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mercoledì 20 ottobre 2010
riflessioni amatriciane su Marrese
martedì 19 ottobre 2010
Traduzione delle dichiarazioni di Marrese
Paroloni? Può darsi. Ma per fortuna ci sono ancora gli stronzi come me che a questi paroloni ci credono. Perché? E vallo a sapere il perché! Potrei dire perché leggo, studio, analizzo, discerno e tante belle cose simili. No, niente di tutto questo. Semplicemente perché parlo con la gente.
Sento, ascolto, vivo il paese e la comunità in maniera attiva e sento le lamentale della gente, conosco i loro bisogni, quelli detti e quelli non detti. Conosco il loro malcontento a cui, chiaramente, si associa il mio.
La mia voglia di conoscere e capire mi ha portato a leggere, su un altro sito di Carinola, la bella lettera di Antimo Marrese. Molto retorica. Emblema di questa Italia che da anni ci governa, ci imbavaglia e ci raggira. Dapprima con fine astuzia, ora con palese bassezza. Antimo, figlio politico di questa Italia a basso costo, sta forse preparando le giustificazioni per la sua ennesima discesa in campo? Certo che si!
Ci sta dicendo molto chiaramente, per chi la retorica la mastica, che se non hai un partito politico alle spalle che ti sostiene non vali niente come amministratore. E su questo siamo d’accordo: così è. Chi ha più polvere spara e lui, da buon soldato, continua a combattere perchè forse non ha ancora trovato il partito che gli fornisca tanta di quella polvere da sparo da fargli esaurire tutte le sue cartucce. Ma forse, a questo punto, avrebbe bisogno di un cannone.
Ci sta dicendo che solo loro, gli intoccabili della casta, possono aspirare ad amministrare il tesoro del Tempio e che le competizioni elettorali sono aperte solo ai volponi come lui che sanno dove e come stanare le prede. Sta dicendo ai comuni cittadini che potrebbero avere velleità politiche e potrebbero persino essere votati grazie alla stima e al prestigio di cui godono nella comunità, che è meglio che se le facciano passare. Ci sta anche dicendo che ha una fottuta paura che queste velleità potrebbero concretizzarsi e lui rischia di perdere la possibilità di allattarsi ancora per un po’. E ci sta ancora dicendo che noi comuni cittadini non valiamo quattro ceci perché non sappiamo proporre niente di buono, se non cose irraggiungibili e assurde nel concitato periodo elettorale. E come mai lui stesso, in quel periodo, è stato il primo ad appropriarsi di tutte le proposte fatte da cittadini su questo blog? Poveretto, perché era talmente a corto di proposte valide che si è buttato su quelle misere e irrealizzabili di giovani “incapaci”.
Mi dispiace caro Antimo, ma le tue manovre non hanno una buona copertura e sanno di stantio come un formaggio rancido. Non tutti sono stupidi o passivi. E tirare in ballo i comuni cittadini in quel modo è stata sicuramente una mossa meschina più che sbagliata.
Quali grandi proposte ti aspetti da loro se non siete stati capaci di amministrare neppure nell’ordinarietà? Che cosa dovremmo proporre se non le cose di sempre che non ci sono mai state date? Te le faccio io le proposte in questa sede, quelle che non ci stancheremo mai di pretendere: paesi puliti e curati; controllo, tutela e valorizzazione dell’ ambiente e dei beni storico-artistici; un minimo di servizi sociali che abbiano attenzione verso i più deboli; un minimo di servizi ludici per i bambini e i vecchi. Cose normalissime e che ritrovi anche nei cosiddetti paesi del terzo mondo. Quante volte lo dobbiamo dire? Volete che vi diciamo anche come farle queste cose? E allora voi che cazzo ci andate a fare su quel Comune se non riuscite a partorire un’idea e a concretizzarla e ve l’aspettate da noi cittadini che, anche per ottenere cose banalissime, dobbiamo passare sotto le vostre forche caudine?
Ma lo sapete che avete rotto? Ma rotto, rotto, rotto!
Ecco, se proprio ci tenete, mettete un bel contenitore colorato nell’atrio del Comune dove i cittadini possano imbucare le loro proposte e come realizzarle, oppure create uno spazio sul sito ufficiale del Comune dove poterle mandare, così ci amministriamo da soli. Noi ce la suoniamo e noi ce la cantiamo. E sarebbe la cosa migliore!
Mister No
Dichiarazione di Marrese (pubblicata su carinola.net):
Come sempre capita nei periodi pre-elettorali, si avverte un fermento di idee che, a prima vista, sembrano preludere a un impegno di molti cittadini per la proposizione di nuove liste, magari con persone che nel passato non si sono esposte nell’agone politico.
A ciò si aggiungono le inevitabili proposte di chi sponsorizza eventuali candidati per le cariche più varie, in primis ovviamente, quella di sindaco.
Tutto legittimo, per carità, e anche auspicabile. se la cosa viene vista nell’ottica di una più ampia partecipazione intesa a proporre novità nel campo amministrativo della nostra nobile e bella terra a volte non governata con rigore e capacità. Ma è proprio così?
Quasi sempre si tratta di proposte velleitarie di cittadini che si svegliano dal loro letargo solo in un determinato periodo ben preciso. Disegni utopici perché non propositivi, ma basati solo su una vaga, forse anche gattopardesca, voglia di “cambiare”, eliminando buono e cattivo del passato; calpestando tesori di esperienza accumulati attraverso annose militanze; idealità cresciute insieme a chi davvero e a lungo ha profuso il proprio impegno.
E sempre ci si dimentica che non basta la buona volontà (ammesso che ci sia…), non basta essere “nuovi” per far bene. Non si può pretendere di amministrare a prescindere dai partiti e dalla politica, come se questi fossero vecchi arnesi da riporre per sempre. Anzi proprio in essi possiamo trovare nuove spinte, coesioni, occasioni, di andare avanti in modo moderno e utile per la cittadinanza. Possiamo noi procedere a ruota libera, senza il supporto che le strutture partitiche –anche e forse soprattutto in questi tempi difficili- garantiscono? Sono proprio i tanti bistrattati partiti quelli ai quali gli amministratori locali possono rivolgersi per attuare gli interventi indispensabili a migliorare la vita comunale. Fare a meno della “benedizione” loro significa astrarsi dalla realtà e rincorrere fumose chimere, magari belle sulla carta ma di nessuna utilità per la cittadinanza.
Dicevamo delle varie proposte che, quasi sempre, invocano come salvatore della patria qualcuno che, più che offrire garanzie o avere cultura politica e sincerità di propositi, può vantare altre doti che nulla centrano con la buona amministrazione, come ad esempio: bella presenza, un nome più o meno prestigioso, una solida posizione finanziaria e altre “virtù” del genere. Ma, signori, cerchiamo se non è chiedere troppo, di ragionare con la testa! Il governo sia pure di un piccolo comune, non è il concorso di Miss Italia! Sono richieste esperienza e reale impegno, capacità di districarsi nella complessa macchina della politica, dove sicuramente spesso vengono disattese le richieste dei cittadini, ma che è sarà sempre l’unico percorso col quale si assicura una civile convivenza, un miglioramento delle condizioni di tutti, anche se lento e incostante, e –soprattutto- il dono inestimabile della democrazia. A questo compito non ci si improvvisa: è troppo serie e arduo perché venga affidato a goliardi e pavoni, buoni, sì, a parlare e sparlare, ma non ad altro.
Certo è da mettere in conto anche il momento di reale crisi che i partiti attraversano, visti spesso come veicoli per arrivare a una meta che è solo vetrina personale e non impegno a favore e in nome della collettività.
L’attuale legge elettorale, che doveva risolvere annosi problemi e permettere alleanze solide e durature, si rivela ogni giorno di più una iattura che realizza l’esatto contrario, spingendo –vorremmo dire: obbligando…- i politici di qualsiasi livello, ma soprattutto quelli che operano in ambito locale, ad aggregazioni estremamente variabili e, spesso, anche “innaturali”.
La prossima tornata elettorale della primavera del 2011 affrontiamola con schiettezza, parlando dei problemi reali e proponendo rimedi che non siano quelli, ripetiamo velleitari, di buttare via insieme all’acqua sporca anche il bambino che stiamo lavando.
Antimo Marrese
ex capogruppo PD al Comune di Carinola
domenica 17 ottobre 2010
I Dioscuri carinolesi
giovedì 14 ottobre 2010
La scuola tra passato, presente e futuro
Come sapete nelle primarie di Casanova, sono state momentaneamente dislocate due sezioni delle medie (B-C), mentre la sezione A nelle primarie di Carinola, struttura altrimenti inutilizzata. Questo si è deciso in un tavolo dove hanno partecipato funzionari del comune, la commissaria, e naturalmente il Consiglio scolastico, riunitisi per prendere delle decisioni su come organizzarsi in vista dell’inizio del nuovo anno scolastico. Per chi non lo sapesse le scuole medie sono oggetto di lavori di ristrutturazione interna ed esterna, adeguamento alle vigenti norme di sicurezza, di igiene, e di abbattimento delle barriere architettoniche. Lavori per trecentomila euro, con fondi arrivati dall’Inail, durante la scorsa gestione Mannillo. Qualcuno temeva disagi, e invece sembra di no. Una maestra mi faceva notare, l’altro giorno, come tutto fosse stato organizzato con attenzione, cominciando dal fatto che i ragazzini delle medie non entrano dalla porta principale, utilizzata invece da quelli delle elementari. Così come per l’uso dei bagni, sono stati presi dei semplici accorgimenti. Insomma, a parte qualche scritta sui muri in più, tutto fila liscio, anche perché per dicembre l’edificio delle medie dovrebbe essere consegnato dalla ditta. Ma per ora il paese sembra un altro la mattina, non si vedevano da tempo così tanti genitori accompagnare decine di ragazzini allegri.
Pensate un po’, come sarebbe se tutti gli alunni del comune crescessero in un’unica struttura pubblica, oppure tutti quelli delle elementari insieme e tutti quelli delle medie in un'altra struttura. Un sogno? Forse, no. Se solo si capisse qualcosa in più sul famoso Polo Scolastico. Sappiamo per ora che i lavori, assegnati dalla Stazione unica appaltante verso i primi di agosto alla ditta Vincenzo Modugno Costruzioni e Restauri, sembra prevedano la costruzione di una sola struttura dal costo di due milioni di euro (finanziamenti arrivati nella scorsa gestione). Lavori tuttavia non ancora cominciati. A quei soldi vanno però inclusi costi di progettazione ed il costo del terreno espropriato ad un cittadino di Carinola. Verrà realizzato un quarto di Polo quindi, se non dovessero arrivare altri quattro milioni? Sembra proprio di si. E allora la popolazione in che modo può “pretendere” che la struttura si trasformi da sogno in realtà? Diamoci delle risposte, concrete possibilmente.
Ricordo una mia professoressa delle scuole medie, gentile, preparata e con una vocazione. Per quanto fossi un ragazzino abbastanza diligente, spesso capitava di distrarmi, ma pochissimo durante le ore della prof.ssa S., sempre pronta a crearci attività interessanti, divertenti e ora capisco, molto istruttive. Fra queste ,ricordo quelle in scienze naturali, in cui lei approfittava per parlarci di tutto, dall’importanza della tutela dell’ambiente (per lei questa era la vera fissa), alla prevenzione all’Aids, alla distinzione fra droghe leggere e droghe pesanti, quindi l’educazione sessuale, anche con convegni nell’atrio. E poi gli opuscoli della prof.ssa S. sull’ecosistema del territorio carinolese a cui seguivano le “gite”, che credo non siano state più fatte. Un giorno ci portarono su Monte Massico, noi ragazzini di terza media, consigliandoci di indossare scarpe adatte alla camminata. Ci mostravano le piante, ci facevano associare il nome delle piante alle splendide forme arboree delle nostre montagne. Speravamo di vedere qualche animale, ma non ricordo se riuscimmo a vederlo. Pranzammo lassù. Poi stanchissimi scendemmo, felici come può esserlo un bambino dopo una bella gita di primavera. Per buona sorte, oltre al piacevole ricordo, mi sono rimaste impresse anche quelle leggere lezioni sulla natura e sull’ambiente, così come mi sono rimaste impresse l’a, la b, la c… imparate alle elementari.
Emilio Voltaterra
martedì 12 ottobre 2010
Famiglie allargate e metamorfosi.
Circa tre anni fa c’è stato un divorzio nella nostra famiglia comunale, quello tra Pasquale Di Biasio e Gennaro Mannillo. Poveretti, non si intendevano più. L’uno troppo condottiero: aveva confuso la sindacatura con la dittatura e il suo abuso di potere era arrivato alla distribuzione di cariche comunali e vendite territoriali come fossero cioccolatini. L’altro troppo ambizioso: sapeva ben piangere i morti per fottere i vivi e la sua fama di bugiardo aveva superato quella di Pinocchio. Dopo qualche scaramuccia, i due decisero di separarsi e seguire ognuno la propria strada.
A dire il vero, la separazione fu abbastanza indolore, perché Gennaro si consolò subito con Mattia Di Lorenzo con cui sembrava intendersi benissimo. I figli della lupa e i figli dei fiori (il garofano ormai moscio) formarono subito un’allegra famiglia allargata e speranzosa e in quasi due anni di convivenza, seppur tribolata, qualcosa si riuscì a fare. Ben poco devo dire. Ma possono i lupacchiotti giocare a lungo con i fiori? Impossibile! I lupi sono sempre lupi e i fiori, a lungo andare, si ammosciano: una zampata dei primi e – zac! - i secondi vanno a farsi fottere. Tutto prevedile.
E intanto, mentre Gennaro viveva e terminava la sua avventura con Mattia, Pasquale, da quel volpone che è, zitto zitto, cacchio cacchio, aspettava che il figliuol prodigo, dissipate tutte le sostanze, si rifacesse vivo. “Qua deve tornare!” diceva a se stesso. E si! Perché chi ha mangiato e fatto mangiare politica per tutta la vita, certe cose le sa. Poteva sbagliarsi? No, non poteva. Esaurite le infatuazioni extrafamiliari, si ritorna alla base. La famiglia, anche se di merda, è sempre famiglia.
Ma di quelli che da lupi si sono trasformati in fiori e di quelli che da fiori si sono trasformati in lupi per dare una mano alla famiglia allargata, che ne sarà ora? Dei parenti, degli amici, degli amici degli amici che per un eccesso d’affetto hanno accettato di subire questa metamorfosi kafkiana, che ne sarà? A quale famiglia sentiranno di appartenere ora? Si sentiranno finalmente liberi o si sentiranno orfani?…
Credo di saperlo: subiranno un’ulteriore trasformazione! Non più lupi, non più fiori, ma il solito codazzo di pecore che andrà dove lo spingerà il cane pastore. Tutto rassicurante come prima. Continueranno a pascolare in una palude melmosa, disposte a seguire qualcosa che sembrerà un bellissimo vessillo ed è invece un lurido straccio svolazzante.
Personalmente, non amo le stupide pecore. Preferisco i caproni che se ne vanno per conto proprio. E adoro quelli esuberanti che sanno dare cornate. Peccato che ce ne sono troppo pochi in giro! Se tutte le pecore sapessero trasformarsi in caproni, le cose sarebbero molto, molto diverse!
sabato 9 ottobre 2010
L'alba del nuovo millennio è stata segnata dall'avvento di internet e dalla comunicazione in tempo reale che hanno portato a una nuova concezione di trasmettere le informazioni.
Con il progresso tecnologico quasi tutte le famiglie dei paesi più industrializzati si sono dotate di un Personal Computer: una finestra sul mondo disponibile a tutti in tempo reale.
Tutto questo ha portato a una rapida evoluzione del modo di pensare di milioni di persone, tutti collegati istantaneamente a un'unica e immensa rete.
Grazie ad internet è possibile accedere ad una miriade di informazioni e servizi con una rapidità impensabile fino a qualche anno fa.
L'ultima trovata è quella dei social network, ove tutti possono pubblicizzare la propria immagine.
Facebook, Twitter, Netlog, sono solo alcuni dei nomi dei social network più diffusi.
Facebook è stato creato nel 2004 da uno studente dell'università di Harward con lo scopo di trapiantare sul web gli annuari con le foto di ogni singolo studente che alcuni college americani distribuivano all'inizio di ogni anno accademico come mezzo per conoscere le persone all'interno del campus. Nel giro di pochi mesi aderirono all'iniziativa molte altre università statunitensi e dal 2006 il servizio fu disponibile anche per le scuole superiori e le grandi aziende.
Negli ultimi mesi in Italia si è verificato un aumento esponenziale degli utenti iscritti a Facebook, per la maggior parte giovani studenti, che hanno scelto di far parte di questo progetto per conoscere e farsi conoscere.
Il sito è gratuito e ognuno può dunque creare un proprio profilo che contiene fotografie, interessi personali, scambiare messaggi privati o pubblici, aggiungere alla lista degli amici altri utenti con cui condividere i propri dati e riunirsi in gruppi di amici.
Molte persone sono rimaste assuefatte da questo servizio e passano le intere giornate a interagire con altri utenti, modellano la propria esistenza per essere sempre più in vista sul social network del momento.
Si è arrivati addirittura alla tacita concezione che chiunque non abbia un account di Facebook è tagliato fuori dalla società, una cosa che sembra inconcepibile.
Facebook è solo uno dei tanti mezzi di comunicazione che abbiamo a disposizione e non dobbiamo farne un uso smodato.
Ci sono tanti altri modi per conoscere nuove persone e di passare il tempo.
anonimo
mercoledì 6 ottobre 2010
Un popolo che non sa riprendersi il futuro
L’orgoglio, seppur opportunista, che si cela in questa frase non ha più motivo di essere perché ormai gli italiani sono ben altro: un popolo di papponi, puttane e puttanieri che nulla hanno a che fare con i santi e gli eroi. E l’altro oscuro signore malato d’onnipotenza, che allatta la maggior parte di essi, non finirà a testa in giù come il suo predecessore, né glielo auguro; gli auguro però di cadere così pesantemente a culo per terra che non sarà più capace di rialzarsi. Ma anche questo sembra improbabile, nonostante le numerose scivolate.
Allora c’era un movimento che si chiamava “Resistenza” fatta di uomini con le palle che ebbero il coraggio di combattere la prepotenza e l’oppressione, lasciandoci anche la vita. Molte vite.
Oggi gli uomini sono rimasti, ma le palle sono scomparse. In compenso ci sono tante altre cose che fanno di questi uomini dei pupazzi di gomma che si possono tirare di qua e di là senza mai rompersi, che si piegano, si curvano, si flettono, si appiattiscono come tappetini su cui passa un piede sporco di merda che li deturpa. E loro non dicono una parola. Si lasciano deturpare sorridendo. Basta avere le tasche piene… Di che?
Sono arrabbiato. Sono arrabbiatissimo.
Mi fanno schifo queste persone che si lasciano comprare, queste donne che si offrono come mercanzia di basso valore per raggiungere un misero scopo. Mi fanno schifo queste persone che, come sanguisughe, succhiano la vita, il sangue, il futuro della povera gente, regalandogli disoccupazione, nevrosi, follia, morte sul lavoro, miseria. Mi fa schifo questo popolo di povera gente che non vuole pensare, non vuole capire, non vuole analizzare e ingoia tutto ciò che gli viene propinato, anche il percolato più schifoso; che si accontenta, che sa solo lamentarsi e alzare le spalle come se la cosa non lo riguardasse più di tanto; questo popolo incapace di ribellarsi alle bugie, alle adulazioni e alla prepotenza di chi sa di poter comprare tutti: deputati, senatori, magistrati, giudici, giornalisti, amici e nemici e si fa forza di questo.
C’è mai veramente stato un popolo di santi, eroi, poeti e navigatori? Forse stralci di un popolo che ora sembra inebetito, ubriaco delle troppe stronzate mediatiche che gli vengono propinate di proposito per impedirgli di pensare. E non pensa.
E noi carinolesi siamo forse diversi? Cosa siamo diventati? Un popolo di pezzenti che ancora elemosina briciole di vita da qualcuno più furbo di altri che riesce a fare il capopopolo e gestisce i soldi pubblici, i nostri, per farsi amici ed amiche. Che sa regalare posizioni di prestigio a chi più gli comodo sulla pelle di tanti ai quali non sputa neanche in faccia.
Che cosa ne riceviamo in cambio? Servizi? Neanche la parvenza! E allora non siamo ancora stanchi di permettere a quattro giocolieri incompetenti di gestire le nostre vite e il nostro futuro? Quando ci rendiamo conto che la forza siamo noi e solo noi e li mandiamo a quel paese? Che cosa vogliamo ancora aspettarci da loro?
Vogliamo darci finalmente una mossa e mandare tutti i soliti papponi a quel paese, creandoci una via d’uscita, o vogliamo rimanere per sempre in questo pantano puzzolente?
Nuvola Rossa
lunedì 4 ottobre 2010
cosa ho di italiano
domenica 3 ottobre 2010
Sognando il prossimo sindaco
Ho sognato che prima di pensare a CHI dovrà essere il prossimo Sindaco tutti i politici e aspiranti tali si riunivano e pensavano a COSA dovrà fare il prossimo sindaco.
In Base a questo,poi, avrebbero scelto la persona con i requisiti richiesti dal Compito come fa una qualsiasi squadra di calcio, una qualsiasi azienda ed un qualsiasi altra organizzazione che persegue i propri fini legittimi.
Ma come si stabiliscono i requisiti senza essere influenzati dalle persone intorno al tavolo? Come Rawls, nel sogno ho immaginato la “posizione originaria” protetta da un “velo di ignoranza” sul futuro.
Azzerata la memoria il gruppo deve scegliere il suo leader e, visto che tutti vogliono avere una possibilità hanno iniziato dai requisiti molto astratti e generali i, in modo da non escludere nessuno in principio. Presumibilmente arriveranno ai questi sei punti:
1. Deve conoscere il territorio ed il suo popolo tanto da proporre soluzioni concrete ai problemi dei cittadini, in modo organico e con qualche stimolo all’orgoglio locale per ridarci speranza nel futuro. Questo programma, tra l’altro sarebbe di non poco aiuto per la vittoria.
2. Deve saper comunicare questa speranza alla squadra ed al popolo. Convincerli che è la cosa giusta. Per questo deve avere quel tanto di personalità ed una storia che gli conferiscono l’autorevolezza necessaria a dare credibilità al programma.
3. Deve condividere questo programma con una squadra compatta che accetti l’idea della persona giusta al posto giusto. Per ogni ruolo ci vogliono dei requisiti. L’equilibrio tra le capacità ed i voti è un grande compito che deve saper gestire.
4. Deve gestire il quotidiano senza mai perdere di vista gli obiettivi perché troppo spesso l’urgente distrugge l’importante. Coordinare e stimolare i vari assessori come un buon allenatore i suoi giocatori.
5. Deve avere la capacità di controllo per capire se si stanno raggiungendo gli obiettivi o se bisogna cambiare qualcosa. Un controllo della spesa sufficiente a garantire le risorse dove servono eliminando gli sprechi.
6. Deve, infine rappresentare l’orgoglio della sua terra in tutte le occasioni ufficiali e non con proprietà di linguaggio e, soprattutto con autorevolezza e concretezza del discorso.
Se diamo un punteggio da 0 a 10 per ogni punto, si che il massimo sia 60, la sufficienza sarà 36. Conviene stabilire anche che non deve esserci insufficienza netta ( meno di 4) su nessun punto.
Purtroppo non sono arrivato a sognare il risultato.
Voi che voti gli dareste?
sabato 2 ottobre 2010
Le beffe della vita
Non aveva voglia di andare a dormire quella notte. Sentiva di poter correre per il mondo con la forza di un leone, di non aver più bisogno di dormire, o di mangiare. Camminare, parlare, ridere, piangere, volare lontano verso l’imperscrutabile profondità del destino fino a che non faccesse giorno. Sognava di vivere per sempre, ma come se quello fosse l’ultimo giorno. Si, in quel momento, Roberto era assolutamente consapevole di quanto fosse sacra la vita. A quanti di voi non è successo di sentire questa stessa sensazione? Magari quando avete per caso fatto un bell’incontro con una persona, oppure quando dinanzi ad un buon raccolto vi siete sorpresi a sorridere, o ancora restando impalati di fronte al silenzio degli alberi. Oppure quando avete amato, stretti in un letto malsicuro e delizioso, morendo tra le braccia calde dell’amante.
Ora però strada facendo, ripensava alla sera prima, alla baruffa scoppiata nemmeno ad inizio serata con quel solito coglione, alla barba fatta per scommessa al piccolo Luciano, ai quartaroni vinti a tre sette. Si era divertito assai, ma quando poteva continuare questa vita? Intanto le gambe sembra che non conoscessero altre strade se non quella della goliardaggine pura. Roberto ora era arrivato ad una piazzetta a quasi mezzo miglio dal centro della città, dove la notte si perdeva dentro quelle fumose locande che ben conosceva, zeppe di mignotte, cariche di vino. Lì dentro non si parlava di politica, non si litigava che per cose da niente, e poi si ritornava a bere insieme. Ma ora era arrivato. La porta era chiusa, ma da dentro veniva il solito baccano. Che fosse una burla? Perchè continuava a bussare e non si decidevano ad aprirgli? Si abbassò e si mise a guardare dal buco della chiave. Fece il suo ingresso dal cesso con i piedi ben piantati a terra, uno strano personaggio, che disse qualcosa alla formosa locandiera, la quale ammiccò a sua volta. La sala era uno spettacolo. Ora il vecchio Mario, ubriaco da vent’anni lì dentro, pare stesse guardando proprio verso la porta, dove l’occhio di Roberto mirava rapito la visione dell’allegra festa in corso. Ma Mario era troppo ubriaco per parlare. Non era uno scherzo, erano tutti ubriachi e si erano chiusi dentro, per festeggiare fino a morire la festa di San Crisostomo. Che cosa poteva fare? Continuò a bussare forte, fino a quando qualcuno aprì la porta. La musica si fermò, tutti uscirono fuori, e quando lo riconobbero scoppiarono dal ridere vedendolo sobrio e ad uno ad uno cominciarono a pisciargli addosso. Anche le donne gli pisciavano addosso. Gli pisciavano dappertutto, anche in bocca e credette di berne molta, fino a quando stava per affogare e glup-glu glu –glup-gll gllu. Si svegliò e si pisciò addosso. Era un brutto sogno, cominciato bene.
Non c’è nessuna morale in questa storia, se non quella che non c’è nessuna differenza tra credere di vivere o credere di sognare. Infatti, come si è visto, la pisciata alla fine è meravigliosamente apparsa tra le lenzuola. In quel momento Roberto ha capito quanto la vita fosse una beffa.
Mimì
martedì 28 settembre 2010
XI festa della vendemmia
lunedì 27 settembre 2010
Le 10 strategie della manipolazione mediatica
1 - La strategia della distrazione. L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).
2 - Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema - reazione - soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3 - La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.
4 - La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.
5 - Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).
6 - Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l'emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell'analisi razionale e, infine, del senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti….
7 - Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori" (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).
8 - Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti...
9 - Rafforzare il senso di colpa. Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di depressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!
10 - Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.
Noam Chomsky
venerdì 24 settembre 2010
Il Savone: un padre molto trascurato
Come più volte ho ribadito nei miei articoli, la conoscenza del territorio aiuta a rispettarlo, proteggerlo, valorizzarlo ed amarlo.
Falerno si chiamò il territorio, Falerno il principale prodotto, il vino, e Falerina o Falerna la tribù di coloni istituita nel 318 a.C.
Ma il nostro territorio faceva gola soprattutto ai Sanniti che si sentivano più in diritto di averlo, visto che da sempre abitavano nell’area e per nulla al mondo avrebbero voluto lasciarlo ai romani. Per loro i romani erano degli intrusi arrivati all’improvviso e per contendersi la supremazia del basso Lazio e della Campania settentrionale, romani e sanniti se le diedero di santa ragione in una delle ben note guerre sannitiche, la prima, ma solo dopo le battaglie di Veseris prima e di Trifanum poi, in cui nel 340 a.C. l’esercito romano sconfisse le città della Pentapoli Aurunca e i loro alleati sanniti, Capua fu costretta a cedere l’ager Falernus ai romani. I poveri sanniti, rotti e mazziati, dovettero mollare definitivamente l’osso e sparire dalla circolazione.
Da questa conquista, i romani ereditarono una florida situazione commerciale. Il Savone, ritenuto dalla maggior parte degli studiosi il confine meridionale dell’ager Falernus e linea di demarcazione tra questo e l’ager Statanus, era un corso d’acqua navigabile particolarmente vitale, che niente aveva a che fare con la ridotta portata d’acqua di oggi; una di quelle vie d’acqua che univa la costa alla via interna che collegava la Campania e il Lazio, quella che poi fu la futura via Latina dei romani, pressappoco l’ odierna Casilina.
Il collegamento con la via Latina significò ricchezza e benessere anche per la zona costiera. Infatti, mentre gli altri distretti ausoni erano entità sociali chiuse su se stesse, i distretti toccati dalla via Latina erano diversi; il contatto continuo con Capua, le città latine e i loro commerci li rendeva sicuramente più dinamici e vitali. La Cales preromana appariva, infatti, ricchissima proprio grazie a questa importante via interna su cui si svolgevano i commerci, nonostante la vicinanza del mare. Cales non era già più un villaggio, ma una protocittà, che si distaccava notevolmente dalle consuete forme abitative degli ausoni.
Alla foce del Savone sorse uno dei santuari italici più arcaici dell’area, Panetelle, a cui questa favorevole posizione giovò moltissimo e lo testimoniano le numerossime statuette votive in esso ritrovate. Il santuario era un probabile luogo di incontro della popolazione dei villaggi dell’area sinuessana.
Sempre sul Savone, a pochi km da Cales e Teano, a Montanaro, esisteva un altro ricchissimo luogo di culto preromano, poi riutilizzato dai romani, in cui sono stati rinvenuti molti oggetti d’oro. Il tempio risale al VI – V secolo a.C e dai materiali ritrovati in esso si deduce che, oltre ad essere luogo di culto, era anche emporio commerciale frequentato da ausoni, etruschi, latini, greci, sanniti e romani. Più tardi, verso il III secolo a.C., i romani lo ristrutturarono completamente dedicandolo alla dea Demetra.
Probabilmente furono proprio queste vie d’acqua come il Savone e il contato con l’interno che costituirono un primo approccio di commercializzazione, tramite porti e scali marittimi, che più tardi si evolse notevolmente con l’istituzione delle colonie.
Oggi il Savone non può chiamarsi più neanche fiume. E’ un fiumiciattolo a cui è riservato il destino di tutti i corsi d’acqua di questi tempi moderni: nasce sano e vitale e muore stanco e malato.
Usato nel recente passato per l’irrigazione dei campi, adesso non lo è neppure per quello. Eppure non ha perso il suo fascino. Alle sorgenti è ancora bellissimo e offre angoli naturali di suggestiva bellezza con le sue cascatelle e il suo regime torrentizio. Man mano che però procede verso il mare si impregna di veleni, di scarichi di fogne, di canaletti di scolo, diventando esso stesso una fogna a cielo aperto.
Nelle sue acque e lungo le sue sponde si ritrova di tutto: immondizia, rottami, carcasse di animali e gli abitanti dei luoghi che attraversa lo evitano come la peste, non pensando che, se è diventato quella fogna che è, lo si deve solo a noi uomini che non riusciamo a difendere l’eredità del passato.
Invito tutti i sindaci interessati, tra cui quelli di Carinola, Falciano e Francolise, a unire le loro forze per un eventuale risanamento del territorio che possa ridare dignità a questo corso d’acqua su cui è passata la nostra storia, adottando anche seri provvedimenti affinché non si continui a consumare un simile scempio.
- le foto dell'alto corso del Savone sono state gentilmente concesse dal sig. Oreste De Donato.
- la foto dell'antica Cales è del sig. Dante Caporali.
Clio
con la consulenza di Minucius Aeterius