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sabato 25 agosto 2012

DOVE ANDIAMO?


DOVE ANDIAMO?

Dove andiamo?
I poeti, gli artisti, i filosofi ispirati, i saggi sinceri, le menti esasperate lo sanno: verso l’abisso.
Ma, dalla nostra origine, durante i secoli, le religioni, soprattutto le tre grandi religioni monoteiste, hanno anestetizzato la follia primitiva del pensiero che esiste in ciascuno di noi. Così la risposta sensata “noi andiamo all’abisso” eccede il nostro vocabolario, le nostre conversazioni immaginabili, può essere gli stessi nostri così tragici monologhi segreti. Noi non andiamo da nessuna parte che non sia un luogo abitabile. Ecco venire a noi il tempo delle convulsioni.
Lo spirito più normale,
per esempio quello di un uomo politico,
lo sente, lo sa, se ne spaventa:
noi andiamo verso l’abisso.

Tuttavia,
noi viviamo e siamo degli esseri viventi.
In vita ancora.
Ora, gli uomini sfidano tutto,
sfidano il destino, sfidano i pronostici,
sfidano Dio.

L’uomo, è colui che tenta L’Impossibile.
In vita ancora,
noi tentiamo l’impossibile.

Noi non eviteremo l’abisso.
Ma noi vogliamo immaginare, quindi creare al di là
dell’abisso prossimo,
orribilmente prossimo,
le comunità, le città
un’altra presenza sulla terra,
un altro modo di abitare qui,
un’altra maniera di passare il tempo
della nostra vita sulla terra.


INTERRUZIONE

I pensieri antichi sono dei virus, essi sterminano silenziosamente miliardi di particelle di poesie, di filosofie, di società di aforismi in via di costituzione, di popoli dalle intuizioni selvagge. Nei licei, le università, nelle istituzioni culturali, nei media,
in questi ospedali del sapere, agonizzano e muoiono di queste malattie nosocomiali che sono i pensieri antichi, i geni, gli inventori, gli insensati.

Come fare?
Suscitare in tutti i campi la venuta di un’ INTERRUZIONE.

Provocare un GUASTO.

Che nasca e si prolunghi in un’immensa esitazione
delle coscienze,
che s’apra e si ingrandisca all’infinito come un vortice
tra tutte le attività,
che alcun avvenimento non sia d’ora in poi
vicino di un altro avvenimento,
ognuno gironzolando solo giorno e notte in un mondo
inedito senza continuità,
come se apparisse, fragile poi infrangibile
nel silenzio infine regnante,
la parola innocente che si prenderà gioco di tutto.

Queste linee non sono incantesimi
né delle nuove superstizioni,
esse vogliono parole sagge,
essere vengono a voi in un pensiero di precisione :
dove andiamo? verso l’abisso.
Impossibile!
Ma ancora?
Eh bene si, noi siamo in vita ancora.
Noi vogliamo offrire delle nuove città
e delle comunità che verranno dopo l’interruzione,
aldilà dell’abisso.

(Traduzione tratta da un manifesto letterario a firma di Michel Buttel, apparso in agosto 2012 sulla rivista francese L’Impossible)

MiSo

giovedì 8 luglio 2010

Ciaveterotto

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il messaggio ricevuto da parte di un anonimo. Per non offendere la suscettibilità di alcune anime, si è preferito farne una traduzione eufemistica shakespeariana. 


Ahi, voi! avete procurato una profonda crepa al mio organo riproduttivo, voi e le vostre inutili liste che, come labili pensieri vaganti, da 2 diventano 4 per poi diventare 50 e quindi nuovamente 2. La stessa profonda crepa l’hai procurata tu, ex assessore alla cultura, che prima ti vestisti di una camicia nera e poscia vieni a tendere la fremente mano in questuante attesa di un obolo  dall’aedo Di Biasio che tanto, asserisci, hai avuto in dispregio. La medesima cosa per te, o aedo Di Biasio, che in uno sfavillante risalir di fiamma con Gennaro e con il suo stregato compagno di nera anima. E tu Giggino, che ti adorni di sessantottina veste olezzante di celebrato cannolo siciliano e non ci capisci un cannello tondo. E tu Grimaldi che ti pavoneggi, aprendo la tua iridea ruota nonostante tu sia l’anatroccolo  di anderseniana memoria destinato a non diventare mai cigno.

Una più profonda e netta fenditura l’ha fatta la camorra, amica di tutte le facce di cucurbitacea che dicono essere i paladini del popolo. E anche tu popolo, che sei sempre stato schiavo e schiavo resterai. Ahi!

Ha inciso un’ altra incrinatura la mediocrità di tutti, e voi con la cultura, il pensiero libero e tutte le vostre inutili elucubrazioni mentali.

Una grande incrinatura al mio organo riproduttivo l’avete fatta anche voi che tutti i giorni cincischiate a vanvera nei bar, inetti a proferir parola intera. L’ha fatta la noia di questo Comune,  l’invidia e  io stesso che scrivo di puzzolenti cucurbitacee che vengono rotte.

Se anche voi vi siete stufati di vedervi frantumare il vostro organo riproduttivo, fate come me: usatelo in miglior modo, fornicate senza pietà con le consorti e le pulzelle e le innamorate di tutte quelle facce di cucurbitacea che rompono la cucurbitacea mentre sono impegnati a romperla.



Peter Pan 

l'originale sarà pubblicato a richiesta