Stanotte a Casanova all'improvviso è morto un ragazzo dall'esistenza difficile. Tutti lo conoscevano perchè in paese ci si conosce tutti e anche perchè lo consideravano l'ultimo tossico. Ultimo nel senso che era sopravvissuto ad un numero considerevole di giovani coetanei che avevano intrapreso insieme a lui la strada della droga e lo avevano preceduto nel lasciare questa vita. Aveva quarant’ anni, ma per tutti era un ragazzo mai diventato uomo, rimasto a combattere ogni giorno per procurarsi il suo pane quotidiano che era la droga.
Questa malattia, che alcuni sbagliando definiscono vizio, lo aveva preso in un abbraccio simile a quello di una piovra gigante che non gli ha permesso mai di vivere liberamente e di crescere. Lo aveva diviso in due persone, una disponibile ed educata, l'altra ombrosa, permalosa e orientata al male.
Nei momenti di calma, si poteva discorrere con lui di tutto o gli si poteva affidare qualunque lavoro, sicuri che lo avrebbe portato diligentemente a termine. Nei momenti di astinenza, invece, si aveva di fronte un'altra persona, una tigre in gabbia pronta a scattare ed arraffare qualunque cosa gli potesse servire per placare il fuoco che gli bruciava dentro.
Chi lo emarginava, chi lo aiutava materialmente, familiari per primi. La massa lo evitava; parecchi cercavano di ignorarlo, facendo finta di non vederlo per strada per non dargli un passaggio. La sua malattia era di quelle gravissime ma non incurabili, che per essere debellate hanno bisogno di essere affrontate da medici capaci e persone volenterose che da noi non esistono.
Un’ intera generazione di questo paese è sparita colpita dallo stesso male, nell'indifferenza di tutti, istituzioni comprese. Se dai cittadini comuni c'è stato qualche cenno di solidarietà, dalle istituzioni niente di niente.
Dopo decine di decessi per la stessa malattia, nemmeno un osservatorio sul fenomeno in un paese dove si creano osservatori su tutto. Se non si parla di un problema sicuramente non si potranno trovare i rimedi per risolverlo! E così questo male ha portato via tanti validi giovani e tutti bravi, non per fare ora un elogio funebre, ma perché veramente bravi.
Lo Stato, parola di cui tanti si riempiono la bocca e… la pancia, non è esistito per questi ragazzi, né esiste per quelli nati dopo di loro, almeno per metterli in guardia da certi abusi. Non si è mai cercato di istituire un centro riabilitativo o almeno qualche figura specializzata in materia che potesse aiutarli, se non curarli.
Abbandonati a sé stessi ed al loro destino inesorabile è la triste sorte di questi giovani. L'unico rimedio è sempre quello antico della famiglia, per chi ce l'ha, che deve vigilare sui propri figli e pregare che non incappino in queste disavventure perché, una volta dentro, difficilmente si riesce ad uscirne, vista l'assenza delle istituzioni. Quando ci si rende conto che si vive in una società in cui certe malattie non sono curate, bisogna far attenzione a non ammalarsi perché inevitabilmente esse portano alla morte.
Auguriamoci che questo ennesimo decesso non sia avvenuto invano, ma che serva di lezione ai giovani e a chi li cura, in modo da evitare che altre generazioni si disperdano nel nulla. Purtroppo si deve ricordare il penultimo dei mohicani e non l' ultimo in quanto, facilmente, qualcun altro lo seguirà, nonostante i nostri cuori sperano ardentemente di no.