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venerdì 30 ottobre 2009

Io odio mio padre


mano

Io odio mio padre. Questo è quello che dovrebbero dire tutti i figli del ventunesimo secolo, tutti i giovani che si ritrovano oggi a vivere in questo miserabile seppur incantevole paese. Io odio mio padre, mia madre e tutti quelli che hanno fatto si che oggi sia tutto come vediamo che è. La morale, l’etica, il rispetto, la vergogna, tutte cose che loro hanno calpestato e che ci hanno insegnato diretta o indirettamente a calpestare. I diritti te li guadagni, oggi come oggi, leccando il culo del tuo superiore, di un politico o di un classico ignorante signorotto, sperando in null’altro che un posto da fannullone, oggi i posti sicuri sono quelli, oggi il posto di uno che lavora non è detto che domani ci sarà.

L’ideale comune è diventato essere un ignorante, seduto su una bella poltrona imbottita e felpata dalla quale potrai costruirti il futuro e l’avvenire. I giovani lo percepiscono, anzi solo alcuni giovani lo percepiscono, quegli stessi che avrebbero qualcosa nella mente da insegnare, da mettere in atto, da far crescere e invigorire. Gli altri, sono figli di quelli che ci hanno portato a questo e non si rendono conto che di qui a dieci venti anni siccome burattini, non riusciranno a tener duro senza le menti che scappano e hanno reso l’Italia forte nel passato. Senza genio non ci sarà mai gloria ne passi in avanti; e il genio fugge il nostro paese ormai. Si cercano vie disperate e disparate e nella mente c’è solo l’illusione che diviene a volte certezza, di luoghi dove l’intelletto e la cultura non siano un suppellettile o un inutile optional. Ma la marcia dei marcificatori del mio amato paese è forte e le mie parole verranno messe sotto sopra da quei che sono gli artefici o da quegli altri che hanno appreso le arti del parlare senza cognizione di causa e che alla fine, tra le menti grette trovano un positivo riscontro. Come si ama Napoli ma a tratti si odiano i napoletani, lo stesso accade per l’Italia intera. Gente inetta a capo di persone dalle qualità infinite, gente inetta che occupa posizioni inutili e da quelle accresce la convinzione di essere persona rispettabile e potente, gente ignobile che con il solo dono della lingua pensa di esser nobile nell’ingannare gli altri. Odio mio padre, a simbolo di una generazione che ha strappato il futuro dei propri figli, che ha passato tutta la propria vita nell’intento di un infanticidio avvenuto nel momento in cui la propria prole è già adulta e seppur arrivata a tale età, deceduta nella realtà ancora prima dell’adolescenza. L’importante non è più neanche la moneta ma la soddisfazione dell’inganno, l’arrivismo sfrenato, gettare l’umiltà di Cristo giù in un pozzo ma lodarne le azioni e gli insegnamenti e avere la presunzione di poter fare qualsiasi cosa, ricoprire qualsiasi ruolo senza rispondere a terzi, senza interessarsi dei risvolti e delle conseguenze.

Siete voi cari mio padre al cubo che avete creato o avete forse inconsapevolmente aiutato a creare questo stato di cose. Siete voi quegli individui che continuano a portare avanti questa baracca chiamata nazione, che farebbe piangere chiunque ed a volte anche noi. Un luogo dove non esiste responsabilità perché chi ha mansioni che la pretenderebbero sanno di non essere in grado a far più di nulla e quindi: deresponsabilizzazione di tutto.

Vorrei poter dire che il mio obiettivo è far si che i miei figli non vorranno dire la stessa cosa di ciò che noi vogliamo dire dei nostri padri, ma un dubbio mi sovviene: ci saranno mai, i nostri figli?"


Izmirson

5 commenti:

  1. Oggi leggevo sulla Repubblica on line alcune delle centinaia di lettere di giovani della mia eta' che hanno problemi a trovare lavoro in Italia, intendo un lavoro che possa dirsi umano, almeno.
    Molto pessimismo, molta emigrazione, totale mancanza di fiducia nel futuro. E capisco bene perche', visto che anche io faccio parte di questa bolla (scoppiata) generazionale.
    A leggere tutte queste storie di sfruttamento, stages non pagati, contratti improponibili a progetto, lavori in nero, energie e competenze gettate al vento mi chiedo: c'e' qualcuno in Italia, sulla trentina o meno, che abbia un lavoro normale? Nel senso, ottenuto perche' meritato, pagato il giusto, con contratto in regola, a tempo indeterminato, che sia nel pubblico o nel privato.
    Esiste, nel nostro Paese, una figura del genere? Se si, quanti ce ne sono in questa situazione? Secondo me sarebbe di gran lunga piu' facile contare i soddisfatti, anzicche' quelli che vivono in condizioni di disagio, per un fatto di numeri proprio. Mi piacerebbe ascoltare le loro di storie, far loro delle domande, chiedere consigli. Sarebbe piu' produttivo, piu' salutare. Anzicche' crogiolarsi in questo quotidiano dolore.
    Ad un certo punto, continuando cosi', smetteremo tutti di cercarlo, il lavoro, se tutto quello che vediamo e sentiamo intorno a noi ci porta ad una totale, assoluta mancanza di speranze.
    Che questi pochi fortunati parlassero, ci raccontassero le loro esperienze. Io non ne conosco nessuno. Purtroppo. Ne' conosco amici o amici di amici che possano farmi degli esempi. Ovviamente se si escludono tutti i "figli di" politici/professionisti/impiegati pubblici che hanno avuto il posto solo perche' "figli di". Nessuno, il vuoto, il deserto.
    Eppure devono esserci, da qualche parte. Su cosa si regge la nostra economia? E' veramente solo la criminalita' organizzata la linfa vitale economica italiana, l'unica fonte da Nord a Sud?
    Dove siete? Se ci siete battete un colpo, non fate gli egoisti, il Paese va a rotoli, aiutateci a capire.
    Se non la salviamo noi, la patria, allora chi? Non avremo neppure il fegato di metter al mondo dei figli, in questo clima.
    Ma alla fine quello che penso, e' che questo Paese verra' salvato dagli immigrati. E meno male per loro.

    Un saluto

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  2. Minkia !!! Che commenti........

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  3. ma io sono mio padre!!!!!!!!

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  4. ...salvato dagli immigrati...??? Oddio, una corda e un albero presto!

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