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martedì 2 marzo 2010

La dep generation

depressione

E’ sempre un piacere ritrovare tanti buoni amici che sono rimasti in paese perché ancora studiano o non trovano ancora un lavoro.
Fuggo spesso dalla nevrosi di una città come Milano e vengo a rinfrancare le forze nel mio paesello, dove posso chiacchierare a tavolino con questo o quello senza essere ossessionato da clacson e traffico congestionato che opprimono il cervello e dallo smog che opprime il petto. Una boccata d’aria pura, una boccata di vita che è vita: semplice, buona, a dimensione umana, dove sei ancora qualcuno che può parlare, pensare, ridere, scherzare e non l’anonimo nessuno delle grandi metropoli spersonalizzanti.
Ma… ahime! La sorpresa arriva quasi subito. Anche nel mio paesello, ancora così semplice e vero, regna quel male oscuro e sottile che è la depressione, la quale afferra i giovani più che gli anziani e li fa star male, molto male.
Io che vengo da lontano per ritrovare quella serenità che Milano non riesce a dare, la sera mi aggiro tra decine di giovani depressi che piangono su loro stessi per i più svariati motivi. Uno è depresso perché lo è sempre stato, l’altra perché l’università la sta stressando e non vede l’ora di finire questi studi che comunque, secondo lei, non le serviranno a niente, un’ altra perché è ingrassata di cinque di chili e ha paura di perdere quella linea ottenuta con tanti sacrifici e tanta fame, un’altra ancora perché non è mai riuscita a scendere più di un chilo nonostante i suoi sforzi di assomigliare a una modella e non riesce ad accontentarsi del corpo che madre natura le ha dato, quell’altro perché ormai, alla sua età, dispera di trovare un lavoro e non sa cosa farne della sua vita. Chi va avanti con psicofarmaci, chi con sedute dallo psicologo, chi con alcool e chi con qualche spinello che aiuta a dimenticare e stare meglio.
Oddio, cosa sta succedendo a questi ragazzi? Dove bisogna ricercare le cause del loro malessere? Forse nel lavoro che non c’è, nell’assenza di sicurezza, nella mancanza di una direzione verso cui dirigersi, nella loro apatia giovanile, nell’incapacità di voler bene e volersi bene sul serio, nell’incapacità di trovare un semplice, vero motivo per vivere e per cui combattere, nell’impossibilità di costruire qualcosa, nel non saper aver più sogni?
Tantissimi possono essere i motivi che fanno precipitare i giovani di oggi nella depressione più nera e qualche causa potrei pure riuscire a sviscerarla, ma mi piacerebbe che fossero loro ad esternare i motivi che si nascondono dietro questo sottile malessere. E’ bene parlare, perché come si dice popolarmente: mal comune mezzo gaudio e chissà che, insieme, non si riesca a trovare una soluzione.

Sempregiovane

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