E' finita da pochi minuti la conferenza stampa di Enrico Letta e di François Hollande, a margine del loro primo incontro politico, che a Parigi scende la pioggia su un pomeriggio dove non ci sono concerti nelle piazze ma almeno tre manifestazioni ( due di sinistra ed una di estrema destra) nella sola capitale. I due rispondono alle domande dei giornalisti dopo aver spiegato i punti del loro confronto all'Eliseo e gli obiettivi che si propongono per i prossimi mesi: unione bancaria europea, abbassamento tassi di interesse, sblocco delle risorse per creare lavoro nei piu' giovani, alleggerimento delle politiche del rigore per rilanciare crescita e sviluppo. Evidentemente i due hanno stretto un forte patto in Europa, che con Monti sarebbe stato impensabile: fatto il lavoro sporco, ottenuto il posto in Senato, ora puo' riposarsi in santa pace. Letta, l'uomo dalle ampie vedute e dalle larghe intese, due giorni dopo la fiducia prende a braccetto la Francia. Ma ora dovranno convincere la Germania ed i Paesi vicini alla locomotiva che è giunto il momento di prendere un nuovo cammino per mostrare un altro volto dell'Europa, quella che non punisce, che non tassa solamente ma che sia capace di creare benessere. Un altro miraggio? La sfida è enorme.
Enrico Letta si è espresso in un buon francese, ha convinto la stampa per la sua determinazione, ma per lui la vera sfida sarà quella di convincere il Parlamento italiano, dove già la battaglia per i sottosegretari sembra piu' importante della battaglia per la creazione del lavoro.
Intanto, oggi primo maggio, in Francia si protesta per le politiche di rigore, per tre milioni di disoccupati e per le scelte di Hollande che non convincono. In Italia pic-nic e concertone a Roma, mentre a Taranto si lotta.
Cosa ne sarà dell'Europa diciamo fra dieci anni?La Cina già grande potenza mondiale, gli Stati Uniti che raggiungono l'indipendenza energetica, Paesi in via di sviluppo ( nel continente africano come altrove) che conoscono margini di crescita rigogliosa, mentre noi europei bloccati dalla fine del lavoro.
Proviamo a rialzarci.
Mi So
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mercoledì 1 maggio 2013
sabato 27 aprile 2013
L'incubo di Santa Cruz
Erano passate da poco le 2 di notte e il rumore di un cavallo al galoppo, squarciò il silenzio della piazza di Kasanovia.
Emissari del potente Cerusico cavalcavano verso il borgo di Santa Cruz, e portavano funeste notizie dalle terre di confine. Erano gli inizi di maggio e le donne di Kasanovia erano impegnate nella solita infiorata. La notizia era chiara, la guerra era di nuovo vicina, e pronta a dare morte e distruzione a Calenum. Per la paura alcune donne si barricarono in casa, altre si riunirono in preghiera, altre continuarono con più vigore ad abbellire la strada, per il passaggio della madonna il giorno successivo. Gli emissari arrivano a santa Cruz e svegliarono il potente Cerusico, il quale tentennava ad aprire la porta, vista l’ora.
Aperto l’uscio, riportarono quanto visto. Sul monte massico, un vecchio pastore eremita, aveva prestato la propria dimora per un terribile convivio. Il conte Biasox in persona, con l’armatura tirata a lucido, illustrava il piano ai suoi nuovi e vecchi alleati. C’erano proprio tutti, da Giano Bifronte, e Toninus Paganus. Questi erano tutti ben visibili, mentre c’era un uomo di corporatura robusta che coperto dall’ombra della buia stanza , gli emissari non riuscirono a riconoscere. Il Potente Cerusico, dopo aver udito la notizia, fece chiamare il vescovo, e accompagnato da Pie donne, nella notte si recò nella cripta di San Bernardo in preghiera. Indeciso tra arrendersi o combattere, mentre pregava si addormentò in un sonno profondo. Nel sonno udì una voce : “Giggino! Sono qui! Abbassa lo sguardo”: era un grosso e corpulento tasso vestito da generale della P.M. (Polizia segreta di Calenum)!!
Il cerusico si svegliò all’improvviso implorando contro il maledetto tasso che lo perseguitava dai tempi del Polo scolastico! Allora ordinò di essere riaccompagnato a casa, e con le Pie donne al seguito s’incamminò verso santa Cruz. (qualcuno narra che le “Pie” donne fossero le stesse che ricevevano incarichi a corte) Ormai era l’alba, e il peso della notte insonne si faceva sentire. Ma il potente Cerusico non aveva ancora ben capito, il significato del sogno e con un leggero dormiveglia continuava a pensare alla familiare divisa indossata dal tasso, venutogli in sonno, ma senza trarne nessun collegamento. E soprattutto pensava a chi fosse l’uomo nell’ombra, non riconosciuto dai suoi emissari.
Continua…
giovedì 25 aprile 2013
Piccole conversazioni sui nostri paesi. L’origine dell’invidia.
Queste righe sono nate per provare a comprendere il paese in cui ho vissuto, che chiameremo Nonimportacome, alla condizione di collocarlo nel bel mezzo del Suditalia, tra dolci colline incendiate d’estate, borghi assolati e decadenti, ricche rovine archeologiche e infine il mare a pochi kilometri, che respira lontano come un ricordo-dolce.
La vita vi scorre lenta e arida in una non-comunità che si nutre di scolorite memorie dei fasti cattolico-democristiani (‘70, ’80, ’90), abbandonata da generazioni di emigranti, non-governata da una classe politica che si rinchiude sulla cupola, che contagia, privatizza e indebita per non cambiare niente. Prendo il telefono e chiamo un amico.
Ne parliamo per un po’. Vorremmo chiedere aiuto ad un antropologo, ad uno psicologo delle comunità, oppure ad una veggente: tutti e tre ci direbbero in cosa consistono i “nostri problemi” e forse vi troveremmo un fondo di verità. Ma non è quello che vogliamo, quello di cui abbiamo bisogno è di raccontarci al nudo, come pellegrini, specchiarci per un’ora in un ruscello una volta limpido, ora marrone o prosciugato.
Proviamo a capire da dove veniamo. Un mondo contadino lasciato alle spalle, ricco di energia positiva, di valori, di sapere, popolo operoso, popolo ignorante, il quale d’un tratto si è mescolato con una modernità che altrove, in Europa, apparteneva già al passato. Ma quali tracce di tutto ciò conserviamo? Di tutto questo processus ne abbiamo tratto altri frutti o siamo rimasti coi rovi nelle tasche? Certamente, ci si è sforzati di tramandare delle buone tradizioni, ricorrenze dal sapore pagano, l’onesto saper fare, alcune regole sane, la cui fatica di apprendimento sarà stata maggiore, rispetto alla facilità con cui invece si propaga in altri livelli la comune strafottenza per Nonimportacome, peggio il giudizio superficiale e maligno quando pensiamo all’altro, al diverso.
Ci siamo mai chiesti, infatti, quale possa essere l’origine dell’invidia, che dilaga e che in alcuni casi ha sconfitto avvenimenti, associazioni, persone, famiglie intere, senza ragione, senza una logica. Quale è l’origine di queste malattie delle mentalità del Sud? L’ignoranza. Il perdono della chiesa, un’educazione mancata; il fatto di non sentirsi parte della stessa comunità. Eppure una voglia di fare bene insieme molte volte è pure emersa, ma non è mai germogliata in una terra fertile, sempre più avvelenata da immondizia. E se andassimo ancora più lontano penseremmo all’arretratezza che faceva comodo alla democrazia cristiana, il voto di scambio. Il lavoro non sempre meritato. Il discorso è lungo come una camminata d’estate nelle campagne popolate di uliveti, querce, ginestre e vigne di primitivo. Sfoglio delle pagine, trovo dei versi di un poeta, Franco Arminio, un paesologo, nato in Irpinia che dice “Io appartengo solo al mio paese. Sono un dente dentro la bocca del cavallo, un mattone dentro un muro”. E suggerisce: “Porta il tuo paese in testa e avrai sempre una bella vista”. Dopotutto credo che le forze e la voglia per ricostruire Nonimportacome esistono eccome.
Micco
lunedì 22 aprile 2013
golpettini romani
Alla conferenza stampa di Grillo, presso la "Città della nuova economia" a Roma, oltre alle testate giornalistiche e alle emittenti tv nazionali e internazionali, c’era anche il Quiquirì tra gli accreditati e, così abbiamo avuto la possibilità di raccontare quello che il leader del movimento ha dichiarato il giorno dopo l’appello di marciare su Roma, appena confermato nuovamente Napolitano.
Una sala gremita in attesa di Grillo, il quale dopo pochi minuti di ritardo, si presenta tra brusii e acclamazioni. Una conferenza dal sapore di comizio durante la quale, oltre al riconfermare le idee, il pensiero e le strategie del movimento due sono stati i punti più interessanti e importanti, rispetto al clima di tensione che si è respirato (e si continua a respirare) nella capitale, dopo la poco trasparente elezione di Napolitano. Una conferenza stampa, (la prima) evidentemente maturata dopo i possibili ( e ovvi) fraintendimenti che il suo appello di “tutti a Roma” avrebbe potuto provocare tra gli attivisti del movimento e tra i moltissimi cittadini delusi dalla porcata fatta da Bersani. Una conferenza necessaria, per abbassare i toni e per smorzare la rabbia di tutti coloro che, ormai, vedono tra la società civile e le strutture partitiche un muro altissimo e invalicabile. Così, Grillo, dopo aver ridimensionate le sue dichiarazioni non perde occasione per aprire in maniera decisa alla base del Pd, invitando i giovani del partito del kamikaze Bersani a prendere in mano le redini di ciò che resta del partito e iniziare una fase caratterizzata dalla pulizia e da una costruttiva collaborazione.
Un’ apertura non nuova dopo gli appelli di votare Rodotà ma che ora mira dritto al cuore dei giovani delusi che, in questi giorni, simbolicamente hanno occupato le sedi del Pd. Una conferenza durata due ore, durante le quali, Grillo, con i rappresentanti di camera e senato e altri eletti del movimento, oltre a denunciare il “golpettino” ed aprire a sinistra, ha risposto con i soliti concetti alle solite e scontate domande dei giornalisti presenti. La conferenza si chiude con l’appello di andare in piazza e di evitare in qualsiasi modo atti di violenza ecc ecc rimarcando che diversamente dalle definizioni di movimento violento affibbiate un po’ da tutti in questi mesi, i grillini, invece, stanno contenendo e calmando gli animi dei cittadini, imprenditori e di tutte le fasce deboli che incazzatti aspettano di far esplodere la loro giustificata rabbia verso un sistema gestito dai pochi che fanno muro verso le esigenze e le richieste dell’Italia reale la quale quotidianamente, con sofferenza e sacrificio affronta questa crisi voluta dagli stessi che dicono di volerla risolvere.
Si evidenzia, quindi, un quadro molto fragile e pericoloso in cui il movimento, ancor più di ieri, si presenta come punto di riferimento ( grazie alla sua coerenza) anche per tutti quelli che, forti di una ideologia, (sbriciolata in pochi giorni da Bersani e i suoi) hanno dato fiducia alla sinistra e criticato il leader del movimento. Quindi, dopo l’ennesima mazzata che il Pd ha regalato gratuitamente ai suoi elettori, in questo momento storico Grillo, oltre ad essere sempre di più il canalizzatore naturale dell’insofferenza di un popolo stremato dall’indifferenza e dagli interessi della ormai putrida classe politica, si presenta anche come motivatore per la base di quella sinistra che ripudia gli abbracci a Berlusconi.
Freelander
lunedì 15 aprile 2013
Microcredito Tradito
Ricordo il momento in cui appresi dell’assegnazione del Premio Nobel per la Pace a Mohammad Yunus. Era il 2006. Avvertii allora, ed espressi a chi mi annunciava la cosa, un profondo disappunto. Non era il Nobel per la Pace che doveva essere riconosciuto al fondatore della Grameen Bank, ma quello per l’Economia, porco il demonio!
Conferire a Yunus il premio Nobel per la Pace significava, nella mia ignoranza, che l’Accademia di Svezia non aveva capito nulla del sistema del microcredito, e aveva lasciato che la commissione del parlamento norvegese conferisse al professore bengalese il titolo sbagliato. Almeno questo fu il sentimento che mi sovvenne al primo urto con la notizia.
La teoria di Yunus configurava ai miei occhi incompetenti ma appassionati un impianto rivoluzionario di impiego diffuso e redistribuito del capitale di rischio, un processo di sviluppo innovativo e sostenibile, una struttura di finanza globale equa e giusta ma anche organica e strutturabile, un ordine complesso e progredito di politiche di investimento e di finanziamento alla produzione, applicati quasi sperimentalmente sul campo dei poverissimi villaggi del Bangladesh ma esportabili ed esportati a livello planetario e quindi validi ai fini di un’astrazione dottrinale compiuta e sostenibile dei mercati, elevabile al rango di principio macroeconomico su scala universale.
Non era, il modello di Yunus basato sul microcredito, un esempio riuscito di sostegno alla povertà. Non era questo. Era invece un principio di studio dell’economia totale, dall’indubbio approccio filantropico, ma senza valenze di altruismo caritatevole, o meglio senza che queste valenze fossero preminenti.
Derubricare il microcredito come soccorso umanitario corrispondeva a snaturare la sua vera consistenza, quella di pensiero economico moderno. Corrispondeva a negare la sua identità di dottrina e scuola scientifica.
Il Premio Nobel dato a Mohammad Yunus, alla Pace e non all’Economia, mi apparve quale uno dei tradimenti più evidenti che fino a quel momento si erano consumati nei confronti del sistema economico basato sulla microfinanza, sistema che aveva stimolato da anni la mia passione politica.
Non con Madre Teresa di Calcutta o con l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati doveva essere annoverato Mohammad Yunus e la sua Grameen Bank, ma insieme a Edmund Phelps o Elinor Ostrom, insomma con chi speculò di strutture e politiche economiche, non con chi promosse e promuove solidarietà e cooperazione internazionale.
Il modello di Yunus è modello economico vincente a breve gittata temporale, ed è quella la sua rivoluzione. Le economie nazionali che introducono il suo principio vanno bene e fruttano ricchezza e PIL.
Se lo si considera invece alla stregua di un aiuto umanitario, il modello della micro finanza verrà automaticamente percepito come una di quelle cose meravigliose ed altissime che tuttavia prevedono un impegno “a perdere” di chi le applica, ossia senza un pay-back o vantaggio personale o collettivo, almeno di ordine produttivo a corto periodo .
Tale percezione (a cui concorre il Nobel per la Pace conferito a Yunus), ripeto, è paradossalmente un sottodimensionamento o una sottovalutazione di quella che è la valenza rivoluzionaria del sistema Yunus, perché lo considera un ordinamento finanziario applicabile solo ai fini della solidarietà verso i poveri, non in quanto redditizio e funzionale.
Ed invece è redditizio, crea sviluppo e prosperità, crea progresso economico e pay-back degli investimenti che sono stati necessari.
I poveri sono il motore finanziario e produttivo di ogni nazione, sono il cardine dello sviluppo e del progresso.
Facendo giocare i poveri, il modo vince la sua partita con il futuro. Questo è il messaggio che si ricava dal vedere applicata la finanza del microcredito, in Bangladesh ed in tutte le altre geografie in cui è stata messa in funzione, questo è ciò che si ricava dall’analisi dei dati di feed-back. Sostenibile e vincente, grazie ai poveri.
Le motivazioni del premio Nobel assegnato a Mohammad Yunus erano chiare anche se in qualche maniera confermavano i miei dubbi sulla precisione dell’assegnazione: “Attraverso culture e civiltà, Yunus e la Grameen Bank hanno dimostrato che anche i più poveri fra i poveri possono lavorare per portare avanti il proprio sviluppo”. Appunto. E’ un sistema economico quello messo su da Yunus, un sistema di sviluppo, non un sistema di sostegno alle popolazioni. Quindi inidoneo alla fattispecie (o perlomeno non perfettamente rispondente) quel premio per la Pace assegnato al posto di quello all’Economia.
Consideratemi pure un imbecille, ma non ci dormii per molte notti: quelle teste di cazzo avevano dato il Nobel sbagliato! E avevano rovinato il senso di un principio….
Credo che la scienza del microcredito “inventata” da Yunus sia nota. Vale la pena tuttavia riprenderla in mente.
Il principio è ricavabile e sintetizzabile ricordando la sua prima applicazione. Intorno alla metà degli anni ’70 Yunus fonda in Bangladesh la Grameen Bank, la Banca del Villaggio. Presta 27 dollari ad ogni famiglia che li richiedesse, affinché potesse acquistare la materia prima per costruire, in proprio, mobili in bambù. Le famiglie di Jadra, il piccolo e poverissimo centro dove Yunus coltiva il suo studio e dove applica le sue teorie economiche, sono tutte formate da sapienti costruttori di arredi in anima vegetale . In un giorno riuscirebbero, ogni nucleo famigliare, a produrre a mano almeno 5 pezzi da vendere a dieci dollari ciascuno, ma non hanno danaro per acquistare 27 schifosissimi dollari di materia prima. Ogni giorno produrrebbero un valore di 50 dollari ma gliene mancano 27 per cominciare. E allora sono costretti a lavorare conto terzi, terzi che gli riconoscono un dollaro al giorno o giù di lì, conservandoli nel loro stato di estrema povertà.
La Grameen Bank non è considerabile un’organizzazione benefica, ma riconosce una cosa: quei poveracci là hanno una ricchezza immane, la loro abilità. Quell’abilità produce un valore moltiplicante straordinario. Sono quindi altamente solvibili. Loro quei 27 euro li restituiranno eccome, con buoni interessi. Non come quei grandi imprenditori pieni di garanzie fideiussorie che si indebitano di fior di quattrini con le banche tradizionali e poi non restituiscono una mazza mettendo in sofferenza il sitema creditizio….
E poi i poveri hanno un altro valore economico straordinario: la buona fede. Sì, la buona fede è un valore economico, ecco la rivoluzione….. Ai poveri in buona fede può essere data fiducia, non come quegli avventurieri che chiedono e ottengono fidi di milioni di dollari, per operazioni fantasma. Quei poveri costruiranno e venderanno mobili bellissimi. La garanzia per la Grameen Bank di riavere con gli interessi i soldi prestati era proprio quella predisposizione e quell’enorme coefficiente riproduttivo di ricchezza costituito dalla maestria di quei poveri abitanti del villaggio. Garanzie assolute. Altro che fidejussoni o ipoteche. Altro che referenze bancarie.
La teoria di Yunus, coraggiosa ma scientificamente elaborata, si rilevò esatta. Quasi il 99% di quei poveracci restituì il prestito nei termini stabiliti e con tutti i tassi passivi applicati. Si calcoli che la percentuale di solvibilità complessiva dei prestiti fatti a soggetti considerati affidabili per la capacità di offrire garanzie si aggira ancora oggi intorno al 55%.
Questa nuova formula che invece del finanziamento di grandi investimenti privilegiava esclusivamente il prestito di piccole somme (micro-crediti, appunto) a fronte di pacchetti di garanzie rappresentati esclusivamente dal capitale umano (fiducia, sapienza, competenze), in poco tempo da esercizio speculativo e sperimentale era diventato modello scientifico. Trasferibile nelle economie di ogni dove.
E fu trasferito. Non senza una certa resistenza ma fu trasferito.
Tralascio le esperienze mondiali, ma vi racconto quella italiana. Che ha un nome e cognome. Romano Prodi. Mi regalò uno dei più piacevoli appagamenti che mai avevo assaporato prima e mai mi toccarono in seguito. Il 26 Ottobre del 1996 (pochi mesi dopo che il professore ebbe vinto le elezioni sul Berlusca diventando Presidente del Conisiglio) venne infatti promulgata la Legge 608 di quell’anno solare e, tra le prime in Europa, l’Italia avviava un’importantissima esperienza di microcredito. Cinquanta milioni di lire per la nascita di nuove piccole imprese, a chi non aveva soldi per avviarle.
PRESTITO D’ONORE venne chiamato quello strumento. L’ONORE che si fa a chi si fornisce un credito sapendo che lo renderà indietro. L’onore che l’Italia di Romano Prodi diede per la prima volta ai giovani e ai meno abbienti, quelli che con i soldi sanno bene cosa fare: mettere a frutto un’idea imprenditoriale e vincere la scommessa con il proprio progetto di vita.
Uno strumento che provava a ridurre le disegualianze in partenza tra i giovani di estrazione e possibilità differenti, a rendere uguali i cittadini ai nastri di partenza. Si andava componendo quel “welfare delle opportunità” di cui tanto si era discusso negli anni precedenti, partendo dal diritto al credito, che poi era il diritto alla credibilità. Un diritto umano fondamentale. Un punto strategico di politica economica.
Nacque Sviluppo Italia spa, oggi Invitalia spa, che gestisce il fondo principe del microcredito italiano, quello che poi mutò nome con la Legge 185/2000, governo D’Alema, in “Autoimpiego”.
Esperimento riuscito alla grande, come era prevedibile. Migliaia di domande presentate, migliaia di domande evase e finanziamenti accordati, migliaia di idee e piccoli sogni realizzati, migliaia di piccole imprese nate in ogni angolo del paese. Grazie alla facilità di presentazione delle istanze. Esposizione dell’idea, piano finanziario di massima, dimostrazione di non bancabilità. Bisogna essere, per regolamento, disoccupati e senza reddito spendibile, ed è questa la garanzia di “credibilità”.
Ancora oggi, nonostante i vari tagli ed i mancati rifinanziamenti (i governi di Berlusconi furono devastanti da questo punto di vista) in ogni centro urbano quelle poche attività che nascono, nascono con i fondi del microcredito di Invitalia. Penso che ognuno di noi conosca almeno un negozio, un studio tecnico, una bottega artigiana, un esercizio di servizi, nato con quel prestito iniziale che assomiglia tantissimo, perché vi si ispira esplicitamente nel principio, a quei 27 dollari concessi a credito dalla Grameen Bank ai poveracci del villaggio di Jadra.
E c’è un dato che conferma ancora una volta la teoria di Yunus. Statisticamente le piccole imprese nate con il prestito d’onore sono quelle, in Italia, meno soggette a mortalità, anche negli ultimi tempi di crisi. Sono quelle che fanno reggere la produttività, che fanno resistere in qualche maniera il prodotto interno lordo di una nazione sull’orlo del baratro. Il microcredito si conferma una ricetta di economica globale, non una forma di sostegno assistenziale alla povertà.
Ho avuto notizia che alle “quirinarie” del Movimento Cinque Stelle il nome di Prodi è stato tra i più indicati on line dagli attivisti. L’unico politico maschio che appare nella rosa dei dieci nomi usciti dal primo turno. Non mi meraviglia. Dimostra una verità che gli stessi dirigenti del M5S ammettono con fatica. Una verità normale e positiva: che anche coloro che fanno politica nella formazione di Grillo riconoscono, distinguono, ricordano. Non so se Romano Prodi sarà il candidato del Movimento Cinque Stelle ma di sicuro nella storia dell’Italia e della sua economia ha lasciato una traccia indelebile, ed il suo contributo coraggioso e innovativo merita di essere rimesso al servizio dei cittadini anche nel ruolo di massima rappresentanza della cittadinanza.
Senza mezzi termini, l’Olandese è per Prodi Presidente della Repubblica.
In questi giorni a Carinola il microcredito è tornato ad essere argomento di discussione diffusa. O forse lo è per la prima volta. Lo è tuttavia per una polemica a tratti feroce, che sta coinvolgendo l’Assessora Rosa Di Maio, beneficiaria di un finanziamento a valere sulla linea di Microcredito messa a punto dalla Regione Campania con i soldi dei primi tra assi del Fondo Sociale Europeo 2007-20013. Si polemizza sulla reale legittimità, per la giovane e nota avvocatessa, di accedere ad una cassa destinata a soggetti svantaggiati o cumunque di diffiicile bancabilità. Avrebbe, l’assessora, un censo ed una maturità professionale troppo alti per ricorrere al microcredito.
Dispiace. Dispiace che un tema economico così importante come quello del microcredito trovi la ribalta dell’opinione pubblica per una ragione così. Ma è colpa dell’Assessora, solo dell’Assessora, e dell’Amministrazione De Risi.
E la colpa consiste in questo: il Microcredito è un pensiero economico nobile, che va diffuso, comunicato, trasmesso, altrimenti lo si sconfessa, lo si tradisce. E questo è principalmente compito di chi ha rappresentanza. E’ compito dei Sindaci, delle amministrazioni comunali e provinciali, degli assessorati, degli informagiovani. E nel momento in cui la Regione decide di sposare quel principio ed applicarlo, attraverso un avviso pubblico per la ricezione di idee progettuali di impresa da finanziare con lo strumento di microcredito, non è tollerabile che un’amministrazione rimanga silente, non si faccia anello di congiunzione tra i cittadini e l’ente promotore.
Appena varato il bando dalla Giunta Regionale, avrebbe dovuto essere il primo pensiero, per Rosa, attivare la macchina comunale e metterla a disposizione dei cittadini, per informarli capillarmente e per assisterli nella presentazione delle proposte. Solo in quel caso i cittadini non avrebbero opposto contrarietà al fatto che ella stessa avesse chiesto, per la sua attività professionale integrabile con lo spin-off dal suo dottorato universitario, di accedere all’agevolazione regionale (tra l’altro, con tutta probabilità, anche per lei difficilmente sostituibile con il credito ordinario fornibile da istituti bancari, che oggigiorno sbattono la porta in faccia a tutti). Solo in quel caso non avrebbe disturbato l’anomalia del bando regionale, dal regolamento clamorosamente a maglie larghe per quanto riguarda la possibilità di accoglimento delle domande anche per coloro che non dimostravano di versare in condizioni di disagio o di difficoltà. Così, invece, tale anomalia ha avuto risalto assoluto.
Un risalto che non è quello che meritava il pensiero del microcredito, che nel corso della sua storia ha conosciuto riconoscimenti e tradimenti. Uno di questi è stato proprio quello perpetrato in alcuni comuni dove lo strumento non è stato “confessato” a tutti come direbbe Papa Bergoglio, ossia testimoniato. Ed invece in quella necessaria ma mancata testimonianza starebbe la sostanza della micro finanza, starebbero la sua valenza e della sua efficacia.
Microcredito tradito insomma, e Rosa non se la deve prendere. Avrà modo di rifarsi. E d’altronde lei e l’amministrazione De Risi stanno in buona e prestigiosa compagnia, insieme all’Accademia Reale Svedese che non ha mai conferito a Mohammad Yunus il Premio Nobel per l’Economia ed insieme alla commissione del Parlamento Norvegese che invece gli conferì il Nobel sbagliato.
L’Olandese
sabato 13 aprile 2013
Amministrare meglio per vivere meglio
Una di queste manifestazioni con tanto di gazebo e volantinaggio si terrà domenica a Casanova in piazza Magg. De Rosa. Ogni iniziativa è degna di plauso ed anche questa se chi la porta avanti è una amministrazione normale. E' da criticare se fatta dall'amministrazione di Carinola che lamenta sempre mancanza di fondi per le necessità più urgenti. Qualcuno dovrebbe far notare al sindaco che le frazioni del comune non sono tutte uguali come cultura e senso civico. Senza voler fare dell'inutile razzismo si può affermare che Casanova è stata sempre all'avanguardia nel rispettare le norme dettate dal comune. Quando è stata istituita la differenziata la prima volta a Casanova è andata a regime dopo pochissimi giorni in quanto attuata fedelmente da tutti anche se non tanto da parte della ditta appaltatrice. Se si fosse tenuto conto dell'esperienza passata si sarebbe considerata la spesa per la manifestazione alquanto inutile per la frazione Casanova. I fondi stanziati per la divulgazione potevano essere impegnati per comprare i sacchetti colorati previsti dalla nuova regolamentazione e distribuirli ai cittadini come si faceva all'inizio. Con questo semplice atto ci si rende simili a tutti i comuni italiani che distribuiscono i sacchetti per la differenziati compresi nel costo della bolletta della Tarsu. Un buona amministrazione organizzerebbe la distribuzione dei sacchetti ed il controllo della raccolta e delle zone comunali interessate dal fenomeno del sacchetto selvaggio. Oltre questa semplicissima azione si dedicherebbe alla manutenzione delle strade delle fognature e dell'acquedotto funzioni amministrative semplicissime che un qualunque discreto amministratore dovrebbe saper fare. Trovare i fondi necessari sta nella razionalizzazione della spesa come in questo semplicissimo caso. Per gli altri lavori basterebbe " razionalizzare" i compensi per le spese legali, per i consulenti o per gli addetti al piano e si avrebbero nella disponibilità tantissimi fondi da destinare alle piccole ma indispensabili esigenze della vita del comune.
Tornando alla manifestazione di domenica il sindaco potrebbe annullarla e destinare la somma nell'acquisto di sacchetti e volantini che potrebbero distribuire qualcuno degli operai licenziati permettendo loro un piccolo guadagno. Troppo tardi per attuare la proposta? Sarà per la prossima trovata pubblicitaria sperando che chi amministra provi a farlo sempre meglio per far vivere meglio gli amministrati.
Cittadino casanovese
martedì 9 aprile 2013
La leggenda di Santa Rosa degli Svantaggiati
Da un antico scritto venuto alla luce un po’ di tempo fà siamo venuti a conoscenza della triste storia di una dolce fanciulla di Calenum.
E’ narrato che la fanciulla, grazie ai suoi meriti professionali, al suo volitivo impegno nello studio delle scienze, e alla di lei profonda fede in Dio, era riuscita a divenire in giovane età, capo consigliere del grande e potente Cerusico di Santa Cruz.
Pare che la stessa fanciulla in gioventù, fosse stata sul punto di prendere i voti, ed entrare in convento.
Ma a seguito di un incontro con l’allora reggente del regno di Maradonia, decise di volgere anima e corpo alla vita politica di Calenum.
La fanciulla è ricordata però per un triste episodio. Pare che nel mezzo della sua giovane vita, fu accusata ( ingiustamente) dell’appropriazione
Della così detta : “cassa degli svantaggiati”. (Era un piccolo fondo in denaro destinato al supporto dei sudditi in posizione economica svantaggiata).
La bella e dolce fanciulla disperata dall’onta subita per una simile insinuazione, si lanciò dal campanile del vescovado di Calenum, stringendo tra le mani una Rosa di colore Rosso. ( Voci non ufficiali parlano però di un garofano).
Per tutti gli anni a venire, nell’anniversario del tragico giorno, a Calenum, si è celebrata una festa in onore della fanciulla.
Da allora ribatezzata dalle suore del convento di Calenum, Santa Rosa degli Svantaggiati.
Proprio a testimonianza dell’innocenza della giovane.
Non si è mai saputo chi fossero i suoi accusatori, anche se qualcuno ha sempre pensato al più diabolico dei prepotenti: Il temuto conte Biasox, ma in esilio forzato al tempo degli avvenimenti.
Traduzione Aldo Li monoci 789 d.c
domenica 7 aprile 2013
Il giorno degli sciacalli
Col termine sciacallo si indica una persona o un gruppo di persone che ricavano un vantaggio dalle disgrazie altrui. Sciacallo è anche chi prendendo spunto da una disgrazia getta discredito sulla vittima della stessa. In questi giorni abbiamo assistito alla dimostrazione pratica di questa definizione. Tutta la comunità casanovese e falcianese è stata sconvolta da un lutto che ha colpito due famiglie. La tragedia così incredibile come si è svolta ma nel contempo tanto reale e dolorosa ha avuto la commossa pertecipazione e la solidarietà di tutta la cittadinanza nei confronti delle vittime. L'incidente automobilistico che ha falciato la giovane vita di Epifanio e ha comportato un forte shock per la signora al volante dell'auto è ancora negli occhi e sulla bocca di tutti. Si è commentato allo stesso modo, un destino infame che ha colpito due persone prendendo la vita di una e buttando nella depressione l'altra. Questi sono stati i commenti di chiunque sia venuto a conoscenza della tragedia ed anche dei giornali.
Anche un giornale che tratta la cronaca locale ha commentato la disgrazia con gli stessi termini aggiungendo dei particolari che nulla avevano da spartire con la triste vicenda. Il giornale ha rivangato fatti di quindici anni fa che avevano interessato la vittima quando era poco più di un ragazzo. Ha scavato negli archivi giudiziari per trovare una causa penale in cui era rimasto coinvolto il giovanotto durante il servizio militare. Il poveretto fu accusato di essere l'autore dell'incendio doloso della reggia di Caserta riportando anche una condanna. Ancora peggio ha fatto un blog locale che oltre a questo incidente giudiziario è andato a scavare una vicenda che coinvolse la giovane vittima quando era un ragazzo. Questi come tutti i ragazzi ebbe una controversia col padre che non voleva compargli il motorino e minacciò di lanciarsi dal costone di una cava se non lo avesse accontentato.
In molti sono rimasti costernati nel leggere questi particolari che non apportano nulla alla dolorosa vicenda. Chi ha scritto quegli aneddoti lo ha fatto esclusivamente per suscitare un interesse morboso sulla vita della vittima ed alimentare il pettegolezzo. Pseudo giornalisti che imitano la parte peggiore della stampa italiana: quella torbida e rivolta a stimolare gli istinti peggiori dell'animo dei lettori. Purtroppo questa constatazione del modo di fare giornalismo più in generale porta a pensare che non si sta discutendo del giorno degli sciacalli ma del tempo degli sciacalli. Invece di avere e chiedere pietas per una povera vittima si fruga nel suo passato per generare curiosità morbose di cui non c'è alcun bisogno.
Forsyth
mercoledì 13 marzo 2013
La strada della vergogna
Senza dubbio la strada più importante di Casanova dal punto di vista storico religioso è quella della Grangelsa. Storico perchè inizia in una delle parti più antiche di Casanova e collega il paese con il sito dove quasi certamente è stato edificato il primo edificio di culto della zona.
Oltre all'importanza proveniente dai secoli c'è quella più recente in quanto collega Casanova al santuario della Madonna della Grangelsa venerata da tutti i casanovesi residenti in loco e fuori. Molto conosciuta e seguita anche dagli abitanti dei paesi vicini è la processione che ogni anno a Maggio accompagna la statua della Madonna dalla chiesa parocchiale di Casanova al santuario che si trova alla fine dela strada. Purtroppo nel novembre scorso un forte acquazzone provocò delle microfrane che causarono il riempimento dei canali di scolo. Quell'evento calamitoso rovinò anche leggermente il manto stradale in vari punti. Se si fosse intervenuti subito si sarebbe potuto ripristinare tutto con una spesa modesta. Invece non fu fatto nessun intervento neanche minimo come liberare il canale e mettere qualche secchio di ghiaia nelle buche della strada. Siccome non si è intervenuto l'acqua delle piogge di questo inverno particolarmente piovoso ha continuato a scorrere nella sede stradale continuando a erodere l'asfalto e ad allargare le buche. Ad aggravare la situazione qualche sera fa c'è stato un temporale più forte del solito che ha portato via il manto bituminoso in molte parti della strada. Inoltre le buche sono diventate crateri ed adesso per ripristinare lo stato di agibilità della strada ci vorrà una somma considerevole.
Inutile aggiungere che la responsabilità è sicuramente dell'amministrazione comunale e del sindaco che sembra dare l'impressione di voler punire la frazione di Casanova per qualche colpa sconosciuta. Uno dei luoghi più cari ai Casanovesi ormai è diventato irrangiungibile anche a piedi. Si preferirebbe meglio che fosse una scelta politica quella di abbandonare Casanova che non quella che sia dovuta ad incapacità di questa amministrazione. Sicuramente il sindaco di Carinola è una persona onesta che non prende nemmeno lo stipendio come pure la sua giunta per tutte le ore che dedicano all'amministrazione ma non basta: bisogna anche saper amministrare. Questa amministrazione dà l'impressione di essere la più immobile tra le tante che ha avuto Carinola. I carinolesi che hanno questa impressione sarebbero sicuramente felici di scoprire che la loro sensazione negativa sia dovuta a mancanza di comunicazione. Quando un' amministrazione comunale non è capace di reperire pochi fondi per una emergenza che pertanto si trasforma in disastro dovrebbe trarne le decisioni conseguenziali. Ormai è giunta l'ora che questa amministrazione passi la mano per manifesta incapacità.
Cittadino casanovese
mercoledì 6 marzo 2013
Il tonno che pensa di essere squalo
Esperto di tonni
domenica 24 febbraio 2013
Mandiamoli a casa tutti
Il momento democratico più atteso cioè quello del voto finalmente è giunto. Il momento in cui noi cittadini decideremo a chi affidare il governo del paese. Finalmente potremo cacciare con un voto democratico il mercanti dal tempio. Con un semplice tratto di matita potremo liberarci da tutti i parassiti che albergano nel parlamento italiano. Tutti di qualunque partito che sono solo autoriferenziati ai loro biechi interessi e della loro banda organizzata che prende il nome di partito a cui appartengono. Unico loro interesse procurarsi incarichi e posti altamente remunerati a spese del cittadino indifeso. Finalmente la coscienza civile delle masse si è svegliata ed hanno deciso di cacciarli tutti per poter riformare tutta la macchina dello stato. Mandare in parlamento delegati dei cittadini che difendano i loro interessi e non li considerino solo plebe a cui spremere le tasse fino a farli morire. Parlamentari che siano consapevoli delle difficoltà economiche dei cittadini a causa della crisi e le dividano con loro. Cancellino i privilegi dei tanti Fini e dei tanti D'alema che tra scorte e stipendi costano ai cittadini più di centomila euro al giorno. Ricevano qualcosa in più non il superfluo mentre i cittadini muoiono di fame. Nessuno deve restare indietro nel nuovo concetto di stato, tutti devono avere un minimo di sostentamento. Non saranno mille euro saranno cinquecento ma non nulla mentre loro sperperano milioni di euro. Dove prendere i fondi necessari? Semplice, dagli stipendi, dei politici, dei manager di stato, dai dipendenti della la camera, da dipendenti del senato, dalla corte costituzionale, dal presidenza della repubblica, dalle regioni, dalla cancellazione della province, dalle fondazioni inutili, dai consorzi inutili. dai doppi e tripli incarichi pubblici, dalle pensioni milionarie, ovunque ci sia lo spreco voluto dalla malapolitica. Una marea di soldi pubblici da strappare dalle fauci di questi parassiti affamati e distribuirli ai cittadini in difficoltà. Chi vorrà votare per la conservazione di questo sistema di ladrocinio è libero di farlo ma comprenda per chi vota e per cosa vota e si vergogni.
Fan Movimento 5 Stelle.
lunedì 18 febbraio 2013
Biasox batte un colpo
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Un giorno d'inverno la vita della tranquilla comunità della contea di Calenum si animò di colpo. il motivo era delle tante pergamene attaccate un pò ovunque. il contenuto anche per quelli che non sapevano leggere era chiaro, il conte Biasox chiamava a raccolta i vassalli, valvassori e valvassini che gli erano rimasti fedeli. Inutile dire che quasi tutti gli abitanti della contea accolsero con gioia ed entusiasmo la notizia dell'arrivo del conte Biasox foriera del suo ritorno sul trono della contea. Le loro condizioni sotto il regno del cerusico don Luis de Santa Cruz erano peggiorate di molto ed ormai tutti desideravano che tornasse a dedicarsi esclusivamente alle sue pozioni mediche vista la sua completa incapacità politica. Motivo della riunione indetta dal conte erano le imminenti consultazioni per nominare i rappresentanti del regno di Maradonia presso il consiglio dell' impero di Arraffonia di cui il regno era tributario. La riunione si tenne presso un turrito monastero situato in una zona isolata in modo da poter controllare minuziosamente gli intervenuti. La scelta era caduta su quel sito anche perché il guardiano del monastero era fra Giovanni da Sinuessa religioso potente che con la sua influenza garantiva la incolumità degli ospiti.
Il conte Biasox al contrario delle sue abitudini arrivò prima di tutti con pochissimi fedelissimi in modo da poter occupare il posto centrale e da lì dare ordini anche sulla disposizione degli ospiti intorno la tavola. Grande fu la sua gioia quando vide l'immensa sala del monastero riempirsi tanto che molti dovettero sostare nei corridoi. Tante tante dame risposero al suo richiamo così che i mille bouquet di rose che aveva fatto preparare dal suo giardiniere per omaggiarle non bastarono. Fu tanta la sua gioia che il suo discorso fu brevissimo, solo grazie, grazie, grazie. L'applauso che lo accolse fu tanto fragoroso che nel villaggio vicino quella sera pensarono ad una scossa di terremoto. Mentre ascoltavano i forbiti discorsi degli astanti la sala ad un tratto si ammutolì: era entrato il duca Giano Trifronte seguito da due scudieri che con passo di sfida si diresse verso il conte Biasox. Tutti trattennero il fiato pensando che volesse lanciargli un guanto di sfida conoscendo i profondi dissidi che esistevano da tempo fra di loro. Invece il duca arrivato nei pressi del conte Biasox si distese a faccia in giù sul pavimento e gli baciò il piede giurandogli di nuovo eterna fedeltà.
Biasox fece finta di credere alla sincerità del suo giuramento e gli concesse l'alto onore di sedersi al suo fianco. Nel frattempo gli si era avvicinato il vecchio genitore di Michelino da San Donato che implorò il conte Biasox di riprendere il giovanetto sotto la sua protezione donandogli qualche investitura. Il conte acconsentì con il più benevolo dei suoi sorrisi ma giratosi verso Giano bisbigliò nel suo orecchio e disse: "mi sembra Laerte che reclama la salma di Ettore", facendo un pò di confusione con Priamo. Quel messaggio gli servì per dimostrare a Giano la sua cultura ma anche per dirgli cosa pensasse della richiesta appena ricevuta. Conoscendo l'ambiguità e anche trianguità del suo interlocutore era sicuro che in serata avrebbe informato Michelino. Finiti i vari discorsi di convenienza invitò tutti nella mensa del monastero da cui erano stati allontanati i trecento monaci che vi dimoravano stabilmente. La cena che fu servita fu una di quelle memorabili che solo il conte Biasox sapeva offrire : montagne di lasagne, centinaia di fagiani un paio di cervi ed anche un toro intero di circa nove quintali.
Mentre mangiavano li guardava e sorrideva conoscendoli tutti e sapendo che il loro appoggio era proporzionale a quanto li facesse mangiare. Comunque era felicissimo - non erano i soldi che gli mancavano e lui aveva bisogno dell'appoggio di tutti per poter tornare a sedersi sul trono di Calenum. Tornato nel suo palazzo si addormentò e per tutta la notte sognò la cacciata di don Luis e del marchese Grimaldellis suo protettore pro tempore.
Il Conte del Grillo
mercoledì 13 febbraio 2013
Benedetto XVI - cultura e religione
L'annuncio delle sue dimissioni irrevocabili da capo della chiesa cattolica ha suscitato scalpore e commenti in tutto il mondo. Appena diffusa la notizia tutti i capi di stato hanno espresso il loro pensiero e molti il loro dispiacere. Degno di nota il commento delle autorità politiche israeliane che hanno espresso un forte e sincero dispiacere per l'abbandono del papa confermandogli il loro rispetto. Quasi hanno voluto far capire che hanno apprezzato di più il franco discorso di questo papa alle scuse di maniera del suo predecessore. I giornalisti e pseudo opinionisti italiani hanno espresso i più bizzarri giudizi arrivando perfino ad ipotizare oscure congiure.Tra gli altri Saviano che ha parlato di strategia elettorale come se il papa fosse interessato alla politica italiana. L'altro commento da ricordare per l'ottusità è quello di Carlo Freccero che ha affermato che non si è comportato come rappresentante di Cristo in terra. La sua ignoranza non gli permette di sapere che il papa è l'erede di San Pietro. Tutti i commentatori, con poche eccezioni, sono accomunati dall'ignoranza della statura del personaggio. Forsde fuorviati dal suo carattere mite e votato all'umiltà pensano di aver di fronte un personaggio di bassa caratura. Pensano che sia come quelli che sono abituati a frequentare nel parterre politico italiano. Ignorano che questo papa è uno dei più grandi filosofi e studiosi esistenti al mondo, esponente primario della cultura vera che loro non conoscono. Ignorano che egli parla correttamente più di dieci lingue che usa per dialogare e per insegnare anche nelle università. Non sanno che lui è il più grande esperto del diritto canonico e di temi telogici del cristianesimo. Ignoranno che dietro quell'aspetto così dimesso si nasconda uno dei più grandi cervelli mondiali portatore di un bagaglio culturale immenso. Siccome ignorano le sueimmense virtù nelle loro discussioni e scambio di opinioni ne parlano come se fosse Monti o Napoitano. Siccome ignorano lo spessore culturale di queso papa si sono dati a giudizi e congetture assurde quando invece le motivazioni sono molto semplici. Lui svolge la sua missione nell'interesse della chiesa e dei suoi fedeli pertanto nel momento che si è reso conto che le forze gli stanno per mancare ha rimesso il suo mandato. questi nobili intenti sono inconcepibili da parte di chi ogni giorno è a contatto con persone attaccate alla poltrona fino alla morte per conseguire solo il proprio interesse e la propria ambizione. Invece questo grande studioso e grande religioso resosi conto che non ha più l'energia a causa dell'età avanzata per guida la chiesa universale ha pensato di ritirasi in preghiera per il bene della chiesa e di tutta la comunità cristiana.
p. Jorge
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