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martedì 14 ottobre 2008

Tremonti uber alles

Sono ormai settimane che le borse di tutto il mondo sono in caduta libera. Una tempesta finanziaria ha spazzato miliardi di euro. Le varie iniziative di tutti i governi sono note a tutti anche perché i telegiornali e rubriche di approfondimento vi hanno dedicato ampi spazi. Oltre alle conseguenze immediate della perdita di immensi patrimoni ci saranno quelle future.
Sicuramente per lunghi periodi la massa dei risparmiatori non investirà in borsa. Gli stessi operatori istituzionali come le banche d’ affari saranno molto più guardinghe nell’investire i propri fondi. Addirittura le banche sono restie a prestare soldi ad altre banche se non in condizioni di super garanzia. Questa situazione sembra che durerà a lungo, per cui le conseguenze nefaste si abbatteranno su tutti.
Quando si blocca la circolazione del denaro le aziende chiudono, il commercio langue, la disoccupazione aumenta raggiungendo percentuali altissime. Ogni governo ha fatto la propria mossa, mai come in questa occasione in perfetta sintonia con gli altri governi di quasi tutti i paesi del globo. Ad una crisi globale per una volta si è risposto con un antidoto globale. Scongiurato come sembra il fallimento di quasi tutti gli istituti di credito resta da risolvere il problema della stagnazione dell’economia e come rimetterla in moto per far partire i consumi. Senza soldi, sia in contanti che a credito, non si comprano automobili nuove, elettrodomestici, vestiti e addirittura si razionano anche i beni di prima necessità. Come fare per immettere denaro in circolazione?
Se il ministro dell’economia fosse stato Visco non avrebbe avuto tentennamenti: subito aumento delle tasse, peggiorando la situazione. Fortunatamente abbiamo Tremonti, che è al di sopra di tutti, e allora ha pensato di ricorrere alla finanza creativa prendendo i soldi dove stanno. Ieri notte in una lunga conferenza stampa ha detto: In Italia ci sono centinaia di migliaia di politici e affini che godono di stipendi favolosi e di innumerevoli privilegi equivalenti a parecchi miliardi di euro. L’idea è semplice: basta far circolare questa enorme massa di denaro ed il gioco di far muovere l’economia italiana è fatto. Ascoltandolo pensavo che proponesse di eliminare i privilegi dei politici, invece lui ha proposto di aumentarli. Questo il suo ragionamento: lo stipendio serve per procurarsi i beni necessari, non per accumulare conti in banca. Quindi con decorrenza immediata gli stipendi e le pensioni pagate dallo Stato non possono superare i cinquemila euro netti mensili, sono esclusi dal provvedimento i privati. Dopo aver sedato le immediate proteste dei giornalisti rai presenti che vedevano il loro stipendio ridotto di un terzo, ha continuato, per bilanciare la decurtazione avranno tanti benefit a secondo della carica ricoperta. Ha continuato illustrando concretamente la sua proposta potando ad esempio sé stesso. Ha detto: “insieme al mio stipendio di 5000 euro avrò diritto a qualunque cosa mi serva, basterà portare la fattura ed ogni dieci giorni l’economo del ministero mi liquiderà quanto speso. L’albergo, il pranzo, il vestito, il taxi, il bar, qualunque cosa mi serva la prendo e il costo mi sarà rimborsato. Ho pensato di inserire anche la possibilità del noleggio di un veliero per trenta giorni all’anno per accontentare D’Alema. Ho previsto anche spese di compagnia femminile per aderire alle richieste in tal senso del segretario dell’UDC Cesa. La spesa totale per lo stato aumenterà, ma in compenso avremo una grossa circolazione di capitali bloccati. Ne beneficeranno alberghi, artigiani, tassisti, ristoratori ecc”. Ha continuato: “cosa ci fanno Ciampi e la moglie con oltre 50000 euro al mese nel momento che hanno diritto a tutto, compreso un paio di infermiere professionali?” Gli ascoltatori sono rimasti inebetiti dalla semplicità e dall’ efficacia della proposta e subito l’anno trasmessa alle agenzie.
Io sono rimasto a pensare al giro di soldi immenso che si sarebbe creato appena approvato il decreto ideato da Tremonti. Così mi sono addormentato e appena sveglio ho acceso il televisore collegandomi su televideo per avere conferma della proposta sentita qualche ora prima. Invece della notizia che cercavo, però, ho letto: riunione urgente della camera per discutere la rimozione di Tremonti da ministro. Tutti i gruppi parlamentari all’unanimità voteranno la sfiducia. La notizia seguente: il ministro Tremonti indagato per attentato alla costituzione.
I privilegi dei politici sono un diritto costituzionale.

venerdì 10 ottobre 2008

La Chiesa carinolese nella bufera post-unitaria

Le tre guerre d’indipendenza  contro l’Austria, necessario preludio all’unificazione d’Italia, erano costate un occhio della testa. E quando infine l’Unità d’Italia divenne realtà, il nuovo stato unificato ereditò un disavanzo di circa 721 milioni di lire. Una cifra astronomica per quei tempi.

   Iniziare il cammino di nuova nazione con queste premesse, significava andare verso la sicura catastrofe sociale ed economica..

Come fare per assicurare la vita a questo neonato stato? Dove prendere tutti i soldi necessari alla sua sopravvivenza?

C’era, in Italia, una sola istituzione abbastanza ricca da cui attingere i capitali necessari: la Chiesa.

   E come già era successo nel periodo napoleonico, la Chiesa si ritrovò ad essere oggetto delle attenzioni governative per avviare lo stato sociale della nazione. Solo che questa volta non furono   i soli ordini mendicanti ad essere presi di mira, ma l’intera istituzione Chiesa con il suo ingente patrimonio terriero ed immobiliare.

Per accaparrarsi tale patrimonio, lo Stato italiano, con un’operazione senza precedenti, intervenne pesantemente nell’economia con due leggi eversive: la Legge del 7 Luglio 1866 e quella del 15 Agosto 1867. Con la prima, tolse  il riconoscimento di “ente morale” a tutti gli ordini, corporazioni e congregazione ecclesiastiche acquisendone così i beni che passarono quindi al Demanio dello Stato; con la seconda legge liquidò i beni acquisiti con la prima.

   Questa operazione di vendita si protrasse per anni e va sotto il nome di Vendite Beni dell’Asse Ecclesiastico.

   L’obiettivo delle due leggi era chiaramente la privatizzazione, ossia la vendita dei beni a privati con lo scopo di incamerarne gli utili. In seguito a queste due leggi e all’annessione di Roma al Regno d’Italia (1870), che metteva fine al potere temporale dei Papi, si aprì un profondo strappo tra il Regno d’Italia e il Vaticano che solo nel 1929 è stato ricucito con i Patti Lateranensi.

Nell’ex Regno delle Due Sicilie, la maggior parte del patrimonio terriero era nelle mani del clero.

   La Chiesa carinolese, ricchissima, possedeva centinaia di ettari di terreni, tutto il territorio comunale si può dire, i quali passarono quasi tutti al Demanio dello Stato per essere venduti a privati mediante aste pubbliche che si tenevano a  Carinola, Caserta e Formia.


Avendo già perso con le leggi napoleoniche  circa 673,2 moggia di terreno appartenenti agli ordini mendicanti soppressi, la Chiesa locale fu ‘alleggerita’ ulteriormente, in maniera molto massiccia, non solo di centinaia di ettari di terreno, ma anche di  molti fabbricati  che l’art. 20 della Legge del 1866 concedeva ai comuni previa richiesta di pubblica utilità.  

   Fu così che il 19 Giugno 1869 il Comune comprò il Palazzo Vescovile di Carinola per la somma di   3824,70 lire e quello di Casale per 3107,45 lire mentre l’ 11 Settembre 1873 comprò il Convento per 4200 lire. Il primo divenne Casa Comunale, il secondo Sede del Pretore, poi Scuola Pubblica e Ufficio di Stato Civile e il Convento divenne stazione di monta equina!!!

   Questa massiccia operazione di ‘alleggerimento’ del patrimonio ecclesiastico messo in atto dal nuovo stato italiano, andò però ad arricchire chi era già ricco, ossia i vecchi nobili e la nuova borghesia, i quali potevano permettersi di comprare i terreni messi all’asta, diventando così i nuovi latifondisti della nuova Italia.

   A Carinola molte famiglie di possidenti comprarono i beni della Chiesa carinolese ingrandendosi ancora di più, ma colui che comprò il maggior numero di terreni messi all’asta fu il signor Giuseppe Saraceni che accumulò un capitale terriero non indifferente.
Qualcun altro, come il signor Gaetano Maccarone, di Angelo, su queste vendite ecclesiastiche ci speculava un po’, comprando e rivendendo poi a prezzo maggiorato.

   L’affermazione secondo cui queste due leggi avrebbero avuto il potere di eliminare le differenze sociali permettendo a tutti di comprare terreni, è una delle fole storiche più grosse che siano mai state raccontate. I contadini furono subito esclusi dalle vendite ecclesiastiche a causa delle loro impossibilità economiche e inoltre videro soppressi gli usi civici, ossia quei privilegi secolari di pascolo, raccolta legna ed erba sui fondi altrui che erano stati sempre loro fonte di sostentamento.

   I poveri, perdendo queste elementari forme di sussistenza, divennero ancora più poveri e, per molti di loro, la risposta a questa situazione fu darsi alla macchia andando ad ingrossare le file del brigantaggio.
Ma questa è un’altra pagina.


Clio                                                            
Fonte: Archivio di Stato-Vendite Beni Asse Ecclesiastico

  
NB: il moggio carinolese è di 3.534  metri quadri; il passo di 118 metri quadri, il passitello di 1 metro quadro.

martedì 7 ottobre 2008

La vergogna dell’appartenenza

Un mio amico mi ha appena mandato via mail due stupende foto della città del centro-nord in cui vive. Un sogno: strade pulitissime, angoli curatissimi; idea di benessere e di civiltà.
Le guardavo con gli occhi, ma la mente vedeva ciò che i tg nazionali  stanno mostrando al mondo intero in questi giorni: le strade del Casertano e in particolare quelle di Castelvolturno. Idea di degrado e inciviltà. Soprattutto degrado morale.
Ho vergogna quando vedo queste immagini per televisione e capisco esattamente i sentimenti del mio amico articolista che ha quasi timore a dire che è della provincia di Caserta per non creare nell’altro una reazione allarmistica. Sono anche i miei sentimenti, e forse quelli di tutti noi. Personalmente non credo sia giusto dare solo un’immagine simile della nostra Provincia, perché finiamo per essere tutti affastellati nello stesso fascio e l’opinione che il mondo si fa di noi è quella di accomunarci tutti con l’immondizia e la camorra. Ma così vanno le cose oggi: è importante solo quello che fa notizia. E la notizia del momento è che siamo nella merda!
E’ vero che gli altri sono reticenti a stabilire contatti con noi. Un recentissimo episodio personale me lo ha confermato. Ero in contatto con una studentessa del centro nord per la battitura di una tesi di laurea e tutto era a buon punto, doveva solo mandarmi il materiale. Quando le ho dato l’indirizzo dove figurava la provincia di Caserta, non si è fatta sentire più!
Questo fatto mi ha rattristato non poco.
Appartenere a questa Provincia, nella mente degli altri significa necessariamente avere  a che fare con la camorra o col degrado e, per alcuni, neppure i contatti mediatici sono graditi.
Ma non voglio lasciarmi prendere dallo sconforto. Non sono una di quelle che desiderano fuggire da questa realtà: le mie radici sono qui, in questa terra dove sono nata, dove hanno vissuto e vivono i miei, dove riposano i miei morti. Non voglio vergognarmi di essere ciò che sono. Non voglio neanche stare a pensare a tutti i processi storici e politici che ci hanno portato a questo; non sarebbe di grande aiuto, perché come dice un detto popolare: è inutile stare a piangere sul latte versato.
E allora? E allora c’è una sola cosa da fare: fare di questa vergogna dell’appartenenza uno sprono  a lottare per un cambiamento. Un vero cambiamento, non di quelli fasulli che si sentono dai balconi in certi periodi elettorali e poi finiscono nel dimenticatoio.
I modi per aiutare il cambiamento sono tanti, primo tra tutti: controllare che l’ Amministrazione comunale in carica faccia il proprio dovere nei confronti della salvaguardia del territorio e dei cittadini. In secondo luogo è necessario collaborare affinché ci si cammini nel verso giusto. Collaborare, se necessario, alla formazione del cittadino, al rispetto delle leggi, alla convivenza civile, denunciando abusi e soprusi, non fermandosi solo a criticare senza muovere un dito e mettendo a disposizione degli altri le proprie competenze e le proprie conoscenze.
E’ necessario che si stabilisca perciò un rapporto di fiducia tra l’Amministrazione comunale e i cittadini ed insieme collaborino a che questo territorio emerga dall’immobilismo e dall’arretratezza  a cui è stato condannato da tanti anni. Se non c’è questo rapporto di fiducia e collaborazione, il processo di crescita non potrà incamminarsi e ogni passo in avanti verrà ostacolato da pregiudizi, interessi privati e politici. E’ questa la realtà dei fatti, che piaccia o no!
Collaborazione però non significa accettare passivamente le decisioni che vengono dall’alto, o non significa essere schiavi dei cittadini, significa invece tenere aperto sempre un canale comunicativo di confronto tra le due parti e che possa rivelarsi uno scambio continuo di idee, aiuti e sostegni per la crescita a 360 gradi del territorio.
Aspettare che arrivi il deus ex machina dal cielo a risolverci problemi  è quanto mai puerile e vittimistico. Arriva il momento in cui ci si deve accorciare le maniche e cominciare a costruire seriamente.
Credo che questo momento sia arrivato. Per il bene di tutti noi.
Lady Oscar

giovedì 2 ottobre 2008

..ricominciamo....

L'estate con tutte le sue gioiose manifestazioni è finita, Carinola, come tutta l'Italia, torna alla cruda realtà.
Abbiamo un nuovo Governo Nazionale di Centro Destra e anche Carinola per la prima volta nella storia moderna annovera una compagine di centro destra, anomala perchè guidata da un ex comunista oggi socialista per avvalersi dell'appoggio politico e istituzionale dell'On. Gennaro Oliviero.
Tutto regolare, tutto legittimo ma ora bisogna passare ai fatti e i fatti sono un Comune senza piano regolatore, un cimitero di cui si è tanto discusso e per il quale nessuna decisione è stata presa, un' attività politica molto di facciata ma poco concreta e con scarsa incisività rispetto ai problemi atavici che gravano sull'intera comunità.
Un altissimo tasso di disoccupazione preoccupa oltre misura le famiglie che vedono i loro giovani sparire verso mete lontane, è indubbiamente un problema annoso ma il piglio con cui questa compagine ha affrontato la trascorsa campagna elettorale ha creato non poche aspettative.
Ricordo come oggi un appassionato intervento dell'attuale vice Sindaco Dr De Risi, dal balcone di Casanova, elencare una serie di iniziative che, qualora intraprese, avrebbero dato lavoro a centinaia di giovani. Ad oggi, però, abbiamo un concorso per la nomina di Vigili Urbani precari miseramente abortito in quanto nessun concorrente ha superato la prova scritta.
E' partita discretamente la raccolta differenziata dei rifiuti ma solo una minima parte degli addetti è formata da Carinolesi, e anche coloro che ci stanno sono a tempo determinato.
Doveva partire a spron battuto l'approvazione del PUC capace di dare una spinta produttiva derivante da nuovi insediamenti urbanistici ma, ad oggi, nessun segnale.
La luna di miele ed i primi cento giorni sono ormai un ricordo, e Carinola con i suoi abitanti non può più aspettare: ha bisogno di segnali di ripresa forti ed inequivocabili, la stagione delle promesse è finita ma la eterogeneità di questa compagine non lascia intravedere grandi cose, ogni leader coltiva il suo orticello e i personalismi superano di gran lunga la collegialità; ogni referente sta molto attento a non deludere i suoi, personali, sostenitori e nessuno forza la mano per prendere decisioni concrete.
Pongo ai lettori queste osservazioni e spero, vivamente, di essere smentito dai fatti e chiedo a voi tutti un giudizio politico ma non di parte su quanto è stato fatto e su quanto si creda si possa fare, qual è il livello di gradimento per questa Amministrazione e quali sono le aspettative.

Gradirei risposte concrete, dure ma corrette, senza insulti ma capaci di fotografare l'umore del momento.

Da queste pagine possono partire utili suggerimenti e costruttive proposte offrendo uno spaccato della nostra società e al tempo stesso un utile servizio di denuncia o di semplice segnalazione, necessario per evitare che si possa dire "Io non lo sapevo".

Roberto

mercoledì 1 ottobre 2008

Mammina, Ignazio fa il cattivo!

Quando ero bambino, litigavo continuamente con mio fratello più piccolo a cui facevo sempre dispettucci. E lui, furioso, mi diceva piagnucolando: “mo’ ci’u vac’a dice a mammà e te facciu vatte!”

Questa frase mi è venuta in mente sentendo, qualche giorno fa, una notizia al tg: Ignazio La Russa, ministro della Difesa, ha disapprovato Roberto Maroni, ministro dell’Interno che, facendo le sue considerazioni sui fatti di Castelvolturno, ha etichettato l’episodio come  “guerra civile”.

La Russa ha ‘osato’ non essere d’accordo con Maroni che, come un bambino indispettito, si è rivolto a ‘mamma’ Silvio  per ristabilire l’ordine! E il Berluska, da buona mammina, li ha accontentati tutti e due, inviando a Castelvolturno sia l’esercito che la polizia.

La cosa mi ha fatto molto sorridere, ma mi ha fatto anche molto pensare.

Da un episodio così banale e anche umoristico, se vogliamo, traspaiono i rapporti di sudditanza e complicità che uniscono tutti i membri di questa maggioranza parlamentare al loro leader Berlusconi e le concessioni che quest’ultimo fa per tenerseli tutti buoni.

Il Berluska è la piovra che li tiene tutti avvinghiati a sé. E’ l’entità pensante che non ammette deviazioni di pensiero. Chi per caso, o per volere, mette in moto il proprio cervello e comincia a pensare autonomamente, viene subito riportato nei ranghi mediante la solita  zolletta di zucchero.

Non voglio soffermarmi sull’aspetto politico che viene ampiamente discusso in ogni spazio mediatico e non. Voglio soffermarmi proprio su questo aspetto: la possibilità di pensare nell’attuale maggioranza.

Non esiste, in questa maggioranza, l’individuo pensante. Esiste invece l’uniformità di pensiero, o meglio l’uniformità al pensiero del capoccia.

Chiunque segua i tg o legga i giornali, può rendersi facilmente conto che i parlamentari di maggioranza sono sempre tutti concordi su tutto. Non si smentiscono mai gli uni con gli altri. La pensano tutti allo stesso modo. Non tanto sulle cose del governo su cui è bene siano tutti d’accordo, quanto su ciò che riguarda le vicende giudiziarie del loro leader, facendo passare delle leggi scandalose rivolte a proteggerne la persona e il patrimonio. Sembrano burattini fatti in serie con lo stesso, identico stampo, manovrati da un esperto burattinaio.

O forse sarebbe meglio dire che sembrano esponenti di una cosca tenuti insieme da legami di complicità al loro mammasantissima.

Se capita un episodio come quello di qualche giorno fa, in cui uno di loro dissente minimamente in qualche cosa, ecco che arriva il contentino e il dissidente viene subito rimesso in riga.. Non è bene che ci sia difformità di pensiero!

Non c’è dialettica, non c’è confronto, non c’è scontro; neanche uno piccolo piccolo! C’è invece un tragico appiattimento di tutte le funzioni intellettive.

Per dirla in termini medici: elettroencefalogramma piatto. E questo significa morte dell’individuo.

Allora viene da chiedersi: come è possibile che tutte queste persone ruotino intorno a un uomo come api intorno alla propria regina? E’ veramente la gran voglia di  migliorare l’Italia che li tiene tutti così assurdamente uniti e soggetti o è qualche altra cosa?...

Scusatemi, ma voglio essere malpensante: è qualche altra cosa.

Come si dice in un altro post, sono i soldi del Berluska che tappano la bocca, chiudono gli occhi, otturano le orecchie, ma soprattutto offuscano il cervello, producendo la perdita della cosa più preziosa che possa esistere per un uomo: la libertà di pensiero.

Alla fine, questo loro svolazzare intorno ad una sagoma, non è il dolce e onesto lavoro delle api intorno alla loro produttiva regina, ma è piuttosto il putrido e stomachevole volteggiare delle mosche intorno al loro signore.


Linguaccia sacrilega

domenica 28 settembre 2008

Foro Popili, foro dei tombaroli

 Questo sabato sono  tornato a Carinola da Roma come faccio ogni volta che ho un po’ di tempo libero. Mi piace passeggiare per le stradine della parte antica  osservando quanto resta  di un passato nobile , dimenticato da tutti. 
Confesso di non conoscere tutti i siti interessanti  di Carinola  e  ogni volta che scopro un palazzo antico,  una chiesa o qualunque pietra che ha una storia  a me sconosciuta, provo lo stesso fremito che pervade gli archeologi quando fanno una grossa scoperta nel corso di uno scavo.  Domenica mattina  sostavo in piazza godendo del piacere più grande che si può  provare in un paese, cioè di fare quattro chiacchiere con chi capita . Passava di là mio nipote, che mi invitava ad andare con lui. Salito in macchina mi ha spiegato che aveva dimenticato il telefonino in campagna e che lo doveva andare a prendere. Giunti sul terreno, mi  ha chiesto se conoscevo quella zona e alla mia risposta negativa non ha nascosto il suo stupore, che  dopo le sue sommarie spiegazioni è diventato anche  il  mio. Sembra impossibile che pochissimi conoscano  un sito così importante.  Ha cominciato col dirmi che ci trovavamo a Civitarotta,  una città  che si dice sia stata fondata  oltre  duemila anni fa. Mi ha detto che questa, insieme a foro Claudio in Ventaroli,  una volta era la città più importante della zona. Continuando mi ha detto che il  nome originario era Foro Popili, forse in onore del console Marco Popilio.
Doveva essere una città importante in quanto su una iscrizione ritrovata in una masseria vicina,  masseria  Aceti, si nominava il restauro di quattro porte di accesso alla città . Inoltre su altre iscrizioni venivano nominate le terme ed un tempio egizio trasformato in seguito in cattedrale cristiana, sede vescovile. Inoltre su delle iscrizioni murarie a Pompei si parlava di gladiatori impegnati a Foro Popili  per cui certamente vi si trovava  anche un anfiteatro. Mio nipote ha continuato a raccontarmi di tantissime monete rinvenute lì intorno  e vendute a peso ad un furbo professore di Napoli. Mi ha parlato di statue, lampade, monili, terracotta dipinta,  tutto di fattura eccelsa,  tutto sparito non si sa dove. Mi ha parlato inoltre di anfore, anche dipinte,  tante anfore disseminate in giro. Alcune grandissime, segno della produzione di grandi quantità di  derrate alimentari. Sentite tutte queste notizie,  ho insistito per farmi accompagnare in questo sito mitico. Giunti sul posto, tra l’altro facilissimo da raggiungere, invece delle cose raccontate ho trovato solo sterpaglie, alberi bruciati  e spine. In quella desolazione ho notato delle buche, tante buche,  pertanto ho chiesto a mio nipote se vi  fossero  stati i militari a fare esercitazioni facendovi esplodere delle mine. Con un sorriso di comprensione per la mia ignoranza, mi ha spiegato che quelle erano  le buche lasciate dai tombaroli che avevano  depredato la zona di tutto quello che avevano  potuto trafugare. Osservando con attenzione, ho notato  il terreno rimosso da poco e intorno una strage di ceramiche di ogni genere, pezzi di pentole, di anfore  di mattoni,  di tegole, tutto annerito dal fuoco  che ha colpito la zona di recente per mano di ignoti. Sembra che il vivaio confinante abbia citato la sovrintendenza per danni ammontanti a 200.000 euro. In qualche altro Stato li farebbero pagare al responsabile, in Italia paghiamo noi. E pensare che i soldi che pagheranno sarebbero bastati per sistemare quasi tutta l’area.  Mi ha detto che addirittura gli risultava  che avevano  staccato l’intonaco dipinto dai muri per venderlo. 
Dopo un attimo di sgomento per quella carneficina di storia ho fatto le mie riflessioni: si parla di cultura, di valorizzare le bellezze locali  e quelle di Carinola? Solo perché   sepolte, devono essere distrutte e saccheggiate  da qualunque balordo che lo voglia.  Sto parlando di ricchezze archeologiche  dal valore immenso perché uniche, non del campanile di Casanova costruito  in serie per tutta l’Italia con lo stesso progetto. Il dubbio più angoscioso è che qui lo Stato non esista.  Come è possibile  tenere un sito del genere in quelle condizioni? Non pretendo che si scavi, perché i responsabili  si sporcherebbero i mocassini, ma  almeno eseguire delle opere minimali.  Almeno una recinzione,  un guardiano,   provvedere  al taglio dei rovi in modo da rendere individuabili  i male intenzionati che vi  si aggirano. Si ha l’impressione che chi dovrebbe sovrintendere, deliberatamente lo  lasci in balia di chiunque,  come a voler cancellare la storia. Sembra impossibile pensare che ci troviamo in un paese civile, se lo fosse bisognerebbe prendere i responsabili di tale scempio licenziarli e  pubblicare le loro facce sui giornali quali  criminali della cultura. Ma chi sono i responsabili? Questo è il problema italiano, dare risposta a questo interrogativo. Qualunque funzionario statale è intoccabile e con lui il   suo stipendio. Il ministro ai beni culturali? No, perché non sa dell’esistenza del sito. Il sovrintendente di  zona? No, perché lui sicuramente ha tanto da fare, studi, ricerche, conferenze,  non può certo  visitare tutti i siti interessanti, che purtroppo per lui sono tanti. Se proprio si insiste sulle sue responsabilità, sicuramente in qualche cassetto ha qualche relazione e qualche denuncia ai carabinieri, oppure ha sempre la scusa che non ha personale sufficiente. .
Sicuramente riuscirà a dimostrare di aver fatto tutto il possibile  e di essere  estraneo a  quella vergogna. E allora i colpevoli siamo noi,  che non ci interessiamo e  impegniamo nel  difendere  le nostre vere ricchezze  che sono  la nostra storia e la nostra cultura. Regioni come Lazio, Umbria, Toscana  hanno investito in cultura e vivono di quella, non solo di pesche,  che tutti possono produrre. 
Perciò  riprendiamoci la nostra storia ed i suoi  gloriosi  ruderi facendoli risorgere e noi con loro. Tornando verso casa, visto che non era ancora ora di pranzo, ho chiesto di portarmi a Foro Claudio a Ventaroli,  altro luogo bellissimo di Carinola. La  risposta secca e lapidaria - no, non sopravviveresti alla vista di quell’altro scempio ancora più vergognoso.  

venerdì 26 settembre 2008

Il Nuovo Look del Fascismo

Il dittatore di oggi non indossa più la divisa militare, ma vestiti di migliaia di euro.
Non arringa più alla folla con discorsi altisonanti dall’alto di balconi, ma fa battutine spiritose attraverso le telecamere. Non ha il viso duro e chiuso che incute timore, ma è sorridente e positivo anche quando dal cielo gli piove addosso merda. Non da purghe ai dissenzienti, ma pesanti bustarelle! Non ha ai suoi ordini un esercito che impone idee e comportamenti con la forza, ma un network  televisivo che impone idee e comportamenti mediante un morbido e indolore lavaggio del cervello.
Il dittatore di oggi è un magnate della finanza e tratta il popolo al pari di operai di un’azienda commerciale: solo chi produce il massimo va avanti, gli altri sono esuberi e non sono necessari; possono tranquillamente rimanere a casa, senza stipendio, come gli 87.000 insegnanti che si sono trovati improvvisamente disoccupati, pur avendo, magari, un mutuo sul groppone.
Quelli che hanno la fortuna di conservare il lavoro devono, e dico devono, imparare a lavorare senza fiatare e produrre, produrre, produrre!
I fannulloni poi sono le pecore nere dell’azienda, solo che la definizione della parola è molto cambiata. Fannulloni non sono più quelli che timbrano il cartellino e se ne vanno a fare la spesa, ma anche quelli che rimangono a casa  un paio di giorni perché magari hanno la febbre a 40. Oggi ammalarsi è pericoloso, perché puoi ritrovarti con la qualifica di fannullone addosso, a rischio di rimanere senza stipendio o senza lavoro! La malattia, nella nuova azienda Italia, è parola vergognosa. Affidarsi a San Gennaro, o altro Santo, che ci dia salute 365 giorni all’anno, è d’obbligo.
Il dittatore di oggi non ha un nome rozzo e disarmonico come quello di ieri; ha un nome armonioso, che riempie la bocca: Silvio Berlusconi. Che finezza!
Entrambi i personaggi, quello di ieri e quello di oggi, hanno in comune una megalomania patologica che li ha portati verso l’imperialismo. Per il primo, quello autarchico; per il secondo, quello finanziario.
Tra i due, una profonda differenza c’è, bisogna ammetterlo. Mentre quello lì realmente pensava di riuscire a far grande l’Italia, farne un impero come quello romano, e a quell’idea aveva asservito tutto se stesso, questo qui vuole riuscire a far grande solo se stesso e a difendere il suo impero personale. E a quest’idea vuole asservire tutta l’Italia.
Come sia riuscito a mettere su un impero finanziario di quella sorta, possiamo immaginarlo. Come sia riuscito a diventare più volte Presidente del Consiglio lo sappiamo: le grandi manovre e le grandi promesse che ha dovuto fare per tenersi buono uno come Bossi sono note a tutti, soprattutto a noi meridionali. Il cagnolino Fini non merita neppure di essere considerato, tanto è inesistente.
Per quanto riguarda asservire tutta l’Italia, sembra ci stia riuscendo. Come? Con una dispendiosa  ‘campagna acquisti’!
Quando riesci  rendere tuo suddito un capoccione alla guida di qualche cosa, tutto il resto viene dietro da solo. Nessuno vuole perdere un posto di lavoro e il Berluska questo lo sa. Quindi la sua politica di compra-vendita è: compri mille, paghi uno.
Vuoi che il tg1 ti faccia passare solo le notizie che ti fanno comodo e ti tenga in sordina le altre? Comprati il direttore e otterrai quello che vuoi. Se poi riesci a comprarti tutta la Rai, puoi fare sogni tranquilli. Be’ certo, un direttore di un tg nazionale costerà parecchio, ma al nostro eroe i soldi non mancano… Vuoi che  un’importante testata giornalistica penda dalla tua parte? Comprati il giornale e diventane il proprietario, senza badare a spese! Se hai in mano l’informazione pubblica, hai in mano tutto il paese! A volte però bisogna  spendere anche di più. Se vuoi che la tua maggioranza parlamentare sia sempre coesa e faccia passare le leggi che desideri, ebbene allora li devi tenere tutti a stipendio, altrimenti qualcuno comincia a fare le bizze e il palazzo potrebbe crollare!
Ecco allora che passa una legge come il lodo Alfano, scandalosamente viziato di incostituzionalità e che viola il principio di uguaglianza sancita nella nostra Costituzione. Ma che importa? L’importante è che tutti i processi del premier siano stati annullati. Il resto sono inezie.
Non manca, in questo nuovo regime, la componente razzista. Le vittime di turno siamo noi meridionali e gli extracomunitari. Per tanti motivi; prima di tutto perché attendiamo ai posti di lavoro che sono al nord, usurpandone la ricchezza, e poi perché noi meridionali siamo dei fannulloni per antonomasia, quelli del tir’ a campa’. Non abbiamo il senso della produttività che hanno quelli del nord e non ci meritiamo la considerazione di questo governo!
Il nostro modo di esistere ci rende negativi: neanche come insegnanti valiamo un granché. Dobbiamo aggiornarci, formarci, altrimenti non siamo degni di insegnare a studenti settentrionali e non riusciamo a stare al passo con le spinte culturali settentrionali! Dobbiamo aggiornarci soprattutto sulle verità storiche, che non sono quelle finora raccontate, ma hanno una valenza diversa, a lungo alterata o tenuta nascosta. Ecco perché è opportuno riscrivere la storia e rifare i testi scolastici!
Vuoi vedere che l’Unità d’Italia non è mai avvenuta?...Boh! Ecco perché Bossi vuole a tutti i costi il federalismo fiscale! In fondo, che cosa ha da spartire lui con noi meridionali?!
Dopo vorrà quello costituzionale e ritorneremo al punto di partenza ...
Bossi, nella sua profonda ignoranza, non sa e non vuole sapere che  tutte le ricchezze del nord sono venute dal sud, sia come capitali liquidi confiscati, sia come mano d’opera sfruttata fino all’inverosimile. Se non fosse stato per le ricchezze e la forza lavoro del sud, il nord oggi sarebbe un paese del terzo mondo. Invece, privati di tali ricchezze, lo siamo noi e ai nostri attuali governanti sta bene così! E quella camorra che oggi fingono di combattere mandando l’esercito a Castelvolturno, è stata per anni, ed è, il braccio sporco che li ha fatti crescere a nostro danno.

Fringuello linguacciuto

giovedì 25 settembre 2008

così lontano....così vicino

A circa venti km dal mio comune c’è la guerra, o meglio c’è sempre stata, ma solo oggi si fa finta di averne piena coscienza.
Ma cosa significa avere coscienza di un determinato dato? Significa conoscere o, forse, nel nostro caso, significa semplicemente sentirne la presenza? Quando si conosce una cosa o si cerca di conoscerla si può tentare di decidere cosa fare o non fare di fronte alla cosa in questione ma quando, invece, se ne sente soltanto l’esistenza cosa si fa? Sembra quasi un situazione, blasfemamente teologica, non vi pare? Sento un alito di putrefazione addosso continuamente, anche quando tutto sembra pulito e profumato, questo sento in questi giorni. O meglio  l’ho sempre sentito ma purtroppo anche il mio essere, vuoi o non vuoi, è invischiato è tutt’uno con la santissima degenerazione chiamata camorra. 
Si ,proprio così, siamo tutti figli della camorra del suo modo di fare e d’intendere tutto ciò che ci circonda e questi venti km possono essere soltanto pochi cm. Ormai siamo bollati. Basta presentarsi ad un estraneo e dire che sei della provincia di caserta che l’identikit è inesorabilmente tracciato e come lo spieghi che vieni da un comune di neppure diecimila anime apparentemente lontano da alcune logiche a da certi tipi di vita? Come si fa a togliere il vestito nero di vittima e di camorrista che l’ufficio anagrafe ti ha messo addosso? A meno di venti km c’è la guerra e noi subiamo gli echi violenti di questa guerra fatta di spari e di silenzi, d’omertà, di posti di blocco dei militari che servono soltanto ai politici per far vedere che qualcosa si sta facendo. Ma cosa si sta facendo veramente? Un interrogativo che automaticamente partorirebbe una risposta gratuita piena dei soliti e duraturi luoghi comuni che sinceramente non ho voglia d’ingrassare ulteriormente. Quindi, oggi, preferirei mettere in evidenza il mio stato d’animo di carinolese che da vicinissimo ( geograficamente parlando) osserva una situazione che da sempre fa sentire la sua presenza. Vicinissimo? Mica tanto, visto che tutto ciò che sappiamo c’è lo dice la tv e i giornali che parlano di guerra civile, di terrorismo e non dicono la cosa più importante, ovvero che è sempre stato così. Io da carinolese posso dire che la puzza di questo Dio oscuro la sento ogni secondo, e oggi la sento ancora di più quando si dice che è colpa dei “negri” che tutto sommato se la sono meritata, sento la puzza quando i politici credono di far parte di un territorio lontano ventimila km e non venti Km, quasi se Carinola fosse provincia di Siena.  Si parla di valorizzazione del territorio, dei prodotti agricoli, delle bellezze culturali e poi? Cosa  è stato fatto per toglierci il vestito nero che abbiamo dalla nascita? E noi cosa stiamo facendo? Non credo che basti un protocollo di legalità a garantire che tutto rimanga lontano venti km da noi, basti pensare che sono proprio le ditte camorristiche che hanno tutto in regola con tanto di certificato antimafia. Ma non ho voglia di polemizzare come non ho voglia di dire che sono i camorristi a gestire la raccolta rifiuti, l’illuminazione pubblica, le grandi operazioni edili. Oggi, voglio soltanto spiattellare sul web la mia grande tristezza che nasce ogni qualvolta che vedo la sigla CE sui miei documenti. La politica non può nulla ed è un dato di fatto perché spesso dipende dal dio camorra, la polizia è legata e noi cosa facciamo per uscire da questa voragine? Praticamente nulla. Facciamo finta che sono ventimila Km e che del resto a Castelvolturno è sempre stato questo. Tutto sommato un atteggiamento ovvio che avvolge tutti noi. Ma il punto non è questo ma piuttosto è: cosa facciamo per diversificarci dall’ovvietà del litorale domitio? Cosa possiamo fare per non avere vergogna di dire: “ io sono di Carinola un piccolo comune in provincia di caserta ma più vicino a Formia” Quante volte ho ripetuto questa frase non so, soltanto per riuscire a tranquillizzare la/o sconosciuto di turno che già sta storcendo il muso appena sente provincia di Caserta. La risposta non possiamo trovarla fin quando non accettiamo che la camorra è un dato di fatto che alita anche sul nostro territorio e che non basta far finta di vivere in un oasi di verde lontana lontana. Prima di costruire edifici, fabbriche, bisogna costruire la cultura e l’orgoglio carinolese, bisogna essere diversi dentro, obbiettare quando si presenta il becchino di fronte la casa del morto senza che nessuno lo abbia chiamato, bisogna ribellarsi al potere quando fa cose strane e soprattutto bisogna capire che Carinola deve essere diversa dai paesi camoristici non perché è immersa nel verde e cose di questo tipo ma è diversa perché i carinolesi hanno le palle di essere diversi. Dopo ciò sono triste e vado a comprare una mitragliatrice. 
Fijo di PoPa

martedì 23 settembre 2008

Carinola alla I crociata

    Un interessantissimo documento ci è stato trasmesso da un nostro compaesano e riguarda la storia di Carinola dell’anno mille. Questo fortunato ritrovamento è frutto dell’impegno e della  passione di chi si occupa di storia e passa la propria vita a scartabellare polverosi documenti per dare una identità alla propria gente.
E’ infatti grazie all’impegno dello studioso contemporaneo Eugenio Maranzano che oggi abbiamo delle informazioni in più su Carinola. Maranzano si occupa della storia del comune di Borrello, Chieti, e della famiglia Borrello che al comune ha dato il nome.
   Direte: che c’entriamo noi carinolesi?... C’entriamo, c’entriamo!
La famiglia Borrello è infatti un’antichissima famiglia franca che governava le terre molisane e abruzzesi, i cui domini si estendevano fino a Capua, e un cui figlio, Gionata, fu conte di Carinola!
Bisogna inoltre notare che i Borrello sono ancora tra noi, anche se il cognome, nel corso dei secoli, è stato trasformato in Borrelli, al plurale, e Borriello, con chiara dizione dialettale.
Tutto questo lascerà perplessi i più ferrati in fatto di storia. Gionata un Borrello?... Ma cosa dice questa qui!
E se invece dicessi: un Drengot-Quarrel?... Allora i conti tornerebbero!
Come molti sapranno, la famiglia Drengot-Quarrel, a cui apparteneva Gionata, conte di Carinola, è antichissima famiglia mercenaria normanna, giunta in Italia intorno all’anno mille, al servizio dei principi longobardi del meridione.
Quello che molti non sanno è che il cognome francese Quarrel, una volta in Italia, si trasformò, col tempo, in Borrello!
Il documento ritrovato da Maranzano risale al 1095 e riguarda la preparazione alla I Crociata indetta dal Papa Urbano II, a cui  partecipò Carinola e di cui Goffredo di Buglione fu uno dei quattro condottieri.
Altre notizie spero potranno essere aggiunte in seguito. Per ora vi auguro buona lettura.

Clio
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  Il 27 novembre 1095 il papa Urbano II rivolse un appello alla cristianità, “...E’ impellente che vi affrettiate a marciare in soccorso dei vostri fratelli che abitano in Oriente, ... I Turchi e gli Arabi si sono scagliati contro di loro e hanno invaso le frontiere ... fino al luogo del Mar Mediterraneo ... A coloro che, partiti per questa guerra santa,  perderanno la vita sia durante il percorso di terra, sia attraversando il mare, sia combattendo gli idolatri, saranno rimessi per questo stesso fatto tutti i peccati ...”  La crociata ebbe inizio il 15 agosto 1096 e delle quattro armate che ne facevano parte una era quella italo-normanna comandata da Boemondo d’Altavilla, primogenito di Roberto il Guiscardo.
Partenza per la crociata
Un vecchio manoscritto ricco di abbondanti notizie sui Figli di Borrello, desunte da diversi storici del Regno di Napoli, senza data né firma, bruscamente interrotto alla ventunesima pagina, rifacendosi al Catalogus Baronum descrive nei dettagli il consistente contributo dei Borrello alla composizione dell'esercito normanno alla crociata.
Il manoscritto è stato ritrovato da Eugenio Maranzano, infaticabile e appassionato studioso delle antichità borrellensi, e ad un primo esame sembra contenere molte imprecisioni e una serie di informazioni scollegate tra loro, in stili diversi per ciò che riguarda la forma e quindi poco attendibili. Ad una lettura più attenta però è evidente che l’anonimo scrittore ha raccolto molte notizie sui Borrello desumendole da vari autori tra cui Giovanbattista Panichelli Abate (probabilmente si tratta dell’abate Gio Battista Pacichelli), dal Catalogus Baronum e altri testi.
La cautela necessaria per prendere in considerazioni le notizie del manoscritto non permette di sapere con esattezza se l’elenco dei Borrello che contribuirono alla spedizione in terra Santa ebbe realmente un seguito di fornitura di uomini e denaro o se rimase solo una lista di buone intenzioni.
Anche se il testo in questione necessita sicuramente di verifiche e soprattutto di riscontri storici con altre fonti dell’epoca vale la pena di citarne alcuni passi (gli errori di scrittura sono gli stessi del documento):
 “... Nella prima crociata contro i Turchi che occupavano il sepolcro di Gesù Cristo unito a Gerusalemme e via discorrendo, anche i conti e signori Borrelli vollero accorrervi a dar aiuto d’armi.

1.    Dal conte Gionata de Carinola Bartolomeo Borrello, che come suo padre Mario Borrello tenea tutto lo stato che fu di Gregorio Pagano e Landolfo d’Aquino, teneva Alvito, Campora e Guarano d’Aquino, fu offerto in servizio di 20 uomini a cavallo e 30 fanti.

2.    Landolfo Borrello, per Strantogallo offerse 2 uomini atti alle armi.
3.    Guglielmo di Montefuscolo, ed Alessandro suo fratello, offersero 40 cavalieri e 60 fanti.
4.    Adinolfo d’Aquino, per Settefrati offerse 8 uomini atti all’armi.
5.    Guglielmo d’Andra ch’era signore D’Aremona, terra distrutta sul distretto d’Isernia, offerse 2 cavalieri e 4 fanti.
6.    il conte Simone di Sangro figlio del conte Todino, per Castel di Sangro, nel principato di Capua, per Schienaforte, Roccasecca, Alfidena, Barrea, Roccatramonti, Rocca di cinque miglia, Coll’Angelo, Scannoli, Frattura, Castro, Bognara e Castel del Tasso sullo stato dei Borrelli, offerse 197 cavalieri e 476 fanti, alla quale offerta niun altro benchè grande e potente signore del regno di Napoli, arrivò.
7.    Orrisio Borrello, per tre parti di Castiglione, per Belmonte, Rocca dell’abate, Faldo, Pescoasseroli e per i suoi suffeduatari, offerse 29 uomini a cavallo e 50 fanti.
8.    Guglielmo Borrello signore d’Agnone, Castel del Giudice, Monteforte e per i suoi suffeduatari che tenevano Macchia, Castelnuovo, Castelbarone, Vastogilardi e Capracotta, contribuì con 32 cavalieri e altrettanti fanti.
9. Rinardo Borrello, per Picanio, Montenero di Bisaccia, e Portella diede 6 uomini d’armi.
10. Rainaldo Borrello detto ancora di Pietrabbondande, per Frisolone e Campolieto, offerse 8 cavalieri e 8 fanti.
11. un’altro Borrello con Roberto suo fratello, per Monte S. Angelo, Cillina, Ripa e alcuni suffeduatari, offersero 24 cavalieri e 68 fanti.
12. Oderisio Borrello, figlio di Amissadap di Malanotte (Buonanotte), per Malanotte, Basilica e Butisco, 6 soldati a cavalo e 12 fanti.
13.  ...Benedetto della Vipera, Tenea la Vipera da Nevelone de Ponte, e per il tal feudo pagava 1 uomo d’armi. ...
Oltre le terre e castelli predetti ed altri ch’erano in passato in dominio dei Sangri, possedevano i Borrelli in questi tempi altri assai, coè Rosello, Civita Borrella, Pietra Guaranzana (Ferrazzana), Carpineto, Ariano (Archi) Oppido, Malacocchiara, Cantalupo, Monteformoso, Casalpiano, Casalanguida, Squintone (Scontrone), Pescopennataio, Civita Colle, Montearsaro, Rigo di Stiria, Fuoroli (Forlì), Calcasano, Rocca de Pizi ed altre, e perciò la stimavano per una delle più potenti e ricche famiglie del Regno di Napoli.
Tutti quasi queste terre, paesi, castelli ecc. ora non si trovano più o di nome o ...”

L’armata di Boemondo, nella quale, secondo il manoscritto sopra citato, erano inquadrati i militi forniti dai Borrello, combatté valorosamente nella battaglia di Dorileo il 1° luglio 1097 per la liberazione di Nicea; il 15 agosto fu attaccata dai Turchi del sultano Kilij Arslan, ma fu salvata dall’intervento provvidenziale di Goffredo di Buglione che si trovava in retroguardia; nel mese di ottobre partecipò all’assedio di Antiochia e a dicembre sconfisse il re di Damasco Duqaq. Presa Antiochia Boemondo vi fu a sua volta assediato dal persiano Kurquba, il 28 giugno del 1098 uscì dalla città e in una grande battaglia sconfisse i nemici. Poco dopo giunsero in città le altre armate cristiane comandate da Raimondo di Tolosa, Goffredo di Buglione, Roberto di Fiandra e da altri capi che, prima di intraprendere l’ultima marcia verso Gerusalemme, assegnarono Antiochia a Boemondo di Taranto. Questi non prese parte all’atto finale della crociata, cioè alla conquista di Gerusalemme, rimase and Antiochia con tutto il suo esercito.

giovedì 18 settembre 2008

Si o' mellone è sciutu bbianco cu chi ta vuò piglià

Tutti sanno che questo famoso modo di dire napoletano vuol dire praticamente che capita di comprare una anguria, sicuri che fosse rossa fuoco e invece una volta aperta scoprirla bianca e quindi immangiabile.
L’insegnamento che ci viene da questo detto antico è che molte volte aspetti con ansia che si realizzi qualcosa che ti sta a cuore, che immagini bellissima e una volta realizzata scopri bruttissima o non come te l’aspettavi. Il detto si è avverato con il campanile dell’orologio di Casanova. Dopo mesi di lavoro, anche con qualche traversia burocratica che ha allungato i tempi, finalmente sono sparite le impalcature e si è potuto osservare il lavoro quasi ultimato. Al primo sguardo esce spontanea una esclamazione positiva, subito frenata però dalle moltissime imperfezioni che si rilevano.
Prima di tutto il colore chiaro ed uniforme che appiattisce le forme, facendo scomparire le colonne, i cornicioni e le greche che il progettista aveva previsto proprio per movimentare la sua opera. Il marmo scuro usato (speriamo sia marmo), sembra sistemato così come comprato senza tagliarlo secondo il profilo della torre. La corona che campeggia lo stemma del comune nella parte che dà sulla piazza, è simile ad un cerchio ammaccato su un lato.
C’è un cavo elettrico pendente che alcuni iniziano a credere che sia un istallazione artistica postmodernista.
Questi sono solo alcuni rilievi grossolani all’esecuzione dell’opera, che dà l’impressione più di una buona tinteggiatura che di un restauro. Se doveva solo essere imbiancato si poteva fare pure a meno degli architetti che hanno seguito, o avrebbero dovuto seguire, i lavori. Anche se non è mancato un estimatore dell’opera, che l’ha definita: “una torre d’avorio ideale che punta al cielo, simbolo della trasparenza dell’amministrazione comunale”.
Bisogna precisare che i rilievi su esposti sono di gente ignorante che si affida al proprio gusto del bello e al proprio spirito critico. E’ possibile che non essendo tecnici, non comprendano il nuovo momento artistico che vivono. Così come nei secoli scorsi non fu compreso lo stile innovativo di Michelangelo, Caravaggio, di Picasso o di Van Gogh, qui non si comprende il nuovo stile imperante che è quello del
Moulin Blanche (Mulino Bianco) . Abbiamo notato che questo restauro è identico a quello della chiesa della Grangelsa, stile, che come disse un famosissimo critico al vedere il santuario: “ci riporta all’infanzia, con quel bianco che fa rinascere il candido della purezza del bambino". Qui sì che l’artista ha seguito le parole e gli insegnamenti del caro Wordsworth che diceva: "the child is the father of the man”. Adesso non lo comprendiamo ma nei secoli futuri sicuramente sarà apprezzato.

Nel frattempo però, con chi ce la dobbiamo prendere? Subito i critici si sono spaccati , come per tutto, in due partiti, quello del sindaco uscente e di quello attuale. I simpatizzanti di Mannillo subito si sono scatenati accusando Di Biasio di aver ingaggiato un architetto suo amico e quindi sarebbe lui il responsabile degli inconvenienti rilevati . A questi hanno risposto i supporters di Di Biasio asserendo che è compito dell’amministrazione in carica controllare la perfetta esecuzione dei lavori e pertanto, se non non fossero soddisfacenti, l’unico responsabile è Mannillo, inteso come amministrazione, che non deve pagarli. La discussione continua e non sembra che arrivi a conclusione, pertanto la domanda “cu chi ta vuò piglià?” resta senza risposta. Vuoi vedere che alla fine se la pigliano a quel posto i cittadini? Come sempre d’altronde.

Le Corbusier da Casanova

mercoledì 17 settembre 2008

Il taglio del bosco

   Quando passo per la strada non posso fare a meno di gettare uno sguardo alle montagne che circondano il paese.  Mi riesce difficile immaginare  che possano essere state boscose ed ombrose come raccontano i vecchi. Ora quello che vedono i miei occhi sono solo pietre su pietre affioranti da poca terra brulla. Sono solo cespugli di strame secchi e stentati.
  Aridità è la parola che oggi le contraddistingue. E non è solo colpa dei cambiamenti climatici.
Che cosa le ha ridotte così? 
L’incoscienza le ha ridotte così. 
  L’incoscienza e l’interesse di chi non si è fatto scrupolo di sfruttarle e farle sfruttare indiscriminatamente, fino a ridurle a una pietraia.
  Ormai non c’è più niente da sfruttare o c’è ben poco!
  Gli incendi boschivi sono stati sicuramente la piaga che per tanti anni ha afflitto le nostre montagne, causando un’alterazione chimico-fisica del suolo, un’ erosione superficiale con perdita del suolo fertile e una diminuzione della capacità di infiltrazione, tutti effetti deleteri che hanno portato i nostri colli quasi alla desertificazione.
Per dirla in parole semplici e molto comprensibili, dove passa un incendio non cresce più nulla, per molti anni, se non l’erba che può far tanto comodo a qualcuno.
  Gli incendi non sono stati e non sono, però, l’unico problema del nostro territorio montuoso.
Ce n’è un altro, non meno distruttivo, che si ripete ogni anno e che anche quest’anno è già in piena attività: il taglio indiscriminato degli alberi.
  Si taglia a più non posso, senza concessioni e senza permessi, e quindi esentasse; si distruggono le ultime piccole oasi di alberi d’alto fusto che ancora resistono in tanta aridità. Si vende legna a discapito dei cittadini carinolesi che, ignari, vengono privati del verde che a loro appartiene, per il vantaggio e le tasche di pochi.
  E in tutto questo, gli organi tenuti al controllo di questi abusi non sono presenti. Non denunciano e non prendono provvedimenti. La Forestale è latitante.
Si finge di non vedere… di non sapere.
Personalmente non accetterò mai questa politica del ‘magna magna’ basata sui favoritismi e sull’ingrasso dei pochi a discapito di tutta la collettività, perché credo che sia uno degli abusi più meschini fatto sia al territorio che ai cittadini.
  Ci sono modi più civili e meno dannosi di tagliare e commerciare legna ed è quella della via legale, con concessioni provinciali e coi dovuti accorgimenti delle zone soggette al taglio.
Esistono, per chi non lo sapesse, delle Leggi nazionali (D.Lgs n. 42/2004, art.130,142, 149; D.Lgs n. 227/2001, art.6) e delle norme regionali che regolano il taglio colturale e tutelano il patrimonio forestale: sono quelle le vie da seguire. Le vie più facili e più convenienti (per i pochi) non sempre sono le migliori.
  Le ragioni della legalità non sono difficili da capire: a parte il dovere civico, se un taglio viene fatto con precisi criteri tecnici, che mirano a mantenere sano il bosco e a permettere la nascita e la crescita di nuove piante, l’ambiente naturale non ne risentirà e la fiamma che d’inverno rallegra i nostri camini non ci sarà costata la distruzione del nostro patrimonio boschivo!
  Non sarebbe ora che si cominciasse a percorrere la via della legalità e della protezione ambientale anche in questo? E non sarebbe ora che chi è tenuto a controllare lo facesse? Sicuramente ne saremmo beneficiati tutti e il nostro ambiente sarebbe salvaguardato.
Galatea