In circa sette secoli di vita, la diocesi di Carinola ha visto la presenza, all’interno dei vari centri interessati dalla sua giurisdizione, di diverse confraternite, alcune delle quali ancora oggi sopravvivono. Le realtà antropiche (spesso solo piccoli villaggi) dell’ex diocesi calena erano: santa Croce e san Bartolomeo (uniti sotto la chiesa parrocchiale di santa Croce), san Donato e sant’Aniello (uniti sotto la chiesa parrocchiale di san Donato), san Ruosi e Ventaroli (uniti sotto la chiesa parrocchiale di S. Maria de Episcopia sostituita nella funzione nel 1722 dalla chiesa dei santi Filippo e Giacomo), Nocelleta (oggi Nocelleto, sotto la chiesa parrocchiale di san Sisto), Casale (con i suoi tre abitati - Santo Janni (san Giovanni), Casale di mezzo e Vignale, soggetti alla chiesa parrocchiale dei santi Giovanni e Paolo), Casanova (con i suoi tre abitati -Casanova, Carani e Lorenzi- sottoposti alla chiesa parrocchiale di san Pietro), Falciano (con i suoi due abitati di Capo e Selice sottoposti rispettivamente alle chiese parrocchiali di san Pietro e dei santi Rocco e Martino) e infine la Terra di Mondragone (con i suoi tre nuclei abitati di Mondragone, sant’Angelo e san Nicola, sottoposti rispettivamente alla Collegiata di San Giovanni, di san Rufino intra moenia, di sant’Angelo e di san Nicola).
Numerose realtà, dunque, caratterizzate dalla profonda povertà del luogo, soffocato da un rigido sistema feudale e da condizioni d’insalubrità. Fattori, questi, che per secoli hanno frenato lo sviluppo di queste terre. Volendo tracciare una cronistoria delle congregazioni del territorio attraverso le sparute fonti a tal riguardo, possiamo individuare le più antiche confraternite a partire dalla fine del XVI secolo. Grande aiuto alla ricerca è offerto dalle relazioni sullo stato della diocesi (Relationes ad limina) che i vescovi caleni, a partire dal 1589, dovevano presentare alla Sacra Congregazione del Concilio a Roma.
Le relationes ad limina furono lo strumento col quale la Chiesa, uscita dal Concilio di Trento (1545-1563), cercò di controllare l’operato e lo stato delle diocesi attraverso una descrizione delle istituzioni ecclesiastiche e della vita religiosa, a cura dei vescovi attraverso visite triennali delle diocesi di loro pertinenza.
Nelle “relazioni”, quindi, si descriveva non solo lo stato materiale delle diocesi, ma si dava traccia anche dei rapporti tra il vescovo e il Capitolo diocesano, dei rapporti con i religiosi locali, del funzionamento dei seminari, degli ospedali e di quant’altro rappresentava una struttura della chiesa operante nella diocesi, ivi comprese le confraternite dei laici. Attraverso questi preziosi documenti è possibile ricostruire lo stato delle diocesi. Nel caso di quella carinolese emergeva la triste realtà poc’anzi accennata, tanto che nemmeno la chiesa locale possedeva rendite cospicue.
Il regime di povertà, quindi, era piuttosto diffuso. In molti casi, infatti, furono gli stessi vescovi ad impiegare i propri denari per l’abbellimento della sede episcopale o di altre chiese del territorio diocesano. Prima di quella data, quindi, non è possibile rintracciare documenti che attestino la presenza nel territorio di associazioni cattoliche, lasciando tutto a ipotesi discutibili.
Nel 1590 il vescovo Nicola Antonio Vitellio riferisce, nella sua relazione, della presenza nella sua diocesi di alcune confraternite, quali: del S.mi Rosarij, di S.ti Rocchi, di S.ti Pauli; mentre a Carinola risultavano attive le confraternite del Sanctissimi Corporis Christi e dell’Annunciatione. Nella relazione del 1607, invece, risultano attive quelle del SS. Corpo, del Rosario e dell’Annunciazione e quelle del SS. Corpo e del Rosario nella chiesa dei frati francescani (complesso dell’Annunziata, ora di san Francesco) nella “Terra murata” di Mondragone.
Si può affermare, alla luce delle due relazioni sopraccitate, che dalla fine del XVI secolo nel territorio carinolese diverse erano le confraternite attive. Non è da escludere, però, che le stesse fossero attive prima di fine XVI secolo, com’è probabile che altre ve ne fossero state, ma che alla data della relazione di mons. Vitellio erano state ormai già destituite.
Del resto, queste associazioni laiche erano fortemente legate al contesto sociale, politico ed economico delle realtà in cui sorgevano e, se queste ultime non erano molto ricche, si assisteva al frequente “formarsi e concludersi” e a volte ricostituirsi a distanza di anni di tali movimenti legati alla preghiera e all’assistenza ai bisognosi. Ciò fa comprendere, in modo inequivocabile, quanto vivo, forte e costante fosse il “bisogno di Dio” nel territorio preso in esame. Bisogno tanto pressante da impegnare le popolazioni di queste terre, sebbene perlopiù povere e impegnate nel lavoro dei campi e della pastorizia per quasi tutto il giorno, nella ricerca di luoghi “fisici” oltre che spirituali per adorare il Padre. Stessa sorte, dunque, ha potuto subire la Confraternita delle Anime Sante del Purgatorio operante nella chiesa di san Pietro di Casanova. La realtà di Casanova doveva risultare alquanto attiva dal punto di vista religioso se, agli inizi del XVIII secolo, nella chiesa parrocchiale agivano ben tre congregazioni.
Da una descrizione dell’edificio parrocchiale del 1690, infatti, risultano attive nella chiesa le seguenti confraternite: del Monte dei Morti di Roma; del SS. Rosario unita al Santissimo. La confraternita del Monte dei Morti disponeva di un altare dedicato alla Vergine del Suffragio, posto sulla parete di fondo della navata laterale sinistra partendo dall’ingresso. L’altare era utilizzato per svolgere tutte le funzioni proprie della confraternita. Vi era anche un economo, col compito di provvedere alle spese e agli introiti.
Le entrate erano date da alcune somme a cadenza fissa e, quando queste venivano meno, la confraternita traeva sostentamento dalle offerte caritatevoli. Sempre nella chiesa, sulla parete di fondo della navata laterale di destra vi era l’altare della confraternita del SS. Rosario, unita a quella del Santissimo, ognuna con proprio economo e con una rendita annua di cinquanta ducati.
Numerose realtà, dunque, caratterizzate dalla profonda povertà del luogo, soffocato da un rigido sistema feudale e da condizioni d’insalubrità. Fattori, questi, che per secoli hanno frenato lo sviluppo di queste terre. Volendo tracciare una cronistoria delle congregazioni del territorio attraverso le sparute fonti a tal riguardo, possiamo individuare le più antiche confraternite a partire dalla fine del XVI secolo. Grande aiuto alla ricerca è offerto dalle relazioni sullo stato della diocesi (Relationes ad limina) che i vescovi caleni, a partire dal 1589, dovevano presentare alla Sacra Congregazione del Concilio a Roma.
Le relationes ad limina furono lo strumento col quale la Chiesa, uscita dal Concilio di Trento (1545-1563), cercò di controllare l’operato e lo stato delle diocesi attraverso una descrizione delle istituzioni ecclesiastiche e della vita religiosa, a cura dei vescovi attraverso visite triennali delle diocesi di loro pertinenza.
Nelle “relazioni”, quindi, si descriveva non solo lo stato materiale delle diocesi, ma si dava traccia anche dei rapporti tra il vescovo e il Capitolo diocesano, dei rapporti con i religiosi locali, del funzionamento dei seminari, degli ospedali e di quant’altro rappresentava una struttura della chiesa operante nella diocesi, ivi comprese le confraternite dei laici. Attraverso questi preziosi documenti è possibile ricostruire lo stato delle diocesi. Nel caso di quella carinolese emergeva la triste realtà poc’anzi accennata, tanto che nemmeno la chiesa locale possedeva rendite cospicue.
Il regime di povertà, quindi, era piuttosto diffuso. In molti casi, infatti, furono gli stessi vescovi ad impiegare i propri denari per l’abbellimento della sede episcopale o di altre chiese del territorio diocesano. Prima di quella data, quindi, non è possibile rintracciare documenti che attestino la presenza nel territorio di associazioni cattoliche, lasciando tutto a ipotesi discutibili.
Nel 1590 il vescovo Nicola Antonio Vitellio riferisce, nella sua relazione, della presenza nella sua diocesi di alcune confraternite, quali: del S.mi Rosarij, di S.ti Rocchi, di S.ti Pauli; mentre a Carinola risultavano attive le confraternite del Sanctissimi Corporis Christi e dell’Annunciatione. Nella relazione del 1607, invece, risultano attive quelle del SS. Corpo, del Rosario e dell’Annunciazione e quelle del SS. Corpo e del Rosario nella chiesa dei frati francescani (complesso dell’Annunziata, ora di san Francesco) nella “Terra murata” di Mondragone.
Si può affermare, alla luce delle due relazioni sopraccitate, che dalla fine del XVI secolo nel territorio carinolese diverse erano le confraternite attive. Non è da escludere, però, che le stesse fossero attive prima di fine XVI secolo, com’è probabile che altre ve ne fossero state, ma che alla data della relazione di mons. Vitellio erano state ormai già destituite.
Del resto, queste associazioni laiche erano fortemente legate al contesto sociale, politico ed economico delle realtà in cui sorgevano e, se queste ultime non erano molto ricche, si assisteva al frequente “formarsi e concludersi” e a volte ricostituirsi a distanza di anni di tali movimenti legati alla preghiera e all’assistenza ai bisognosi. Ciò fa comprendere, in modo inequivocabile, quanto vivo, forte e costante fosse il “bisogno di Dio” nel territorio preso in esame. Bisogno tanto pressante da impegnare le popolazioni di queste terre, sebbene perlopiù povere e impegnate nel lavoro dei campi e della pastorizia per quasi tutto il giorno, nella ricerca di luoghi “fisici” oltre che spirituali per adorare il Padre. Stessa sorte, dunque, ha potuto subire la Confraternita delle Anime Sante del Purgatorio operante nella chiesa di san Pietro di Casanova. La realtà di Casanova doveva risultare alquanto attiva dal punto di vista religioso se, agli inizi del XVIII secolo, nella chiesa parrocchiale agivano ben tre congregazioni.
Da una descrizione dell’edificio parrocchiale del 1690, infatti, risultano attive nella chiesa le seguenti confraternite: del Monte dei Morti di Roma; del SS. Rosario unita al Santissimo. La confraternita del Monte dei Morti disponeva di un altare dedicato alla Vergine del Suffragio, posto sulla parete di fondo della navata laterale sinistra partendo dall’ingresso. L’altare era utilizzato per svolgere tutte le funzioni proprie della confraternita. Vi era anche un economo, col compito di provvedere alle spese e agli introiti.
Le entrate erano date da alcune somme a cadenza fissa e, quando queste venivano meno, la confraternita traeva sostentamento dalle offerte caritatevoli. Sempre nella chiesa, sulla parete di fondo della navata laterale di destra vi era l’altare della confraternita del SS. Rosario, unita a quella del Santissimo, ognuna con proprio economo e con una rendita annua di cinquanta ducati.
La confraternita del Purgatorio, al 1690, possedeva un altare nella chiesa di san Pietro dedicato alla Vergine del Suffragio (una tela di buona fattura dell’artista Geronimo Boccia, che ancora oggi si conserva nella chiesa, posta sulla parete di fondo della navata di sinistra) e cosa ancora più importante era legata al Monte dei Morti di Roma. Da ciò che resta nella chiesa parrocchiale, si può affermare che la Confraternita era abbastanza ricca, visto che la sua cappella era dotata di un pregevole altare in marmi policromi del XVIII secolo. Anche la confraternita di Casanova, come quelle del SS. Crocifisso e del Monte dei Morti della vicina Sessa Aurunca fondata nel 1575 e di quella della Rocca di Mondragone, era legata all’Arciconfratrenita del SS. Crocifisso in san Marcello al Corso, a Roma, la cui origine risale al 1519.
Essere legati ad una confraternita più grande implicava vantaggi di diversa natura per la confraternita “satellite”. Per ciò che attiene al Monte dei Morti si trattava di un’istituzione con lo scopo di raccogliere e gestire offerte e lasciti, onde poi utilizzarli per fini caritatevoli e per il sostentamento della congrega a cui era annesso. All’atto della nuova fondazione della confraternita casanovese nel 1786 all’interno della struttura esisteva un proprio Monte dei Morti. Circa l’origine della confraternita casanovese le tradizioni locali ne fanno risalire la fondazione prima di quella di Sessa Aurunca.
Purtroppo, niente di documentato ci porterebbe a rendere certa tale tesi e, pertanto, considerare quella in esame come la confraternita più antica della diocesi di Sessa in cui Carinola rientrava e rientra tutt’oggi, a seguito della soppressione della sede episcopale avvenuta nel 1818. “Antica” è, tuttavia, l’aggettivo usato per qualificare la confraternita nella Supplica del 1786 indirizzata a Ferdinando I di Borbone per farne accettare lo statuto presentato alla Real Camera di santa Chiara, organismo che i nuovi sovrani di Napoli sostituirono al Consiglio Collaterale, massimo organismo politico, amministrativo e giudiziario del viceregno. Alla supplica fu allegato il documento in cui si esponevano i fini religiosi, caritatevoli e le regole della Confraternita delle Anime Sante del Purgatorio. Nel territorio di Carinola solo due confraternite presentarono lo statuto per il riconoscimento regio: quella di Casanova e quella della Confraternita dell’Immacolata Concezione di Carinola.
È d’uopo, a questo punto, capire perché l’archivio della “Regal Camera S. Clarae” fosse, a partire dalla metà del XVIII secolo, pieno di richieste di riconoscimenti da parte delle centinaia di confraternite esistenti nel Regno di Napoli. A seguito del concordato stipulato tra Papa Benedetto XIV e Carlo III nel 1741, le confraternite passarono sotto il controllo dello stato e, pertanto, dovettero presentare ufficiale richiesta riconoscimento.
Si trattava, quindi, di una chiara volontà da parte del sovrano borbonico di controllare tutti i numerosi organismi ecclesiastici fonte d’ingenti patrimoni i quali, in più occasioni, avevano fatto gola ai sovrani europei, specie durante i periodi di crisi.
Le grandi confraternite, infatti, nella loro secolare esistenza avevano incamerato patrimoni immensi e non tassabili, perché sotto il diretto controllo della Chiesa. Bisognava, dunque, porre un freno allo strapotere finanziario di queste istituzioni. Laddove non riuscirono i sovrani dell’Ancien Régime intervennero i cambiamenti sociali e politici a seguito dei moti rivoluzionari scoppiati tra XVIII e XIX secolo e alle leggi eversive. Con i nuovi assetti socio – politici questi organismi furono fortemente perseguitati, fino a decretarne soppressione e confisca dei beni in favore dello Stato. Furono risparmiate solo le confraternite delle quali erano ben noti i fini caritatevoli e i cui beni furono comunque accorpati alle Congregazioni di Carità.
Tratto da: C. VALENTE, Una confraternita nell’antica diocesi di Carinola. La Confraternita delle Anime Sante del Purgatorio di Casanova di Carinola, Marina di Minturno 2004.
L’autore
Essere legati ad una confraternita più grande implicava vantaggi di diversa natura per la confraternita “satellite”. Per ciò che attiene al Monte dei Morti si trattava di un’istituzione con lo scopo di raccogliere e gestire offerte e lasciti, onde poi utilizzarli per fini caritatevoli e per il sostentamento della congrega a cui era annesso. All’atto della nuova fondazione della confraternita casanovese nel 1786 all’interno della struttura esisteva un proprio Monte dei Morti. Circa l’origine della confraternita casanovese le tradizioni locali ne fanno risalire la fondazione prima di quella di Sessa Aurunca.
Purtroppo, niente di documentato ci porterebbe a rendere certa tale tesi e, pertanto, considerare quella in esame come la confraternita più antica della diocesi di Sessa in cui Carinola rientrava e rientra tutt’oggi, a seguito della soppressione della sede episcopale avvenuta nel 1818. “Antica” è, tuttavia, l’aggettivo usato per qualificare la confraternita nella Supplica del 1786 indirizzata a Ferdinando I di Borbone per farne accettare lo statuto presentato alla Real Camera di santa Chiara, organismo che i nuovi sovrani di Napoli sostituirono al Consiglio Collaterale, massimo organismo politico, amministrativo e giudiziario del viceregno. Alla supplica fu allegato il documento in cui si esponevano i fini religiosi, caritatevoli e le regole della Confraternita delle Anime Sante del Purgatorio. Nel territorio di Carinola solo due confraternite presentarono lo statuto per il riconoscimento regio: quella di Casanova e quella della Confraternita dell’Immacolata Concezione di Carinola.
È d’uopo, a questo punto, capire perché l’archivio della “Regal Camera S. Clarae” fosse, a partire dalla metà del XVIII secolo, pieno di richieste di riconoscimenti da parte delle centinaia di confraternite esistenti nel Regno di Napoli. A seguito del concordato stipulato tra Papa Benedetto XIV e Carlo III nel 1741, le confraternite passarono sotto il controllo dello stato e, pertanto, dovettero presentare ufficiale richiesta riconoscimento.
Si trattava, quindi, di una chiara volontà da parte del sovrano borbonico di controllare tutti i numerosi organismi ecclesiastici fonte d’ingenti patrimoni i quali, in più occasioni, avevano fatto gola ai sovrani europei, specie durante i periodi di crisi.
Le grandi confraternite, infatti, nella loro secolare esistenza avevano incamerato patrimoni immensi e non tassabili, perché sotto il diretto controllo della Chiesa. Bisognava, dunque, porre un freno allo strapotere finanziario di queste istituzioni. Laddove non riuscirono i sovrani dell’Ancien Régime intervennero i cambiamenti sociali e politici a seguito dei moti rivoluzionari scoppiati tra XVIII e XIX secolo e alle leggi eversive. Con i nuovi assetti socio – politici questi organismi furono fortemente perseguitati, fino a decretarne soppressione e confisca dei beni in favore dello Stato. Furono risparmiate solo le confraternite delle quali erano ben noti i fini caritatevoli e i cui beni furono comunque accorpati alle Congregazioni di Carità.
Tratto da: C. VALENTE, Una confraternita nell’antica diocesi di Carinola. La Confraternita delle Anime Sante del Purgatorio di Casanova di Carinola, Marina di Minturno 2004.
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