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domenica 31 luglio 2011

La città che gioca con i suoi vizi


Proponiamo un tributo al al grande giornalista scomparso quest'oggi, Giuseppe D' Avanzo, con un suo articolo del 2008 tanto arguto quanto attuale. 



SCALTRISSIMA, Napoli anche in quest'occasione non ha alcuna intenzione di mettersi finalmente davanti allo specchio, di guardarsi le rughe profonde o la bocca sdentata, di annusare il cattivo odore del suo corpo, di dirsi - allo specchio, almeno così in privato - il disagio, il dolore, la sofferenza del suo collasso. 

È tanto attossicata dal suo non-essere (non è più una capitale; non è più ricca; non è più "illuminata"; non è più né colta né popolare; non è più cortese e tollerante; non è più intelligente e arguta; non è più moderna) da non avvertirne nemmeno i sintomi. Nemmeno tonnellate e tonnellate di immondizia riescono a scuoterla, a essere almeno un "sintomo" per una città che appare come anestetizzata dalla sua stessa, lenta e mortale malattia. 

I napoletani appaiono oggi - come incoraggia la cultura plebea che li sovrasta - irresponsabili, privi di speranza, senza alcuna identità da proteggere o passione civica da coltivare, senza alcuna aspettativa da condividere con gli altri, senza alcuna prospettiva di guardare il mondo. O, al mondo, di raccontarsi per trovare almeno una ragione alla sua catastrofe e - quindi - una possibile cura per rimettersi in piedi. Napoli è docilmente rassegnata a diventare "lo scarto" del Paese. 

È un antico trucco della città, giocare con i propri vizi per non affrontarli. Ostentarli addirittura, a chi la osserva e la racconta, come fossero oscene, irredimibili colpe originarie. In fondo, è a questo prezzo che la città è entrata nella modernità accettando che la pluralità delle sue voci, delle sue risorse, della sua diversità, dell'alterità delle sue forme di vita diventassero - per una cultura dello sviluppo crudamente economicistica - limiti, deficit, patologie da rimuovere. 

"Pensata" sempre dagli altri, Napoli ha accettato di essere quel "pensiero" nell'illusione collettiva e tragica che una "recita" mimetica, una commedia - e la contemplazione soddisfatta di se stessa - la rendessero accettabile e accettata. "Moderna", come ci si attendeva che diventasse e fosse, pure nella sua marginalità cui sono stati sacrificati, come ha osservato Franco Cassano, territorio, ambiente, legalità, cultura, bellezza, luoghi sociali, istituzioni pubbliche, élites, futuro. 

Anche la catastrofe della monnezza o la crisi di Chiaiano sono "pensate" altrove e Napoli, come inabile ormai ad autorappresentarsi o a riflettere su stessa in autonomia, si lascia rappresentare come un "inferno" chiuso in cui si finisce per non vedere, per non orientarsi. L'inettitudine del ceto politico - la sua complicità e mediocre, ostinatissima autoreferenzialità - si sovrappone all'invasività famelica della camorra - una camorra immaginata grande, onnipresente, onnipotente, una camorra con la C maiuscola - e, insieme, sostengono e sono sostenute da una società civile complice o dell'uno o dell'altra; o insieme dell'uno e dell'altra. Da questa geenna si può soltanto fuggire, la si può soltanto abbandonare al suo infausto destino e dunque alla sua immobilità ineluttabile. 

Non è che questa rappresentazione sia immaginata. Il centrosinistra di Antonio Bassolino ha costruito le sue fortune politiche come "partito della spesa pubblica", alimentando cinicamente l'"emergenza rifiuti", come "occasione"; sollecitando una gestione incontrollata delle risorse - europee, in questa nuova edizione; allargando un "blocco di potere", un "magma sociale" (dal professionista al pregiudicato) verticale e socialmente differenziato, che ha ospitato la "mediazione sociale" di una camorra, già grassa dei profitti accumulati dallo smaltimento dei rifiuti industriali e tossici del Nord. E' questo l'inferno che sconforta chi guarda da lontano. 

E tuttavia, diceva Italo Calvino, nell'inferno ci sono soltanto due modi per sopravvivere. "Il primo è accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più": è la strada che Napoli e i napoletani hanno percorso e che li rende ciechi, muti, insensibili dinanzi alla catastrofe. Il secondo modo "è rischioso, esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio". 

Questo "malgrado tutto" può apparire povera cosa, ma è la sola formula che oggi può arrestare la rovina di Napoli, l'unica bandiera che i napoletani potrebbero (dovrebbero) agitare. Anche a Chiaiano c'è un "malgrado tutto" da raccontare, un "non inferno" da ricordare. Il presidente della municipalità, i sindaci di Marano e Mugnano - la politica, la rappresentanza - appaiono credibili per i cittadini e per le istituzioni. Sono capaci di dialogo. Lasciano cadere ogni politica del "no". 

Il degrado urbano di queste periferie non deve lasciar pensare a un esclusivo degrado sociale. Negli ultimi anni il carovita cittadino, l'alto costo degli affitti, la speculazione edilizia ha visto muoversi verso i bordi della città quote di cittadini "consapevoli", non rassegnati alla violenza e al disordine che li circonda. Chiedono - con molte ragioni - una soluzione che rispetti le decisioni del governo nella tutela ambientale dei luoghi, e sanitaria dei cittadini. La popolazione delle tre comunità (Chiaiano, Marano, Mugnano) che si affacciano sulle cave destinate a discarica non è caparbiamente ostile. Nei capannelli lungo Poggio Vallesana si sente anche dire. 

"Non possiamo dire soltanto no?" tra il consenso di chi ascolta. Quel che si chiede non è la luna. E' di poter partecipare ai controlli, alle verifiche ripristinando una strategia di fiducia con le istituzioni. Questo solco è stato tracciato ieri - e confermato oggi - dagli incontri con Bertolaso. E' un confine che isola chi rifiuta la legalità, chi sceglie la violenza. E' lo sbarramento che dovrebbe trascinare allo scoperto chi vuole risolvere la questione con il fuoco e il ferro. Non c'è la camorra dietro quelle barricate che devono essere rimosse nelle prossime ore. 

Non c'è la camorra con la C maiuscola e sarebbe un errore enfatizzarne la potenza, la pervasività. È delinquenza di quartiere che ha piccoli interessi edilizi intorno alle cave e li vedrebbe impoveriti dallo smaltimento dei rifiuti. Ingaggia bande di ultras, facili alla cocaina, già viste in azione nella "battaglia" di Pianura, intorno ai roghi dei capi rom di Ponticelli. È questa delinquenza che sfida lo Stato e ha la possibilità di farcela soltanto se protetta dalla presenza di bambini, donne, anziani. Senza questa inconsapevole difesa, è perduta. E' contro di essa che dovrebbe muovere una prova di forza del governo che ci si augura non sia indiscriminata, brutale ostentazione muscolare. 

Se osservata con attenzione e senza pregiudiziali semplificazioni, la crisi di Chiaiano mostra che nell'"inferno" c'è anche traccia di ciò che non lo è. Bisogna "farlo durare e dargli spazio" con pazienza e chi lo sa che anche Napoli riesca a mettersi finalmente davanti a quel benedetto specchio per trovare decenza e dignità. 

Giuseppe D'Avanzo
(27 maggio 2008)

sabato 30 luglio 2011

Così vero, così irreale

Quando una persona lascia per sempre questo stupido mondo non è mai una cosa bella; meno che mai lo è se quella persona è una giovane donna sola.
Ci si abitua, tuttavia, a sentire queste notizie che diventano sempre più parte di una quotidianità che però non ci appartiene. Fino a quando qualcosa non viene a spezzare il sottile filo della normalità.
E Casanova si è trovata all’improvviso proiettato nella realtà mediatica che tutti i giorni ci bombarda con immagini crude, fredde, ma anche così lontane. Come appartenessero ad un sogno o ad un incubo sognato da qualcun altro.
Poi, all’improvviso, quel sogno diventa reale, visibile, tangibile: davanti ad una casa si raggruppano carabinieri, poliziotti e uomini della scientifica con le loro tute bianche e la mascherina sul volto perché una donna è morta da circa dieci giorni e nessuno se n’era accorto.
Se non fosse spietatamente vero, sembrerebbe una scena di uno di quei film polizieschi che siamo abituati a vedere o, ancora peggio, uno delle tante tragedie che rimbalzano sui teleschermi.

Ma anche questa è una tragedia; una vera tragedia della solitudine accaduta proprio da noi.

Ora, non voglio alimentare la curiosità morbosa di chi ama leggere dettagli macabri e raccapriccianti; voglio solo farmi delle domande. Come può accadere tutto questo in uno dei nostri paesi? Come è possibile non accorgersi che una vicina non si vede e non si sente da più giorni? Come si può non capire in quale disperata solitudine si è costretti a vivere e a morire?... Eppure, si può. L’indifferenza, la piaga più grossa della moderna società, rende tutto possibile. Anche in un paese come il nostro.

Il sentirci immuni da certe cose, in realtà ci rende solo più fragili e impreparati. Non vogliamo ammettere che neanche noi siamo più gli stessi; non siamo più quelli che sapevano ascoltare, che sapevano vedere e tendere la mano. Quelli che sapevano perdere i giorni e le notti per chi ne aveva bisogno. Ora, anche noi tiriamo dritti per la nostra strada senza mai guardarci intorno, muti e sordi verso tutti; preoccupati solo della difesa del nostro piccolo mondo.
E mentre l’amministrazione sonnecchia, il popolo vivacchia nelle piazze o si accapiglia miseramente per questo e per quel politico, c’è chi muore nel più drammatico silenzio, completamente ignorata dalla sua gente che neanche sa di quell’esistenza.

n.n.

giovedì 28 luglio 2011

Biasiox e la magia di Calenum


Si era appena placata l’ira di Biasiox, dopo le elezioni che lo avevano visto sconfitto nella grande battaglia per il controllo di Calenum e la contea sembrava vivere un momento di pace. Biasiox era preso ad organizzare e rifocillare il suo esercito per preparare una nuova, lunga e sanguinosa battaglia. 
Aveva convocato presso la sua corte tutti i crociati suoi soldati con lo scopo di impartire loro le prime lezioni che lo avrebbero riportato come Re sul trono della gran piazza di Calenum. Ma aveva un serio problema. Doveva sradicare dal suo esercito tutti quei caporali che lo avevano tradito in passato e nominare nuovi caporali, giovani e forti per comandare indisturbato. Era un compito complesso perché tra i caporali c’era anche donna Antonella de Bufalinis, la più sveglia tra i sui discenti. Non ce l’avrebbe mai fatta a non fornirgli almeno un posto da capo truppa. Non dormiva la notte e pensava a tutti i suoi compagni di ventura per cercare quello justo, quello che poteva aiutarlo. 
La notte prima dell’elezione del suo esercito rimase sveglio, chiamò il suo nocchiere di fiducia e disse di preparare il carro per la partenza. Salì sul carro e parlando al suo nocchiere lentamente esclamò:  “nulla è più desolante che percorrere queste terre che erano state mie…” lo pensava e se lo ripeteva masticando triste quelle parole fra i denti, nel procedere lento del lungo cammino.

     “Ho condotto l’esercito alla vittoria, ho spianato la città, non ho lasciato nessuno che possa raccontare d’esser rimasto vivo… e questa è la ricompensa…! La ricompensa di chi ho creato e fatto diventare forte con il mio sangue.  Ma la colpa di tutto, è di Giano Trifronte che con il suo alto tradimento ha spianato la strada al conte de Grimaldellis Elettoralis. E ora? E ora viene da me a chiedere perdono. Vuole lottare accanto a me di nuovo. Come se io non conoscessi la sua voglia di eliminarmi. No. No. Non è maturo per farmi fuori. Ma lo utilizzerò in futuro e me ne libererò come lui ha fatto con me. "

Mentre fantasticava su questo, esclamò 

- fermati!!! Ho trovato la soluzione. Portami subito dallo stregone di Nocellum. Solo una sua magia può salvarci. Incontrò lo stregone a mezzanotte precisa. Scese dalla diligenza e si inginocchiò davanti ad un albero. Esclamò 

- aiutami e sarò sempre a tua disposizione. 

Lo stregone con una folta barba, gli appoggiò una mano sulla spalla e disse:

- so tutto. Domani scatenerò la mia forza.

Biasiox salutò e andò via sereno. Quella notte dormì tranquillo, come se lo stregone lo avesse anestetizzato. 
Al risveglio i giochi erano pronti. Antonia de Bufalinis si presentò alla grande urnà con i suoi uomini, circa venti che dovevano portarla a essere caporale del gruppo. Votò e votarono. 

A dieci km dall’urna lo stregone sibilò: 

- VULPEM PILO MUTARE, NON MORES.   

I giochi erano fatti.
Aprirono le urne e vennero eletti i 7 soldati fidati di biasiox, anche se Donna Antonia era sicura dei suoi uomini. 

Biasiox corse dallo stregone e questo disse : hoc unim scio, me nihil scire, e sparì. 


(continua)

CAIO GRACCO

lunedì 25 luglio 2011

Pensieri tristi pensieri felici


Sono triste perché non vedo la voglia di rialzarsi, di trovare soluzioni per la caduta di un popolo. Sono triste perché non c’è più nessuno a Carinola, sono triste perché i giovani sono vecchi, frequentano i vecchi pensano come i vecchi.
Sono triste perché il termine vecchio non è sinonimo di saggezza ma di stantio, marcio, putrido. In altre realtà si cercano soluzione all’interno del territorio si cerca di “sfruttare” nel bene e nel meglio le forze del territori, ma invece qui si spreme il cittadino.
Sono triste perché la politica del favore schiaccia il diritto, sono triste perché l’individuo e l’individualismo furbo ha sostituito l’idea, la missione etica del pensiero sano.
Sono triste perché un giovane a Casanova è stato ingabbiato in una responsabilità politica per uno sfizio, per un gioco di numeri, di uno che crede di essere dritto. Sono triste perché la politica è un semplice momento di vanto e di esibizione personale. Sono triste perché la politica non è più responsabilità, competenza e bene per gli altri. Sono triste perché a Carabottoli non vengono istallati pannelli solari in modo da minimizzare le tasse. Sono triste perché le proprietà del Comune di Carinola situate nell’area di Rocca Monfina sono a uso personale di qualche dipendente o qualche amico e non usate per avere guadagni per il popolo carinolese.
Sono triste perché chi paga siamo noi ed è questo che conta.
Sono felice, quando sento ancora il fruscio delle foglie e che in maniera anche violente impedirò qualsiasi scempio ecologico. Sono felice quando penso che se arriverà del cemento di stampo Casalese non avrò paura di denunciare e lottare.
Sono felice quando non ho nulla da spartire con i politici presuntuosi e inutili. Sono felice di essere più o meno libero, più di voi meno di altri. Sono felice quando vedo che qualcuno cerca di aprire spazi per dare vita a qualcosa. Sono felice quando vedo gente felice.
Sono felice di resistere, felice di essere amato, felice di non essere solo.

Inside

martedì 19 luglio 2011

Chi è Spider Truman?

http://isegretidellacasta.blogspot.com/

Malgrado dubbi e insinuazioni di illustri opinionisti, politici e commentatori, continuano ad arrivare migliaia di adesioni sul profilo di Spider Truman. Vogliono a tutti i costi sapere chi c'è dietro Spider Truman, intervistarlo, proporre progetti editoriali: tutti ad osannare il suo coraggio, poi con le buone o le cattive sapranno come metterlo a tacere. Dicono che ha manie di protagonismo, ma al tempo stesso pretendono che sveli la sua vera identità.
Editori, giornalisti, televisioni: centinaia di avvoltoi cercano di stanarlo.
Allora dico a questi signori, ai politici che siedono sulle poltrone, alle schiere di sgherri sguinzagliati nei corridoi di Montecitorio come nel mondo virtuale del Web: state attenti.
Spider Truman è lì vicino a voi.
Spider Truman è ovunque.
Spider Truman è ogni disoccupato che non trova lavoro perchè non ha santi in paradiso.
Spider Truman è ogni precario che viene struttato per 900 euro al mese e poi dopo anni e anni buttato in mezzo a una strada.
Spider Truman è ogni cassintegrato che deve sudare per arrivare a fine mese.
Spider Truman è ogni operaio sfruttato e malpagato per 40 anni alla catena di montaggio per un salario e una pensione da fame.
Spider Truman è ogni giovane costretto ad emigrare perchè gli hanno rubato il proprio futuro.
Spider Truman è ogni anziano costretto a sborsare decine di euro di ticket se ha la pretesa di andare in un ospedale.
Spider Truman è ogni uomo e ogni donna che a luglio ed agosto non può permettersi nemmeno una settimana al mare.
Spider Truman è uno, nessuno e centomila.
I suoi segreti possono imbarazzare i potenti, ma è l'indignazione popolare che alimenta il loro vero incubo.
Se avete paura di lui, significa che avete qualcosa da nascondere.
E allora fate bene ad aver paura, perchè presto ci riprenderemo ciò che ci spetta.
Ci riprenderemo la dignità. La giustizia. La democrazia.
Da un anonimo internet-point di una calda città italiana.

Spider Truman


Lezione di civiltà

Uscendo verso la piazza, dopo il riposino pomeridiano di questa calda estate, ho subito notato il bel cartello messo lì sulla panchina. Non il solito foglio A4 scritto al computer, ma un vero e proprio cartello su base di cartone, con tanto di sostegno in legno! Mi sono divertita a leggere quello che c’era scritto e ho sorriso tra me e me. Alla buonora! – mi sono detta – Quello che non fa la Montagna, fa Maometto! Se l’Amministrazione non si preoccupa di aiutare i propri cittadini a fare una corretta raccolta differenziata, qualcuno altro cerca di farlo, anche se con squisiti mezzi artigianali! Forse è solo qualcuno che la sera vorrebbe godersi il fresco e sedersi sulla panchina che, immancabilmente, ad un certa ora, viene sempre occupata dai sacchetti della differenziata. Ed è una legittima pretesa quella di sedersi al fresco a chiacchierare.
Anche mettere i sacchetti per terra non è un’idea felice: durante la notte ci pensano i cani randagi a lacerarli e disperderne tutto il contenuto nella strada; questo non è sicuramente bello da vedersi né tanto meno igienico.
Che dire al nostro giovane amico o amica?... Bravo. Persevera con le tue genuine lezioni di civiltà: forse l’Amministrazione Comunale avrà un’ondata di rossore per quello che potrebbe fare e non fa. E forse capirà che il cittadino carinolese non si aspetta di ricevere in dono la luna, ma che vengano fatte applicare semplici, elementari norme del buon senso. Così, alla meglio, giusto per vivere un po’ più civilmente.

Galatea

venerdì 15 luglio 2011

La protesta dei baristi carinolesi

Stamattina si è tenuto l'incontro dei proprietari dei bar di tutto il carinolese col sindaco ed esponenti dell'amministrazione. Dietro il tavolo insieme al sindaco erano seduti il super assessore alle finanze, il comandante dei vigili urbani, l'astro nascente della politica nocelletese e due amministratori casanovesi. Tema unico della riunione: la tassa sull' occupazione dei suoli pubblici che dovrebbe essere di due euro al metro quadro. Ha iniziato il sindaco cercando con vari giri di parole di scaricare la responsabilità dell'esoso balzello sui commissari.

Secondo la sua versione quelli lo hanno ascritto in bilancio ed ora loro sono tenuti a riscuoterlo. Forse lui ed il suo super assessore non conoscono come si fanno le variazioni di bilancio o forse non vogliono. Approfittando della impreparazione a riunioni simili della controparte ha avuto buon gioco nel dimostrare l'obbligatorietà di quella tassa. Ha continuato il padrone di tutti  conti comunali che sulla stessa linea del sindaco ha cercato di convincere gli astanti dei vantaggi derivanti dell'esoso esborso. Per essere più convincente è arrivato a paragonare le piazze carinolesi a piazza Navona facendo intendere a cosa si fossero ispirati lui ed i commissari. Oltre alla tassa spropositata  ha ordinato di  chiudere entro l'una di notte ed invitare gli artisti che intervengono alle serate di cantare sottovoce e senza accompagnamento musicale.
L'intervento di questi signori è alquanto preoccupante per chi guarda un pò più lontano dell'argomento in questione. Carinola è l'unico comune d'Italia che non ha una azienda che dia lavoro ad una decina di addetti. L'unica attività sono pochi esercizi commerciali tra cui un pò di bar che danno lavoro anche a qualche ragazzo e ragazza. Ultimamente si sono organizzati con ospitate  di musicisti che riescono a raccogliere tanti giovani che passano la serata insieme. Importante che questi restino nel comune,  per il fatto economico in quanto quello che spendono resta in loco. Inoltre non andando a Gaeta o peggio verso Napoli, non rischiano brutti incontri o pericoli sulla strada. A questi neo amministratori  queste considerazioni non interessano, non hanno figli o se li hanno risiedono altrove.

Non si rendono conto di distruggere un' attività commerciale positiva dal lato economico e sociale. L'aggregazione dei giovani di tutto il comune è l'obiettivo che tanti hanno invano perseguito per anni ora è stato raggiunto grazie ai bar. Questo grande risultato è messo in pericolo da una politca ottusa o forse, malignando, il loro obiettivo sia la distruzione di questo fenomeno.  I giovani uniti fanno tanta paura, meglio incontrarli in modo da poterli condizionare e controllare. Quello che manca ai politici odierni, a tutti i livelli, è la totale mancanza di qualunque strategia per creare lavoro: stanno bene loro, stanno benissimo tutti.

A convalida di questo, l'accenno che il signore delle finanze comunali ha fatto sulla gestione dei parcheggi. Ha previsto che il pagamento avvenga con le machinette. Non è stato nemmeno  sfiorato dal pensiero di sistemare qualche giovane come si fa in tutte le città dove c'è un alto tasso di disoccupazione giovanile. Troppo complicato creare una coperativa, assumere giovani che poi devono essere pagati ed assicurati ecc. molto più semplice installare delle macchinette.

Difficile vivere in un comune dove vengono richieste tasse degne di una grande metropoli e servizi degni di un villaggio del sud America. Drammatica conclusione è il graduale spopolamento delle nostre zone dove resteranno solo il sindaco ed i suoi collaboratori, solo loro perchè anche i loro figli saranno costretti ad abbandonare questa terra.

Barman arrabbiato

lunedì 11 luglio 2011

Socialismo o avidità?



Solo stamattina ho letto un manifesto a firma di Antonio Zannini che afferma di combattere da sessant'anni per il socialismo e la democrazia. Lui sostiene che l'atto con il quale il sindaco di Carinola ha deciso che gli amministratori non godranno di alcuna indennità è sbagliato. Sostiene che lo stipendio per i politici sia una conquista del socialismo e pertanto annullarla è un atto reazionario. Ci ricorda  i tempi in cui la politica era possibile solo ai possidenti e quindi l'indennità  fu una conquista di alta democrazia. Tutto vero e tutto giusto, tranne di aver dimenticato di fare un cenno della stortura odierna di quella nobile conquista democratica. Ha dimenticato di aggiungere una nota per ricordare che quella indennità pretesa a supporto della vita democratica è diventata una fonte di avidità pertanti, forse troppi politici.
Hanno aggiunto ad una indennità esagerata tanti altri privilegi per cui non sono più degli amministratori della cosa pubblica bensì dei padroni. Non denunciando questa vergognosa situazione che costringe i lavoratori a cedere metà del proprio salario per sostentare la politica, ha dato l'impressione di condividere questa situazione. 
Chi conosce chi ha scritto quel manifesto sa che lui ha venduto parecchie proprietà di famiglia per la politica e non che le abbia acquisite con essa. Per chi non lo conosce però ha dato l'impressione di voler difendere i privilegi della casta giustificandoli con nobili ideali. Su un punto bisogna dargli pienamente ragione, non si doveva operare d'imperio. Ogni amministratore doveva essere invitato in consiglio comunale a dichiarare in piena libertà se volesse o no godere  dell'indennità. Sulle questioni economiche bisogna lasciare libere le persone di esprimere il proprio pensiero. Quando si tratta di portafoglio si mette in mostra la generosità o  l'avidità di una persona. C'è chi approfitta anche di pochi euro e chi, anche per una somma interessante, è pronto a rinunciarci. Questo manifesto ha portato all'attenzione un grosso problema dello stato italiano ovvero il  costo della politica. Sostenendo la tesi dell'indennità come conquista democratica si giustifica anche l'abuso che si fa di questo istituto. Considerata la crisi economica che attanaglia la nostra società è giunto il momento di rivedere questi meccanismi. Bisogna liberare le risorse imbrigliate nei gangli dell'avidità personale per usarle per incentivare lo sviluppo economico sociale, cioè di tutti.

Erminio

da sempre contro la casta

giovedì 7 luglio 2011

L'erede dello sceriffo di Nottingham

Tutti conoscono questo personaggio che nella leggenda di Robin Hood estorceva soldi al popolo per soddisfare i lussi del principe Giovanni. Dopo tanti secoli abbiamo il suo erede in Italia, è un certo Tremonti che svolge lo stesso compito di detto sceriffo. C'è una piccola differenza fra i due, quello toglieva ai poveri, questo toglie a tutti, ma il fine è lo stesso per entrambi, foraggiare il principe e la corte.
Il problema odierno è che non essendoci più la monarchia, con la scusa della repubblica di re e principi non si sa più quanti ne siano. Sommando ministri, deputati, senatori, consiglieri regionali, provinciali, comunali, di circoscrizione, di comunità montane, di consorzi ed enti vari, molti sconosciuti al grande pubblico, si arriva ad un numero con molti zeri. Inutile sottolineare che intorno a questi nobil uomini girano un numero enorme di amici e collaboratori che usufruiscono degli stessi benefici, se non di più. Senza dimenticare il braccio esecutivo come la magistratura di vari tipi. Costituzionale, ordinaria, contabile, civile, militare, con le forze dell'ordine che devono essere ben pagate per difendere la patria e chi la governa, soprattutto.
Tutta questa massa di persone superpagate comportano un buco enorme per lo stato che il povero sceriffo deve provvedere a colmare di continuo. Finita l'era della finanza creativa dove vendeva palazzi e spiagge è arrivato a tassare tutto, peggio del suo predecessore. Automobili, case, pensioni, banche assicurazioni, regioni, comuni, province, sanità, scuola, mezzi pubblici, qualunque attività insomma. Inutile dire che tutti si rifanno con il popolo, nessuno si illude che una assicurazione o una banca paghi le tasse, se le rifarà aumentando i costi dei servizi, sicuri che lo sceriffo non li sanzionerà. Il povero sceriffo non sa più quale tassa inventarsi per portare nelle casse della casta le somme necessarie per i loro lussi. Loro hanno bisogno di abiti costosi, gioielli, auto superpotenti, aerei e di tanti tanti servitori. Chi non paga viene punito col sequestro di tutti i suoi averi anche se ha un debito piccolissimo, senza sconti per nessuno.
Al contrario dello sceriffo di tanti anni fa che era combattuto e bistrattato questo viene anche sostenuto ed applaudito da gran parte di quel popolo tartassato da lui. Lui promette un futuro migliore e che un giorno che non verrà mai:  ridurrà in povertà tutta la casta al governo. In attesa di quel giorno bisogna versare perchè le spese sono tante ed improcrastinabili.
Un'altra fortuna, forse la più grande, ha il moderno sceriffo, non c'è Robin Hood. Non esiste un personaggio che denunci i suoi abusi e lo combatta. Tutti con lui, potenti e deboli, tutti che pendono dalle sue labbra, i primi perchè da lui dipende il loro portafoglio, i secondi perchè aspettano il giorno che li libererà da tutti i balzelli che lui stesso ha messo. Finchè non uscirà un Robin Hood lo sceriffo potrà continuare indisturbato a svuotare le tasche degli italiani per ingrassare i suoi pari.

John

lunedì 4 luglio 2011

Napoli Brucia

I media ufficiali tacciono ma a Napoli è ancora emergenza. Oggi sono stati circa 30, dalle otto di questa mattina, gli interventi dei vigili del fuoco per i cumuli di rifiuti in fiamme in città e provincia. I trenta roghi di stamattina, si sommano agli altri trenta che si sono registrati la scorsa notte.

Napoli brucia.
Per chi ritiene non sia necessario coinvolgersi, meglio portare lo sguardo altrove.
Napoli è la Grecia che già siamo. E’ la premonizione cupa che attende dietro l’angolo più vicino. La prova del collasso e dei colpi di coda possibili.
E’ molto chiaro ciò che avviene. Chi ha perso nelle urne muove le pedine in direzione della guerra civile e del caos che precede le militarizzazioni.
Chi ha perso è un complicato fascio di interessi e intrecci politico-criminali, su scala locale e nazionale, che muove miliardi e macina clientele a centinaia di migliaia. Bisogna dire le cose come stanno. General contractors e Sistema colpiscono uniti per ribaltare la partita. Troppo importante il risultato, si butta fuori l’arbitro a calci e si prosegue a giocare forsennati.

Non si può, non si deve toccare una macchina emergenziale che ha “termovalorizzato” decine di miliardi di euro, sfornato comitati e consorzi a controllo criminale, insediato cooperative di lavoro fantasma di sicura presa elettorale, finanziato bonifiche mai realizzate.

La reazione di chi vede intaccato tale avido ben di dio è violentissima. Si manda avanti un esercito ragazzino e straccione, ingovernabile e disperato, a infrangere ogni possibilità di gestione, qualsiasi tentativo di avviare un “altro modo di fare le cose”. Affermare che la merda e il dominio di certi gruppi e interessi sono comunque il meno peggio, perché l’alternativa è la guerra di tutti contro tutti.
Questa è la più lampante dimostrazione che il voto dei cittadini è necessario ma per nulla sufficiente ad affrontare le circostanze. Che molto di più viene richiesto oggi a coloro che nelle giornate elettorali si sono mossi verso la richiesta di cambiamento e di svolta.

Se non sapremo dare vita a esperienze non effimere di resistenza e costruzione di forme pratiche di convivenza e produzione sociale, verremo travolti. L’urgenza inoltre impone tempi molto rapidi, e prove molto dure da affrontare.

A Napoli in questo momento sarebbe necessaria una “forza civica” di quindici-ventimila volontari, disponibili e operativi nel garantire sul territorio che si dia una chance all’impostazione di un nuovo ciclo, non solo dei rifiuti, di gestione delle risorse e delle problematiche. Se i cittadini che hanno votato si ritirano nelle case, è finita. Il rischio è di rimanervi asserragliati per chissà quanto tempo.
Non so se il sindaco De Magistris sia in grado, se la città stessa possa trovare un tale slancio, ma ritengo non rimandabile un appello reale alla mobilitazione di quanti si sono espressi.

Una grande metropoli del Mediterraneo va alla deriva e al collasso, dopo Tunisi e Il Cairo, Atene e Beirut. Il preludio di ciò che sta accadendo a tutti noi, senza risposte adeguate. Napoli è solo il primo, forse decisivo, test. Altri seguiranno.
I cittadini, non solo di Napoli, devono trovare forme e modalità per organizzarsi, attutire l’impatto della crisi e offrire risposte collettive a bisogni collettivi. Come cittadini, dobbiamo sapere che a salvarci non giungerà nessuno.

Infine. Ciò che è in corso è un’africanizzazione della crisi nella zona euro, spinta da enormi flussi speculativi della finanza globale. Forze imponenti spingono per l’assimilazione dell’intero Mediterraneo alla fascia nordafricana, una specie di cuscinetto speculativo tenuto al guinzaglio dalle organizzazioni economiche internazionali con il cappio dei debiti sovrani e della massa degli interessi usurari. L’esproprio progressivo di una quota ormai totalizzante di ricchezza, di risorse, e tout court di sovranità politica. Si offre come soluzione la vendita a pezzi di un paese come la Grecia, la messa sul lastrico di milioni di persone, solo per onorare assurdi debiti che non abbiamo contratto, e ad assurdi tassi decuplicati rispetto agli originari.
A guerra e sfida “africana”, urge risposta “sudamericana”.

I popoli dell’altra sponda del Mediterraneo lo hanno già capito. Altri, con durezza o intuizione, stanno già sperimentando le conseguenze.
Bisogna avere il coraggio di affermare che è la strategia del debito a dover essere messa in discussione. Che non sta scritto da nessuna parte che le banche non possano fallire, mentre cittadini e imprese e amministrazioni sì e andare in malora. Che la sottrazione sistematica delle già scarse risorse disponibili è diventata inaccettabile. Che tutto va rinegoziato su basi completamente nuove, o non avranno nulla. Che non è possibile che le agenzie che ieri vendevano Lehman’s al massimo dell’affidabilità, oggi siano ancora più potenti e decisive sui destini di intere aree geografiche. Che non subiremo inerti l’ultimo raid predatorio che arriva a fiumi e laghi, monumenti e palazzi, spiagge e colline. Che non pagheremo quel debito, perché è un’estorsione e un ricatto. Qualcuno, in Spagna e nella lontana Islanda, inizia a dirlo con forza.
Non ci sono ricette salvifiche in questa cruda alba degli anni ’10, una guerra di lungo corso li attraverserà tutti, e i fuochi che vediamo sono l’anticipo dei boati a venire.
Fondare nuove istituzioni sarà il compito di questa e delle prossime generazioni. L’unico possibile argine agli strateghi della guerra civile. Si tratta di un compito pacifico, ma sarà necessario combattere per realizzarlo anche solo in minima parte.

Napoli brucia.
Napoli è l’esempio che questo futuro è adesso.
L’incendio divampa e sprigiona fumi mortiferi. Un bravo pompiere direbbe che un fuoco simile si spegne solo col fuoco.

Luca (già WM3)