Il suffragio generale del regno di Maradonia si era concluso in modo più che lusinghiero per il conte Biasox anche se il suo amatissimo re Antonio Afraulanum de Mondezzis non sedeva più sul trono. Il vassallo Fabozzius, a cui aveva giurato fedeltà, era stato molto votato nella contea di Calenum e con sua grande consolazione era riuscito pure a non far eleggere Antonio il Russo come consigliere presso la corte del vicerè. Adesso doveva approntare i preparativi per riprendersi la contea di Calenum governata dal duca Giano Trifronte che se ne era impossessato con un subdolo stratagemma.
Subito convocò il nobile don Luis de Santa Cruz che da tempo si era pentito di aver tradito il conte e segretamente gli aveva giurato di nuovo fedeltà. Si incontrarono di nascosto in una fazenda di don Luis ed alla riunione partecipò anche don Juan de Bufalarinis. Insieme concertarono il piano per esautorare Giano.
Il giorno dopo, don Juan, recatosi al palazzo ducale, presentò un atto di accusa contro il duca chiamandolo a rispondere davanti al Consiglio della contea. L'accusa era di grave malversazione di fondi per favorire amici del duca e del suo primo cavaliere, Mattia il Gerarca di sinistra. I fondi di cui si parlava erano stati spesi per delle pregiatissime piante orientali rivelatisi poi per dei comuni ulivi e per una fornitura di petrolio per la pubblica illuminazione rivelatasi comune acqua di pozzo. Nel contempo don Luis organizzò una riunione nella sua fazenda con i più influenti consiglieri della contea. In quella riunione si decise di chiedere al duca l'esilio del suo primo cavaliere, Mattia il Gerarca di sinistra, altrimenti avrebbero messo lui sotto accusa costringendolo all'abdicazione.
Oltre alle accuse di malversazione, don Luis riuscì, seguendo le indicazioni di Biasox, a convincere tutti che la mancata elezione di Antonio il Russo era stata causata dal tradimento di Mattia il Gerarca. Inoltre convinse anche Maximus Grimaldellus, che pure era presente alla riunione, che Il Gerarca avesse tramato anche contro di lui, pur senza esserci riuscito. Per convincerlo, gli rivelarono che aveva fatto partecipare al complotto, blandendolo con delle astruse promesse, il nobile Ughetto dei Farmaci, grande amico di Maximus.
Il giorno successivo, intorno al palazzo della contea ci fu molto fermento in attesa delle decisioni che il Gran Consiglio avrebbe preso sull'atto di accusa di don Juan. Vari villici e servitori della gleba si accalcavano intorno al palazzo, alcuni per curiosità ed alcuni per paura di perdere l'elemosina che il duca distribuiva ad alcuni di loro.
All' ora prestabilita per l'assemblea, gli araldi annunciarono l' entrata nel salone del duca Giano accolto dall'ovazione del pubblico presente. La loro attesa fu però delusa dall'assenza dei consiglieri che Giano Trifronte aveva convinto a non presentarsi in modo da impedire a don Juan di leggere il suo atto di accusa. Dopo alcuni minuti di attesa, preso atto delle assenze dei consiglieri che nel frattempo passeggiavano nel cortile sotto stretta sorveglianza delle guardie del duca, l'assemblea fu sciolta.
A quel punto entrò in scena don Luis, che consegnò al duca una pergamena dove erano scritte le richieste alle quali doveva sottostare se voleva continuare a governare. La richiesta era chiara, doveva esiliare il suo primo cavaliere. Anche le intenzioni erano chiare: lasciato senza il suo cavaliere più valido e fedele, sarebbe finito anche il suo potere assoluto.
Il duca rimase colpito dalla richiesta inaspettata, ma per non farsene avvedere sfoggiò per l'occasione una quarta faccia che teneva per riserva da usare nelle occasioni eccezionali e questa era una di quelle. Con fare deciso dichiarò ad alta voce, in modo che tutti sentissero e riferissero in tutta la contea, che mai e poi mai avrebbe acconsentito a quelle ignobili richieste. Per rendersi ancora più credibile dichiarò che avrebbe sacrificato la sua carica e la sua vita per non far torcere un capello al suo fido cavaliere.
Tutti i servitori della gleba presenti lo applaudirono e acclamarono a gran voce, mentre i valvassini e lo stesso Mattia il Gerarca restarono muti in disparte cercando di capire cosa avesse in mente, sapendo che il pensiero del duca raramente corrispondeva alle sue parole.
Una veloce staffetta portò al conte Biasox le notizie dei fatti accaduti nel palazzo della contea e quegli, con un ghigno di soddisfazione, si fregò le mani. Il suo piano procedeva speditamente e secondo quanto previsto, anche se egli stesso aveva molte perplessità sulle vere intenzioni di Giano Trifronte che, apparentemente, così facilmente era caduto nel suo tranello......
Il Conte del Grillo