Gentilissimi miei signori, noi vi faremo un grande inchino
siamo sinceri di vero cuore e siamo afflitti pellegrini.
Siamo stati a Bettelemme la capanna a visitare
ru giureo de Gerusalemme non può reggersi e camminare.
Siamo giunti nella grotta giusto a coro di mezzanotte
dove nacque il divino Agnello tra il bue e l’asinello.
Centoquarantaquattromila di fanciulli preparati
furono messi a fila a fila quegli agnelli immacolati.
E San Pietro riparava quelle grandi coltellate.
Ih che fece quel gran Santo venne in sogno a Costantino
e che San Silvestro aveva una specifica divina
Costantino imperatore fu lebbroso di natura
per sanarsi il suo malore ne voleva sentir la cura.
Chiamò dentro il suo capitano e col suo reggimento intero
dette ordine di partire Santo Silvestro a visitare.
Mentre Messa lui diceva poche rape seminava
poche rape lui faceva per far mangiare ai soldati.
Dai soldati istupiditi furono cotte e ben mangiate
con quell’acqua battesimale solo quella lo poté salvare
Bbuche buche e violino cu’ chitarra e mandolino
Mamme e figli tutti uniti se ne andavano in allegria.
Nuj tenemmu nu ciucciariegliu ca l’avemma scurtecane
la carne la ramm’a ri gliupi e la pelle a ru bbuche bbuche.
Quant’onore avemm’avuto rent’a sta casa ammu trasutu
e tenetece sempe a mmente ca nuj semmu brava ggente.
Oi Sperlonga mia Sperlonga e persino alla Maddalena
e che Dio ve la guarda a questa vostra bella mugliera.
Oi Sperlonga mia Sperlonga e persino a Santo Vito
e che Dio ve lo guarda a questo vostro bello marito.
Oi Sperlonga mia Sperlonga e persino a San Giovanni
e che Dio ve li guarda i vostri figli e tutti quanti.
E a voi padrona di casa e cacciatece ‘na bella spasa
d’auciati e susamiegli e ‘na trentina de beccheriegli.
E se poi ci canta il gallo
a tutti quanti buon principio d’anno.
L’anno vecchio se n’è andato e domani è l’anno nuovo
comme ce semmu arrivati auannu, arriveremo da cca a cient’anni (x 3).
Oi Maronna ca ‘Mparavisu stai
libera ‘sta casa da le pene e da ri ‘uai.
Oggi è San Silvestro e nui facemmu festa,
curri padrone ca la 'otta cola
curri padrone ca la 'otta cola
fa priestu e fa currenne c’amma ine camminenne
fa priestu e nun tardà ru bbuche bbuche ‘o camminà
ru bbuche bbuche ‘o camminà
ru bbuche bbuche ‘o camminà!
Questa lunga e bella canzone augurale di fine anno quasi certamente è giunta a noi dal sessano. Non sappiamo, originariamente, in quale periodo possa essere collocata, ma sicuramente, passando di anno in anno e di bocca in bocca, ha subito molte modifiche ed alterazioni al punto che alcune parole o frasi sembrano non avere un senso logico.
La canzone si appoggia sulla leggenda e sulla storia di San Silvestro I, Vescovo di Roma, il quale liberò la città da un drago che seminava fetori e malattie e che riuscì a guarire l’imperatore Costantino dalla lebbra. Facendolo immergere in una vasca con acqua battesimale invece che in una vasca piena del sangue di fanciulli appena nati, come gli avevano suggerito i medici di corte, il Santo guarì completamente l’ imperatore. La leggenda continua con un documento agiografico dove si afferma che Costantino, prima di imbarcarsi per l’ Oriente, per riconoscenza della sua guarigione donò l’Italia e l’Occidente a Silvestro e depose personalmente l’atto di donazione sulla tomba di San Pietro. Nello stesso documento fu riconosciuta la supremazia del Vescovo di Roma sui Patriarchi di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme e Costantinopoli. Questa grande mistificazione della donazione di Costantino a San Silvestro andò avanti per tutto il medioevo e solo nel 1440 fu dimostrata da Lorenzo Valla la falsità del documento che Papa Stefano II aveva divulgato nel 756 per sottrarre la Chiesa al potere patriarcale bizantino.
Questo canto è il frutto che quel periodo ci ha elargito? In che modo e con quali mezzi è arrivato fino a noi?
Se qualcuno ha delle ulteriori informazioni e se esiste una versione diversa, lo faccia sapere. Saremo ben lieti di ampliare la nostra conoscenza e i nostri studi.
Buon anno a tutti.
Anno Vecchio
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