Volge quasi al termine la raccolta delle olive, ma restano ancora da raccogliere le cosiddette qualità tardive. Qualcuno giura che per talune qualità si aspettava fino a gennaio per farle cadere e raccoglierle sui teli. Ma da qualche anno la metodologia di raccolta è stata in larga misura rivoluzionata dai carinolesi con la raccolta a mano, o per le grosse piantagioni, attraverso una macchina testata. Il passaggio successivo sarebbe quello di andare subito al frantoio per passare le olive alla molitura nel più breve tempo possibile. Ma questo non avviene quasi mai. Purtroppo la produzione quest’anno è stata abbastanza fiacca, almeno per i piccoli produttori. Tuttavia sono ancora quei pochi grossi produttori ad imbottigliare il prodotto con una certa tracciabilità (percorso informativo che segue il prodotto da monte a valle) e rintracciabilità (percorso inverso a quello di tracciabilità), provando a infilarsi in un mercato saturo. Il resto dei possidenti produce per uso familiare. Eppur si fa un olio vergine ed extra vergine che ha quella particolare “tipicità” che ha origine da questo speciale territorio, ma che manca di una strategia di promozione efficace sia da parte di associazioni o corporazioni che non esistono, sia dai frantoi stessi, sia dalle istituzioni. E’ anche vero che l’olio d’oliva carinolese non ha una produzione così alta e quindi capace di affrontare campagne di promozione, ma è pur vero che è necessario a questo punto trovare una strategia finanziariamente conveniente per far conoscere il territorio dove viene prodotto un olio di qualità. Si potrebbe cominciare con l’ottenimento di certificazioni, quindi le denominazioni d’origine, fornirsi di marchi collettivi, sperimentare produzioni biologiche. Tutto questo lo stanno sperimentando altri territori d’Italia (Piemonte ad esempio), anch’essi alle prese con una crisi profonda nel settore agro-alimentare, ma che vogliono fare di un prodotto di “nicchia” come l’olio extravergine d’oliva, una fonte di sviluppo per un’intera comunità. Ritornando a noi è facile capire come le zone collinari casanovesi, le campagne carinolesi, quelle di Casale, che si vanno accrescendo giorno dopo giorno di uliveti giovanissimi, debbano a questo punto muovere dei passi successivi: la cooperazione fra più piccoli produttori. Tuttavia questo processo successivo ha evidentemente bisogno dell’ausilio dell’amministrazione, che non può pensare di cavarsela solo con la Festa dell’Olio (per la quale almeno una relazione scritta potrebbe essere diffusa). Quindi se non altro d’un altro frantoio di modo da suscitare concorrenza produttiva nel territorio carinolese.
Aureliano Babilonia
Aureliano Babilonia
Questo è un altro esempio dell'arretratezza delle nostre zone e della mancanza di prospettive fututore.Si produce un prodotto eccelse, in discrete quantità sucettibili di aumento, ma non si sa come collocarlo. Inutile appellarsi come al solito all'amministrazione come se avesse la bacchetta magica. In altri posti d'italia c'è sempre qualche privato lungimirante che rischia in proprio da noi no. L'amministrazione sta già facendo molto con le varie manifestazioni nel pubblicizzare un nostro prodotto d'eccellenza. Almeno bisogna riconoscere che le varie feste dell'olio sono servite a migliorarne di molto la qualità.
RispondiEliminaSalve, da profano volevo porre una domanda. A sentire gli anziani, con un quintale di olive una volta ci prendevano anche 22-24 lt. ... Oggi?
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