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giovedì 24 giugno 2010

Mondo Sommerso

La preistoria
'L'acqua è il simbolo della saggezza, offre l'immagine della quiete, della buona accoglienza, del disinteresse. 
Indifferente, cedevole, che non si logora, accetta ogni forma, ogni posto. Essa va verso il basso che tutti disprezzano, è la grande confluenza di tutte le cose, il che non le impedisce di offrirsi come massa limpida, poichè ogni impurità non fa che attraversarla'.

Circa trecento milioni di anni fa un teleosteo fece capolino per un intervallo stranamente più lungo fra una boccata d'acqua e l'altra e sbirciò tra le immense foreste palustri del Carbonifero. Lo spettacolo che gli si presentò dovette apparirgli a dir poco squallido e soprattutto mortale, come sarebbe apparso Marte ad un improbabile astronauta senza scafandro  protettivo.
Se questo nostro irriconoscibile antenato avesse potuto prevedere che il cammino evolutivo lo avrebbe portato a dimorare permanentemente in quell'ambiente ostile, precludendogli per sempre il ritorno alla ineguagliabile dimistichezza con la matrice marina, in preda ai più evidenti sintomi della paura, avrebbe  voltato le reni aglomerulari al proprio futuro e sarebbe corso  a rifugiarsi rabbrividendo nel più profondo abisso (per lui tutt'altro che spaventoso)  del tiepido mare preistorico.
E la terraferma sarebbe rimasta dominio incontrastato della vita vegetale.

La storia - Baia, città sommersa
O forse no, forse, quando i primi pionieri del mondo animale approdarono alla terraferma, in loro c'era il senso del destino che doveva compiersi e in qualche modo essi 'sapevano' che da quel momento in poi avrebbero conosciuto una nostalgia (dolore del ritorno) che non li avrebbe abbandonati mai più.
Come il Wurdhalak transilvano (il vampiro delle leggende) che, malgrado tutto, ispira una certa tenerezza con il suo bisogno di portarsi appresso la bara con la terra madre su cui riposare, così anche  gli Amnioti  hanno dovuto fare in modo da portare con sè (per tre quarti) un pezzo di quel mare che permettesse loro di continuare a vivere l'illusione del tempo perduto in cui la vita e  morte erano meno differenziate che nel mondo nuovo  e in cui il fuori da sè aveva un significato meno spaventoso.
Ma nessuno di noi è, definitivamente uscito dall'acqua.
Fuori fa freddo e vento e sole succhiano agli organi la loro linfa vitale, dentro invece è ancora caldo e umido e quieto.
Staccarsi dal mare ha significato rinunciare a questa estensione di sè al di fuori dei confini del proprio sangue, a questa vita diffusa al di là dei confini del proprio corpo.

L'attualità
Il costo che ne abbiamo pagato è la solitudine; la ricchezza è il lutto. L'amore, che l'abitante dell'acqua ha per l'ambiente che lo nutre e lo scalda, il terrestre lo rivolge verso se stesso, simbolo di un mondo scomparso, tabernacolo dei suoi ricordi più antichi.
Come è successo ai primordi anche oggi la vita sorge dall'acqua, madre ancestrale che dal buio e dal caos permette alla prima pietra di affiorare. Nessuno, dunque, può 'fare a meno dell'acqua'.
E' certo  che  privatizzarla   assume, per noi Amniotici, un significato distruttivo, vorrebbe dire uguale a morire. Se essa diverrà merce di guadagno, il nostro ambiente si impoverirà  e niente di più facile allora che si irrigidisca anche  la nostra fluidità umana tanto da renderci infine sterili e pietrificati.

Anonimo

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