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giovedì 1 aprile 2010

Legacentro

Caro PD,
ricordo ancora quella mattina. Ci siamo svegliati tra le macerie. Intorno a noi solo sangue e distruzione. Il sogno, il nostro sogno, di un mondo più giusto, senza poveri, dove ognuno potesse avere secondo le sue necessità, ci era crollato addosso. 
Il crollo era stato tanto violento da trascinare con sé il MURO. Quel muro che separava l'effimero occidente dalla concretezza di una povertà che non accennava a sparire e che era diventato il muro della vergogna.
Ti abbiamo cercato, tutti, ma non c'eri. Prima che la paura diventasse disperazione, per fortuna, abbiamo incontrato CULTURA, la nostra amica di sempre. Ci ha rassicurato come bambini: il vostro papà non è morto, è solo ricoverato. Tornerà, magari non uguale a prima, ma tornerà.
Qualcuno non ci stava. Lo voleva esattamente come prima, convinto di poterlo "rifondare", clonare se necessario, e ci ha lasciato.
Nell' attesa, CULTURA ci intratteneva. Fine della storia, dicevano. Non più due mondi contrapposti, finalmente uno solo: democrazia e capitalismo, la coppia vincente. Ma CULTURA si affrettava a dirci che anche in questo contesto avevamo un senso: l'uguaglianza doveva essere la nostra bandiera, la ridistribuzione il suo mezzo. La critica del capitalismo aveva ancora senso, PIL era il nemico da abbattere.
Venne SEN e lo distrusse, non con la fantasia, ma con la scienza. Il suo indice di povertà e la sua teoria dell'eguaglianza e delle libertà ci avevano dato la medicina per guarirti. E così tornasti, molto cambiato.
Ora eri UOLTER.
Il mondo nuovo era possibile, non era utopistico. I delinquenti erano delinquenti e non poveracci figli di una società che li aveva abbandonati. Chi meritava doveva avere di più e non essere appiattito, gli immigrati andavano accolti, ma rispediti a casa se venivano per delinquere. In una parola le cose dovevano essere viste nella loro realtà e, poi, riformate col criterio dell'uguaglianza e della libertà.
Per fare questo ci volevano persone nuove. E le scelse. Anche se accettò un abbraccio mortale che "non c'azzeccava niente" né con la libertà né con l'uguaglianza. Troppo di destra, qualcuno lamentava, ma c'eri.
Il tuo arrivo spazzò via quelli che ti volevano come prima. Eri lì, diverso ma bello. Finalmente!
Purtroppo non tutti erano preparati al tuo arrivo ed il tuo esercito troppo debole e disorganizzato per vincere contro quelli che ti vedevano troppo nuovo. UOLTER si è arreso. Ti hanno tolto la lucente armatura con cui ti sei presentato e ti hanno lasciato in biancheria intima, senza identità.
Non sappiamo più chi sei o chi vuoi essere e cerchiamo altrove.
Guardati intorno, sopra hai la LEGA, sotto la DESTRA. Sei solo al CENTRO, dove qualcuno, in tua attesa si è preoccupato semplicemente di governare bene. Intanto l'abbraccio che "non c'azzecca" ti sta succhiando lentamente la linfa vitale.
Dal passato puoi fuggire o imparare qualcosa. A me sembra che stai fuggendo senza sapere dove vai: "hakuna matata". Da questa ennesima lezione io deduco che dovresti liberarti dall'abbraccio mortale e tornare a lavorare sul territorio, con le vecchie sezioni in cui eri maestro; sentire la gente e non l'apparato. Il territorio in primo piano ed il coniugio uguaglianza-libertà sullo sfondo potranno, forse, risvegliarci da questo incubo che ci riporta in mente quel giorno.
Con una aggravante: stiamo perdendo la speranza!

Anonimo

mercoledì 31 marzo 2010

Dalla padella alla brace

La Campania è stata voltata a destra. Badate bene: è stata. D’altra parte era più che prevedibile, anche se qualcuno sperava   in un miracolo di De Luca. 
Napoli era ieri piena di poliziotti che sorvegliavano per evitare il voto di scambio. Sorveglianza inutile e beffarda: il voto di scambio era già avvenuto in altre sedi e da tempo. Non bisognava certo aspettare il giorno delle elezioni. Cosa rappresenta questa svolta a destra per il popolo campano? Niente altro che un peggioramento di ciò che finora ha rappresentato: la camorra la farà sempre da padrona e continuerà a dettare legge.  
D’altra parte il prefetto Pansa è stato molto esplicito in tv ieri:  i voti in Campania sono gestiti dalla camorra, come in Sicilia dalla mafia e in Calabria dalla ‘ndrangheta. Non a caso queste tre regioni, le più morte di fame, sono ora tutte di destra.
In Campania, più che analizzare il voto, bisognerebbe piuttosto chiedersi perché la camorra ha abbandonato la sinistra e ha appoggiato la destra. Quali interessi ora si celano sotto gli attuali accordi tra camorra e politica.
E’ dunque inutile farsi illusioni: i politici continueranno ad essere manipolati dalle famiglie camorristiche, la politica clientelare prospererà come prima e meglio di prima, i comuni cittadini continueranno ad essere  presi per i fondelli e ad essere tenuti sotto scacco, le bugie continueranno più grosse di prima, la disoccupazione  dilagherà, il precariato non troverà soluzione, il turismo artistico continuerà a  non avere impulsi di crescita per mancanza di fondi e così via.
Ahi! La vedo nera!
La destra farà un regalo in più a questa regione e a noi in particolare: le scorie nucleari nella centrale del Garigliano. Evviva! Cosa vogliamo di più?!
Tuttavia il vero problema è più a monte, alle regioni.
Esaminando a caldo, nel nostro piccolo, il voto italiano di queste elezioni provinciali e regionali vediamo che esso è stato caratterizzato da due eventi in particolare: il forte astensionismo e la crescita di partiti come l’IdV, il movimento grillino e quello della Lega nelle regioni del nord. Questo ci dice diverse cose: che politica non è più considerata la panacea dei veri problemi dei cittadini e che gli italiani stanno vivendo, politicamente parlando, una fase di imbalsamazione delle coscienze, anche perché i partiti istituzionali hanno dimostrato di non sapere o non volere affrontare i veri problemi degli italiani; che gli italiani preferiscono un’opposizione vera, alla Di Pietro, e che vogliono partiti puliti come quelli proposti da Grillo; che la Lega, forte della sua forza,  ci farà un culo così.

Liberanosdomine

martedì 30 marzo 2010

Risultati elezioni Provinciali - Sezioni di Carinola

7

8

Risultati Regionali - Carinola

                                                               Voti               %


CALDORO STEFANO  (Centrodestra)          2.751           59,41



DE LUCA VINCENZO   (Centrosinistra)        1.829           39,50


FICO ROBERTO             (mov. 5 stelle)          25               0,53

FERRERO PAOLO          (Sinistra e libertà)     25                0,53






Dettagli:

        Centro-destra                                                          Voti         %

1


Centro-Sinistra                                                              Voti        %

2



Preferenze MPA- Nuovo PSI
grimaldi preferenze


Preferenze Popolo della Libertà
pdl preferenze





Preferenze Partito Democratico
fabozzi preferenze



Preferenze Sinistra Ecologia e Libertà
olivieropreferenze



Preferenze Alleanza per L'Italia
didonato preferenze


a seguire i risultati delle provinciali

Fonte: Ministero dell'Interno

domenica 28 marzo 2010

L'impero dei furbi

Stiamo proprio facendo una brutta fine, in pieno impero dei furbi.  Questi fanno di tutto e di più e poi hanno anche la faccia tosta di fare le battute. Qua c'è gente che muore sul lavoro, c'è gente che si ammazza perchè lo ha perso e questi ridono e fanno le vittime.  Ma le vittime di che? Chi prende le tangenti, chi affitta le escort, chi fa gli affari sui terremoti, sulle disgrazie, sulla sanità, chi corrompe, chi ruba al pubblico e ai privati... e la smetto se no l'elenco diventa inarrestabile.  Ma la cosa più grave, che mi fa incazzare profondamente e che mi stimola a non uscire più di casa, è che, ammettiamolo, qui c'è una marea di gente che li approva, che non si incazza per niente, che non si scandalizza più di niente. Ma cazzo, è tutto così normale? 
Preti che invece delle anime cercano i corpi; carabinieri che invece di perseguire i criminali fanno i criminali, onorevoli che si vendono alla mafia e agli affaristi per soldi e per donne di dubbio gusto, e  nessuno dice niente. Qua si suda per racimolare l'euro, per pagare le bollette e questi spandono e spendono cifre che noi non abbiamo mai visto in faccia, tutto alla faccia nostra, che siamo anche quei lestofanti di "comunisti", che una volta mangiavano i bambini e invece adesso si travestono da magistrati o da giornalisti e impediscono la democrazia. 
Ma che democrazia? E' questa la democrazia?  E nessuno s'incazza? E li votano pure? Ma che è ,masochismo allo stato puro?  Più ci maltrattano e ci pendono per il c. e più ci va bene? Abbiamo fatto proprio una bella fine!
Scusate lo sfogo

Cavallo Pazzo

giovedì 25 marzo 2010

Biasox all’ultima battaglia

battaglia2

In quell’anno la primavera era molto in ritardo, le giornate fredde ed uggiose dell’inverno non volevano abbandonare il regno di Maradonia, quasi un segno premonitore di sventure che dovevano calare sul regno. Ed infatti così fu: l’amatissimo re don Antonio Afraulanum de Mondezzis, offeso perché messo sotto accusa dalla grande Inquisizione, si ritirò a vita privata. Dal suo ritiro si scatenò una furiosa guerra di successione tra i suoi baroni per subentrargli. I baroni ovviamente cercarono di arruolare quanti più vassalli possibile per occupare il trono rimasto vuoto.


Il conte Biasox fu informato da queste notizie mentre rileggeva la bozza di contratto della vendita delle acque che alcuni nemici invidiosi non gli avevano permesso di concludere. Già era abbastanza depresso per i mancati introiti di quella operazione, quando gli furono riferite queste ultime notizie che aggravarono le sue preoccupazioni. Le dimissioni del suo amato re lo costrinsero a scegliere tra i vari contendenti e lui cercò di mettersi al servizio del più forte, non per aiutarlo ovviamente, ma per averne ricompense. Per siglare l'alleanza, tuttavia, aveva bisogno di valvassini e servi della gleba in gran numero da offrire come sostenitori del nuovo re. Purtroppo la sua lontananza dalla contea di Calenum aveva indebolito il suo ascendente su gran parte dei suoi fidati sudditi, prima di tutti sul suo reggente Giano Trifronte. Questi si era defilato dalla lotta, alleandosi con un barone della vicina Suessola al quale aveva giurato solenne fedeltà e sottomissione. Approfittando che questi era un illetterato però, aveva scritto tra le righe del giuramento la parola “temporaneo”, senza che quegli se ne accorgesse. Il Duca Giano, forte di questa alleanza, si era ormai liberato del sodalizio col conte Biasox e stava cercando di imporre la propria dinastia sulla contea anche per gli anni futuri. Per rafforzare questo suo intento aveva intimato agli architetti della contea che tutte le costruzioni pubbliche dovevano essere costruite nello stile trifronte. La prima opera che fu realizzata in pochissimo tempo fu il campanile dell’orologio del contado di Kasanovia, dove risiedeva il duca. L’orologio fu realizzato trifronte, cioè con tre quadranti a ricordo imperituro del duca Giano Trifronte che lo aveva finanziato.
battaglia1Queste notizie negative, provenienti sia dalla sua contea che dal regno in generale, turbavano il conte Biasox, che dopo alcuni giorni di meditazione passò all’azione. Incominciò col radunare tutti i valvassini rimastigli fedeli per farli combattere al suo fianco, ma grande fu la sua delusione quando molti di questi si ammutinarono negandogli il loro appoggio. La delusione del conte fu ancora più grande quando fu informato che a guidare la rivolta contro di lui era stato Antimus Mutus, il valvassore che riteneva quello a lui più fedele. La notizia pù sconvolgente fu che come conseguenza di quella defezione c’era stato un accordo con Antonio Il Russo, ferocissimo suo nemico, per inviarlo come rappresentante della contea presso il vicerè. Sentito questo, il conte ruppe gli indugi e si preparò ad una grossa battaglia con le truppe rimastigli fedeli. Nottetempo si recò nel suo contado di nascita, Nocellum, e in una riunione tormentata insieme a don Juan de Bufalirinis illustrò i suoi piani di guerra. Innanzitutto l'arruolamento di nuove truppe per rimpiazzare le defezioni degli ultimi giorni: così nominò console generale della contea una dama di Nocellum . Da tempo questa dama ambiva a quella nomina, che il conte aveva tuttavia sempre procrastinato sapendola di molte ambizioni ma di poco seguito. Fatto questo, fece scendere in campo anche il suo giovane figlio nominandolo capo dei cavalieri della contea, insieme ad un altro manipolo di giovani che lo affiancavano. La cerimonia di investitura avvenne in forma solenne per renderla nota a tutti, ma purtroppo non riuscì a trovare un locale adatto e dovette accontentarsi della bottega di un barbiere. Biasox, nonostante le fila dei suoi fedelissimi si assottigliassero sempre di più, comunque preparò nei minimi particolari quella che poteva essere l'ultima sua battaglia. Il suffragio per l'elezione del nuovo re di Maradonia doveva portare la sua impronta come sempre, assolutamente doveva determinare i delegati nel gran consiglio del regno e impedire a tutti i costi la nomina di Antonio il Russo nel consiglio del vicerè.

Il risultato positivo del gran suffragio era determinante per il suo futuro, sia per il suo incarico come responsabile delle acque e per il suo ritorno come conte di Calenum. Così fece presentare due sue delegati in contrapposizione al Russo, Franciscus de Giallibus e Grigorio il Rosso della contea dei Ciuchis, con due obiettivi: il primo di conquistare tanti suffragi a suo favore e e il secondo, per toglierne il più possibile all'odiato nemico Antonio il Russo e per impedirne l'elezione.

Nello stesso tempo mise in movimento le dame e i servitori della gleba rimastigli fedeli per sostenere il suo rappresentante presso il gran consiglio del regno, tale Fabozzius, proveniente dalle Terre dei Fuochi dove svolgeva gran parte dei suoi lucrosi affari. Il conte Biasox, dopo aver impartito le ultime disposizioni ai suoi fedeli sudditi, fece finta di addormentarsi profondamente come segno di fiducia nel risultato della sua battaglia, che in quanto decisiva poteva essere anche l'ultima.

Continua….forse

Il Conte del Grillo

martedì 23 marzo 2010

Perché dovrei farmi prendere per i fondelli?

Sono una persona molto scomoda perché molto critica. Una di quelle persone a cui nessuno osa chiedere il voto perché non si sa da che parte sta o come la pensa. Non sono perciò facilmente abbordabile politicamente e, tutto sommato, va benissimo così.
Mi piace guardarmi intorno, capire, analizzare e poi tirare le somme. Ma, parafrasando la proprietà commutativa dell’addizione, comunque cambi l’ordine degli addendi, la somma non cambia.
Massimo_GrimaldiSommando sommando, siamo di nuovo nel pieno di una campagna elettorale. Veniamo continuamente bombardati da centinaia di volti sorridenti che vorrebbero dare e chiedere fiducia. Da frasi ad effetto che vorrebbero far breccia dentro di noi per strapparci un voto. Da promesse, promesse e promesse.
Sono più di cinquant’anni che si ripete sempre lo stesso copione e il risultato di questa ciclica farsa elettorale è sotto gli occhi di tutti: Carinola sta lentamente morendo e continua a morire man mano che il tempo passa. Nessun politico, che io ricordi, è mai riuscito a tirarlo fuori dalla sua agonia, anzi qualcuno ha contribuito a scavargli una fossa più profonda.
Si è andato avanti con una politica clientelare vergognosa. Il Comune lo hanno mangiato o fatto mangiare a piccoli pezzettini. Lo hanno distrutto e fatto distruggere in quanto di bello, di naturale e di storico c’era e ora, quello che ci ritroviamo, è un territorio tradito, avvilito che suscita un triste senso di abbandono.
I nostri paesi hanno perso, strada facendo, la loro aura d’antichità e sono diventati un’accozzaglia di fabbricati amorfi, senza infamia e senza lode, perché non sono mai stati urbanisticamente ottimizzati. Tutto ciò che era valorizzabile è stato distrutto a causa di interventi fatti in penosa economia o vergognosa incompetenza, vedi Fontana Vecchia e Grangelsa. Ciò che di bello e artistico ancora c’è, giace nella trascuratezza più nera, vedi Palazzo Marzano.
Lorenzo_RazzinoL’ambiente naturale è senz’altro quello più negletto. Le montagne sono state sventrate, selvaggiamente aggredite e disboscate; i canali sono diventati discariche abusive piene di ogni sorta di immondizia; i ruscelli essiccati e ridotti a fogne; ogni luogo suggestivo dimenticato. L’agricoltura non ha subìto nessun impulso verso una crescita moderna e competitiva che potesse lanciare sul mercato i nostri prodotti; le nostre campagne languiscono in una posizione di stallo.
Bonifacio_Di_DonatoLe problematiche sociali che la vita di oggi trascina con sé non hanno mai, e dico mai, trovato attenzione. I nostri giovani continuano a morire perché nessuno si occupa di loro, continuano a lasciare questa terra perché non sono state mai create opportunità di lavoro in alcun settore. La forza lavorativa, l’entusiasmo giovanile, la competenza professionale, il ricambio generazionale viene esportato altrove.
Siamo un Comune che offre ben poco ai residenti e un richiamo turistico assente perché di caratteristico non c’è più nulla. Di che cosa si dovrebbe innamorare un turista in questo luogo?
Facciamo come i gamberi: camminiamo all’indietro. Qualcosa è stato fatto, ma sono più i passi indietro che quelli in avanti.
Ora si ricomincia con le parole. Sono cinquant’anni che i candidati dicono le stesse identiche cose; sono altrettanti anni che anche noi diciamo le stesse identiche cose. Non vi sembra che basti?
Sono in ballo questi cinque carinolesi a cui si aggiungono i due di Falciano. Mi piacerebbe dare fiducia almeno ad uno di loro, ma perché dovrei credere che loro possano essere diversi dagli altri che abbiamo avuto? Perché dovrei credere che nella loro candidatura vi sia l’interesse per i cittadini e il territorio prima che il proprio? Ma dai! Dovrei crederci sulla parola? No, grazie. A dire la verità, sono stufo di essere preso per i fondelli.

Sfiduciato nero

venerdì 19 marzo 2010

Il penultimo dei Mohicani

Stanotte a Casanova all'improvviso è morto un ragazzo dall'esistenza difficile. Tutti lo conoscevano perchè in paese ci si conosce tutti e anche perchè lo consideravano l'ultimo tossico. Ultimo nel senso che era sopravvissuto ad un numero considerevole di giovani coetanei che avevano intrapreso insieme a lui la strada della droga e lo avevano preceduto nel lasciare questa vita. Aveva quarant’ anni, ma per tutti era un ragazzo mai diventato uomo, rimasto a combattere ogni giorno per procurarsi il suo pane quotidiano che era la droga.
Questa malattia, che alcuni sbagliando definiscono vizio, lo aveva preso in un abbraccio simile a quello di una piovra gigante che non gli ha permesso mai di vivere liberamente e di crescere. Lo aveva diviso in due persone, una disponibile ed educata, l'altra ombrosa, permalosa e orientata al male.
Nei momenti di calma, si poteva discorrere con lui di tutto o gli si poteva affidare qualunque lavoro, sicuri che lo avrebbe portato diligentemente a termine. Nei momenti di astinenza, invece, si aveva di fronte un'altra persona, una tigre in gabbia pronta a scattare ed arraffare qualunque cosa gli potesse servire per placare il fuoco che gli bruciava dentro.
Chi lo emarginava, chi lo aiutava materialmente, familiari per primi. La massa lo evitava; parecchi cercavano di ignorarlo, facendo finta di non vederlo per strada per non dargli un passaggio. La sua malattia era di quelle gravissime ma non incurabili, che per essere debellate hanno bisogno di essere affrontate da medici capaci e persone volenterose che da noi non esistono.
Un’ intera generazione di questo paese è sparita colpita dallo stesso male, nell'indifferenza di tutti, istituzioni comprese. Se dai cittadini comuni c'è stato qualche cenno di solidarietà, dalle istituzioni niente di niente. 
Dopo decine di decessi per la stessa malattia, nemmeno un osservatorio sul fenomeno in un paese dove si creano osservatori su tutto. Se non si parla di un problema sicuramente non si potranno trovare i rimedi per risolverlo! E così questo male ha portato via tanti validi giovani e tutti bravi, non per fare ora un elogio funebre, ma perché veramente bravi.
Lo Stato, parola di cui tanti si riempiono la bocca e… la pancia, non è esistito per questi ragazzi, né esiste per quelli nati dopo di loro, almeno per metterli in guardia da certi abusi. Non si è mai cercato di istituire un centro riabilitativo o almeno qualche figura specializzata in materia che potesse aiutarli, se non curarli.
Abbandonati a sé stessi ed al loro destino inesorabile è la triste sorte di questi giovani. L'unico rimedio è sempre quello antico della famiglia, per chi ce l'ha, che deve vigilare sui propri figli e pregare che non incappino in queste disavventure perché, una volta dentro, difficilmente si riesce ad uscirne, vista l'assenza delle istituzioni. Quando ci si rende conto che si vive in una società in cui certe malattie non sono curate, bisogna far attenzione a non ammalarsi perché inevitabilmente esse portano alla morte.
Auguriamoci che questo ennesimo decesso non sia avvenuto invano, ma che serva di lezione ai giovani e a chi li cura, in modo da evitare che altre generazioni si disperdano nel nulla. Purtroppo si deve ricordare il penultimo dei mohicani e non l' ultimo in quanto, facilmente, qualcun altro lo seguirà, nonostante i nostri cuori sperano ardentemente di no.
 

Quanto amore per gli italiani

Domani il Popolo della Libertà scenderà in piazza per una festa di gioia e d’amore al Circo Massimo di Roma, per dimostrare al mondo intero che loro non sono contestatori come il popolo viola, non creano problemi. Loro sono il Popolo della Libertà, capace di grandi slanci affettivi, di comprensione e misericordia. E per rendere tutti partecipi di questa grande festa dell’amore, Silvio ha mandato milioni di sms dicendo che li aspetta tutti a Roma domani, per renderli partecipi di tanto amore. Che tenero.
Domani La Russa perderà quel ciglio fascistoide che aveva mentre scuoteva il giornalista Carlomagno e sarà tutto amore e dolcezza. Maroni, Bossi e Calderoni stringeranno al cuore tutti gli extra-comunitari che abbiano un regolare permesso di soggiorno. Saranno tutti lì a dire stronz… pardon, a dire tante cose belle, ad ascoltare e raccogliere a bocca aperta tutti i fiori di verità che usciranno dalle labbra del Premier.
Si abbracceranno, si sorrideranno, si ameranno come pargoli.
I politici dimostreranno alla nazione intera quanto amore, quanta tenerezza, quanto interesse, quanta comprensione hanno per gli italiani. Quelli che votano Pdl.
Forse, di fronte a tanta tenerezza, qualcuno che aveva deciso di votare contro sarà talmente coinvolto in quella spirale d’amore che ci ripenserà e voterà Pdl.
Gli altri italiani, quelli che pensano e fanno domande indiscrete, quelli che vogliono sapere perché tantissime persone si trovano oggi senza lavoro e perché tantissimi giovani non intravedono un futuro, quelli che lottano per la pluralità dell’informazione e per una giustizia che sia giustizia, quelli a cui piace ascoltare Santoro, quelli no, non sono italiani. Sono semplicemente dei “comunisti”. Il peggio degli uomini, il peggio di tutta la società e che vanno schiacciati, zittiti, annullati. In ogni società che si rispetti, c’è sempre una categoria di “cattivi” responsabili per tutto il male del mondo. In Italia abbiamo i “comunisti”, che come dinosauri, sono stati riscoperti da Silvio, visto che erano scomparsi da decenni. Sono loro che attentano all’incolumità di questo governo, tramando e ordendo continue congiure in ogni luogo. Persino ai piani alti della Rai.
Proprio perché così cattivi, non può esserci amore per loro. Quello va rivolto solo ai buoni. A Bonaiuti, Feltri, Minzolini, Vespa, Bondi e compagnia.
Com’è facile amare quelli che ci amano! Peccato che una delle tante verità evangeliche dice di amare i propri nemici e porgere la guancia destra a chi ci percuote la sinistra.
La sinistra… che parola orribile!
Tutti di sinistra, persino i giudici. Quelle maledette toghe rosse che anche quando vanno a cagare, cagano rosso. Che vanno ad indagare dove non dovrebbero e intercettano ciò che non dovrebbero. E così tutta la merda che per mesi, per anni è stata nascosta, viene a galla per sommergere le povere vittime della sinistra: il povero Berlusconi e i suoi stipendiati che si lamentano continuamente di come certe azioni siano venute fuori. Non delle azioni stesse. Non sia mai.
Che bella festa sarà quella di domani. Andrei volentieri pure io. Anch’io ho tanto amore dentro di me da manifestare. Non per il Popolo della Libertà, ma per la Libertà del Popolo
Penso sia la stessa cosa. O no?....
 
Pimpa

giovedì 18 marzo 2010

Di Stato si muore, in silenzio

Sono trascorsi all’incirca 146 giorni dalla morte del giovane Stefano Cucchi ammazzato dalle mani dello stato e come succede in Italia non c’è nessun responsabile e sempre come succede in Italia non se ne parla più. Il pestaggio di Stefano, da parte delle guardie carcerarie, è doloroso quanto il silenzio di questi 146 giorni che “risolve” una storia scomoda, una storia che in un paese civile si concluderebbe con dei responsabili e con delle condanne esemplari ma siamo in Italia, dove la dignità, la libertà, la vivacità mentale cede il posto ad un ammorbante, anestetizzante silenzio. Le cose in questo paese non si risolvono: si dimenticano, vengono messe a tacere e se proprio il cerotto messo sulle bocche non basta allora si dissimula, si ridicolizza per poi, dunque, chiudere tutto nel solito e funzionale fagotto del silenzio.
Stefano, morto a ammazzato dallo Stato, viene ancor di più umiliato con questo silenzio maligno che offende i familiari della vittima e offende coloro che, nonostante tutto, ci credono ancora in quella cosa che si chiama Italia, ormai solo una parola, solo una vecchia idea. Nessun responsabile, nessuna condanna, seppur minima per coloro che follemente hanno massacrato nell’umido di una cella un nostro coetaneo descritto all’indomani dei fatti come un malato, un drogato e che dopo tutto se l’è cercata. Giorno dopo giorno i cari di Stefano cercano giustizia o più semplicemente una piccola verità tra le menzogne dichiarate dai vertici statali che pur sapendo stanno zitti. Una piccola verità che proprio il carnefice, cioè lo stato, dovrebbe dare ai genitori di Stefano che silenzio dopo silenzio non vogliono dimenticare e far dimenticare come è morto il proprio figlio.
 
St. e F.

lunedì 15 marzo 2010

Chi lavora aspetta premio

Questo asciutto proverbio antico sintetizza un principio semplice che chi svolge una qualunque attività avrà una ricompensa. 
Carinola in questi giorni è ricoperta di manifesti insoliti che ricordano l'emergenza rifiuti. In essi si ricorda la vicenda che vide protagonista il popolo di Casanova che unanime, o quasi, si oppose ad un oscuro piano per trasformare la cava adiacente il paese in discarica. Sembra un secolo fa invece sono fatti  di pochi anni fa quando l'emergenza  rifiuti stava per sommergere Carinola togliendole  l'unica  sua risorsa ovvero l'aria pulita. La minaccia velata si trasformò in incubo per tutti quando la stampa riportò la notizia che ormai la cava era indispensabile per risolvere la crisi ed i tecnici del commissariato l'avevano dichiarata  idonea allo scopo. Ci furono le pantomime dei vari politici che facevano accordi a Napoli per portare i rifiuti e lo negavano in piazza. Figure ambigue che giustificavano le scelte che calavano dall'alto nei palazzi e le contestavano insieme alla persone comuni. E' doveroso ricordare anche politici che diedero la loro solideriatà senza nulla chiedere  come Razzino, Russo, e Grimaldi. Il primo seguì tutta la vicenda anche in campo regionale svelando le magagne dell'allora sindaco procurando un verbale di una riunione riservata che servì a squarciare il velo di omertà che era stato steso sulla vicenda. Il secondo arrivò a votare insieme a parte della maggioranza per spostare l'ubicazione della discarica nel proprio paese creandosi dei nemici a vita. Il terzo, cioè Grimaldi ,fu onnipresente ad ogni manifestazione e ogni sera non andava a dormire se non passava prima a salutare i coraggiosi che presidiavano l'ingresso della cava sfidando la pioggia ed il freddo.  Inoltre sembra che abbia contribuito anche alle spese del presidio, atto da ricordare in tempi in cui molti predicano ma pochi mettono mano al portafogli.Ora che ci sono le elezioni  sembra giusto ricordare  queste persone che hanno lavorato per noi. Da noi il politico preferisce interessarsi al singolo procurandogli un lavoro o una promozione o un trasferimento, perchè è più facile avere un ritorno elettorale. Invece in questo caso si è lavorato per la collettività  come sempre si  dovrebbe fare. Il voto dovrebbe andare a quei politici che hanno lavorato per la comunità senza pensare chi si avvantaggia o chi viene penalizzato dal loro operato.  Dovrebbero essere valutati e votati su fatti concreti,  non sulle chiacchiere con cui  ammorbano l'aria  in questo periodo su cosa faranno senza spiegare invece cosa hanno fatto. Da parte di tutti gli schieramenti si prova a parlare di progetti astrusi o buonisti per dividere gli ascoltatori sul piano del destra e sinistra, una volta riusciti a farlo il gioco è fatto. Questo è il periodo che si sente dire, voto tizio perchè di destra o caio perchè di sinistra. Niente di più sbagliato, invece la domanda dovrebbe essere: cosa ha fatto nei cinque anni trascorsi quel candidato e  la sua coalizione che è stata al potere? Se la risposta è positiva lo si vota, se negativa si vota l'altro. Se si vota per appartenenza è normale che il politico invece di governare regni, tanto vive di rendita, sapendo che il suo suffragio è assicurato. Se si esamina invece l'attività  che ha svolto saranno spronati a fare, e bene. Se lavoreranno spetterà loro il premio del voto che non sarà un regalo.

Pericle

Non si fa niente per niente


SelleccolaEcco. Quello che era molto prevedibile è successo. Credete che tutti i politici che erano accanto al popolo casanovese quando viveva l’incubo delle ecoballe, erano lì per pura solidarietà?
Sbagliate di grosso. Erano lì per prepararsi il futuro.
Dietro alla loro assidua presenza accanto ai cittadini casanovesi, c’erano già pianificazioni e programmazioni future. C’era già la consapevolezza di star mettendo da parte quella buona azione per il proprio tornaconto. Una sorta di salvadanaio, o conto bancario, in cui conservare buone azioni che, come interessi, avrebbero dato più voti.
Un buon politico sa sempre come muoversi. E’ sempre accanto al popolo nelle sue battaglie per dimostrare che condivide i suoi problemi, le sue paure, le sue preoccupazioni.
Tutto questo, in fondo, è molto legittimo. Ogni politico si prepara la piazza come meglio crede, in base alla propria sensibilità o scaltrezza. Nessuno avrebbe nulla da eccepire se non si avesse, ancora una volta, quella sgradevole sensazione di essere stati usati.
E’ quello che mi è successo stamattina, vedendo i manifesti fatti affiggere dall’on. Grimaldi. Manifesti rivolti esplicitamente al popolo casanovese su cui domina una foto della Selleccola con sopra e sotto la scritta: Abbiamo avuto tutti lo stesso incubo. Io ero con voi!
E si, Grimaldi era con noi. Ma come? Come cittadino preoccupato della devastazione del proprio territorio o come politico che vede in un tale evento una possibilità di accumulo voti?
Onestamente, questi manifesti mi hanno fatto lo stesso effetto di un pugno nell’occhio. Be’, non so se l’on. Grimaldi ha effettivamente avuto il nostro stesso incubo. Noi sicuramente l’abbiamo avuto. Un incubo interminabile.
E’ vero, Massimo ha trascorso molto tempo accanto ai casanovesi che protestavano all’ingresso della strada per Vaglie; sembra che abbia anche pagato l’affitto dei tendoni, e di questo lo ringrazio pubblicamente. Tuttavia, proprio perché era là e ha fatto tutto questo, ora vedo nelle sue azioni, non una schietta e disinteressata solidarietà, ma una sua ben orchestrata pianificazione.
Che te ne frega, potrebbe obiettare qualcuno, i politici sono tutti uguali. Non fanno nulla per nulla.
Me ne frega invece, perché quei manifesti sono un po’ un’offesa al popolo casanovese, una specie di ricatto che dice velatamente: io ho fatto questo per voi, ora aspetto che voi facciate qualcosa per me. La solita, spicciola politica dell’io do una cosa a te e tu dai una cosa a me che fa presa sui sentimenti di gratuita riconoscenza delle persone semplici.
Politicamente, la sua è forse una buona mossa, ma umanamente parlando mi sembra un po’ un miserabile atto di velata coercizione. Di sicuro non avrà il mio voto.
Ora vedremo cosa faranno gli altri candidati, Lorenzo Razzino e Antonio Russo, che pure erano a sostegno della battaglia dei casanovesi.
Mah! alla fine, ogni elettore si regola come vuole. Io ho soltanto detto la mia.

Fighter

sabato 13 marzo 2010

Che bello: i rintocchi dell’orologio…

Pensavo di sognare quando, verso le tre del pomeriggio, ho sentito i rintocchi dell’orologio della piazza. Mi sono alzato di colpo dal lettino su cui stavo pennicando e ho ascoltato con più attenzione.
Azz! Erano proprio i rintocchi del campanile! Chiari, dolci, per niente fastidiosi, di un orologio nuovo di zecca! 
E bravo Gennaro che, dopo trent’anni e forse più, è riuscito a far suonare l’orologio della piazza fatto zittire da chi non riusciva a dormire a causa di quei rintocchi notturni!
Persone che, purtroppo,  non sanno sognare al  tocco leggero di una campana metallica.
Invece, a me,  quei rintocchi notturni conciliavano il sonno; mi trasportavano in un mondo passato fatto di semplicità e sicurezza; mi regalavano rasserenanti sogni di bambino.
L’ex sindaco Di Biasio, anni prima, aveva promesso ai casanovesi che avrebbe fatto risuonare l’orologio, ma quella promessa non è mai stata mantenuta, forse per questione di tempo o perché i sonni di certe persone erano più importanti, non so. Ben venga ora il risveglio dell’orologio che ci porta indietro di qualche decennio, a quando gli animi erano più semplici e si poteva scandire la giornata con i suoi rintocchi.
Ricordo che essi erano di riferimento a chi lavorava in campagna e non aveva orologio.
Durante la raccolta delle ulive, a cui anch’io ero costretto a partecipare, ai rintocchi delle tre mio nonno ci diceva:
“Sta a sunà vintin’ore. Cominciammuce a preparà  ca ce n’iammu” .
Non potete immaginare con quanta ansia aspettavo quei rintocchi per tornare a casa! Dopo una giornata passata a testa in giù, come si faceva prima, a raccogliere ulive, il rintocco della campana che scandiva le tre era una vera e propria liberazione. Solo chi ha vissuto quel periodo in quel modo, può capirlo.
Oggi, la modernità ci ha regalato precisissimi orologi elettrici o al quarzo, ma credo niente possa sostituire i bei rintocchi di una vecchia torre campanaria che sembra essere la sentinella di  un paese.

Il pulcino ballerino