Tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare. E’ un detto che non si smentisce mai, neanche per le intenzioni più nobili… come le case famiglie.
Il decreto ministeriale per la Solidarietà Sociale del 2001, con l’istituzione delle case famiglie per l’accoglienza dei minori, degli anziani, dei disabili e delle persone con problemi psico-sociali, sicuramente intese offrire un clima positivamente familiare a chi proveniva da una situazione di grande svantaggio sociale. Una casa famiglia è quindi un’alternativa a orfanotrofi e altri tipi di istituti, quali i carceri minorili, e richiede delle figure parentali che possano sostituire il padre e la madre, oltre ad altro personale altamente professionale.
Non sempre è così. L’apertura di case famiglie sono oggi diventate l’occasione per crearsi un lavoro e non sempre le problematiche portate dagli ospiti che le abitano trovano la risposta giusta in fatto di competenza e professionalità. Succede così che i requisiti organizzativi richiesti, adatti alle necessità educative degli ospiti, siano invece inadeguati e le figure che dovrebbero essere punto di riferimento non sono in grado di gestire una situazione che può sfuggire facilmente di mano.
E’ quello che purtroppo è successo più volte con gli ospiti della casa famiglia per minori, l’Anthea, che si trova a Casanova.
Questi ragazzi vivono sul nostro territorio da qualche anno, ma da quel che mi risulta, hanno sempre creato dei grossi problemi, sia a scuola che fuori. L’ultimo spiacevole episodio risale a due giorni fa, quando tre di loro si sono avventati su un giovane casanovese e l’hanno letteralmente riempito di botte, facendolo abbondantemente sanguinare. Ne è nata una rissa tra giovani residenti e gli ospiti dell’Anthea che ha richiesto l’intervento dei carabinieri e l’arrivo dell’ambulanza. Quello che più preoccupa è che un giovane della casa famiglia ha tirato fuori un coltello e se ne faceva scudo contro i residenti.
Non so quali siano stati esattamente i motivi che hanno provocato l’episodio, ma non è questo il vero problema. Il vero problema è che i ragazzi dell’Anthea non sembrano fare grandi passi verso comportamenti più civili. Non riescono a superare la loro aggressività che li tiene ben lontani dall’integrarsi con gli altri, anzi, qualora si trovano con gli altri adolescenti per esigenze educative, il gruppo scuola ad esempio, non esitano ad esibire il loro comportamento deviante come fosse qualcosa di cui andare molto fieri. C’è sempre un coltello alla loro portata che stabilisce le distanze tra loro e i normali adolescenti.
Viene automatico chiedersi: qual’è l’utilità delle case famiglie se non riescono ad assolvere alla funzione per cui sono state istituite? E per quale motivo non ci riescono? Qual’è l’utilità di questa specifica casa famiglia di Casanova?
La dura realtà di questa spiacevole situazione che si è venuta a creare è che i giovani casanovesi non vogliono più in paese i loro coetanei difficili; non gradiscono più la loro presenza perché non si riconoscono in loro e non riescono ad accettare comportamenti ed atteggiamenti così diversi ed aggressivi.
Possiamo biasimarli?
Il decreto ministeriale per la Solidarietà Sociale del 2001, con l’istituzione delle case famiglie per l’accoglienza dei minori, degli anziani, dei disabili e delle persone con problemi psico-sociali, sicuramente intese offrire un clima positivamente familiare a chi proveniva da una situazione di grande svantaggio sociale. Una casa famiglia è quindi un’alternativa a orfanotrofi e altri tipi di istituti, quali i carceri minorili, e richiede delle figure parentali che possano sostituire il padre e la madre, oltre ad altro personale altamente professionale.
Non sempre è così. L’apertura di case famiglie sono oggi diventate l’occasione per crearsi un lavoro e non sempre le problematiche portate dagli ospiti che le abitano trovano la risposta giusta in fatto di competenza e professionalità. Succede così che i requisiti organizzativi richiesti, adatti alle necessità educative degli ospiti, siano invece inadeguati e le figure che dovrebbero essere punto di riferimento non sono in grado di gestire una situazione che può sfuggire facilmente di mano.
E’ quello che purtroppo è successo più volte con gli ospiti della casa famiglia per minori, l’Anthea, che si trova a Casanova.
Questi ragazzi vivono sul nostro territorio da qualche anno, ma da quel che mi risulta, hanno sempre creato dei grossi problemi, sia a scuola che fuori. L’ultimo spiacevole episodio risale a due giorni fa, quando tre di loro si sono avventati su un giovane casanovese e l’hanno letteralmente riempito di botte, facendolo abbondantemente sanguinare. Ne è nata una rissa tra giovani residenti e gli ospiti dell’Anthea che ha richiesto l’intervento dei carabinieri e l’arrivo dell’ambulanza. Quello che più preoccupa è che un giovane della casa famiglia ha tirato fuori un coltello e se ne faceva scudo contro i residenti.
Non so quali siano stati esattamente i motivi che hanno provocato l’episodio, ma non è questo il vero problema. Il vero problema è che i ragazzi dell’Anthea non sembrano fare grandi passi verso comportamenti più civili. Non riescono a superare la loro aggressività che li tiene ben lontani dall’integrarsi con gli altri, anzi, qualora si trovano con gli altri adolescenti per esigenze educative, il gruppo scuola ad esempio, non esitano ad esibire il loro comportamento deviante come fosse qualcosa di cui andare molto fieri. C’è sempre un coltello alla loro portata che stabilisce le distanze tra loro e i normali adolescenti.
Viene automatico chiedersi: qual’è l’utilità delle case famiglie se non riescono ad assolvere alla funzione per cui sono state istituite? E per quale motivo non ci riescono? Qual’è l’utilità di questa specifica casa famiglia di Casanova?
La dura realtà di questa spiacevole situazione che si è venuta a creare è che i giovani casanovesi non vogliono più in paese i loro coetanei difficili; non gradiscono più la loro presenza perché non si riconoscono in loro e non riescono ad accettare comportamenti ed atteggiamenti così diversi ed aggressivi.
Possiamo biasimarli?
Bruner