Mi sono sempre chiesto come abbia potuto un uomo come Gianfranco Fini legarsi a doppio filo a uno come Berlusconi. La politica chiaramente è quella che è, contano i numeri e Fini, a suo tempo, ha fatto la scelta che gli sembrava più giusta pur di governare. Fini non è un pivellino; sapeva bene chi è Silvio Berlusconi, conosceva bene quali erano le sue intenzioni politiche e quali i suoi obiettivi. E ha accettato di diventare suo complice. Forse conosceva un po’ meno l’arroganza del personaggio e fino a che punto si sarebbe spinto pur di arrivare dove voleva.
La domanda che però mi facevo è questa: fin dove arriverà Fini a sopportare le strafottenze del Premier nei confronti di tutto e tutti pur di rimanere al suo posto?... Ecco, ha resistito due anni; poi non ce l’ha fatta più.
La domanda che però mi facevo è questa: fin dove arriverà Fini a sopportare le strafottenze del Premier nei confronti di tutto e tutti pur di rimanere al suo posto?... Ecco, ha resistito due anni; poi non ce l’ha fatta più.
Era assolutamente impossibile che una persona come Gianfranco Fini, politico di vecchio stampo, equilibrato e attento alle problematiche nazionali e internazionali, oltre che rispettoso della Costituzione e delle Istituzioni, potesse accettare a lungo le continue violazioni istituzionali del Premier che ha fatto dell’illegalità e della legge del più forte la linea guida del paese, che considera la Costituzione inutile, che ha nullificato la funzione delle due Camere e fa di tutto spettacolo, anche dei funerali.
Fini ha una concezione ben diversa di politica, a cominciare da quella sull’immigrazione la cui filosofia e pensiero ispiratore li ritroviamo nella sua creatura FareFuturo, la sua fondazione. Secondo il pensiero progressista e democratico finiano, l’Italia è terra dalle mille culture, è terra di incroci e contaminazioni tra l’Europa e i paesi del Mediterraneo; l’appartenenza alla nazione non è legato necessariamente a un’etnia o alla religione, ma è un atto di amore verso il Paese in cui si è nati o si è scelto come patria (http://www.farefuturofondazione.it/ff/default.asp). Concezione molto, molto diversa da quella leghista con cui Fini è costretto a convivere. Idee cosi diverse non riescono a coabitare a lungo nella stessa casa, né si riesce ad accettare un legame molto poco democratico, basato sulla supremazia di uno solo.
Il problema vero di questa auspicabile scissione sta però nei numeri che forse non sono sufficienti a formare gruppi autonomi forti che possano fare la differenza all’interno del Pdl, e nell’uso che Berlusconi farà dei media per massacrare il suo dissidente.
Il “partito dell’amore” ha cominciato a colpire subito duro e ha dato prova del suo smisurato “amore” durante la trasmissione Ultima Parola, quando Bocchino ha chiesto più democrazia nel partito. Lupi e la Santanchè hanno letteralmente aggredito Bocchino e Ursi chiedendo loro di uscire dal partito. Questa è la filosofia del Pdl: chi ha delle pretese democratiche non può rimanere nel partito perché chi comanda è sempre e solo Berlusconi. Tutti gli altri devono solo accodarsi.
Per una volta tanto sono d’accordo con D’Alema: per contrastare il Premier bisogna che il Pd dialoghi con Fini e osservi con attenzione dove egli vuole dirigere la sua forza riformatrice, invece di considerarlo un nemico. Ma un’altra domanda, più nostrana, mi sorge: in caso di rottura tra Fini e il Pdl, il nostro amico Mattia chi appoggerà? E gli elettori carinolesi di destra, notoriamente ex alleanzini, lo seguiranno a ruota o no? Vuoi vedere che anche per la destra politica carinolese si prepara una svolta?
Magari!
Speranzoso