculi la cosa che preoccupa sono esclusivamente la salvaguardia dei loro interessi, proprio così i loro interessi non del popolo italiano. Affari di petrolieri,costruttori e intrallazzieri  questo preoccupa i “nostri” rappresentanti, mica i 10.000 morti. Interessi garantiti dal colonnello che ora rintanato nel suo bunker potrebbe lasciare il controllo del territorio libico determinando così non pochi problemi ai guadagni dei nostri intrallazzieri e quindi ecco l’ennesima strategia del difendere l’indifendibile sparando stronzate come il rischio di un potere islamico, dell’arrivo dei rifugiati, e dalle macchinazioni di Al Qaeda. Tutto per difendere fino all’ultimo l’amico di bunga bunga che da 40 anni controlla la Libia come una proprietà privata. La primavera nordafricana ,qualcuno prova a definire l’ondata a catena di ribellione e la cacciata dei dittatori amici dell’occidente. Adesso mandiamo via i dittatori democratici occidentali.

Al Jafhar Budhassar

martedì 1 marzo 2011

Soldi al vento?...

50.000 euro per il premio Matilde Serao. Questa è la somma destinata al premio  grazie al’impegno di Massimo Grimaldi.
Questo apprendiamo da Carinola punto net. Questo mi lascia sbigottito. 50.000 euro per un premio che, diversamente da come dice il gestore del sito, non coinvolge la comunità ma quella parte che definirei i “signori dalle unghie spezzate”.  Ovviamente non tutti, ma è chiaro che questi premi, così come il premio Moscati, si presentano come un semplice momento autocelebrativo degli organizzatori e della politica. I momenti più interessanti, ovvero le letture degli scritti della Serao, le vicende di vita vissuta della scrittrice nel nostro comune, vengono percepiti dai presenti come una parentesi noiosissima, prima dell’atteso buffè.
Certo che con 50.000 euro il buffè si trasformerà in una opulenta cena di gala dove tutti, mettendo da parte cravatte e pellicce di pessimo gusto,  piomberanno come libici affamati sulle pietanze, con consequenziale sacchetto da portare a casa e riscaldare, come si fa in ogni matrimonio paesano che si rispetti. Non voglio assolutamente sparare sulla figura di Matilde Serao che forse lo stesso Grimaldi non conosce (anzi lo invito a leggere Le virtù di Checchina  in modo da capire che la scrittrice non sarebbe tanto in linea con gli “ideali” del partito del massimone), ma non posso assolutamente concepire una mercificazione gratuita della cultura che, alla fine, non si rivela tale ma semplice ostentazione, proprio come il concerto della  Ricciarelli (mamma mia che brutta immagine vedere tutti i cafonacci a sentire l’opera). E’ chiaro che i premi non mi piacciono in quanto, come ho già detto, non coinvolgono la cittadinanza se non per il cibo gratuito e credo che 50.000 euro potrebbero essere usati per fare iniziative collaterali e formative, come ad esempio un seminario di giornalismo,  un concorso letterario per gli alunni delle scuole di Carinola e molte altre cose.

Con 50.000 euro comprerei la casa della scrittrice, oggi disabitata se non sbaglio, e ne farei un museo a lei dedicato. Con 50.000 euro si potrebbero fare tantissime cose di forte valenza culturale che sul serio coinvolgerebbero la cittadinanza e non solo gli appassionati del buffè. Al di là di tutto, che arrivino soldi per la cultura è sempre buono, ma è degradante vedere (mi auguro che non sia così) come i fondi vengano sperperati per l’autocelebrazione di pochi,  e la qual cosa offende ciò che ha scritto e detto Matilde Serao nella sua fortunata carriera.

Anima Perplessa








sabato 26 febbraio 2011

L'URLO DI Biasox


La popolazione di Calenum era prostrata dai tre lunghi anni di assenza del conte Biasox dal trono della contea. Chiusa la breve parentesi di governo, del duca Giano Trifronte de Fontanavecchia (leggi l'abdicazione del Conte Biasox), tutti attendevano trepidanti il suo ritorno. La maggioranza dei vassalli era pronta a combattere per lui, mentre i servi della gleba in massa imploravano il suo ritorno piangendo e pregando. In verità, piangevano soprattutto per le tasse ed i balzelli, che Giano Trifronte aveva propinato senza risparmio. Alle sue, si erano aggiunte, quelle imposte dallo sceriffo del regno che le aveva triplicate. Proprio questa notizia aveva spinto Biasox ad accelerare il suo ritorno. Le nuove tasse avrebbero rimpinguato le casse della contea e di conseguenza le sue tasche. 

Prima di tornare nel suo contado natìo, Nocellum, inviò un dispaccio allo sceriffo del regno, che governava temporaneamente Calenum. Chiese di approvare, repentinamente, la tassa sui sepolcri che era stata sospesa da Giano Trifronte. Come tutti ricorderanno, Giano Trifronte, per indurre i servi della gleba a nominarlo reggente, durante l'assenza di Biasox, aveva promesso solennemente di eliminare la tassa sui morti. Ovviamente era una finta, in quando il balzello lo avevano ideato insieme con il Conte. Anzi si era sparsa voce che fosse stato proprio Giano a progettare una truffa tanto colossale, viste le sue competenze in materia finanziaria.
Stava proprio leggendo il dispaccio dello sceriffo, che lo informava della definitiva approvazione della tassa sul morto, quando un paggetto lo avvisò, che la riunione dei vassalli, valvassori e valvassini a lui fedeli stava per iniziare. Il suo petto, già gonfio di soddisfazione, si espanse ancora di più, rischiando di rompere le cinture che tenevano la corazza. Tutto andava a gonfie vele, tasse vecchie, tasse nuove, ed adesso anche gli immensi introiti derivanti dalle sepolture. Pesando ai guadagni derivati, denominò quella tassa, proprio finanza derivata, nome che è rimasto fino ai nostri giorni. Sfoggiando il suo sorriso più largo entrò nel salone, salutando tutti con ampi gesti della mano, e rispondendo con cenni del capo, alle rumorose ovazioni che furono sentite per tutto il contado. Dopo aver tacitato, con grande sforzo, le acclamazioni festose dei presenti, iniziò il suo discorso. Al contrario del solito, fu molto chiaro e conciso, in breve disse:

 - Sono tornato per riprendermi il trono della contea, mio di diritto". Tutti lo interruppero con un grande applauso e corsero a baciare i suoi piedi. 

Stava quasi per chiudere la riunione, quando una voce dal fondo della sala gridò: 

- Chiedo di parlare!

 Tutti ammutolirono, guardando avanzare  Lorenzo de Verdis, soprannominato Savonarola. Appena il Conte lo riconobbe, anche se nei suoi confronti, sembrava un topolino al cospetto di un elefante, sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Savonarola, invece di dilungarsi nelle solite prediche piene di improperi, arrivò subito al sodo. Disse, con tono deferente ma fermo:

- Signor conte, lei ha governato per tanti anni, pertanto il popolo di Calenum ha bisogno di un rinnovamento. Propongo - continuò - al suo posto la nobildonna Antonia De Bufalirinis, moglie di don Juan, uno dei suoi più fedeli servitori...

Appena profferite quelle parole, nella sala calò un gelo, come se vi nevicasse all'interno, tanto che molti incominciarono a tremare. Biasox si rigirò sulla grande sedia, su cui era seduto, impettito, mentre il suo viso sorridente, si trasformò in una maschera diabolica. Si alzò di scatto e contemporaneamente sguainò la sua spada damascata, e brandendola in modo minaccioso, urlò con quanto fiato aveva in gola: 

 - IL TRONO E MIO E NESSUNO ME LO TOGLIERA'  !! 

Inoltre, aggiunse un pò di insulti irriferibili, nei riguardi di colui che metteva in dubbio il suo diritto al trono di Calenum. Uscì, correndo dal salone urlando come un ossesso. Urlò tanto forte che fu sentito fino ai confini della contea, anche gli animali che stavano dormendo si svegliarono. Continuando a gridare "E' mio, è mio" salì sulla sua carrozza argentea trainata da 160 cavalli e si allontanò nella notte, lasciando i suoi sudditi nella più grande disperazione.

..........continua.


IL CONTE DEL GRILLO