Ho preferito dare l’ultimo saluto a Padre Michele martedì pomeriggio, lontano dal clamore della folla. Mentre il treno mi portava a Roma in un pomeriggio piovoso, non potevo fare a meno di pensare a lui, parlare di lui con gli amici che mi accompagnavano, ricordarlo così come io l’ho conosciuto. Ben poco per la verità, e di questo me ne rammarico, ma quelle rare volte che ho parlato con lui mi sono sempre sentita molto a mio agio. Avevo di fronte l’amico ed il compaesano con cui era possibile fare battute e ridere, sentendosi liberi dai canoni dell’ufficialità, anche se, devo sottolineare, Padre Michele non perdeva mai, neppure nell’ufficialità più rigida, il suo modo di essere affabile e cordiale.
Quando sono arrivata a Roma, alla Delegazione di Terra Santa, mi ha fatto un certo effetto vedere la bara messa lì per terra e accanto, su un capitello, i suoi attrezzi di lavoro: la piccozza e la cazzuola che usava per i suoi scavi e che ora sono diventati cimeli da tenere in un teca di vetro. Le preghiere e i canti dei frati francescani presenti in sala penetravano nel più profondo degli animi e creavano un’emozione rara. Profondamente mistica. Era questo il mondo a cui Padre Michele apparteneva; non certo quello mondano che pur sapeva frequentare con il dovuto distacco.
Ho trovato là tanti compaesani che vivono a Roma e, come accoglienza, ho avuto il sincero e accorato pianto della sorella Maria.
Carinola perde una persona eccezionale che poteva dare ancora tanto al mondo intero e al suo territorio a cui è rimasto sempre molto legato. Da studioso qual era, conosceva benissimo l’importanza delle radici e ne andava fiero. Come non ricordare le belle partite a pallone che quasi ogni 25 Aprile faceva con i compaesani sulla piana di San Martino! Amico tra gli amici…
Non voglio celebrarne i meriti professionali, peraltro abbondantemente celebrati su tutti i mezzi d’informazione, preferisco ricordarne le doti umane che lo hanno portato ad essere quello che era diventato.
Persona schietta, coltissima e umile, Padre Michele ha portato nel mondo il vero modo di essere della sua terra: la semplicità di cui è fatta la vera grandezza. Quella grandezza l’aveva però raggiunta solo con i propri mezzi: la passione per il proprio lavoro, il sacrificio, l’impegno continuo, lo studio e la ricerca, ma soprattutto la fede che lo aveva spinto ad una scelta di vita fin da giovanissimo. Quella fede non è mai rimasta chiusa ed inattiva dentro di lui ma, sempre fruttuosa come i talenti della ben nota parabola evangelica, ha fatto di lui un uomo di pace, rispettato ed amato sia dagli ebrei che dai palestinesi, persone normali o grandi della terra, tra cui si muoveva con la massima libertà e sicurezza. E proprio come San Francesco, di cui aveva abbracciato il carisma, è riuscito a essere veicolo di pace là dove la pace sembra impossibile. Per quella fede che lo sosteneva, aveva cercato le verità in cui credeva attraverso uno studio meticoloso e continuo della Bibbia e che lo ha portato a fare numerose e sorprendenti scoperte archeologiche.
Personalmente, ho in comune con lui l’amore per la storia. Lui per la nobile storia della cristianità, io per la piccola storia del nostro Comune. Ancora di più, ci accomuna la certezza che il passato non può e non deve andare perduto, ma ricercato e riscoperto. Senza il passato in cui affondano le proprie radici non può esserci futuro per l’uomo.
Dopo sofferta decisione dei familiari, Padre Michele lascia definitivamente l’Italia per essere sepolto sul Monte Nebo, in Giordania, là dove ha operato per quarant’anni. Così lui desiderava, così forse è giusto che sia.
A noi carinolesi, insieme ai suoi familiari, lascia una stupenda quanto impegnativa eredità: quella di essere i custodi della sua memoria.
Di questa eredità dobbiamo esserne degni e saper tramandare alle generazioni future la figura e l’opera di questo nostro beneamato concittadino.
Clio
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------
Da http://lioneljourney.blogspot.com/2008/11/tribute.html (traduzione) (26.11.08)
Un Tributo
Per segnare la fine dei 30 giorni di lutto per Padre Michele Piccirillo e’ stata celebrata una messa ieri al monastero di San Salvatore.
La chiesa era gremita. Oltre ai numerosi religiosi, i preti e il Nunzio Apostolico, c’erano anche amici musulmani ed ebrei che hanno voluto unirsi a questo memoriale. Il Custode ha presieduto la messa ma e’ stato il Decano ad avere l’onore di pronunciare l’omelia. E’ stato un momento molto toccante – credo che nessun occhio sia rimasto asciutto tra la platea. Fra' Claudio Bottini ha ripercorso la vita di padre Michele Piccirillo, la sua infanzia, gli anni della sua formazione e del suo lavoro, la sua passione per l’arte, la letteratura e l’archeologia; i suoi successi e insuccessi; e la fede e la dignita’ durante gli ultimi giorni della sua vita.
Il Decano ha anche parlato della tempra di padre Michele Piccirillo e della sua apparente caparbietà, che a volte poteva fare male. Ma ha anche ricordato qualcosa che io penso sia da considerare un segno distintivo dei grandi personaggi: tale caparbietà, dopo tempo e di solito dopo la morte, viene riconosciuta come convinzione, passione, perseveranza e tenacita’ nel difendere cio’ che i grandi personaggi sanno essere la verita’. Cio’ e’ espressione della volonta’ di Dio. Tali personaggi sono cosi convinti e appassionati nei confronti del proprio lavoro/missione/sogno, che vi si attaccano con tenacia, combattendo ogni opposizione, perche’ sanno che Dio portera’ dei frutti ai loro sforzi. E il tempo da loro ragione, sempre.
Questo fa parte del formarsi di un eroe: ma la gente intorno vedra’ sempre il peggio, chiamandola ostinazione, mancanza di cooperazione, egoismo, caparbieta’. Tutto cio’ e’ dovuto al fatto che questi critici sono pieni di paura: paura dei fallimenti, paura di fare un passo nell’ignoto, paura di lasciare le cose comode e, soprattutto, paura di credere nella provvidenza di Dio, paura di avere delle convinzioni, paura di avere un ideale. Queste sono le persone tristi, che fanno della mediocrita’ una virtu’. Quanto spesso ho visto accadere lo stesso per Madre Teresa, Giovanni Paolo II, Padre Allegra, San Giovanni Bosco… ognuno di loro in un momento o un altro sono stati accusati per la loro “testardaggine” da gente senza colore e senza faccia. Solo piu’ tardi fiorirono alla santita’, attaverso la loro tenacia e perseveranza.
Dopo la messa siamo scesi tutti giu’ nella Sala dell’Immacolata, dove e’ stata proiettata l’anteprima di un documentario dove e’ presente Padre Michele Piccirillo. Il filmato e' stato girato dalla RAI e non e' ancora stato pubblicato. La Sala era piena fino alla massima capacita’. E’ stato strano guardare padre Michele parlare nel film: riconoscevamo la sua voce, il suo gesticolare, le sue battute… ma non e’ piu’ qui tra noi. Nell’oscurita’ della sala, potevi sentire la gente singhiozzare e asciugarsi gli occhi, mentre guardavano questo grande uomo che ha dato la sua vita alla causa della pace attraverso l’archeologia, mentre con passione spiegava le scoperte e il lavoro continuo sui mosaici ritrovati in Israele, Giordania, Siria ed Egitto. Oggi i suoi discepoli continuano a lavorare qui.
Ed io penso che il piu’ grande tributo che possiamo fargli e’ continuare a lavorare. Lavorare con tenacia e passione, con fiducia totale in Dio, con una tenacia che attirera’ le critiche di chi ha niente altro che la mediocrita’ come virtu’, la mediocrita’ come sogno e la comodita’ come ideale.
Mentre camminava spedito per la sua strada, un giovane si trovò di fronte ad un inaspettato incrocio. Non sapendo più quale strada seguire, fu costretto a fermarsi.
“Ahia! - disse a se stesso - pensavo fosse una strada tutta lineare e invece no! E ora dove vado?”
Cominciò a chiedere informazioni a chiunque passava di là, ma nessuno sapeva dirgli dove portassero esattamente quelle strade. Tutti erano incerti e dubbiosi circa la loro direzione e nessuno poteva affermare con sicurezza quale fosse la meta definitiva. Non sapendo quale strada prendere, il giovane si sedette sul ciglio e aspettò.
Dopo un po’ passò un vecchietto e il giovane chiese anche a questi dove conducessero quelle strade. Il vecchio, senza fretta,si sedette accanto al ragazzo e gli disse: “dipende. Tu cosa cerchi?”
Questi pensò un attimo e poi rispose sicuro: “la verità”.
Il vecchio scoppiò in una sonora risata e disse: “ Sei troppo giovane e troppo ingenuo ancora: non esiste la verità. Esistono le verità! Ed esistono le bugie.”
Il giovanotto guardò il vecchio con aria perplessa.
“Mettiamola così: – disse il vecchio osservando il suo confuso interlocutore – se vai a destra troverai bugie camuffate da verità; se vai a sinistra troverai verità che sembrano bugie; se vai a centro troverai mezze bugie e mezze verità….”
Il giovane, sempre più perplesso, lo guardò e gli chiese come potesse, allora, scegliere la via migliore da seguire. Il vecchio non parlò. Per tutta risposta, prese una mela dallo zainetto e gliela mostrò sul palmo della mano.
“Questa è una verità” disse semplicemente.
Tagliò la mela in due parti: “queste sono due verità”. La tagliò in quattro parti: “queste sono quattro verità.…”
“Mangiale tutte” disse poi al giovane. E il giovane,incuriosito ed attento, mangiò i quattro spicchi di mela lentamente, in silenzio.
“E ora?” gli chiese il vecchio.
“Non c’è più nessuna verità!” rispose il giovane sorridendo.
“Ti sbagli. Ci sono ancora tre verità e una bugia”.
Sempre più incuriosito, il giovane pensava attentamente, ma non riusciva a trovare le tre verità e la bugia. Il vecchio sorrise.
“La prima verità – disse - è che tu hai la pancia piena e io sono rimasto digiuno. La seconda verità è che io sono rimasto digiuno e tu hai la pancia piena. La bugia è che la mela l’abbiamo mangiata tutti e due.”
“E la terza verità?” chiese il giovane guardando il vecchio.
“Dov’è ora la mela?”
“Nella mia pancia” rispose sicuro il ragazzo.
“Ecco! La verità è dentro di te. Ed è in quella direzione che devi andare”.
Il giovane scrutava il vecchio per cercare di capire.
“Non devi seguire strade che portano ad altre verità, ma segui solo la strada che porta alla tua verità. Se pensi che una di queste tre strade porti là, scegli quella” spiegò allora il vecchio.
Il giovane rimase un attimo pensieroso, poi salutò il vecchio, girò le spalle e s’incamminò per la strada da cui era venuto.
Si è svolta la settimana scorsa la serata conclusiva con la premiazione del premio Fulvio Nuvolone in una cornice incantevole e suggestiva offerta dal convento Francescano di Casanova con una folla che riempiva l’intera navata centrale della chiesa. Abbiamo assistito al discorso delle autorità ,alla premiazione dei vincitori, ed al riconoscimento con piatto e targa alla giuria che ha esaminato le poesie in un lavoro difficile ma appassionato che con fatica ha scelto le cose migliori. La parte finale è stata brillantemente dominata dal prezioso intervento dell’attrice Pamela Villoresi che con il delicato accompagnamento di due eccellenti musicisti ha interpretato la chiama delle donne , una serie di racconti evocanti il novecento e le lotte operaie con qualche primo accenno di scioperi per ottenere i diritti allora negati a chi offriva la propria vita per svolgere lavori al limite della sopportabilità umana. Ciò che mi ha colpito è stato il taglio marcatamente di sinistra che gli argomenti trattati lasciavano trasparire, nonostante il patrocinio del Comune che , come sappiamo, è retto da una coalizione di centro destra. Non me la sarei aspettato ma è stata una piacevole sorpresa . Naturalmente il tutto si spiega con le origini politiche del primo cittadino che come tutti sappiamo proviene dalla sinistra ed intente restarci visto che – voci di corridoio- lo danno iscritto al psi che di destra non è- Così stando le cose abbiamo la sensazione che per la nuova Amministrazione resta difficile pensare che la destra possa prevalere e questo non può farci che piacere perché 20 anni di militanza non si possono cancellare con il solo obiettivo di gestire il potere ma che questa strana alleanza sia solo il mezzo per attuare idee che in altre aggregazioni non si sono potute esprimere-
Se così fosse ci aspettiamo iniziative dirette ad agevolare i più deboli e non posizioni forti che ne ostacolino la crescita , ci aspettiamo interventi mirati a ridurre la disoccupazione e premiare le imprese locali a dispetto di quelle “straniere” municipalizzare i servizi principali e trovare la possibilità di occupare le nostre maestranze e i nostri professionisti.
Se questi processi saranno avviati si potrebbe capire la scelta di Gennaro altrimenti il suo è stato un episodio destinato a finire. il sognatore
Con l'insediamento ogni giorno di nuovi centri commerciali, avere a Carinola, inteso come Comune, tre mercati (Carinola, Casale e Nocelleto) sembra del tutto inutile e di scarsa importanza sia per gli utenti che per gli operatori.
L'idea, mia naturalmente, sarebbe quella di realizzare nel Capoluogo un ampia area che settimanalmente sarebbe adibita a parcheggio ed il sabato ad area mercato, capace di offrire un’ alternativa reale ai supermercati e dare la possibilità alle famiglie di spendere meno e trovare una vasta gamma di prodotti.
L'area in questione, inoltre potrebbe essere sfruttata per fiere, concerti e manifestazioni capaci di attrarre un gran numero di persone.
Visto che in questi giorni si discute di PUC sarebbe opportuno, da parte nostra, segnalare tutte le esigenze che lo strumento urbanistico può affrontare e risolvere, quale ad esempio la predisposizione lungo la SS Appia di un area artigiana, la necessità di dare un' area attrezzata per la commercializzazione della frutta, prevedere aree edificabili nei paesini più penalizzati dalla diminuzione demografica, una toponomastica degna di questo di nome, un piano del traffico e della viabilità interna più eficiente, vedi Casale e Nocelleto.
Spero in un copioso contributo di idee e di suggerimenti…
Ricordo ancora le parole di mio nonno che mi parlavano di verdi distese e verdi colline, di uccelli e animali di diverse specie che qui trovavano il luogo ideale per riprodursi e per vivere durante le diverse stagioni. Ricordo ancora quando mi parlava di gente che poteva vivere senza lavorare tanto, con il diritto di stare per strada o in un bar o addirittura più di mezz’ora in giro. Non sono mai riuscito bene a comprendere mio nonno, non sono mai riuscito a capire appieno quello che volesse farmi immaginare con le sue parole. Eppure quando parlava, mi rendevo conto che i suoi occhi erano lucidi per una nostalgia strana, e a causa di quei ricordi, rimpiangeva il tempo passato. Gli avanzamenti della nostra società lo avevano già soggiogato. Non sopportava più neanche l’idea di poter vivere fino a 120 anni, di questo non ringraziava la medicina ma l’odiava. Dopo i novant’anni riteneva che quel restare in vita fosse la penitenza da scontare per aver fatto parte di quella società. Ma io, sinceramente, non sono mai riuscito a capirlo appieno. Oggi il mondo è sicuramente diverso da quello in cui lui visse, siamo riusciti a vincere la lotta contro la natura, il caldo non è più un problema dopo che abbiamo costruito lo scudo solare, i sei mesi di buio raffreddano il globo così tanto da farci stare bene i restanti sei, e che importa che per metà anno dobbiamo star chiusi in casa per il freddo? Certo non importa a me. Certo chi dovrà vivere nelle falansterie create per i mesi di buio non sarà molto contento in quel periodo, ma non si può avere tutto dalla vita, no?
Penso ancora a quando mi parlava di una parola che non ho mai compreso appieno: “uguaglianza”. Ai suoi tempi gli ignoranti, o almeno alcuni, credevano che si potesse arrivare ad un’uguaglianza tra le genti del mondo.. ahaha non c’è cosa più assurda!! La divisione delle classi sancita una cinquantina di anni fa è stata la cosa migliore della storia dell’uomo, ognuno quando nasce sa cosa lo aspetta in vita. E così siamo tutti più tranquilli e felici.
Come sappiamo le città sono ormai intasate e solo i burbi ci vivono… non riesco a capire come facciano!! Quello che ai suoi tempi era considerato un centro di vita e un luogo dove sperare di vivere, non è altro che un campo di lavoro per la gente delle villette..bah così ci chiamano. Tutti là a darsi da fare in quelle centrali di idrogeno, la vera svolta scientifica del ventunesimo secolo, che ha salvato il pianeta dalla catastrofe, quando, all’inizio del secolo, il riscaldamento della terra si accelerò considerevolmente. Le pianure verdi scomparivano di anno in anno, le specie animali più diverse comparivano e scomparivano mutando l’ecosistema di tutte le zone ancora fertili. Mio padre ricorda ancora quando si videro i primi leproserpiditi, animali strani, che in un batter d’occhio fecero scomparire tutti gli insetti della zona. In principio tutti pensarono a un miracolo, per un anno o due le piante e le vegetazioni furono rigogliosissime, ma dopo il terzo anno tutto improvvisamente rinsecchì. La flora e la fauna divennero di colpo un ricordo ancestrale, immerso nell’immaterialità del ricordo, nascosto così bene da non riaffiorare mai più. Tutto sommato però, siamo riusciti a sopravvivere con l’impianto di forme animali geneticamente modificate e a uscire così da una catastrofe annunciata. La gente iniziò a vedere di buon occhio la scomparsa dei vecchi generi di vita, visti come semplici rivali nella difficile scalata della vita nell’ecosistema ormai creato. "Animali.., uff!! questi animali, ci torturano", queste le frasi più frequenti. Il nonno diceva però che si era sottovalutato il problema, si era sottovalutato tutto: “L’essere umano è un animale, lo abbiamo ormai dimenticato tutti!”, così diceva, poverino… ancora immerso nella sua mentalità retrograda. Noi siamo uomini, superuomini, possiamo distruggere e creare, moltiplicare e dividere, scindere ed unire. Siamo Dio. Siamo padroni del nostro destino, e il nostro destino è la supremazia.
Io dal canto mio, mi ritengo fiero e fortunato di vivere in un’epoca in cui l’uomo è riuscito a dominare un pianeta al cui confronto potrebbe essere un semplice granello di sabbia artificiale, in un’epoca in cui, superate le vecchie superstizioni sulla natura, si sono finalmente comprese le potenzialità creatrici della scienza, che è il futuro, o meglio “crea” il futuro. Anche se non riesco a dare una spiegazione logica, durante brevi interspazi di tempo e lettura, a quello che il mio vecchio nonno voleva dirmi. Ho da poco ritrovato una sua vecchia agenda elettronica, e forse le osservazioni in essa racchiuse, che lui si ostinava ancora a chiamare col suo tono arcaico “pensieri”, sono solo le farneticazioni tipiche dello stato senile, destinate a restare incomprensibili per un ragazzino dei nostri giorni. Ricorderò mio nonno così, come un vecchio bizzarro che scriveva:
“Il tempo ci cambia, il cambiamento a volte ci distrugge, il mutare ci annienta ed io non so più chi sono, cosa sono, cosa ci faccio qui, in un mondo che non è reale ed allo stesso tempo non è immaginario. Vivo nel limbo di passioni artificiali, che mi spingono alla sopravvivenza senza darmi l’idea di ciò che meriti di essere vissuto, nel vuoto dei miei 110 anni cado in un nero abissale che mi opprime e che per altri è sollevazione. Fluttuo in ciò che pare immateriale ma che a tutti gli effetti ci avviluppa in uno stato di agonia che ereditiamo dalla nascita, e che tratteniamo e sopportiamo fino alla morte.”
Con un po’di rammarico ho notato che giorno 11 e 12 ottobre nel Comune di Carinola non c’era un punto dove andare a firmare per il referendum promosso da Di Pietro contro il Lodo Alfano.
Be’, sono andato altrove ed ho firmato lo stesso.
Carinola, non avendo una sezione dell’Italia di Valori, non ha fatto altro che seguire l’andazzo generale imposto dalla Casta: osservare il silenzio. I tg nazionali e non, hanno taciuto su questa importante iniziativa dell’Italia dei Valori e le principali testate italiane, pur parlandone, l’hanno fatta passare come un’iniziativa della sinistra oltranzista. Questo è la palese conferma che, in Italia, i mezzi d’informazione sono più che controllati, che la parola ‘democrazia’ sta diventato vuota e senza senso, e che l’ideologia della classe dominante cerca di invadere i più piccoli spazi dei nostri territori e delle nostre coscienze.
A Carinola non c’era un banchetto di raccolta firma neanche a pagarlo! Nessun politico appartenente alla coalizione d’opposizione parlamentare lo ha proposto, nessun politico ha dato voce a questa iniziativa facendo perdere a molti carinolesi l’ opportunità di esercitare un atto democratico ed esprimere la propria opinione.
Che c’è, a Carinola ci siamo allineati tutti con l’ ideologia dominante? Lo spirito critico non esiste più, neanche in quei soggetti che tradizionalmente lo hanno sempre avuto? O siamo solo interessati ai vari premi che, per una serata, ci riempiono le sale e le chiese di persone che poi non si ricorderanno neanche più di un comune di nome Carinola? Ahi, ahi, ahi!
Devo anche pensare che i nostri amministratori notoriamente di sinistra, o ex amministratori, imbracati come sono in una lista civica politicamente molto eterogenea, abbiano le mani legate e non possono farsi promotori di un’iniziativa simile.
Qualcuno potrebbe dire: perché non l’hai fatto tu? … troppo semplice ragionare così o troppo comodo. Sono molto lontano dai meccanismi politici, però ritengo che chi è attivamente coinvolto in politica debba offrire agli altri ogni possibilità di esercitare il proprio diritto di cittadino libero.
Forse Di Pietro non è amato dai politici carinolesi.
E’ vero, il nostro eroe da’ un po’ l’impressione di essere un Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento, ma è proprio per questo che la sua posizione di uomo coerente, grintoso ed onesto si delinea sempre meglio. E’ uno come noi, un vero paesano che non ha peli sulla lingua, ben lontano dalle ipocrisie e dalle opportunistiche diplomazie della politica. Uno che ha il coraggio di chiamare le cose per nome e di dire sempre la verità, senza velarla di inutili sofismi. E sembra l’unico politico veramente credibile, anche se gli squali della politica cercano di minare questa sua credibilità cercando di farlo apparire ridicolo o peggio ancora, un esaltato.
E’ proprio questo suo essere diverso che attira però i giovani italiani, i quali aderiscono sempre più numerosi alle sue iniziative e alla sua ideologia, allontanandosi sempre più da una classe politica oscurantista che di loro non sembra interessarsi come dovrebbe.
Muoversi come fa Di Pietro nel mondo della politica è sicuramente faticoso: deve guardarsi da tutte le parti: da destra, da sinistra, da centro, specie dopo le grandi manovre che sta facendo la maggioranza per isolarlo, cercando di fare in modo che il Partito Democratico lo molli, e rifiutandosi di concedere a Leoluca Orlando la presidenza della vigilanza RAI.
Ma lui non si scompone più di tanto; continua imperterrito per la sua strada, con la grinta e la ‘nostranità’ che lo caratterizza, sapendo che egli, pur nuotando nel fango, tra tanti squali, resterà sempre un delfino.
La mattina dei giorni feriali Carinola diventa una sorta di giungla automobilistica dove diventa difficile districarsi alla ricerca di un parcheggio regolare.
Nelle vicinanze del Municipio vige un disco orario di un ora ,e spesso un ora è insufficiente per liberarsi dagli impegni, nei pressi del Tribunale molti e di diversa natura sono i posti riservati resta piazza Castello che , quando non è mercato e non ci sono giostre e circo , è l’unica zona in grado di accogliere gli utenti dei vari uffici e servizi esistenti.
In tempi non sospetti , qualcuno avanzava l’ipotesi , in fase di ristrutturazione dello stadio comunale, di arretrare lo stesso di qualche centinaio di metri onde ricavarne un ampio piazzale polivalente e capace di ospitare i forzati visitatori del Tribunale del Comune, del Giudice di Pace, della Banca , dell’ufficio Postale ecc. ecc..
La giustificazione opposta a questa ipotesi , all’epoca , fu che il progetto del nuovo campo sportivo non poteva essere variato , rischio perdita del finanziamento.
Fatto sta , che al di là di un parcheggio privato , per cui oneroso , Carinola la mattina è una vera e propria giungla selvaggia e gli ignari automobilisti non sanno dove sbattere la “macchina” e vagano per le strade di Carinola come anime perse, in una sorta di purgatorio che non sempre è anticamera del Paradiso.
La domanda sorge spontanea ? Riuscirà la nuova Amministrazione a risolvere questo problema? Cosa si sta progettando in merito? È nell’agenda delle priorità , visto che noi abbiamo voluto fortemente il Tribunale a Carinola e quindi dovremmo essere in grado di gestirne i flussi?
Gradita sarebbe una risposta dell’assessore al ramo o chi per esso, e graditi sono anche i suggerimenti e le osservazioni dei visitatori del web che spesso sono più sagaci degli amministratori pubblici. alè
Sono ormai settimane che le borse di tutto il mondo sono in caduta libera. Una tempesta finanziaria ha spazzato miliardi di euro. Le varie iniziative di tutti i governi sono note a tutti anche perché i telegiornali e rubriche di approfondimento vi hanno dedicato ampi spazi. Oltre alle conseguenze immediate della perdita di immensi patrimoni ci saranno quelle future.
Sicuramente per lunghi periodi la massa dei risparmiatori non investirà in borsa. Gli stessi operatori istituzionali come le banche d’ affari saranno molto più guardinghe nell’investire i propri fondi. Addirittura le banche sono restie a prestare soldi ad altre banche se non in condizioni di super garanzia. Questa situazione sembra che durerà a lungo, per cui le conseguenze nefaste si abbatteranno su tutti.
Quando si blocca la circolazione del denaro le aziende chiudono, il commercio langue, la disoccupazione aumenta raggiungendo percentuali altissime. Ogni governo ha fatto la propria mossa, mai come in questa occasione in perfetta sintonia con gli altri governi di quasi tutti i paesi del globo. Ad una crisi globale per una volta si è risposto con un antidoto globale. Scongiurato come sembra il fallimento di quasi tutti gli istituti di credito resta da risolvere il problema della stagnazione dell’economia e come rimetterla in moto per far partire i consumi. Senza soldi, sia in contanti che a credito, non si comprano automobili nuove, elettrodomestici, vestiti e addirittura si razionano anche i beni di prima necessità. Come fare per immettere denaro in circolazione? Se il ministro dell’economia fosse stato Visco non avrebbe avuto tentennamenti: subito aumento delle tasse, peggiorando la situazione. Fortunatamente abbiamo Tremonti, che è al di sopra di tutti, e allora ha pensato di ricorrere alla finanza creativa prendendo i soldi dove stanno. Ieri notte in una lunga conferenza stampa ha detto: In Italia ci sono centinaia di migliaia di politici e affini che godono di stipendi favolosi e di innumerevoli privilegi equivalenti a parecchi miliardi di euro. L’idea è semplice: basta far circolare questa enorme massa di denaro ed il gioco di far muovere l’economia italiana è fatto. Ascoltandolo pensavo che proponesse di eliminare i privilegi dei politici, invece lui ha proposto di aumentarli. Questo il suo ragionamento: lo stipendio serve per procurarsi i beni necessari, non per accumulare conti in banca. Quindi con decorrenza immediata gli stipendi e le pensioni pagate dallo Stato non possono superare i cinquemila euro netti mensili, sono esclusi dal provvedimento i privati. Dopo aver sedato le immediate proteste dei giornalisti rai presenti che vedevano il loro stipendio ridotto di un terzo, ha continuato, per bilanciare la decurtazione avranno tanti benefit a secondo della carica ricoperta. Ha continuato illustrando concretamente la sua proposta potando ad esempio sé stesso. Ha detto: “insieme al mio stipendio di 5000 euro avrò diritto a qualunque cosa mi serva, basterà portare la fattura ed ogni dieci giorni l’economo del ministero mi liquiderà quanto speso. L’albergo, il pranzo, il vestito, il taxi, il bar, qualunque cosa mi serva la prendo e il costo mi sarà rimborsato. Ho pensato di inserire anche la possibilità del noleggio di un veliero per trenta giorni all’anno per accontentare D’Alema. Ho previsto anche spese di compagnia femminile per aderire alle richieste in tal senso del segretario dell’UDC Cesa. La spesa totale per lo stato aumenterà, ma in compenso avremo una grossa circolazione di capitali bloccati. Ne beneficeranno alberghi, artigiani, tassisti, ristoratori ecc”. Ha continuato: “cosa ci fanno Ciampi e la moglie con oltre 50000 euro al mese nel momento che hanno diritto a tutto, compreso un paio di infermiere professionali?” Gli ascoltatori sono rimasti inebetiti dalla semplicità e dall’ efficacia della proposta e subito l’anno trasmessa alle agenzie. Io sono rimasto a pensare al giro di soldi immenso che si sarebbe creato appena approvato il decreto ideato da Tremonti. Così mi sono addormentato e appena sveglio ho acceso il televisore collegandomi su televideo per avere conferma della proposta sentita qualche ora prima. Invece della notizia che cercavo, però, ho letto: riunione urgente della camera per discutere la rimozione di Tremonti da ministro. Tutti i gruppi parlamentari all’unanimità voteranno la sfiducia. La notizia seguente: il ministro Tremonti indagato per attentato alla costituzione. I privilegi dei politici sono un diritto costituzionale.
Le tre guerre d’indipendenza contro l’Austria, necessario preludio all’unificazione d’Italia, erano costate un occhio della testa. E quando infine l’Unità d’Italia divenne realtà, il nuovo stato unificato ereditò un disavanzo di circa 721 milioni di lire. Una cifra astronomica per quei tempi.
Iniziare il cammino di nuova nazione con queste premesse, significava andare verso la sicura catastrofe sociale ed economica..
Come fare per assicurare la vita a questo neonato stato? Dove prendere tutti i soldi necessari alla sua sopravvivenza?
C’era, in Italia, una sola istituzione abbastanza ricca da cui attingere i capitali necessari: la Chiesa.
E come già era successo nel periodo napoleonico, la Chiesa si ritrovò ad essere oggetto delle attenzioni governative per avviare lo stato sociale della nazione. Solo che questa volta non furono i soli ordini mendicanti ad essere presi di mira, ma l’intera istituzione Chiesa con il suo ingente patrimonio terriero ed immobiliare.
Per accaparrarsi tale patrimonio, lo Stato italiano, con un’operazione senza precedenti, intervenne pesantemente nell’economia con due leggi eversive: la Legge del 7 Luglio 1866 e quella del 15 Agosto 1867. Con la prima, tolse il riconoscimento di “ente morale” a tutti gli ordini, corporazioni e congregazione ecclesiastiche acquisendone così i beni che passarono quindi al Demanio dello Stato; con la seconda legge liquidò i beni acquisiti con la prima.
Questa operazione di vendita si protrasse per anni e va sotto il nome di Vendite Beni dell’Asse Ecclesiastico.
L’obiettivo delle due leggi era chiaramente la privatizzazione, ossia la vendita dei beni a privati con lo scopo di incamerarne gli utili. In seguito a queste due leggi e all’annessione di Roma al Regno d’Italia (1870), che metteva fine al potere temporale dei Papi, si aprì un profondo strappo tra il Regno d’Italia e il Vaticano che solo nel 1929 è stato ricucito con i Patti Lateranensi.
Nell’ex Regno delle Due Sicilie, la maggior parte del patrimonio terriero era nelle mani del clero.
La Chiesa carinolese, ricchissima, possedeva centinaia di ettari di terreni, tutto il territorio comunale si può dire, i quali passarono quasi tutti al Demanio dello Stato per essere venduti a privati mediante aste pubbliche che si tenevano a Carinola, Caserta e Formia.
Avendo già perso con le leggi napoleoniche circa 673,2 moggia di terreno appartenenti agli ordini mendicanti soppressi, la Chiesa locale fu ‘alleggerita’ ulteriormente, in maniera molto massiccia, non solo di centinaia di ettari di terreno, ma anche di molti fabbricati che l’art. 20 della Legge del 1866 concedeva ai comuni previa richiesta di pubblica utilità.
Fu così che il 19 Giugno 1869 il Comune comprò il Palazzo Vescovile di Carinola per la somma di 3824,70 lire e quello di Casale per 3107,45 lire mentre l’ 11 Settembre 1873 comprò il Convento per 4200 lire. Il primo divenne Casa Comunale, il secondo Sede del Pretore, poi Scuola Pubblica e Ufficio di Stato Civile e il Convento divenne stazione di monta equina!!!
Questa massiccia operazione di ‘alleggerimento’ del patrimonio ecclesiastico messo in atto dal nuovo stato italiano, andò però ad arricchire chi era già ricco, ossia i vecchi nobili e la nuova borghesia, i quali potevano permettersi di comprare i terreni messi all’asta, diventando così i nuovi latifondisti della nuova Italia.
A Carinola molte famiglie di possidenti comprarono i beni della Chiesa carinolese ingrandendosi ancora di più, ma colui che comprò il maggior numero di terreni messi all’asta fu il signor Giuseppe Saraceni che accumulò un capitale terriero non indifferente.
Qualcun altro, come il signor Gaetano Maccarone, di Angelo, su queste vendite ecclesiastiche ci speculava un po’, comprando e rivendendo poi a prezzo maggiorato.
L’affermazione secondo cui queste due leggi avrebbero avuto il potere di eliminare le differenze sociali permettendo a tutti di comprare terreni, è una delle fole storiche più grosse che siano mai state raccontate. I contadini furono subito esclusi dalle vendite ecclesiastiche a causa delle loro impossibilità economiche e inoltre videro soppressi gli usi civici, ossia quei privilegi secolari di pascolo, raccolta legna ed erba sui fondi altrui che erano stati sempre loro fonte di sostentamento.
I poveri, perdendo queste elementari forme di sussistenza, divennero ancora più poveri e, per molti di loro, la risposta a questa situazione fu darsi alla macchia andando ad ingrossare le file del brigantaggio.
Ma questa è un’altra pagina.
Clio
Fonte: Archivio di Stato-Vendite Beni Asse Ecclesiastico
NB: il moggio carinolese è di 3.534 metri quadri; il passo di 118 metri quadri, il passitello di 1 metro quadro.
Un mio amico mi ha appena mandato via mail due stupende foto della città del centro-nord in cui vive. Un sogno: strade pulitissime, angoli curatissimi; idea di benessere e di civiltà.
Le guardavo con gli occhi, ma la mente vedeva ciò che i tg nazionali stanno mostrando al mondo intero in questi giorni: le strade del Casertano e in particolare quelle di Castelvolturno. Idea di degrado e inciviltà. Soprattutto degrado morale.
Ho vergogna quando vedo queste immagini per televisione e capisco esattamente i sentimenti del mio amico articolista che ha quasi timore a dire che è della provincia di Caserta per non creare nell’altro una reazione allarmistica. Sono anche i miei sentimenti, e forse quelli di tutti noi. Personalmente non credo sia giusto dare solo un’immagine simile della nostra Provincia, perché finiamo per essere tutti affastellati nello stesso fascio e l’opinione che il mondo si fa di noi è quella di accomunarci tutti con l’immondizia e la camorra. Ma così vanno le cose oggi: è importante solo quello che fa notizia. E la notizia del momento è che siamo nella merda!
E’ vero che gli altri sono reticenti a stabilire contatti con noi. Un recentissimo episodio personale me lo ha confermato. Ero in contatto con una studentessa del centro nord per la battitura di una tesi di laurea e tutto era a buon punto, doveva solo mandarmi il materiale. Quando le ho dato l’indirizzo dove figurava la provincia di Caserta, non si è fatta sentire più!
Questo fatto mi ha rattristato non poco.
Appartenere a questa Provincia, nella mente degli altri significa necessariamente avere a che fare con la camorra o col degrado e, per alcuni, neppure i contatti mediatici sono graditi.
Ma non voglio lasciarmi prendere dallo sconforto. Non sono una di quelle che desiderano fuggire da questa realtà: le mie radici sono qui, in questa terra dove sono nata, dove hanno vissuto e vivono i miei, dove riposano i miei morti. Non voglio vergognarmi di essere ciò che sono. Non voglio neanche stare a pensare a tutti i processi storici e politici che ci hanno portato a questo; non sarebbe di grande aiuto, perché come dice un detto popolare: è inutile stare a piangere sul latte versato.
E allora? E allora c’è una sola cosa da fare: fare di questa vergogna dell’appartenenza uno sprono a lottare per un cambiamento. Un vero cambiamento, non di quelli fasulli che si sentono dai balconi in certi periodi elettorali e poi finiscono nel dimenticatoio.
I modi per aiutare il cambiamento sono tanti, primo tra tutti: controllare che l’ Amministrazione comunale in carica faccia il proprio dovere nei confronti della salvaguardia del territorio e dei cittadini. In secondo luogo è necessario collaborare affinché ci si cammini nel verso giusto. Collaborare, se necessario, alla formazione del cittadino, al rispetto delle leggi, alla convivenza civile, denunciando abusi e soprusi, non fermandosi solo a criticare senza muovere un dito e mettendo a disposizione degli altri le proprie competenze e le proprie conoscenze.
E’ necessario che si stabilisca perciò un rapporto di fiducia tra l’Amministrazione comunale e i cittadini ed insieme collaborino a che questo territorio emerga dall’immobilismo e dall’arretratezza a cui è stato condannato da tanti anni. Se non c’è questo rapporto di fiducia e collaborazione, il processo di crescita non potrà incamminarsi e ogni passo in avanti verrà ostacolato da pregiudizi, interessi privati e politici. E’ questa la realtà dei fatti, che piaccia o no!
Collaborazione però non significa accettare passivamente le decisioni che vengono dall’alto, o non significa essere schiavi dei cittadini, significa invece tenere aperto sempre un canale comunicativo di confronto tra le due parti e che possa rivelarsi uno scambio continuo di idee, aiuti e sostegni per la crescita a 360 gradi del territorio.
Aspettare che arrivi il deus ex machina dal cielo a risolverci problemi è quanto mai puerile e vittimistico. Arriva il momento in cui ci si deve accorciare le maniche e cominciare a costruire seriamente.
Credo che questo momento sia arrivato. Per il bene di tutti noi.
L'estate con tutte le sue gioiose manifestazioni è finita, Carinola, come tutta l'Italia, torna alla cruda realtà.
Abbiamo un nuovo Governo Nazionale di Centro Destra e anche Carinola per la prima volta nella storia moderna annovera una compagine di centro destra, anomala perchè guidata da un ex comunista oggi socialista per avvalersi dell'appoggio politico e istituzionale dell'On. Gennaro Oliviero.
Tutto regolare, tutto legittimo ma ora bisogna passare ai fatti e i fatti sono un Comune senza piano regolatore, un cimitero di cui si è tanto discusso e per il quale nessuna decisione è stata presa, un' attività politica molto di facciata ma poco concreta e con scarsa incisività rispetto ai problemi atavici che gravano sull'intera comunità.
Un altissimo tasso di disoccupazione preoccupa oltre misura le famiglie che vedono i loro giovani sparire verso mete lontane, è indubbiamente un problema annoso ma il piglio con cui questa compagine ha affrontato la trascorsa campagna elettorale ha creato non poche aspettative.
Ricordo come oggi un appassionato intervento dell'attuale vice Sindaco Dr De Risi, dal balcone di Casanova, elencare una serie di iniziative che, qualora intraprese, avrebbero dato lavoro a centinaia di giovani. Ad oggi, però, abbiamo un concorso per la nomina di Vigili Urbani precari miseramente abortito in quanto nessun concorrente ha superato la prova scritta.
E' partita discretamente la raccolta differenziata dei rifiuti ma solo una minima parte degli addetti è formata da Carinolesi, e anche coloro che ci stanno sono a tempo determinato.
Doveva partire a spron battuto l'approvazione del PUC capace di dare una spinta produttiva derivante da nuovi insediamenti urbanistici ma, ad oggi, nessun segnale.
La luna di miele ed i primi cento giorni sono ormai un ricordo, e Carinola con i suoi abitanti non può più aspettare: ha bisogno di segnali di ripresa forti ed inequivocabili, la stagione delle promesse è finita ma la eterogeneità di questa compagine non lascia intravedere grandi cose, ogni leader coltiva il suo orticello e i personalismi superano di gran lunga la collegialità; ogni referente sta molto attento a non deludere i suoi, personali, sostenitori e nessuno forza la mano per prendere decisioni concrete.
Pongo ai lettori queste osservazioni e spero, vivamente, di essere smentito dai fatti e chiedo a voi tutti un giudizio politico ma non di parte su quanto è stato fatto e su quanto si creda si possa fare, qual è il livello di gradimento per questa Amministrazione e quali sono le aspettative.
Gradirei risposte concrete, dure ma corrette, senza insulti ma capaci di fotografare l'umore del momento.
Da queste pagine possono partire utili suggerimenti e costruttive proposte offrendo uno spaccato della nostra società e al tempo stesso un utile servizio di denuncia o di semplice segnalazione, necessario per evitare che si possa dire "Io non lo sapevo".
Quando ero bambino, litigavo continuamente con mio fratello più piccolo a cui facevo sempre dispettucci. E lui, furioso, mi diceva piagnucolando: “mo’ ci’u vac’a dice a mammà e te facciu vatte!”
Questa frase mi è venuta in mente sentendo, qualche giorno fa, una notizia al tg: Ignazio La Russa, ministro della Difesa, ha disapprovato Roberto Maroni, ministro dell’Interno che, facendo le sue considerazioni sui fatti di Castelvolturno, ha etichettato l’episodio come “guerra civile”.
La Russa ha ‘osato’ non essere d’accordo con Maroni che, come un bambino indispettito, si è rivolto a ‘mamma’ Silvio per ristabilire l’ordine! E il Berluska, da buona mammina, li ha accontentati tutti e due, inviando a Castelvolturno sia l’esercito che la polizia.
La cosa mi ha fatto molto sorridere, ma mi ha fatto anche molto pensare.
Da un episodio così banale e anche umoristico, se vogliamo, traspaiono i rapporti di sudditanza e complicità che uniscono tutti i membri di questa maggioranza parlamentare al loro leader Berlusconi e le concessioni che quest’ultimo fa per tenerseli tutti buoni.
Il Berluska è la piovra che li tiene tutti avvinghiati a sé. E’ l’entità pensante che non ammette deviazioni di pensiero. Chi per caso, o per volere, mette in moto il proprio cervello e comincia a pensare autonomamente, viene subito riportato nei ranghi mediante la solita zolletta di zucchero.
Non voglio soffermarmi sull’aspetto politico che viene ampiamente discusso in ogni spazio mediatico e non. Voglio soffermarmi proprio su questo aspetto: la possibilità di pensare nell’attuale maggioranza.
Non esiste, in questa maggioranza, l’individuo pensante. Esiste invece l’uniformità di pensiero, o meglio l’uniformità al pensiero del capoccia.
Chiunque segua i tg o legga i giornali, può rendersi facilmente conto che i parlamentari di maggioranza sono sempre tutti concordi su tutto. Non si smentiscono mai gli uni con gli altri. La pensano tutti allo stesso modo. Non tanto sulle cose del governo su cui è bene siano tutti d’accordo, quanto su ciò che riguarda le vicende giudiziarie del loro leader, facendo passare delle leggi scandalose rivolte a proteggerne la persona e il patrimonio. Sembrano burattini fatti in serie con lo stesso, identico stampo, manovrati da un esperto burattinaio.
O forse sarebbe meglio dire che sembrano esponenti di una cosca tenuti insieme da legami di complicità al loro mammasantissima.
Se capita un episodio come quello di qualche giorno fa, in cui uno di loro dissente minimamente in qualche cosa, ecco che arriva il contentino e il dissidente viene subito rimesso in riga.. Non è bene che ci sia difformità di pensiero!
Non c’è dialettica, non c’è confronto, non c’è scontro; neanche uno piccolo piccolo! C’è invece un tragico appiattimento di tutte le funzioni intellettive.
Per dirla in termini medici: elettroencefalogramma piatto. E questo significa morte dell’individuo.
Allora viene da chiedersi: come è possibile che tutte queste persone ruotino intorno a un uomo come api intorno alla propria regina? E’ veramente la gran voglia di migliorare l’Italia che li tiene tutti così assurdamente uniti e soggetti o è qualche altra cosa?...
Scusatemi, ma voglio essere malpensante: è qualche altra cosa.
Come si dice in un altro post, sono i soldi del Berluska che tappano la bocca, chiudono gli occhi, otturano le orecchie, ma soprattutto offuscano il cervello, producendo la perdita della cosa più preziosa che possa esistere per un uomo: la libertà di pensiero.
Alla fine, questo loro svolazzare intorno ad una sagoma, non è il dolce e onesto lavoro delle api intorno alla loro produttiva regina, ma è piuttosto il putrido e stomachevole volteggiare delle mosche intorno al loro signore.