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sabato 2 giugno 2012

Carditello: paradosso italiano


Interno della Reggia di Carditello

Un articolo sulla pagina della cronaca casertana del Mattino mi ha fatto molto sorridere. Di amarezza. Oltre cento associazioni casertane si stanno infine muovendo per la Reggia di Carditello.  Hanno chiesto al giudice responsabile di poter installare un presidio permanente per il controllo del monumento borbonico e la cura dei giardini! A questo punto, non so davvero se ridere o arrabbiarmi. Che dire? “ropp' arrubbatu, ‘e porte ‘e fierru!” Niente potrebbe rendere meglio l’idea della situazione che per anni ha visto la Reggia di Carditello in balìa di ladri, vandali, saccheggiatori e mascalzoni. Hanno fatto di tutto: preso il marmo dello scalone d’onore, quello dei camini, le porte delle stanze, gli stemmi; hanno distrutto gli affreschi, scempiato quadri, rubato suppellettili; l' hanno oltraggiata fino al punto da farla diventare un rudere messo all’asta per 15 milioni di euro, con il rischio di darla in mano alla camorra.

Ora si svegliano le Associazioni! Perché non l’hanno fatto prima? Perché non hanno occupato a tempo indeterminato l’area della Reggia per evitare quello scempio?
Mai vista una vergogna simile, né da parte delle istituzioni né da parte dei cittadini che dovrebbero essere i primi custodi del proprio patrimonio artistico. Qualsiasi cosa si celi sotto la situazione di Carditello, e che probabilmente noi non possiamo sapere, ci si doveva muovere molto tempo prima e portarla all’attenzione dell’Italia e del mondo. Forse la Reggia sarebbe stata meno abusata.

Tutto questo mi porta col pensiero alla nostra Carinola dove alcuni monumenti versano ancora in condizioni precarie. A dire il vero, tante cose sono state fatte, seppur a rilento, ma tante ancora devono essere fatte. Dopo il restauro del Convento di San Francesco e quello dell’Episcopio di Ventaroli, adesso tocca all’Annunziata, la bella chiesa quattrocentesca che sta agonizzando nell’umidità che le divora le pareti e nella sporcizia che la circonda dentro e fuori. 
I tempi di intervento sono sempre troppo lunghi e non sempre si può aspettare. L’Annunziata, come un malato in grave crisi cardiaca, ha subito bisogno del medico per salvarsi, o finirà per morire. Le istituzioni locali non possono permettersi di aspettare troppo, altrimenti porteranno sulle spalle il peso della loro colpa. Ancora una volta invito ad intervenire al più presto; ancora una volta invito a salvare un pezzo importantissimo del nostro patrimonio storico-artistico, prima che sia troppo tardi.



Clio

venerdì 4 maggio 2012

Chiacchierata con un tombarolo



Uno scavo fatto dai tombaroli

 

Ho conosciuto G.T. quasi per caso, tramite amici comuni. Chiacchierando davanti  ad un caffè,  non so come siamo finiti a parlare di Foro Popilio. Non ho potuto non notare il lampo di compiacimento che gli attraversò gli occhi e il sorriso un po’ sornione che gli apparve sul viso, anche se cercava di essere molto naturale ed equilibrato. Ho cominciato a sospettare di lui quando mi ha mostrato delle monete ritrovate a Foro Popilio in ottimo stato, come se fossero appena uscite dalla zecca: una del’imperatore Adriano e l’altra di Antonio Pio. Mi disse che era un cultore delle monete romane e che ne aveva una bella collezione. Gli chiesi dove le prendesse e mi rispose semplicemente che le “comprava”. A questo punto cominciai a ridere di gusto, ma non dissi una parola. L’incontro finì li e  il mio sospetto rimase sospetto. Fu qualche tempo dopo che cominciò ad aprirsi e a parlare, quando in un successivo incontro io gli chiesi se avesse “comprato” altre monete. Calcai molto la parola e allora lui cominciò a sorridere. Fu così che iniziò a parlare senza più remore.

Aveva cominciato a fare il tombarolo verso i trent’anni, coinvolto da un suo amico che già era nel giro. Ogni notte, caricati in macchina il metal detector, le pale i picconi e qualche cassetta, andavano direttamente a Foro Popilio.  Quando il metal detector iniziava a suonare, allora iniziavano a scavare. A volte le monete saltavano fuori subito perché erano molto in superficie,  altre volte  bisognava scavare più in profondità. Ma non erano solo monete quelle che saltavano fuori; anche statuette e altri oggetti in metallo. La sua casa cominciò ad essere frequentata da “strani personaggi”: professori universitari, archeologi e  cultori d’arte che venivano, per lo più da Napoli,  a comprare i reperti. Era ancora un dilettante, ma il fatto che pagassero senza discutere troppo, lo rese sospettoso. Lo fregavano sul prezzo e lui non ne era consapevole. Stava svendendo a poco prezzo tesori d’arte che valevano molto di più! Allora si rese conto che doveva studiare il mestiere, capire quanto potessero valere certi reperti prima di piazzarli sul mercato. E così fece, per mesi. Quando infine ebbe una conoscenza maggiore del mestiere, si rese conto di quanti milioni si era fatto fregare. Ma si sarebbe rifatto!

Foro Popilio era lì che aspettava e sicuramente avrebbe regalato ancora tesori, come faceva tutte le volte.
Il colpaccio lo fecero una notte di primavera. E come sempre, quando il metal detector iniziò a suonare, loro iniziarono a scavare. Il terreno era umido perché aveva piovuto fino a due giorni prima e la terra si lasciava prendere con facilità. Ma successe che, mentre scavavano, il terreno franò e si formò una grande buca. Alla luce della torcia videro che, sotto di loro, c'era una stanza abbastanza ampia. La buca non  era molto profonda e uno di loro saltò giù. L’urlo di stupore che diede fece saltare giù anche l’altro: la stanza era completamente affrescata e per terra giacevano una diecina di reperti tra statuine e altre cose. Il sogno di un tombarolo era diventato realtà! Con quei reperti guadagnò 50 milioni di lire  con cui si comprò la casa e non smise più di visitare Foro Popilio.

Qualcuno potrebbe domandarmi: se lo conosci, perché non lo denunci?... Non posso denunciare una persona per cose che ha fatto trent’anni fa, né senza averne prove tangibili. Il problema vero è che di tombaroli  che visitano Foro Popilio ce ne sono ancora tanti, anche se i metal detector non suonano più da un bel po'. Credo che tutto quello che c’era da trafugare sia stato trafugato. E il Comune di Carinola rimarrà per sempre a bocca asciutta!

Cosa è rimasto a Foro Popilio? Forse niente, forse ben poco. Ma  lasciare che questo luogo sia stato saccheggiato e continui ad essere saccheggiato in questo modo, senza prendere seri provvedimenti,  è una delle più grandi mancanze  delle amministrazioni di  Carinola, che lascia che il popolo venga per sempre depredato delle proprie ricchezze e della propria storia.

O si reperiscono i fondi necessari per avviare una seria campagna di scavi o si mette almeno un custode a protezione del sito. Se gli amministratori non riescono ad essere i custodi delle ricchezze  e della storia del loro territorio, mi dispiace dirlo, ma non hanno il diritto di stare al posto che occupano.

 

venerdì 30 marzo 2012

L’ Annunziata bistrattata



All’inizio di questo marzo, una giovane studiosa della Sapienza di Roma, Eleonora, è venuta con il marito a Carinola a visitare e fotografare le nostre chiese, per uno studio sulle strutture religiose del XII, XIII e XIV secolo dell’alto casertano.
Mi aveva cortesemente contattato sul sito dell’Associazione Piccirillo, chiedendomi se fossi stata disposta ad accompagnarla. Beh, certo che si!
Siamo stati prima al Convento di san Francesco a Casanova e poi alla Cattedrale, dove ha fatto molte foto. E fin qui nulla da dire. Poi siamo stati all’Annunziata…
E allora ho avuto vergogna di essere di Carinola e di vivere in questo posto, per l' imbarazzo che ho provato a causa dell’incuria e l’indifferenza in cui versa quella stupenda chiesa.
Nonostante i responsabili fossero stati avvertiti di quella visita, non c’è stata l’ accortezza e la sensibilità di far trovare almeno tutto pulito.
L’Annunziata, questo piccolo gioiello del 1400, che se si trovasse altrove sfolgorerebbe d’ orgoglio per la cura e l’attenzione dedicatagli, qui se ne sta afflitta e sofferente, tra le erbacce che l‘ umiliano e la sporcizia che l’infesta da ogni lato, dandogli quel senso di degrado e di abbandono che rende patetica qualsiasi cosa.

Il povero Cristo della cappellina esterna, solo a guardarlo, fa stringere il cuore: appeso con un solo braccio alla croce, tra piante secche e vasi rovesciati e uno strato di polvere alto un dito, sembra morire una seconda volta nella desolazione e nello scoramento più nero.
L’interno della chiesa non era da meno. L’immagine dell’abbandono e dell’indifferenza era davanti ai nostri occhi: l’abside piena di immondizia varia; pavimenti sporchi, banchi polverosi, e su tutto, una spaventosa umidità alle pareti che avanza inesorabilmente e che distruggerà anche gli affreschi, se non si interviene velocemente.

Eleonora e suo marito restarono molto amareggiati e me lo disse bello chiaro e tondo: come si può lasciare un gioiello così in simili condizioni? E’ questa insensibilità generale verso i beni culturali che fa del sud un posto molto criticabile. Mi disse che avrebbe scritto qualcosa da pubblicarsi sui giornali locali per svegliarla questa sensibilità, ma finora non l’ha fatto, forse per un senso di rispetto nei miei confronti.

Cercai di giustificare la cosa dicendo che la chiesa viene aperta solo una volta all’anno, ma chiaramente non la convinsi, perché Eleonora mi rispose che proprio perchè è una chiesa chiusa per la maggior parte dell’anno, ci si dovrebbe avere più cura, altrimenti degrada più facilmente.
Che dire?...
Nonostante i continui appelli all'attenzione verso i nostri beni, nonostante la continua campagna formativa e informativa che si fa attraverso la Rete per cercare di suscitare interesse e sensibilità, ancora non abbiamo raggiunto, non dico la sufficienza, ma la mediocrità.
Gli animi sono ancora chiusi a queste problematiche; quelli di tutti.
Mi dispiace dirlo, ma comincerò a dare molto fastidio. Fino a quando non avrò risvegliato un minimo d’interesse nei miei concittadini, anche nei più istruiti, che sembrano non averne alcuno, se non quello immediatamente personale e spicciolo.


Clio